Appunti sulla storia del cinema italiano, dalla nascita e le prime pellicole mute agli anni '90 e la sensazione di rottura definitiva con i 'padri'. Attraverso un secolo di gloria e di crollo produttivo ed economico, si parla dell'epoca fascista, del neorealismo, del cinema del boom, degli autori che hanno fatto la storia e della crisi della speranza negli anni '80.
Storia del cinema italiano
di Asia Marta Muci
Appunti sulla storia del cinema italiano, dalla nascita e le prime pellicole mute
agli anni '90 e la sensazione di rottura definitiva con i 'padri'. Attraverso un
secolo di gloria e di crollo produttivo ed economico, si parla dell'epoca fascista,
del neorealismo, del cinema del boom, degli autori che hanno fatto la storia e
della crisi della speranza negli anni '80.
Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione
(IULM)
Esame: Storia del cinema italiano
Docente: Gianni Canova
Titolo del libro: Guida alla storia del cinema italiano
Autore del libro: Giampiero Brunetta
Editore: Einaudi
Anno pubblicazione: 20031. Archivi mondiali della storia del cinema
Le fonti filmiche sono oggi disponibili grazie a opere di restauro. Si è conseguito questo risultato grazie ad
una nuova politica delle cineteche, all’apertura degli archivi pubblici e privati agli studiosi, retrospettive di
festival specializzati e mutamento dei modi di approccio.
Le fonti da cui si attinge per lo studio della storia del cinema sono qualsiasi documento utile a informare su
aspetti del percorso cinematografico o che abbia contribuito alla realizzazione di un film. Dal punto di vista
metodologico lo storiografo del cinema compie un azione di bricolage dello studio dei vari colleghi è un
lavoro di tipo connettivo mirante a dare una visione integrata ei vari elementi e delle fonti di cui dispone.
Gli archivi pur trattando di cinema italiano sono sparsi nel mondo, i più rilevanti sono:
Fondo George Klein a Washington per i film storici e mitologici del primo cinema muto.
John Allen Collection al Pacific Film Archive
Città del Messico e in generale nel centro sud America
Collezione Tomijro Komiya in Giappone
Fondo della Film D’arte Italiana di Parigi.
Nell’ultimo ventennio il cinema muto ha goduto di maggiori cure archivistiche, la quasi totalità dei
documentari prodotti dall’istituto Luce è salvata e consultabile via internet.
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Il cinema italiano ha avuto significativi momenti di crisi all’interno dei quali non si è mai giunti
all’azzeramento della produzione o dei parametri di riferimento; si è mantenuta costantemente
un’interazione fra produzione d’autore e commerciale; nasce dunque l’idea di una produzione libera da una
logica di mercato incalzante ed aleggiante in una dimensione sospesa tra artigianato e industria esaltando il
modello della bottega rinascimentale ma restando sempre proiettato nel futuro. Il successo del cinema
italiano è sempre stato legato imprescindibilmente dall’apportazione di ogni singolo artigiano all’opera
definitiva. La critica inoltre non si è limitata alla sua mansione quanto invece ha tentato di influire nell’opera
registica contribuendo alla definizione, modifica e mantenimento di tratti identitari influendo nel dibattito
politico e culturale.
Il carattere della cinematografia nazionale è dominato dalle leggi del caos mantenendo costante la ricerca di
radici culturali forti che affermino l’autorità artistica dell’opera; il patrimonio letterario e figurativo italiano
viene sfruttato in ogni sua accezione e si attinge alla commedia dell’arte di tradizione canovaccistica ed alla
successiva goldoniana, trasportando il gioco delle maschere in un’attualità che camuffa sempre di più i
propri personaggi.
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sale
Primo film italiano, cinema ambulanti e prime sale
"Filoteo Alebrini" è il primo film italiano, viene proiettato a Roma nel 1905 parla della breccia di Porta Pia:
il cinema italiano nasce sotto il segno del risorgimento. Il primissimo cinema è animato da uno spirito laico
ed unitario che utilizza l’iconografia rinascimentale classica con la personificazione dell’Italia con lo
stendardo tricolore in pugno ed ai cui lati ci sono disposti Cavour, Vittorio Emanuele II Garibaldi e
Mazzini. Assimilando la lezione manzoniana di rendere verosimile la finzione storica, il cinema urbano
conquista subito gli spettatori del cinema ambulante.
I baracconi dei cinema ambulanti hanno da sempre riunito le diverse classi sociali integrandole nella comune
alfabetizzazione visiva, seguendo il verbo dei fratelli Lumiere. Il cinema ambulante è delimitato da leggi
comuni, gli imbonitori dicono sempre le stesse cose, le locandine sono scritte con i medesimi caratteri… il
distacco con la precedente tradizione circense e della commedia dell’arte è poco. I piccoli imprenditori
sfidano la morale attraverso titoli basati su una comicità bassa basata su allusioni e doppi sensi. Inoltre lo
spettacolo cinematografico era quasi sempre unito ad altre attrazioni: Museo e Cinematografo, Altelena e
cinematografo…Gli spettacoli ambulanti entrano in crisi già alla fine degli anni 10 e molti imprenditori
diventano proprietari di sale urbane.
Le prime sale: Iride, Lux, Radium; Cristallo, Smeraldo, Astra…Le sale diventano le carrozze di tutti in
quanto fianco a fianco trovano posto rappresentanti di tutte le classi sociali. In pochi anni il cinema è
diventato lo spettacolo popolare per eccellenza . Il cinematografo arriva in Italia ed il 13 Marzo 1896 c’è a
Roma la prima produzione. Nel giro di alcuni mesi le sale cinematografiche coprono la quasi totalità del
territorio nazionale.
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Tra 1905 e 1912 la produzione nazione presenta una sviluppo rapido, attraversando poi una fase di crisi che
risente della crisi internazionale. Dilaga la febbre produttiva vengono investiti capitali da ogni provenienza,
Stefano Pittaluga prima figura di imprenditore capace di ottenere un sostegno governativo all’industria del
cinema. Per un periodo Torino fu la capitale produttiva a cui si aggiungono Roma, Milano e Napoli a cui in
sottordine si possono aggiungere Genova, Palermo, Catania e Venezia dove però si tentano monoproduzioni
dello spazio di un film. Il policentrismo produttivo è dovuto ad una divisione significativa delle competenze
linguistiche e culturali; inoltre la fisionomia delle prime case di produzione appare legata all’economia del
territorio. La prima guerra mondiale fungerà da spartiacque favorendo la concentrazione produttiva a Roma.
La produzione torinese tende a confrontarsi internazionalmente con quella d’oltralpe, giungendo ad essere la
capitale mondiale del cinema per qualche anno; la romana tende alla celebrazione dei fasti imperiali.
Cines prima società di produzione per azioni nasce nel 1905 come Alberini & Santoni e diventa cines nel
1906, arriva ad aprire una succursale di vendita a New York.
Le case di produzione tendono a differenziarsi per filoni tematico stilistici. Dal 1909 si comincia a parlare
di crisi, manca originalità e si comincia a riprodurre i modelli di successo.
C’è una fase di riassestamento in cui nell’industria investono gli aristocratici contribuendo alla
qualificazione artistica dei film. Il triennio che precede la guerra è la fase di maggior espansione e
consolidamento delle strutture: il sistema divistico italiano conquista l’estero. Tra la Cines di Roma e la
Georke Klein di Chicago viene siglato un accordo di esclusività, nel 1913 si ha l’avvento del
lungometraggio
Con una serie di tableaux vivants i registi della cines riescono a spremere poemi omerici opere
shakespeariane ed animare i cicli pittorici medievali. Si fa un lavoro di creazione dell’iconografia
cinematografica basandosi sulla letteratura, mirando quindi alla conquista di un pubblico borghese. La
preponderanza tematica è sempre laica. Lo sforzo di traduzione testuale porta all’affermarsi di rigidi canoni
utili anche all’unificazione linguistica. Schiere di intellettuali si accostano al cinema proponendo
prestazioni a pagamento tentando di effettuazione azioni di riduzione mantenendo intatto lo spirito del
poema classico: Nasce così una nuova figura di salariato che sintetizza poemi in poche didascalie.
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Si cerca di porsi all’altezza delle grandi scuole figurative del passato; si inizia ad ideare una serie di film di
carattere ponendo problematiche di orchestrazione delle masse, costruzione dell’immagine, organizzazione
dello spazio…
"Nerone" (Maggi 1909) è considerato archetipo del genere, riferimenti alla pittura neoclassica e
valorizzazione dei movimenti di masse di comparse. Si realizzano La caduta di Troia, l’Odissea l’Inferno Si
sfruttano soprattutto i fasti romani ed i miti della fondazione, fortificando un’identità nazionale che sfocerà
nel nazionalismo fascista con il culto della romanità.
Tra il 1912 e 14 si assiste ad una megalomania scenica che propone la rappresentazione di ogni epoca
storica con soluzioni grandiose. Con "Quo Vadis?" ( Enrico Guazzoni) La cines mette in atto strategie di
lancio avanzate: cessione dei diritti delle fotografie per appositi romanzi, redazione di veline esplicative
sulla lavorazione. Il film esalta la dialettica individuo folla e si appoggia ai modelli del melodramma,
riscuote un successo tale da rimanere in cartellone a New York per 22 settimane.
Con "Cabiria" (Giovanni Pastrone) montaggio e macchina da presa cominciano a far sentire la presenza
registica si ha per la prima volta un uso significativo del carrello e del primo piano; è la il vertice della
parabola, D’Annunzio ne scrive le didascalie e assume la paternità dell’opera per una geniale trovata
pubblicitaria.
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Le comiche non hanno goduto inizialmente di interpreti capaci di nobilitare il genere, infatti la commedia
raccoglie le storie degli altri generi senza mirare ad affermare una sua identità, mantenendo i rapporti di
discendenza dalle forme di spettacolo popolare anteriore. Il comico muto si muove all’interno dello spazio
urbano parodiando la classe borghese e il fenomeno di ascesa sociale del dandy. Si vengono, tuttavia, a
creare dei divi del genere: Marcel Fabre è Robinet e Andrè Deed è Cretinetti. La comicità italiano si basa
sulla registrazione dei comportamenti di una società medio borghese parodiandone l’imperfezione dei riti.
Ci sono quattro film che rappresentano un’eccezione (Le avventure straordinarissime di Saturnino
Farandola, La paura degli aeromobili nemici, L’uomo meccanico, Pinocchio) data dall’innestarsi anche nel
genere più popolare di uno spirito futurista che influenza la riflessione fantastico e fantascientifica.
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Il sistema divistico collabora alla realizzazione di un genere che discendente dal melodramma in cui il
potere assoluto è quello dei sentimenti. Il divismo femminile si sviluppa a discapito della mancata
emancipazione femminile in altri campi; c’è una filiazione diretta dalla recitazione teatrale ottocentesca. Lo
sviluppo ed affermazione a livello internazionale si ha negli anni a cavallo della guerra mondiale tra il 1913
ei 1920.
Le dive con i loro corpi fanno nascere l’estetica del silenzio, irradiano lo schermo di luce rivitalizzano
l’immagine romantica messa in crisi dalla cultura positivistica. I divi maschi sono limitati ai personaggi da
essi interpretati come Maciste che risolvono problemi attraverso l’uso della forza. La recitazione si confonde
con altre arti, si ha un travaso di forme.
Le tipologie di personaggi femminili sono di derivazione letteraria:
1. La Femme Fatale crudele e spietata dominatrice di uomini
2. La Femme de nullle part, la bella sconosciuta priva di radici e di una identità sicura
3. La Donna demoniaca, la serpe che conduce alla perdizione (la lupa)
4. La donna perduta che fa tesoro del proprio corpo e lo gestisce come una fabbrica
5. La Donna Madre garante dei valori della famiglia
6. La dolce discendente di Ofelia o cenerentola, innamorata che soffre nell’ombra pronta a sacrificare tutto
per l’amato.
7. …
Il film si occupa di cogliere le caratteristiche di fotogenia messe in luce da Delluc.
Lyda Borelli ha una tipologia recitativa così soave da dare l’impressione di fermare l’immagine rendendolo
un quadro, esegue fin dagli esordi movimenti di braccia e corpo che ricordano una farfalla e modulano la
gamma dei sentimenti. (Rapsodia satanica, Malombra). E’ l’interpreta più significativa della cultura Liberty
e simbolista.
Francesca Bertini ha una fase di formazione, mentre la Borelli si afferma diva dal primo film; ha la capacità
di rivestire ruoli sociali differenti esprimendo un’interminabile gamma di sentimenti; è la prima attrice a
tutto campo.
Il divismo italiano esplode internazionalmente con queste eroine per le quali amor vincit omnia sono le
eroine bohemien d Puccini, si mantiene l’equazione tra bellezza femminile e suo stadio preevolutivo quasi
bestiale.
Divismo Maschile: Maschere e corpi
Emilio Ghione è uno dei due attori che raggiunge fama divistica, le sue apparizioni hanno una carica
simbolica che prevale su quella realistica, il suo nome sarà sempre affiancato ad un personaggio maschera
Za-la-Mort. Ghione passerà alla regia utilizzando la Bertini nel suo film d’esordio, utilizzerà i codici del
bandito elegante legato al codice d’onore.
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Dalla metà degli anni trenta con "Sperduti nel Buio" (perduto) di Nino Martoglio si comincia a raccogliere
l’eredità della tradizione letteraria e pittorica nazionale indicando la strada da percorrere per il nuovo cinema
italiano. L’opera fa parte di una trilogia di cui è presente anche un Teresa Raquin, è una corrente naturalista
che differisce diametralmente dalle tendenze vincenti che promuovono una letteratura simbolista e
dannunziana. Il solo film superstite è Assunta Spina che fa da ponte con la tradizione della pittura dei
macchiaioli toscani e fissa un punto che si rivelerà fondamentale in quella che sarà la vocazione del cinema
italiano.
Il Verbo futurista
Il futurismo nonostante le potenzialità del mezzo, non riesce a farlo proprio; tuttavia ne è influenzato
assimilando la procedura cinematografica di scomponimento e ricomponimento della realtà, utilizzo dei
primi piani, taglio eccentrico dell’immagine, costruzione interna al quadro. I futuristi affermano con
fermezza l’autonomia artistica del cinema. Il cinema è il mezzo che può portare avanti il verbo futurista di
abolizione di spazio e tempo tradizionali: il film può essere la risposta alla ricerca dell’opera d’arte totale.
Vita futurista unico film realizzato da futuristi nel 1916 è andato perduto; il documento più importante
pervenutoci è “il manifesto della cinematografia futurista” in cui si pongono le basi per una poetica che sarà
la partenza delle avanguardie future, ma rivela la mancanza di competenze tecniche per sfruttare il mezzo.
Sono stati effettuati esperimenti di film astratti cercando una “sinfonia cromatica”, ma gli esperimenti
muoiono sul nascere stroncati da Boccioni. Si è osservata una concordanza tra Amore Pedestre di Fabre e Le
basi di Marinetti, per questo si parla maggiormente di cinema come ispirazione ai futuristi. Thais di
Bragaglia è l’unico film che si può tentar di far entrare in un’ottica futurista dato il tentativo di
materializzare i sogni della protagonista attraverso l’uso di linee e simboli. Il progetto cinematografico
futurista fallisce per la mancanza di competenze tecniche e dall’impossibilità di conciliare le ragioni
industriali, produttive e distributive con quelle della poetica del gruppo.
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Nel 1919 si costituisce l’UCI, primo trust cinematografico italiano che riunisce i prestigiosi marchi di
produzione italiani; il trust si fonda su ragioni industriali e manca una progettualità artistica volta al
progresso. Si riempiono scaffali di titoli copiati dai successi passati senza curarsi dei segni di crisi;
Cause della crisi: pretese divistiche assurde, arresto dello sviluppo tecnico, perdita dei mercati esteri,
mancanza di ricambio generazionale ed influenza letteraria e teatrale troppo interconnessa: il cinema è
ancora dominato dalla parola più che dall’immagine.
Si cerca salvezza nell’opera delle dive offrendo un cinema al femminile che offre tutta la gamma di
sentimenti femminili, l’unica che offre qualche cambiamento è Leda Gys in ambito napoletano. La disfatta è
accentuata dalla rivalità di due personalità che si scontrano alla direzione dell’Uci, nel frattempo si comincia
ad avvertire l’inizio di una radicalizzazione politica che porta ad una censura più stretta. Nel 1923 la United
Artists apre una succursale a Roma, seguita dalle altre majors: il cinema italiano diventa mera distribuzione
e consumo di quello americano. Quello che colpisce è la mancanza di evoluzione nella ricerca espressiva.
All’indomani della marcia su Roma si attribuisce a Mussolini il compito di risollevare il cinema italiano: nel
1924 nasce l’istituto Luce così il regime si assicura il controllo totale dell’informazione cinematografica.
Nella prima fase storica dell’istituto si riconoscono due linee guida: il tentativo didattico educativo e
l’intento di porsi a servizio del regime esaltandone le imprese. Tuttavia ci vorranno anni prima che il duce si
occupi in modo serio dell’industria cinematografica intuendo le capacità propagandistiche del mezzo.
Ci sono autori che hanno tentato di competere con gli standard americani e francesi, Lucio D’ambra
commedie brillanti ponendosi il problema del ritmo, mescola atmosfere del teatro grottesco con le movenze
del balletto; è uno dei primi a legittimare la figura del regista come soggetto di una riflessione teorica.
Genina è l’autore più attento al pubblico e si caratterizza per un ecletticismo nella produzione, sarà il primo
ad innestare elementi del melodramma in storie realistiche e ad iniziare il passaggio tra muto e sonoro,
divismo europeo ed americano. L’unica filmografia che resista agli anni di crisi è quella legata alla figura di
Maciste, alcune delle cui apparizioni sono guidate dall’esordio registico di Camerini.
Alla vigilia del sonoro capitanato da Blasetti decide di recidere i legami con il passato e passare ad una
nuova e più matura forma di produzione, il mondo contadino è il punto di appoggio più efficace. Già da il
Sole (1292 Blasetti) si denota uno sforzo di rinnovamento dell’iconografia, con Rotaie (Camerini 1929) si
riconosce uno sforzo di mettere a frutto la lezione del Kammerspiel e da questi titoli si comincia a parlare di
rinascita.
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