Verranno presentati i più recenti modelli di interpretazione dello sviluppo cognitivo (Teoria dei sistemi dinamici, Neuroscienze cognitive dello sviluppo), prendendo in esame lo sviluppo delle capacità motorie, percettive e mnestiche. Le finalità del corso saranno perseguite offrendo una lettura critica degli argomenti, attraverso il riferimento alle evidenze empiriche inerenti lo sviluppo cognitivo e alle loro ricadute applicative.
Anno accademico: 2017/2018
Psicologia dello sviluppo cognitivo
di Mariasole Genovesi
Verranno presentati i più recenti modelli di interpretazione dello sviluppo
cognitivo (Teoria dei sistemi dinamici, Neuroscienze cognitive dello sviluppo),
prendendo in esame lo sviluppo delle capacità motorie, percettive e mnestiche.
Le finalità del corso saranno perseguite offrendo una lettura critica degli
argomenti, attraverso il riferimento alle evidenze empiriche inerenti lo sviluppo
cognitivo e alle loro ricadute applicative.
Anno accademico: 2017/2018
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia dello sviluppo e dei processi educativi
Esame: Psicologia dello sviluppo cognitivo
Docente: Chiara Turati1. Lo studio dello sviluppo
Perché è importante studiare lo sviluppo? Un gruppo di economisti ha condotto uno studio che mostra
efficacemente l’importanza dello studio dello sviluppo.
(Grafico) -> sulle X c’è l’età, sulle Y c’è il ritorno in termini economici di un dollaro investito nelle prime
fasi dello sviluppo, piuttosto che in altre fasi (ad esempio pre-scolare, scolare ecc) -> se il dollaro lo investo
nella fascia 0-3 anni, il ritorno di investimento è molto elevato. Quanto più il dollaro viene investito in fasi
successive dello sviluppo, tanto più l’investimento rende meno -> il rendimento per la società è un primo
elemento importante per occuparsi di sviluppo.
Un altro motivo: molte malattie psichiatriche hanno il loro esordio non in età adulta, ma nelle prime fasi
dello sviluppo, quindi prima dell’età adulta (esempio: disturbo della condotta già a 5 anni, disturbo da uso di
sostanze nella preadolescenza, disturbi di ansia a 5 anni). Inoltre molto frequentemente i disturbi psichici
non nascono nell’individuo di per sé isolato dal mondo, ma in un certo contesto familiare, sociale, culturale -
> si evolvono nell’interazione tra individuo e ambiente che lo circonda -> quindi per capire come è sorta una
certa problematica dell’individuo si deve esaminare il suo contesto familiare nelle prime fasi di sviluppo.
Infine un’ampia percentuale di adulti che hanno un problema psichiatrico manifestavano già da bambini uno
o più disturbi psichici.
Un altro motivo: le difficoltà non si manifestano solo nella salute psichica, ma in uno spettro più ampio ->
chi ha avuto esperienze negative nella prima infanzia ha più probabilità di essere obeso, di fare uso di
sostanze, e di avere una salute fisica più fragile -> viene coinvolto in generale il benessere dell’individuo. Lo
stesso ragionamento viene applicato all’inserimento nel mondo del lavoro -> tanto più sono severe le
esperienze negative nella prima infanzia tanto più l’adulto ha difficoltà in ambito lavorativo (assenze
ingiustificate al lavoro, problemi economici, problemi nel mantenere a lungo il lavoro). Questo spiega anche
perché è importante investire nella prima infanzia (studio degli economisti).
Quali sono i meccanismi che fanno sì che si arrivi a tali effetti? Alcuni vivono esperienze avverse
nell’infanzia. In alcuni bambini queste avversità si traducono in difficoltà nello sviluppo sociale, emotivo e
cognitivo. In alcuni bambini queste difficoltà si traducono in comportamenti a rischio (ad esempio provare
droghe nell’adolescenza). Ciò può portare a una serie di problemi, malattie, disabilità e problemi sociali,
cosa che infine può condurre a una morte precoce.
Quindi occuparsi di sviluppo significa occuparsi dell’individuo all’interno dell’ambiente. Occuparsi solo
dell’individuo o solo dell’ambiente significa occuparsi di una sola faccia della medaglia, mentre invece per
avere una visione di insieme bisogna occuparsi di entrambi.
L’UE ha pubblicato un documento (i 1001 giorni critici) che mostra l’importanza di occuparsi dell’età 0-2
anni, la quale rappresenta una finestra di opportunità per fare in modo che il processo di sviluppo vada nella
giusta direzione. Prima di tutto quando il bimbo nasce si deve garantire un supporto universale per tutti i
genitori -> questo primo livello rappresenta i servizi alla maternità e il pediatra (se la mamma ha una
domanda sull’allattamento qualcuno deve risponderle). Vi sono però anche genitori che hanno bisogno di
attenzioni particolari, ad esempio una neo-mamma può avere problematiche di vario genere (ancora senza
diagnosi) -> a questa mamma deve essere dedicata più attenzione. A un terzo livello ci si occupa dei genitori
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Psicologia dello sviluppo cognitivo che hanno bisogno di una psicoterapia (qui dovrebbero essere presenti pochi genitori se hanno funzionato i
primi 2 livelli). Infine il quarto livello è rivolto a genitori con diagnosi gravi, che richiedono un intervento
radicale. Però qui la possibilità di avere un effetto è molto limitata.
Le esperienze precoci dei bambini nei primi anni di vita modificano proprio l’architettura cerebrale.
Quindi in sintesi è importante studiare lo sviluppo per:
Prevenire intervenire precocemente sui possibili disagi
Comprendere come si sviluppa la mente umana
“Lo sviluppo di per sé è la chiave per comprendere le malattie evolutive”
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 2. Una definizione di sviluppo
Qual è la differenza tra crescita e sviluppo? La crescita fa riferimento maggiormente all'aspetto fisico e
meno all'aspetto psicologico. Inoltre la crescita fa riferimento a qualcosa che incrementa sempre (ad
esempio l'altezza del bambino cresce sempre -> questa crescita è rappresentata da una retta, è cioè lineare),
mentre ciò non è per forza vero per lo sviluppo (ad esempio lo sviluppo del peso non è lineare, ma all'inizio
dello sviluppo la curva è molto ripida, dopodichè si stabilizza --> questa è la curva logaritmica, anche detta
curva di accrescimento ponderale).
Inoltre non è detto che lo sviluppo, come la crescita, vada incontro sempre a un incremento, ma potrebbero
intervenire anche dei decrementi -> esempi: molti riflessi presenti alla nascita scompaiono nel corso dei
primi 3 mesi di vita / l’abilità di riconoscere volti di primati non umani subisce un decremento nel corso
dello sviluppo, che riflette la contemporanea specializzazione delle abilità di elaborazione dei volti umani
Un’altra curva di sviluppo fa riferimento al fenomeno dell’esplosione del vocabolari. Si vede quanti
vocaboli conosce una bambina -> fino ai 22 mesi i vocaboli sono più o meno gli stessi, mentre dai 22 mesi si
verifica l’esplosione del vocabolario, per cui la curva cresce molto velocemente (questo perché la bambina
ha colto il principio per cui tutte le cose hanno un nome) -> la curva quindi non è lineare ma ha un
incremento esponenziale. Questo si chiama effetto cascata: nel momento in cui io colgo il principio per cui
si verificano determinati eventi, a cascata poi sono in grado di capire molti altri fenomeni -> un piccolo
cambiamento determina così un fenomeno macroscopico.
Quindi alcune curve di sviluppo sono: sigmodiale, in cui a un certo punto si verifica un forte incremento /
funzione discontinua / funzione a U / funzione a U invertita (ad esempio la memoria di lavoro cresce fino a
una certa età, poi quando si diventa anziani diminuisce sempre di più).
Quindi in sintesi:
- Lo sviluppo non è sempre incrementale, ma talvolta implica una perdita piuttosto che l’acquisizione di
competenze
- Le curve di sviluppo non sono sempre lineari
Altri termini che non si sovrappongono del tutto a sviluppo:
- Maturazione: sono quei processi che derivano dal dispiegamento del nostro patrimonio genetico, in cui
l’esperienza e l’apprendimento sono poco coinvolti
- Apprendimento e socializzazione: sono termini che si concentrano di più su ciò che viene appreso per
esperienza, lasciando da parte il contributo dei fattori innati (in particolare apprendimento: processo
mediante cui conoscenze e capacità vengono acquisite o perfezionate attraverso l’esperienza, lo studio,
l’addestramento / socializzazione: acquisizione tramite l’educazione di atteggiamenti, valori, conoscenze, e
comportamenti caratteristici di una certa cultura).
Gli esperti di sviluppo devono essere in grado di usare correttamente questi termini
Cosa significa studiare lo sviluppo della mente?
Studiare lo sviluppo della mente significa studiare il cambiamento lungo il tempo -> questa è una visione
dinamica dello sviluppo -> il tempo in cui un fenomeno si sviluppa è una dimensione imprescindibile da
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Psicologia dello sviluppo cognitivo tenere in considerazione. Vi sono anche dei momenti dello sviluppo in cui la nostra mente è maggiormente
plastica a ricevere un certo tipo di informazioni (sono i periodi critici).
Distinzione tra approccio descrittivo allo studio dello sviluppo cognitivo e approccio che esplora la
cognizione umana:
- Approccio descrittivo: lo scopo è indagare a che età compare una certa abilità -> mi interessa sapere ad
esempio a che età il bambino è in grado di afferrare gli oggetti. Non mi interessa il meccanismo alla base di
quella prestazione -> focus sui prodotti dello sviluppo
- Approccio che esplora la cognizione: si occupa non solo della prestazione, ma anche del meccanismo alla
base -> ci si interessa di: modalità o procedure che vengono messe in atto dal bambino per giungere alla
soluzione del compito stesso / architettura, organizzazione della mente / meccanismi attraverso i quali la sua
conoscenza si trasforma nel tempo -> focus sui processi di sviluppo
Possiamo distinguere 3 diversi livelli di studio dello sviluppo cognitivo:
- Teorie di primo livello: offrono semplicemente la spiegazione di come cambia la prestazione di un compito
nel tempo
- Teorie di secondo livello (dei domini): si occupano di un dominio singolo (ad esempio l’acquisizione delle
capacità linguistiche)
- Teorie di terzo livello (dell’architettura e dell’attività cognitiva): studiano lo sviluppo dell’architettura e del
funzionamento della mente umana.
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 3. Cambiamenti nella percezione dell’infanzia
In uno studio è stato chiesto a degli adulti di compilare un questionario sulle competenze di bambini da 0 a 8
anni -> gli adulti tendono a sottovalutare le competenze del bambino tanto più è piccolo (si pensa che il
neonato abbia poche competenze). In età più elevate le competenze predette dall’adulto si avvicinano alle
competenze effettive. Dall’età della scuola primaria invece si tendono ad attribuire al bambino competenze
maggiori rispetto a quelle che ha effettivamente (le sue competenze vengono sopravvalutato -> il bambino
viene considerato un piccolo adulto). Questo dice che il modo in cui si guarda al bambino, in particolare
alla prima infanzia, non è oggettivo. Anche nel tempo è cambiata la percezione del bambino. Nel medioevo
il bambino, anche nella prima infanzia, veniva considerato come un piccolo adulto e le fondamentali
differenze tra adulto e bambino venivano ignorate o sottovalutate. La percezione del bambino è cambiata poi
per cambiamenti sociologici nella costituzione delle famiglie. In passato (ad esempio 100 anni fa) si
avevano molti più contatti con bambini, adesso invece quando un adulto diventa genitore spesso è la prima
volta che tiene in braccio un bambino -> ciò vuol dire che si è verificata una decadenza del sapere naturale
(il sapere che si acquisisce nell’esperienza quotidiana dei bambini), ma vi è stata una crescita del sapere
scientifico. Vi sono stati anche cambiamenti nell’ambito della giurisprudenza: i diritti dei bambini sono stati
riconosciuti solo nel secolo scorso (nel 1989) -> nel 1989 è stata redatta la convenzione ONU sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza -> per la prima volta in questa convenzione si riconosce che il bambino è un
cittadino portatore di diritti (essere maggiorenni non è più condizione necessaria per godere di diritti). Nella
convenzione sono presenti 54 articoli, e vi aderiscono 193 stati (più di quelli membri dell’ONU). Esempi di
articoli: principio di non discriminazione (cioè non discriminare tra figli naturali e illegittimi) / superiore
interesse del minore, per cui qualsiasi scelta relativa al bambino deve avere come principio guida l’interesse
del bambino (ad esempio il minore che arriva in Italia può rimanere in Italia) / diritto alla vita, ad un pieno
sviluppo (ad esempio il disabile ha il diritto di istruzione e di frequentare contesti sociali) / diritto di identità
(ad esempio in tanti paesi del mondo i bambini non hanno data di nascita o nome) / diritto all’educazione /
partecipazione e rispetto per l’opinione del minore, per cui il minore può avere un punto di vista che deve
essere ascoltato e preso in considerazione, anche i bambini sono cittadini (ad esempio durante l’affidamento
in seguito a un divorzio).
Vi sono stati cambiamenti anche in ambito psicologico. Vi sono state delle trasformazioni grandissime,
perché nelle teorie tradizionali il bambino nella prima infanzia era considerato un passivo recettore di
stimoli, dotato solo di riflessi, incompetente (lo stesso Piaget lo pensava), immaturo, senza capacità di
percepire la realtà (senza capacità percettive, riceve solo le sensazioni in maniera passiva), mentre oggi si sa
che il bambino fin dalla nascita è attivo nell’elaborazione dell’esperienza, è dotato di prerequisiti
(predisposizioni) percettivi e cognitivi precoci che si sviluppano grazie all’interazione con l’ambiente e che
incanalano il suo sviluppo in certe direzioni piuttosto che altre e possiede capacità percettive adattive
(concentra l’attenzione solo su quelle informazioni che è in grado di elaborare -> le limitate capacità
percettive non sono un limite da superare, ma sono adattive).
Le diverse concezioni del bambino:
- Neonato comportamentista: il bambino è una tabula rasa, è passivo. Attraverso l’esperienza poi accumula
passivamente informazioni -> visione empiristica dello sviluppo
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Psicologia dello sviluppo cognitivo - Neonato piagetiano: è il primo approccio interazionista -> il bambino agisce sulla realtà fisica e promuove
lo sviluppo, quindi ricerca attivamente le informazioni. Tuttavia lui ha visto solo nell’interazione con il
mondo fisico l’occasione di raccogliere informazioni, non considerando le capacità percettive del bambino
- Neonato HIP (Human information processing): alcuni aspetti del funzionamento cognitivo sono presenti
fin dalla nascita e rimangono stabili lungo tutto il corso dello sviluppo (es: architettura del sistema cognitivo,
velocità di elaborazione dell’informazione). Sono state quindi elaborate una serie di metodologie per
studiare i processi cognitivi molto precoci del bambino -> il focus è sui processi cognitivi e percettivi, non
sul comportamento manifesto e sulle competenze motorie -> grazie a queste metodologie si possono studiare
le capacità cognitive e percettive del neonato molto piccolo che ancora non possiede competenze motorie.
Quindi si è scoperto che le limitazioni motorie del bambino molto piccolo non corrispondono a limitazioni
cognitive e percettive.
- Neonato innatista: grazie alle tecniche cognitive è stato scoperto che fin dalla prima infanzia il bambino
nasce già predisposto ad elaborare in modo distinto un vasto insieme di domini di conoscenza. Gli innatisti
dicono: sono così tanto le competenze cognitive e percettive che possiede il bambino che non possono
derivare solo dall’esperienza, ma sono innate nel patrimonio genetico della specie.
- Neonato neurocostruttivista: non è detto che le competenze del bambino nella prima infanzia siano solo
innate, ma alla nascita possiede una serie di vincoli (strutturali, procedurali, temporali e rappresentazionali)
non dominio-specifico (non riguardano ad esempio linguaggio, volti o percezioni in modo specifico) ma
dominio-generali, i quali sia limitano sia guidano lo sviluppo del bambino in una data direzione. Esempi di
vincoli strutturali: limiti del sistema visivo alla nascita, diversa velocità delle fibre neurali / Temporali: aree
cerebrali diverse si sviluppano in tempi diversi / rappresentazionali: preferenza per alcuni stimoli (ad
esempio i volti umani). Si parla di neurocostruttivismo perché abbandona l’idea che tutto è determinato dal
patrimonio genetico, e pone al centro l’interazione tra fattori innati e appresi.
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 4. Fondamenti per una nuova scienza dello sviluppo (articolo di
Meltzoff)
Lo sviluppo umano è supportato da un evidente paradosso, cioè l’uomo nasce immaturo (ad esempio un
asino ci impiega un minuto ad imparare a camminare, un umano invece ci impiega un anno) -> i bambini
alla nascita NON sanno parlare, camminare, usare strumenti, mettersi nel punto di vista altrui. Questa
immaturità ha un costo altissimo per il neonato e i suoi genitori. Ma in realtà questa immaturità ha un
VALORE -> Infatti il ritardo nella maturazione e nella crescita cerebrale:
- È funzionale allo sviluppo di architetture neurali che supportano un successivo sviluppo più complesso
- Consente all’esperienza con l’ambiente fisico e sociale di esercitare un ruolo cruciale, ruolo che sarebbe
precluso da un sistema predeterminato e predefinito.
Less is more: ciò che apparentemente è uno svantaggio in realtà è un’opportunità di adattarsi alle
circostanze -> il sistema umano è così molto più complesso rispetto a quello delle altre specie.
Che cosa caratterizza l’enorme apprendimento durante l’infanzia? Studi interdisciplinari (in psicologia,
neuroscienze, informatica ed educazione) hanno fatto emergere 3 principi, che contribuiscono alla
fondazione di una nuova scienza dello sviluppo. Questi 3 principi sono poi particolarmente utili per spiegare
l’apprendimento molto rapido dei bambini di due competenze: il linguaggio e la comprensione sociale.
I tre principi della nuova scienza dello sviluppo secondo Meltzoff sono dunque:
1) Lo sviluppo è computazionale: si riferisce al fatto che i bambini fin dalla nascita hanno una capacità
elevatissima di cogliere le regolarità presenti nell’ambiente che li circonda, le quali sono una ricca fonte di
informazioni. Si tratta di regolarità statistiche, cioè eventi che molto frequentemente co-occorrono (si
verificano insieme), quindi non è detto che sempre accadano insieme, ma è altamente probabile (è
sufficiente che una data combinazione di input sia più probabile di un’altra nell’ambiente percettivo). I
bambini sono in grado quindi di cogliere la struttura e l’ordine presente nell’ambiente circostante, anzi
amano l’ordine (ad esempio nell’asilo nido le giornate si susseguono sempre nello stesso modo). È molto
importante che gli eventi nella loro quotidianità sino ben organizzati e strutturati, perché così sono tranquilli
e possono prevedere gli eventi che accadranno -> è anche per questo motivo che ai bambini piacciono molto
le routine (se viene meno la routine dell’ora del sonnellino, il bambino poi fa fatica ad addormentarsi).
Come acquisiscono queste regolarità, come le colgono? In maniera implicita, senza training diretto, senza
rinforzo e senza supervisione -> è un apprendimento automatico e implicito. Questo meccanismo si applica
a molti domini diversi. Prima di tutto è stato studiato nel dominio linguistico. Quando il bambino apprende
il linguaggio, il problema più grande è capire come si segmentano le parole nel flusso linguistico (quando si
sente una lingua nuova non si riescono a distinguere i limiti tra le parole). Come fa il bambino a capire
quando finisce una parole e ne comincia un’altra? Sfrutta il fatto che ciascuna lingua presenta regolarità
statistiche, che costituiscono un indizio molto importante per segmentare il flusso linguistico (esempio: in
italiano quasi tutte le parole terminano con una vocale -> il bambino esposto alla lingua italiana utilizza
questa regolarità come indizio per captare i limiti tra le parole -> esempio: solitamentechiara può essere
inteso in 3 modi, e in tutti e 3 le parole finiscono con la vocale —> “solitamente Chiara va a scuola in
autobus”, “solitamente chi ara lavora molto”, “la solita mente chiara di Luca gli ha fatto risolvere il
problema”). Però la capacità di cogliere regolarità statistiche non si applica solo al dominio del linguaggio,
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Psicologia dello sviluppo cognitivo ma è dominio generale. Lo statistical learning è presente sia negli adulti, sia negli animali, sia, come si è
detto nei neonati. È stato riscontrato sia in stimoli uditivi (verbali e non verbali) sia in stimoli visivi
(spaziali, temporali, spazio-temporali).
Definizione di statistical learning: lo statistical learning è l’apprendimento delle relazioni statistiche tra gli
elementi di una sequenza. Esso è un apprendimento implicito di tipo non associativo (cioè non serve un
rinforzo, ma basta la ripetizione della regolarità), non è neanche procedurale (cioè non servono abilità
motorie).
Le sue caratteristiche sono:
- È automatico
- Non richiede specifiche istruzioni, ma avviene grazie alla sola esposizione di sequenze di stimoli
- Ha basi neurali sotto corticali (cervelletto, ippocampo, nucleo striato)
- Prestazioni simili tra adulti e animali
- Prestazioni simili tra adulti e bambini
-> è una capacità molto precoce sia a livello ontogenetico che filogenetico.
Esempio: si fanno vedere 2 sequenze di figure geometriche a bambini anche molto piccoli (2-5-8 mesi), una
delle quali presenta regolarità, mentre l’altra no -> i bambini presentano una preferenza per la sequenza con
regolarità (in cui le figure si susseguivano a coppie -> al quadrato seguiva sempre la croce, alla croce sempre
il quadrato, all’esagono sempre il triangolo) rispetto a quella casuale. Molti adulti a cui viene presentato lo
stesso compito non riescono a capire quale sia la regolarità di fondo, ma capiscono comunque che la prima
sequenza è regolare e la seconda casuale. Sono stati fatti esperimenti anche con le parole, in cui le sequenze
sono costituite da sillabe.
Quindi in conclusione cosa vuol dire che lo sviluppo è computazionale? L’apprendimento esplicito, in
particolare nel corso dello sviluppo, è solo la punta dell’iceberg, mentre gran parte degli apprendimenti
avvengono in maniera implicita, semplicemente per il fatto che il bambino è esposto continuamente a una
certa struttura di eventi (ciò avviene sia nel linguaggio, sia nell’apprendimento di sequenze di azione, sia
nell’apprendimento della letto-scrittura). Oggi di fatto si pensa che difficoltà nell’apprendimento implicito
siano predittive di alcune traiettorie di sviluppo atipico (esempio: dislessia).
2) Lo sviluppo è sociale: vuol dire che tutte le info sociali (cioè che passano attraverso le interazioni sociali)
sono riconosciute dal nostro sistema cognitivo come prioritarie, hanno cioè un accesso privilegiato. Questo è
importantissimo anche per gli adulti, dato che il nostro cervello non può elaborare tutte le info che ci
circondano, ma le deve filtrare. Come agiscono questi filtri? In particolare durante lo sviluppo questi filtri
danno priorità alle informazioni veicolate dall’interazione sociale (se qualcuno parla gli si presta più
attenzione rispetto ad altri suoni / se qualcuno guarda da una parte vuol dire che ciò che sta guardando è
importante). Come è stato dimostrato sperimentalmente che lo sviluppo è sociale? In un esperimento di
Meltzoff sono stati testati bambini tra 16-22 mesi nella loro capacità di utilizzare uno strumento mai
utilizzato prima (rastrello) per avvicinare un oggetto. A un primo gruppo di bambini viene semplicemente
consegnato il rastrello senza nessun altro tipo di info. A un secondo gruppo di bambini viene consegnato il
rastrello e gli viene data anche la possibilità di vedere un adulto che usa il rastrello per toccare un oggetto
(ma non per avvicinarlo). A un terzo gruppo viene consegnato il rastrello e fatto vedere un adulto che usa il
rastrello per avvicinare un oggetto -> solo il gruppo 3 è poi in grado di usare il rastrello in questo modo -> il
bambino osserva e poi imita il comportamento dell’adulto, immagazzinando questo tipo di conoscenza per
utilizzarla a suoi scopi. In un altro esperimento Patricia Kuhl ha studiato la capacità di bambini di
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Psicologia dello sviluppo cognitivo apprendere una seconda lingua a 9 mesi. A un gruppo viene permesso di interagire in modo naturale con un
parlante cinese. Un secondo gruppo può osservare un filmato in cui il cinese dice la stessa cosa, ma senza
interazione diretta. A un terzo gruppo viene presentato solo l’audio in cinese, senza video -> i bambini
esposti all’interazione diretta sono poi in grado di distinguere alcuni fonemi cinesi. L’esposizione al filmato
o all’audio non ha questo effetto -> ciò mostra ancora una volta come l’apprendimento avviene tramite
interazione sociale -> il linguaggio viene appreso all’interno di un ambiente sociale.
Altri studi dimostrano che quando di fronte al bambino viene posizionato un robot che interagisce in modo
casuale con il bambino, il bambino non segue per nulla i suoi movimenti; se invece il robot agisce in
maniera sintonizzata con il bambino (c’è una relazione tra i loro movimenti), il bambino risponde ai
movimenti del robot (se il robot indica qualcosa il bambino guarda in quella direzione) -> se il robot si
comporta come un agente sociale, il bambino lo segue, se invece si comporta in modo casuale il bambino
non lo segue.
Studi sugli uccelli mostrano che vi sono degli ormoni che permettono che le informazioni sociali siano
maggiormente consolidate.
In un altro esperimento i bambini vedevano una scena in cui un personaggio cerca di salire una collina ma
non ci riesce. Un personaggio prosociale lo aiuta a salire, mentre uno antisociale lo ostacola. I bambini,
quando devono scegliere tra i due personaggi, preferiscono quello prosociale.
Quindi si può dire che vi sono 3 abilità sociali fondamentali per lo sviluppo umano (molto rare negli
animali), che sono: imitazione, attenzione condivisa e comprensione empatica.
IMITAZIONE: l’imitazione è un altro veicolo importantissimo per l’apprendimento e lo sviluppo, e anche
questo è implicito, oltre che essere molto rapido, dato che moltiplica le occasioni per apprendere. È presente
anche negli adulti. L’imitazione è anche molto più efficace dell’apprendimento per prove ed errori (piuttosto
che trovare io la soluzione dopo lunghe prove, devo solo osservare qualcuno e fare mia l’informazione che
colgo). I bambini, tramite l’imitazione, possono utilizzare informazioni in terza persona (che derivano
dall’osservazione dell’altro) per creare conoscenze in prima persona. Il fine ultimo degli studi
sull’imitazione sarebbe quello di costruire robot che possano apprendere come i bambini, tramite
osservazione e imitazione. I moderni approcci computazionali si suddividono in approcci diretti e approcci
goal-based. Gli approcci diretti consistono nell’imparare un’azione in input che riproduce esattamente il
comportamento osservato. Gli approcci goal-based, più recenti e meno esplorati, consistono nell’inferire
l’obiettivo del comportamento osservato e successivamente produrre azioni che permettano di raggiungere
questi obiettivi.
ATTENZIONE CONDIVISA: l’attenzione a uno stesso oggetto o evento fornisce un terreno comune per
la comunicazione e l’apprendimento. Una componente molto precoce dell’attenzione condivisa è il gaze
following -> bambini mi primi 6 mesi di vita guardano più spesso nella direzione in cui si volta la testa di un
adulto. A 9 mesi sono in grado di seguire i movimenti di un robot, ma solo se questo interagisce in modo
non casuale (vedi esperimento robot). Dai 12 mesi in poi se una persona con gli occhi aperti gira lo sguardo
ad uno di due oggetti equidistanti, il bambino rivolge anche lui lo sguardo verso quell’oggetto, ma non se
l’adulto produce lo stesso movimento del capo con gli occhi chiusi.
EMPATIA ED EMOZIONI SOCIALI: la capacità di provare e regolare emozioni è importantissima per
comprendere l’intelligenza umana ed è diventata una fertile area di ricerca. Anche i bambini mostrano
primitivi segni di empatia: quando un adulto fa vedere di essersi fatto male a un dito e piange, bambini sotto
i 3 anni cercano di confortarlo, a volte offrendogli una benda o un orsacchiotto. Lo stesso accade con robot
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Psicologia dello sviluppo cognitivo sociali che “piangono”.
3) Lo sviluppo si basa su meccanismi che connettono azione e percezione: Tradizionalmente si è sempre
separato tra percezione e azione –> il sistema motorio agisce e le cortecce sensoriali percepiscono. Oggi
invece si sa che questi due sistemi sono strettamente interconnessi (i bambini agiscono perché percepiscono
qualcosa). Circa 20 anni fa sono stati anche scoperti i neuroni specchio -> neuroni della corteccia pre-
motoria si attivano sia quando un individuo osserva un’azione, sia quando quello stesso individuo effettua
l’azione -> le stesse cellule si attivano sia quando osservo sia quando agisco. Su questa base sono stati anche
letti in modo diversi gli studi sull’imitazione. In un esperimento di Meltzoff venivano prodotti dei
movimenti orofacciali e il bambino appena nato imitava gli stessi movimenti -> il bambino solo guardando
quell’azione è in grado di riprodurla (trasforma un’ azione percepita in un’azione prodotta da lui stessa). In
un altro esperimento Meltzoff prende un bicchiere, lo rovescia e lo schiaccia davanti a una bambina che non
ha mai visto questa azione. Poi porge il bicchiere alla bambina ed effettua esattamente la stessa azione,
imitando quella di Meltzoff.
Secondo Meltzoff i processi di imitazione che connettono percezione e azione sono alla base dei processi di
sviluppo.
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 5. Approfondimento sul linguaggio dall’articolo di Meltzoff
Come si è già visto i bambini apprendono il linguaggio sia grazie alla capacità di cogliere le regolarità nel
flusso del parlato (cosa che permette loro di segmentare le parole) sia grazie alle interazioni sociali (vedi
esperimento di Patricia Khul). Inoltre l’apprendimento del linguaggio è supportato dalla plasticità neurale:
negli esseri mani il periodo critico per l’acquisizione del linguaggio si posiziona tra la nascita e i 7 anni,
periodo in cui il linguaggio viene appreso senza sforzi. Dopo la pubertà l’apprendimento di una nuova
lingua è più complesso, e livelli di madre-lingua sono raggiunti raramente. Un possibile meccanismo che
governa tale periodo critico è il neural commitment, cioè la formazione di architetture neurali e circuiti
dedicati alla ritenzione dei fonemi e delle caratteristiche prosodiche tipiche della lingua a cui l’infante è
esposto. Tali circuiti neurali massimizzano la ritenzione della lingua madre e interferiscono
contemporaneamente con l’acquisizione di una nuova lingua.
I bambini, grazie a questi meccanismi diventano contemporaneamente madrelingua nel parlato e nello
scritto, inoltre i sistemi neurali che connettono percezione e azione potrebbero aiutare il bambino a
raggiungere un livello di competenze pari nel parlato e nello scritto. Negli adulti, studi di fMRI mostrano
che il guardare i movimenti delle labbra (mentre dicono qualcosa) attiva le aree cerebrali deputate alla
produzione del linguaggio (aree motorie). Ciò succede anche nei bambini, ed è stato investigato tramite
MEG -> a 6 mesi ascoltare un discorso attiva le aree uditive del cervello, ma anche l’area di Broca, che
controlla la produzione del linguaggio (invece ascoltare suoni non linguistici non produce tale attivazione).
Recentemente sono stati costruiti robot che possano insegnare il linguaggio ai bambini tramite modi sociali:
tali tecnologie vengono usate per vedere se i bambini possono apprendere parole straniere tramite giochi
sociali con il robot.
Approfondimento sull’educazione dall’articolo di Meltzoff: i principi che supportano l’apprendimento
possono essere applicati anche per migliorare l’educazione? Ci si è concentrati principalmente su 3 aree:
programmi precoci di intervento, apprendimento fuori da scuola, educazione formale.
1) Molti bambini che arrivano alle scuole elementari negli Stati Uniti non sono pronti per la scuola, e questi
bambini le cui prestazioni sono basse all’inizio tendono a rimanere basse anche in seguito. Tuttavia un input
appropriato al momento appropriato può generare un effetto cascata positivo che può guidare l’intervento
per bambini a rischio -> programmi che incoraggino l’interazione sociale precoce producono miglioramenti
significativi e a lungo termine nei risultati scolastici. Ci si è anche occupati dei bambini con disabilità. Ad
esempio i bambini dislessici hanno difficoltà nell’elaborare informazioni uditive rapide -> programmi
informatici che allenano le aree cerebrale responsabili di una tale elaborazione aiutano i bambini con
dislessia a migliorare sia il linguaggio sia la la lettura. I bambini autistici hanno invece difficoltà
nell’apprendimento per imitazione e nel gaze following (cosa che li taglia fuori dal ricco apprendimento
sociale). Inoltre i bambini con autismo preferiscono uno stimolo acustico non linguistico rispetto al
motherese, e il gradi di preferenza indica la severità dei sintomi autistici. Però allo stesso tempo sono attratti
da robot con sembianze umane, i quali cominciano ad essere utilizzati nella diagnosi e nell’intervento
2) I bambini sono molto curiosi per natura, e questo ha portato all’emergere del campo dell’educazione
informale (cioè non scolastica), basata sull’idea che setting informali non scolastici contribuiscono
significativamente all’apprendimento infantile. Infatti i bambini spendono circa l’80% del loro tempo fuori
dalle aule scolastiche, e imparano a casa, nei club, da internet, ai musei, zoo, acquari, tramite media e
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Psicologia dello sviluppo cognitivo videogiochi. Questi apprendimenti informali sono spesso altamente sociali e offrono un tipo di
partecipazione che massimizza la motivazione e incoraggia il senso di identità. Infatti i bambini vedono se
stessi come esperti in tecnologia o come scienziati in erba, e tali immagini di sé influenzano poi gli interessi,
gli obiettivi e le future scelte del bambino
3) Molti studi hanno dimostrato come l’insegnamento faccia a faccia tramite tutor è la più efficace forma di
istruzione (i risultati accademici di studenti seguiti da tutor professionali individuali sono 2 deviazioni
standard superiori rispetto agli studenti che seguono l’istruzione classica). Per questa ragione le nuove
tecnologie stanno cercando di elaborare robot che possano fungere da educatori o tutor professionali.]
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 6. Apprendimento
Un apprendimento efficace è un apprendimento in cui vi è un’alleanza efficace tra aspetti cognitivi,
metacognitivi e affettivo-motivazionali/emotivi.
ASPETTI COGNITIVI
con lo sviluppo :
- aumenta la capacità di elaborazione assoluta (il numero di elementi che posso ricordare) e relativa (se
raggruppo gli elementi in classi potrò ricordare molti più elementi -> Quindi aumenta l’efficienza dei metodi
con cui ricordo gli elementi)
- cambiano i codici rappresentazionali (che possono essere esecutivi, iconici, simbolici -> tanto più il codice
è simbolico tanto più è manipolabile -> con lo sviluppo il codice diventa sempre più astratto)
- si incrementa la conoscenza di base (ciò che si sa in relazione ad un determinato domino di conoscenze)
- Si modificano le strategie -> Prima il bambino utilizza strategie esterne al sistema cognitivo. Poi la prima
strategia mnestica cognitiva che emerge nello sviluppo è la ripetizione (intorno ai 6-7 anni) e compare
gradualmente -> all’inizio, di una lista non ripete tutto, ma solo qualche parole (ad esempio le ultime 2) e
ripete ad alta voce. La seconda strategia che compare è quella per categorie, per classificazione (ad esempio
se deve ricordare tutti i nomi dei bambini della sua classe, li divide in maschi e femmine, oppure per ordine
di banco). Un’ulteriore strategia è quella per associazioni ed elaborazioni (prendere appunti, fare schemi
ecc)
- Compare la metacognizione: vi sono 2 accezioni di questo termine: la consapevolezza dei propri processi
cognitivi (ad esempio sapere che la propria memoria è limitata, cosa che porta a utilizzare determinate
strategie) -> il bambino molto piccolo non ha questa consapevolezza, ed è per questo che non usa strategie
cognitive / la capacità di controllo -> quando si apprende si deve inibire tutta una serie di informazioni
interferenti -> implicitamente così tengo sotto controllo i miei processi mentali.
Quali sono gli aspetti cognitivi che più direttamente influenzano l’apprendimento? A esse si fa riferimento
con il nome di funzioni esecutive -> esse sono:
- Attenzione selettiva: prestare e mantenere l’attenzione sulle informazioni importanti, resistendo alle
distrazioni
- Memoria di lavoro verbale e visuospaziale: capacità mnestica che consente di elaborare le informazioni
utili in quel momento -> interagisce con la memoria semantica (relazione tra ciò che già so e quello che sto
imparando in quel momento)
- Controllo inibitorio: inibire le risposte automatiche o prepotenti, riflettere, attendere, Elaborare prima di
dare una risposta
- Abilità di autoregolazione: ogni contesto ha delle regole da rispettare. Se manca questa capacità di
autoregolazione è difficile che l’apprendimento funzioni.
- Flessibilità cognitiva: essere pronti a cambiare in riposta a variazioni del compito, perché è cambiata la
regola, il materiale, la richiesta. Se invece le mie strategie sono stereotipate, è difficile che io riesca bene in
tutti i compiti.
Memoria di lavoro (WM)
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Psicologia dello sviluppo cognitivo In uno studio si studiava la capacità dei bambini di apprendere il fenomeno delle maree -> i bambini
leggevano un testo, prima del quale venivano sottoposto a un pre test (per testare le conoscenze pregresse
sulle maree) e poi a un post test (per testare l’apprendimento)-> se l’apprendimento è avvenuto in modo
corretto le risposte avrebbero dovuto essere accurate. In un gruppo i bambini leggevano un testo
tradizionale, in un altro gruppo un testo facilitante, cioè un testo in cui si mettono a confronto le credenze
erronee circa le maree e le nozioni corrette. I bambini con una elevata WM anche nel testo tradizionale
apprendono bene, invece i bambini con più bassa WM apprendono molto meglio con il testo facilitante, in
maniera paragonabile a quella dei bambini con alta WM (con il testo normale invece apprendono poco).
Quindi la WM influenza la comprensione (dato che i bambini con bassa WM apprendono poco con il testo
normale), e il tipo di testo può migliorare la comprensione in bambini con una bassa WM, quindi si possono
compensare i deficit di WM con adeguati strumenti didattici
Controllo inibitorio
Un esempio è l’effetto stroop -> si deve pronunciare il colore con cui la parola è scritta (bisogna inibire la
risposta automatica, cioè la parola che si legge, per dare la risposta corretta). Il controllo inibitorio è
importante per l’apprendimento della lettura e della matematica, ed è poi molto importante nell’adolescenza
Abilità di autoregolazione
L’abilità di autoregolazione influenza la prestazione accademica e i risultati scolastici in letteratura, scrittura
e matematica. Inoltre essa, in situazioni con rilevanza motivazionale-emotiva, permettono di anticipare un
risultato e i rinunciare alla gratificazione immediata, per attendere un risultato più ambizioso dopo (capacità
di dilazionare la gratificazione).
Flessibilità cognitiva
Come posso aiutare il bambino ad applicare diverse strategie in diverse circostanze? Facendo in modo che il
bambino possa sperimentare queste diverse strategie, suggerendogliele di volta in volta -> il bambino che
apprende deve costruire la sua conoscenza delle strategie applicandole, dato che così può scoprirne i
vantaggi. Gli adulti, dalla loro parte, devono incrementare le informazioni del bambino circa le varie
strategie e la sua fiducia nel successo. L’arricchimento delle strategie cognitive è in parte frutto di certi stili
di insegnamento, che interagiscono con le capacità, la motivazione e i processi di attribuzione del bambino.
Bambini e ragazzi con difficoltà nelle funzioni esecutive sono bambini ipoattivi (non partecipano), sbadati
(esempio: fanno cadere l’acqua), hanno difficoltà a mantenere l’attenzione, a intraprendere compiti nuovi e
impegnativi (tendono a utilizzare sempre le stesse strategie e non sono aperti a imparare cose nuove), a
controllare le risposte automatiche (anche a pianificare), a regolare i loro stati emotivi (sono impazienti e
hanno una scarsa tolleranza alla frustrazione). È però possibile potenziare le funzioni esecutive,
specialmente l’inibizione di risposte automatiche e la flessibilità cognitiva nei bambini in età prescolare, e la
WM visuo-spaziale in età scolare con effetto sulle abilità matematiche (l’attenzione può anche beneficiare
dell’esercizio fisico). Alcuni esempi di compiti di intervento: tracciare il percorso corretto in un labirinto,
collegare simboli identici ignorando simboli distruttori simili, posizionare 5 immagini nell’ordine corretto in
modo da formare una storia, posizionare 6 immagini nell’ordine corretto in modo da far emergere un
animale, trovare 10 differenze tra 2 immagini, inserire la parte mancante corrispondente in un disegno.
ASPETTI METACOGNITIVI
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Psicologia dello sviluppo cognitivo Parlare di metacognizione significa parlare della cognizione sulla cognizione (sto usando la strategia giusta?
Sarebbe meglio usarne un’altra?) -> è l’accesso consapevole e il controllo del proprio pensiero e della
propria conoscenza. Ad esempio molti studi mostrano che quando noi leggiamo non facciamo movimenti
oculari solo in avanti, ma torniamo indietro, per rileggere (in modo da controllare di aver letto giusto) ->
tanto più i bambini fanno questi movimenti all’indietro, tanto più hanno risultati migliori nella comprensione
del testo che hanno letto -> per comprendere realmente ciò che si legge bisogna continuamente ritornare
indietro sul testo. Un altro esempio: non solo acquisire una strategia, ma sapere quando usarla, e inoltre
sapere inibire l’uso di un’altra strategia, acquisita precedentemente, che risulta meno valida in quel contesto.
Un altro esempio: saper accedere all’informazione immagazzinata nella memoria semantica e metterla in
relazione con l’informazione presente nella memoria di lavoro, inoltre saper monitorare le operazioni
cognitive in corso.
È possibile migliorare la metacognizione, promuovendo il ragionamento e la riflessione sui propri pensieri,
ed evitando di dare subito allo studente la risposta corretta.
ASPETTI AFFETTIVO-MOTIVAZIONALI, EMOTIVI
Quali sono questi aspetti? Il primo è la motivazione alla riuscita, cioè il processo attraverso cui un’attività
diretta ad uno scopo è iniziata e sostenuta -> le sue componenti sono:
- Interesse per l’attività
- Percezione di competenza (che fa parte del concetto di sé) -> è molto difficile che un ragazzo che ritiene di
“non essere capace di” riesca nel compito -> non è disposto a impegnarsi e a rinunciare alla gratificazione
immediata sé sa di non riuscire
- Autoefficacia
- Attribuzioni causali (locus of control esterno/interno)
- Aspettative e valori
- Emozioni positive
N.B: bisogna stare attenti alla difficoltà del compito e non mettere l’asticella troppo in alto, quindi il
compito deve essere alla portata del bambino. È importante anche differenziare i compiti a seconda della
capacità -> esempio: non dare una prova di sinonimi a un bambino che conosce appena l’italiano.
N.B: la relazione è bidirezionale -> se riesco nel compito, la mia immagine ne beneficerà. Influisce anche il
contesto, quindi ad esempio una classe molto preparata o poco preparata.
Un altro aspetto che influisce sull’apprendimento sono le emozioni:
- Emozioni negative intense: interferiscono con il processo di apprendimento. Infatti all’umore negativo
possono associarsi alti livelli di ansia che interferiscono con la memoria di lavoro e diminuiscono il livello
di prestazione -> l’ansia mangia risorse cognitive! Sarebbe importante ad esempio insegnare ai bambini a
gestire l’ansia nei primi minuti di una verifica in classe.
- Umore positivo: può migliorare la prestazione cognitiva, sostenendo l’attenzione
Quindi le emozioni non sono da considerare elementi di disturbo, quanto piuttosto di sostegno
all’apprendimento. Tradizionalmente le emozioni erano escluse dai modelli dello sviluppo cognitivo (es:
HIP), che consideravano solo aspetti cognitivi. D’altra parte per lungo tempo la cognizione è rimasta esclusa
dai modelli sulle emozioni -> nei modelli sulle emozioni classici vi è un evento che determina un certo
arousal che determina una emozione, senza il coinvolgimento di aspetti cognitivi. Più recentemente, alla fine
del secolo scorso, la teoria dell’appraisal ha cominciato a mostrare che effettivamente la cognizione è
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Psicologia dello sviluppo cognitivo connessa con le emozioni, dal momento che quando un evento si verifica, affinché si possa rispondere ad
esso in modo emotivamente adeguato, prima lo si deve comprendere, gli si deve attribuire un significato ->
Lazarus ha sostenuto che dato un evento ne conseguono una serie di processi cognitivi che etichettano,
categorizzano, interpretano l’evento, e in seguito a questa etichetta emerge un certo tipo di attivazione
fisiologica e una certa emozione. In questo modello quindi la cognizione ha il primato sull’emozione, dato
che l’emozione dipende dall’etichetta cognitiva che è stata applicata precedentemente. Oggi si pensa che
emozione e cognizione sono strettamente interdipendenti e si rifiuta l’idea che una o l’altra abbiano il
predominio. Esempi di studi che mostrano ciò:
- Paradigmi di affective priming: se faccio vedere un volto connotato emotivamente oppure un oggetto
connotato emotivamente e poi faccio eseguire al soggetto un compito cognitivo, la prestazione al compito
cognitivo è influenzata dall’emozione del volto, anche se esso non ha nulla a che vedere con il compito
(vedere un volto felice piuttosto che arrabbiato modula la successiva prestazione cognitiva) -> ad esempio in
un compito di classificazione di stimoli, i tempi di reazione sono inferiori quando il volto è felice
- Visual search: quando all’interno di una serie di stimoli devo trovare un volto connotato emotivamente,
piuttosto che un volto neutro, i tempi di reazione nella ricerca visiva sono più veloci.
- Affective neuroscience: questi studi dimostrano che è vero che ci sono sistemi deputati esclusivamente
all’elaborazione emotiva, però allo stesso tempo essi sono strettamente connessi alle aree di elaborazione
cognitive -> non sono sistemi separati, ma strettamente interconnessi
-> Possiamo concludere che cognizione e emozioni sono processi complementari, piuttosto che
indipendenti.
Le emozioni modulano e organizzano i pensieri, gli apprendimenti, le azioni del bambino. Allo stesso tempo
però le emozioni sono modulate dai pensieri, azioni, apprendimenti del bambino.
Vi sono anche altri fattori che influenzano l’apprendimento scolastico, oltre a quelli cognitivi, metacognitivi
e affettivi -> per esempio si deve tener presente che i comportamenti accademici (ad esempio frequentare le
lezioni, fare i compiti, partecipare in classe, organizzare il materiale) influenzano molto l’apprendimento e la
prestazione scolastica -> qui il problema non è di natura cognitiva, ma del contesto socio-culturale in cui il
bambino si colloca (quanto i genitori spingono il bambino ad andare a scuola, lo aiutano nel fare i compiti e
nell’organizzare il materiale). Ad un livello più elevato i comportamenti cruciali per un buon successo
scolastico sono anche l’autocontrollo, l’autodisciplina, la capacità di dilazionare la gratificazione (quanto
più il bambino cresce, quanto più dovrà essere lui capace di trovare il momento giusto per fare i compiti).
L’apprendimento infine può essere guidato, a un livello ancora superiore, anche dai valori e dai punti di
riferimento del bambino (ad esempio in America viene incoraggiata l’appartenenza al gruppo -> nei college
vengono consegnate magliette, felpe e materiali con il logo dell’università). Inoltre anche la percezione di
poter riuscire a scuola influenza l’apprendimento.
Con tutti questi comportamenti, atteggiamenti valori interagiscono poi le strategie di apprendimento sopra
descritte, ma anche le abilità sociali (con migliori abilità sociali sarà possibile ad esempio chiedere i compiti
quando si è assenti).
Da tutto ciò emerge dunque che i fattori che influenzano l’apprendimento scolastico sono molteplici e non
tutti strettamente cognitivi -> in quanto psicologi si deve essere in grado di capire a che livello il bambino
presenta difficoltà e per quale ragione il suo apprendimento non è ottimale -> se so dove il problema si
colloca, so anche come intervenire. Ciò implica anche che nella gestione della classe si devono saper
differenziare i percorsi di apprendimento (eterogeneizzare le classi), differenziare i tempi di apprendimento
(ad esempio un bambino impiega 30 secondi per svolgere un’operazione, mentre un altro bambino 5 minuti -
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Psicologia dello sviluppo cognitivo > a quel bambino bisogna lasciare il tempo giusto, così potrà sperimentare un successo, anche se in un
maggiore tempo), ristrutturare gli spazi di apprendimento (luce, acustica, temperatura, qualità dell’aria, ma
anche “bellezza” dell’ambiente di apprendimento, es. colori), offrire consulenza e supporto di professionisti
ed esperti a insegnanti e genitori. I dati sulla dispersione scolastica (ragazzi della scuola dell’obbligo che
lasciano la scuola) sono in calo (nel 2006 il tasso era del 20,8% mentre nel 2017 è del 14,7), anche se
comunque il tasso è abbastanza elevato. L’obiettivo dell’UE è di arrivare nel 2020 al 10%
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Psicologia dello sviluppo cognitivo 7. Il gioco
Naturalmente non si apprende solo a scuola, dato che i contesti di apprendimento sono molteplici -> un
contesto in cui il bambino apprende tantissimo è il gioco. Nella convenzione sui diritti dell’infanzia e
dell’adolescenza nell’art 31 c’è scritto: “Gli Stati riconoscono che tutti i bambini devono essere trattati con
umanità e rispetto: hanno il diritto di riposarsi, giocare, fare sport, esprimere la propria creatività e
partecipare alla vita artistica e culturale del Paese in cui vivono”. Bruno Munari diceva che per i bambini il
gioco è una cosa seria.
Come evolve il gioco? Il bambino già nei primi mesi di vita gioca: le sue competenze motorie sono limitate,
però si possono proporre giochi multi sensoriali (stimolano i diversi sensi -> tante più modalità sensoriali
coinvolgo tanto più l’informazione acquisisce importanza), dato che le abilità percettive sono presenti fin
dalla nascita. Un passaggio importante avviene a 4/5 mesi in cui il bambino impara ad afferrare gli oggetti -
> si possono proporre giochi che stimolano la manipolazione -> attraverso la manipolazione il bambino può
così apprendere. Come devono essere questi oggetti? Non possono essere troppo piccoli perché manca la
presa a pinza (quella di precisione), che compare solo a partire dai 9 mesi. Dai 12-15 mesi il bambino riesce
a spostarsi nello spazio, quindi non gli interessa più solo lo spazio prossimale, ma va a cercare oggetti nello
spazio distale -> può fare giochi che facilitano lo spostamento in un ambiente più vasto.
Il gioco è importante e perché incrementa lo sviluppo fisico: con il gioco i bambini incrementano la forza
fisica, la resistenza, l’equilibrio, la coordinazione motoria. Incrementa poi lo sviluppo cognitivo: il gioco è
un modo per imparare attraverso i sensi (guardare, toccare, sentire, odorare, gustare), per percepire
organizzare e ricordare informazioni, per progettare, pianificare, risolvere problemi, essere creativi,
immaginare una soluzione originale, apprendere nozioni e significati. Il gioco incrementa anche lo sviluppo
del linguaggio -> con ogni nuovo gioco il vocabolario di parole si amplia, inoltre con il gioco il bambino
impara ad esprimere attraverso il linguaggio un desiderio, un’emozione, un’idea. Con il gioco si incrementa
anche lo sviluppo emotivo: giocare può essere divertente, ma anche molto impegnativo -> si sperimentano
emozioni (felicità, tristezza, rabbia, paura), si sopporta la fatica e la frustrazione, si gioisce per un successo e
si sperimenta la soddisfazione di un obbiettivo, si accetta la sconfitta, si esprimono le emozioni in modo
appropriato. Il gioco incrementa anche lo sviluppo sociale, perché grazie a esso si impara a condividere,
cooperare, rispettare le regole, aspettare il proprio turno, negoziare, trovare un compromesso (se si vogliono
fare giochi diversi ci si consulta e si arriva a una soluzione insieme).
Quindi attraverso il gioco i bambini vivono una serie di esperienze importanti per il loro futuro sviluppo.
Quali sono i diversi giochi? Tra 0-1 anno il gioco è solitario -> questo tipo di gioco è predominante quando
il bambino è molto piccolo, però è importante ad ogni età che il bambino sia in grado di giocare in
autonomia (il genitore non deve preoccuparsi costantemente di intrattenere il bambino). Tra 0-1.5 anni c’è
anche il gioco da spettatore: il bambino gioca osservando l’altro che gioca. Il passo successivo è il gioco in
parallelo (1-2 anni), in cui due bambini condividono lo stesso materiale di gioco (lo stesso spazio – giocano
uno vicino all’altro, utilizzando materiali simili), anche se non è proprio un gioco cooperativo, perché non vi
è un vero e proprio scambio. Poi compare il gioco associato (3-4 anni), in cui i bambini condividono
l’obiettivo del gioco (ad esempio girare con il triciclo in un circuito), non sono però presenti regole precise o
una struttura del gioco ben definita. Qui i gruppi sono ancora omogenei (maschi e femmine insieme). A
partire dai 4-5 anni compare il gioco cooperativo, che si distingue da quello associato dato che si può
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