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Fellini e Antonioni. Oltre il visibile


Il neorealismo rallenta l’influenza delle arte figurative e letterarie della precedente cultura tradizionale aulica, lo scambio con i modelli iconografi classici ed il pensiero esistenziale tornano a materializzarsi in Fellini e Antonioni che ritengono che la percezione visiva non esaurisce i significati molteplici del visibile. Ogni realtà ne nasconde altre, secondo quel sistema di corrispondenze così caro a Baudelaire. L’essenziale è l’invisibile che soggiace al visibile. La realtà offerta fino ad ora non è sufficiente a descrivere il mondo interiore dei protagonisti; Fellini crea figure ectoplasmatiche che fluttuano in una dimensione sospesa tra realtà e sogno; Si accosta agli schermi da autodidatta con una biblioteca di riferimento che comprende psicanalisi ed esistenzialismo; lavora per anni come negro anche nelle sceneggiature di Rossellini e Lattuada; sarà quest’ultimo a promuoverlo co-regista in Le Luci del varietà (1950); la prima opera di cui ha la paternità totale è Lo sceicco bianco (1952) creata ispirandosi alle forme basse dello spettacolo popolare da piazza. Ogni tema, ogni storie attinge dal vissuto dell’artista e si assume il ruolo di spola tra memoria autobiografica e collettiva. Con i Vitelloni e La Strada (1954) l’autore si riavvicina a Rimini, le immagine accompagnata dalla musica di Nino Rota sgorgano con personaggi che sembrano frutto dell’inconscio. Con Le notti di Cabiria (1957) Fellini raggiunge l’apice di questa tipologia di racconto prefissando tutti i modelli che saranno poi utilizzati, più maturamente nella Dolce vita (1960), in quest’opera l’immagine è portatrice di tutte le energie vitali, è un’opera ponte che chiude una fase del cinema italiano inaugurando una nuova era.

Antonioni, agli antipodi dell’horroc vacui viscontiniano, tenta di creare un vuoto tra i personaggi e l’ambiente che li circonda come a presentare la corrispondenza tra il vuoto dello spazio con quello interiore in particolare la mancanza di legami con le persone e l’ambiente. Antonioni è la prova dello sgretolamento del verbo neorealista. Con Cronaca di un amore (1950) ci troviamo in uno spazio urbano simbolico, sfuggente e spettrale con ombre inquietanti. Girerà in Francia e Inghilterra. La signora senza camelie (1953) si muove nello spazio dell’illusorietà del sogno cinematografico. Pur avendo esposto fin dagli anni cinquanta la sua poetica, Il grido (1957) sarà l’opera di rottura che condurrà alla sua maturazione completa negli anni sessanta.

Tratto da STORIA DEL CINEMA ITALIANO di Asia Marta Muci
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