Questi appunti affrontano tutte le fasi del periodo storico che va dalla prima guerra mondiale fino ai giorni nostri, per l'esame di Storia Contemporanea.
L'età contemporanea
di Gabriella Galbiati
Questi appunti affrontano tutte le fasi del periodo storico che va dalla prima
guerra mondiale fino ai giorni nostri, per l'esame di Storia Contemporanea.
Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
Facoltà: Sociologia
Esame: Storia contemporanea
Docente: Gabriella Gribuadi
Titolo del libro: L'età contemporanea. Dalla grande guerra a
oggi.
Autore del libro: Alberto Mario Banti
Editore: Laterza
Anno pubblicazione: 20091. Lo scoppio della prima Guerra Mondiale
Il motivo scatenante della guerra è l’assassinio dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando, avvenuto a
Sarajevo il 28 giugno 1914 per mano di un nazionalista serbo. Un mese più tardi l’Austria - Ungheria attacca
la Serbia, ritenuta corresponsabile dell’attacco e che aveva rifiutato le condizioni del loro ultimatum. A
questo punto si mette in moto il sistema di alleanze internazionali. Infatti, la Germania si schiera a fianco
dell’Austria - Ungheria (Triplice Alleanza), mentre Russia, Francia e Inghilterra (Triplice Intesa) entrano in
guerra al fianco della Serbia. Nel novembre del 1914 l’Impero Ottomano (dominio dei Turchi nei territori
balcanici, vicino-orientali e nordafricani) entra in guerra come alleato di Austria - Ungheria e Germania,
soprattutto per attaccare la Russia e riconquistare le terre dell’area caucasica. Tra il 1915 e il 1917,
entreranno in guerra anche Italia, Portogallo, Romania, Grecia e USA, tutti a fianco dell’Intesa, mentre la
Bulgaria a fianco degli Imperi Centrali nel 1915.
Ciò che stupisce è che quando scoppia la guerra nell’estate del 1914, tutti i paesi ne sono entusiasti. In molte
città la gente scende per strada per festeggiare e alcuni intellettuali, come il poeta Rilke, Marinetti, il
giovane Gandhi e Freud, inneggiano alla guerra e al patriottismo. Solo il Partito socialista serbo e il Partito
socialdemocratico russo si dichiarano a sfavore.
Col passare dei mesi, però, appare chiara la brutalità della guerra con i suoi milioni di morti e feriti.
Vengono meno sia l’ideale cavalleresco che l’idea di una guerra lampo e di movimento con rapidi
spostamenti di truppe e veloci attacchi di sfondamento.
Infatti, gli eserciti contrapposti si equivalgono e nessuno riesce a sfondare le linee avversarie. I combattenti
si fronteggiano scavando trincee nel terreno, fosse lunghe per decine e decine di chilometri, articolate e
fortificate, attrezzate con gli ultimi ritrovati della tecnica, come il filo spinato, e protette da armi sofisticate
come i fucili a ripetizione, le mitragliatrici, le granate e le bombe a mano. Oltre a queste, bisogna aggiungere
gli aerei da combattimento e i gas asfissianti. Quest’ultimi furono sperimentati per la prima volta dai
tedeschi in Belgio nel 1915. Rapidamente vengono messe a punto le maschere antigas.
Provare ad attraversare e sfondare le trincee nemiche porta alla morte sicura. Restare nella propria trincea,
invece, significa sfidare topi, pulci, polvere, fango, l’odore della carne in putrefazione e stare in condizioni
igieniche impossibili.
Per questo, fu necessaria una propaganda ufficiale che motivasse a combattere per la difesa delle proprie
famiglie, delle proprie case e della propria nazione. Per stimolare maggiormente i soldati, fu attuata anche la
tecnica della degradazione dell’immagine del nemico, come colui che è capace di compiere ogni genere di
atrocità e che va disprezzato e annullato. Non si sa, però, se tutte le atrocità denunciate siano state commesse
davvero oppure dichiarate per rendere più agitati gli animi, anche se è accertato che i soldati che occupavano
i territori stranieri compirono aggressioni e maltrattamenti contro i civili.
Tra le conseguenze immediate della guerra, fu stabilito che le donne fossero reclutate come forza lavoro,
anche per impieghi che fin ad allora erano riservati agli uomini. Inoltre, i governi assunsero il
coordinamento del sistema economico dei loro paesi, dirigendo le ordinazioni, controllando gli afflussi di
materie prime e di fonti energetiche e regolando il mercato dei beni alimentari. Dal canto loro, le industrie
belliche sono in rapida crescita, portando grandi profitti agli imprenditori.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 2. Le prime fasi della guerra (1914-15)
Inizialmente gli stati sono convinti di concludere la guerra in poco tempo. L’iniziativa più importante parte
dall’esercito tedesco, che occupa il Belgio, paese neutrale, per attraversare e attaccare la Francia. L’esercito
tedesco arriva quasi a Parigi, facilitata dal fatto che la frontiera belga è scoperta poiché neutrale. La
controffensiva francese, però, riesce a far ritirare i tedeschi. In poco tempo diventa chiaro che quella che si è
pensato essere una guerra di movimento è una guerra di posizione, cioè di trincea.
Nel frattempo, l’Italia, con il governo Salandra, aveva deciso di dichiararsi neutrale, nonostante nel 1882
avesse firmato il trattato di alleanza difensiva con la Triplice Alleanza. La ragione ufficiale è che tale
alleanza è a carattere difensiva e non offensiva. In realtà, il governo è convinto di non ottenere le terre che
gli spettano dall’Austria – Ungheria (Trieste e Trento), l’esercito non è pronto e la particolare
conformazione geografica del paese la esporrebbe agli attacchi della Marina britannica, all’epoca la più
potente del mondo.
Nell’agosto del 1914, però, al Parlamento e tra l’opinione pubblica si comincia a dibattere sulla neutralità o
un possibile intervento italiano in guerra. Tra i neutralisti, vi sono i cattolici, con a capo il papa Benedetto
XV, i liberali, tra cui Giovanni Giolitti, e i socialisti. Tra quest’ultimi, l’allora direttore dell’Avanti Benito
Mussolini che con un articolo si dichiara interventista. Per questo viene cacciato dal partito e fonderà il
nuovo giornale il Popolo d’Italia. Tra gli interventisti, troviamo Gabriele D’Annunzio, i nazionalisti, i
democratici, gli ex socialisti o anarchici o sindacalisti e in seguito anche il presidente Salandra e il ministro
degli esteri Sidney Sonnino. Infatti, nell’autunno del 1914 vengono avviate trattative segrete bilaterali con
entrambe le parti non solo per far guadagnare tempo alla preparazione dell’esercito ma per constatare chi
promette di più. L’offerta migliore arriva dalla Triplice Intesa e comprende Trieste e Trento, il Tirolo fino al
Brennero, il protettorato sull’Albania, la Dalmazia e l’Istria, con l’eccezione della città di Fiume. Così viene
firmato nel 1915 il patto di Londra. L’Italia così dichiara guerra all’Austria – Ungheria. Nel 1916 gli austro-
ungarici organizzano una spedizione punitiva nel Trentino, perché l’Italia non ha rispettato il patto della
Triplice Alleanza. L’esercito italiano è costretto ad arretrare, pur riuscendo a bloccare l’attacco, e Salandra
decide definitivamente di dimettersi.
Una situazione analoga accade con l’offensiva scatenata dai tedeschi contro la piazzaforte di Verdun nel
1916. L’operazione ha come unico risultato un terribile massacro. Così gli inglesi e i francesi tentano un
contrattacco sulle Somme. Anche questa battaglia non porterà a risultati e il costo delle vite umane sarà
altissimo soprattutto per gli inglesi. Nel frattempo i tedeschi riescono a sconfiggere i russi, occupando la
Polonia e l’esercito austro-ungarico occupa la Serbia.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 3. L'intervento degli Usa in guerra
Ma un evento tragico farà cambiare la rotta del conflitto. Dal 1915 i tedeschi usano i sottomarini contro le
navi mercantili dirette in Gran Bretagna. Poco dopo un sottomarino tedesco affonda il transatlantico inglese
Lusitania, che trasportava alcuni civili statunitensi. L’azione suscita le proteste del governo americano che
decide di entrare in guerra a fianco dell’Intesa. La partecipazione degli Stati Uniti è dovuta anche a motivi di
interesse economico visto che le esportazioni verso Regno Unito e Francia si sono quadruplicate e che le
banche nordamericane hanno concesso enormi quantità di prestiti ai governi inglese e francese. L’esercito
americano fu organizzato sulla base di una circoscrizione obbligatoria, perché si presentarono un numero
esiguo di volontari, ed entrò nei campi di battaglia solo nella primavera del 1918.
Intanto la Russia, inseguito alla seconda rivoluzione del 1918, si proclama Repubblica Socialista e firma un
trattato di pace separato con la Germania. Gli austro-ungarici, invece, tentano uno sfondamento del fronte
italiano con l’assalto del villaggio di Caporetto nel Friuli nel 1917 e riescono ad avanzare. Il fronte italiano è
così costretto alla ritirata, finché non riesce ad organizzarsi sul fiume Piave e l’avanzata austro-ungarica
viene fermata. Intanto l’arrivo dei soldati americani da nuova linfa al conflitto. Nel 1918 i francesi
costringono alla resa i bulgari e gli inglesi piegano gli ottomani. L’esercito italiano travolge gli austro-
tedeschi, sconfitti nella battaglia di Vittorio Veneto. L’Austria chiede l’armistizio, che viene firmato con i
rappresentanti italiani.
Il 9 novembre 1918 a Berlino scoppia una rivoluzione, per cui l’imperatore Guglielmo II è costretto a
fuggire e viene proclamata la Repubblica democratica. Anche la Germania firma l’armistizio. È la fine della
guerra.
Le prime conseguenze della I guerra mondiale
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 4. I 14 punti di Wilson
I presupposti per un nuovo assetto europeo vengono designati dal presidente americano Wilson, che ha
stilato 14 punti. Tra essi, si ricorda la libertà di navigazione, la rinuncia alla diplomazia segreta,
l’autodeterminazione dei popoli e la creazione di un organismo internazionale che sovraintenda questi
principi ed eviti i conflitti internazionali, ovvero la Società delle Nazioni. Questa verrà costituita nel 1920,
con sede a Ginevra. Gli stati aderenti si impegnano a rispettare l’integrità territoriale e l’indipendenza
politica degli altri stati membri. Chi non rispetta tali condizioni, dovrà pagare sanzioni economiche. Gli Stati
Uniti, però, all’ultimo minuto decisero di non entrarvi a far parte perché volevano mantenere l’autonomia
rispetto ai paesi europei.
Wilson auspicava anche una pace senza vinti e vincitori. Ciò non fu possibile perché Francia e Inghilterra
volevano punire la Germania.
Le prime conseguenze della fine della guerra furono: il crollo dell’Impero austro-ungarico, dovuto alle
ribellioni degli attivisti cechi e slovacchi, che dichiarano la loro indipendenza; poco dopo furono seguiti dai
polacchi e dagli ungheresi; anche l’Impero ottomano crolla a causa delle sconfitte contro l’Inghilterra e
l’azione delle truppe greche.
Intanto nel gennaio del 1919 si apre a Versailles la conferenza di pace per il riassetto internazionale.
Le condizioni di pace imposte alla Repubblica tedesca sono pesantissime. La Germania, considerata la
principale responsabile della guerra, deve restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia; dare le colonie a
Inghilterra, Francia e Giappone; pagare i danni del conflitto alle potenze vincitrici; rinunciare alla flotta e
smilitarizzare il Reno.
Fu poi riconosciuta ufficialmente la Repubblica d’Austria, la Repubblica ungherese, il Regno di Jugoslavia,
il Regno di Romania e la Repubblica Cecoslovacchia.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 5. L'autonomia dell'Irlanda
L’Italia, invece, ottiene Trieste e Trento, l’Istria ma non la Dalmazia.
Un altro evento determinato collegato alla Grande Guerra fu la questione irlandese. Nel 1914 il Parlamento
del Regno Unito approva una legge che riconosce la Home Rule (l’autonomia) dell’Irlanda, tranne l’Ulster,
una regione nordoccidentale, che vuole restare nel Regno Unito. A causa dello scoppio della guerra,
l’applicazione della legge viene rimandata. Molti irlandesi però si arruolano volontari. Ci sono comunque
gruppi di irlandesi nazionalisti che vedono nella guerra la possibilità di conquistare la piena indipendenza.
Così il lunedì di Pasqua del 1916 scoppia una rivolta a Dublino e viene proclamata la Repubblica. L’esercito
britannico riesce però a sopprimere la rivolta e molto irlandesi vengono giustiziati. La popolazione irlandese
non si arrende e si ravvivano sentimenti di nazionalismo. Anche la Chiesa cattolica irlandese da il suo
sostegno alla lotta. Da qui si ha l’organizzazione dell’Irish Republican Army (IRA) contro le forze
britanniche. Nel 1921 si arriva alla firma del trattato anglo-irlandese che fonda lo Stato libero d’Irlanda,
ovvero uno Stato autonomo che fa parte dell’Impero britannico, che riconosce come monarca il sovrano
inglese e che deve mantenere rapporti privilegiati con l’Impero sia dal punto di vista commerciale che di
politica estera. Queste clausole provocano una spaccatura in Irlanda tra chi è favorevole al trattato e chi
pensa che sia un tradimento agli ideali repubblicani. Così nel 1922 comincia una guerra civile, che si
conclude nel 1923 con la morte di molti repubblicani oltranzisti, tra cui il politico Micheal Collins.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 6. La Russia rivoluzionaria - 1916/17 -
La Russia è il paese che denuncia il massimo di perdite umane perché i capi dell’esercito si sono preoccupati
poco di mandare i propri soldati allo sbaraglio e perché sono dotati di pessimi armamenti. Inoltre nel 1916 si
registra una cattiva annata agricola per cui i prezzi dei beni alimentari erano alle stelle.
All’inizio della guerra lo zar Nicola II decide di cambiare il nome di San Pietroburgo, capitale russa, in
Pietrogrado. La città ospita i palazzi del governo, la Duma (il Parlamento russo) e diverse industrie. Ma
dall’inizio del 1917 gli operai sono in agitazione. A loro si aggiungono le donne che scendono in piazza per
rivendicare i loro diritti. Soltanto verso la fine di febbraio il governo sollecita lo zar ad un intervento
attraverso i soldati. Però la maggior parte di loro ammutina e si unisce alla folla, a cui distribuisce le armi. A
questo punto, a Nicola II viene chiesto di abdicare e la Russia diventa una repubblica. Si forma un governo
di coalizione, formato da rappresentanti di diversi partiti, che ha il compito di prendere una decisione sulla
guerra. Ma il governo decide che il paese manterrà fede ai suoi impegni. Non è ciò che si aspettava il
popolo, la cui insoddisfazione viene raccolta dai soviet. Si tratta di comitati di operai e operaie unite nella
richiesta della fine della guerra. Il soviet di Pietrogrado è quello più importante ed è guidato dai dirigenti
socialisti menscevichi (minoritari), mentre i bolscevichi (maggioritari) hanno una debole influenza. Tale
soviet ha però preso il controllo delle poste, dei telegrafi e delle forze armate ribelli. Per questo, il governo
provvisorio deve essere sempre pronto a dialogare con i soviet per qualsiasi questione. Intanto torna
dall’esilio in Svizzera Lenin. Quest’ultimo vi era andato volontariamente per non essere controllato più dalla
polizia russa perché svolgeva attività di propaganda rivoluzionaria e faceva parte del Partito
socialdemocratico operaio russo. Dopo poco il suo arrivo in patria pubblica le Tesi d’Aprile, un programma
che prevede il rovesciamento del governo provvisorio, il trasferimento del potere ai soviet, l’uscita della
Russia dalla guerra e la nazionalizzazione di tutte le proprietà terriere. Lenin, a capo dei bolscevichi,
guadagna sempre più il favore del popolo e comincia ad organizzare una forza paramilitare bolscevica (le
Guardie rosse).
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 7. L'insurrezione bolscevica - 1917 -
Nell’ottobre del 1917, ha inizio così l’insurrezione bolscevica. I soldati filobolscevichi e le Guardie rosse
occupano il Palazzo d’Inverno, dove ha sede il governo e ne arrestano i membri.
I bolscevichi formano il governo, che si chiama Consiglio dei commissari del popolo. È presieduto da Lenin,
Trotskij è il ministro degli Esteri e Stalin il ministro per le Questioni nazionali. Le intenzioni di Lenin sono
quelle di trattare con gli Imperi centrali per una pace senza annessioni né indennizzi, confiscare le terre dei
possidenti e della Chiesa per distribuirle alle famiglie contadine. Solo che quando viene eletta l’Assemblea
Costituente non i bolscevichi ma i social - rivoluzionari moderati ottengono la maggioranza. Nel gennaio del
1918, forti del sostegno dell’esercito, i bolscevichi sciolgono con la forza l’Assemblea Costituente e
pongono le premesse per un regime dittatoriale a partito unico.
Nel marzo del 1918 viene siglato con la Germania il trattato a Brest-Litovsk, con condizioni durissime.
Infatti, la Finlandia, le regioni baltiche, la Polonia e l’Ucraina vengono occupate dall’esercito tedesco. La
nuova riorganizzazione territoriale pone Pietrogrado troppo vicino al nuovo confine e per questo Mosca
diventa la nuova capitale.
Sempre nel 1918 il Partito socialdemocratico operaio russo, per distinguersi dagli altri partiti socialisti,
cambia nome in Partito comunista.
Sembra che sia arrivata la pace ma non è così. Infatti nuovi gruppi armati, le Armate bianche, si stanno
organizzando per ristabilire il potere dello zar. Comincia così la guerra civile.
La reazione comunista è affidata a Trotskij, che riorganizza in poco tempo l’Armata Rossa. La disciplina
interna è rigidissima è il reclutamento avviene in base alla circoscrizione e al volontariato, aperto anche alle
donne. Vi sono poi commissari politici che controllano le operazioni e gli ufficiali sono sottoposti a ricatto:
devono giurare fedeltà alla Rivoluzione essere efficienti altrimenti i loro familiari subiranno ritorsioni. Lo
sforzo di Trotskij è efficace e alla fine del 1919 le Armate bianche vengono sconfitte.
Nel 1920, il neo costituito Stato di Polonia attacca la Russia comunista, per ampliare i propri confini
orientali. Anche se la Russia riesce a contenere l’attacco nel 1921 è costretta a cedere ampie parti della
Bielorussia e dell’Ucraina.
Nel mentre, il governo russo per far fronte a una situazione economia tragica è costretta a prendere seri
provvedimenti. Innanzitutto i debiti con l’estero sono dichiarati nulli e le fabbriche sono espropriate e
nazionalizzate. La loro gestione è affidata a comitati operai. Inoltre, già nel 1918 comincia il processo di
espropriazione delle terre.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 8. Il dominio comunista in Russia
A causa dello scoppio del conflitto con le Armate bianche, viene dichiarato lo stato di comunismo di guerra.
Le Armate rosse sono autorizzate a requisire viveri e rifornimenti nelle campagne e la distribuzione dei beni
alimentari è razionata e controllata da funzionari statali. A ogni famiglia sono distribuite tessere annonarie,
che servono per ritirare i beni alimentari. Queste soluzioni però fanno nascere il mercato nero perché alcuni
contadini e commercianti cercano di uscire dal circuito commerciale obbligato del comunismo di guerra per
vendere la merce a prezzi più elevati. Il governo decide di intervenire con la mano dura e i colpevoli sono
vittime di esecuzioni.
Viene poi approvata una Costituzione che si discosta dal modello democratico. Il potere è attribuito ai soviet
e il voto delle operaie e degli operai vale di più di quello di contadini e contadine. Nel 1918, inoltre,
vengono messe a tacere tutti i partiti, ad eccezione di quello comunista. È l’adozione della tecnica del terrore
rosso per distruggere e intimidire qualsiasi opposizione allo Stato sorto dalla rivoluzione.
In seguito ad altre sommosse popolari, Lenin elabora la Nep (Nuova politica economica). La requisizione
dei grani è abolita; al suo posto, i contadini sono tenuti a pagare un’imposta fissa in natura, cedendo una
quota della produzione agli organismi statali; ciò che resta può essere venduto al mercato. Il sistema ravviva
gli scambi e rifornisce i mercati urbani di beni alimentari. Ma provoca anche l’arricchimento di numerosi
contadini che hanno aziende di medie dimensioni o degli imprenditori che vendono al mercato nero.
Già nel 1922 lo Stato ha preso il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), ovvero
una federazione che ha bisogno di una nuova Costituzione. Il compito viene affidato al Congresso dei Soviet
dell’Unione
Nel 1922 Lenin viene colpito da un ictus ed è costretto a diminuire la sua attività politica. Morirà nel 1924.
Dal 1922 sarà Stalin il segretario generale del Partito Comunista, per volere dello stesso Lenin. Cominciano
comunque degli scontri per la presa del potere. Prima di tutto tra Stalin e Trotskij. Quest’ultimo è per la
rivoluzione permanente da esportare nel resto d’Europa. Stalin, invece, è per il socialismo in un solo paese,
perché sente di consolidare il processo rivoluzionario solo in Russia. Poiché la sua visione risulta più
realistica, Trotskij perde posizione e nel 1929 verrà cacciato dall’Unione Sovietica. Trattamento analogo
riceveranno tutti coloro che si oppongono alle decisioni di Stalin.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 9. Il dopo guerra dei paesi Europei
Per i governi europei lo sforzo economico per finanziare la guerra è stato enorme. Francia, Regno Unito e
Italia soprattutto hanno contratto debiti pesanti con gli Stati Uniti per comprare armi e rifornimenti per gli
eserciti. Inoltre i paesi europei coinvolti nella guerra hanno emesso grandi quantità di cartamoneta, al di là
dei limiti consentiti dalle risorse auree, e ciò ha comportato una violentissima inflazione. Ovviamente in
Germania l’impatto è stato maggiore.
L’industria pesante (siderurgica, meccanica), che ha avuto ovunque un grande sviluppo sollecitato dalla
richiesta di armi e attrezzature per gli eserciti, deve ora riconvertire le sue produzioni al contesto di pace. La
riconversione comporta cambiamenti organizzativi, tecnici, tecnologici che, nell’immediato, provocano una
diminuzione della produzione e di conseguenza un aumento della disoccupazione. Al tempo stesso, le
imprese, per favorire la conversione delle linee produttive, cercano di contenere o anche di diminuire i salari
operai. Ne consegue un incremento della conflittualità sindacale.
Inoltre si pone il problema dei soldati, tornati dal fronte, che cercano lavoro. Negli anni di guerra i posti di
lavoro rimasti vuoti per la loro partenza sono stati occupati dalle donne, che vengono rimandate a casa per
far posto di nuovo agli uomini.
La chiave della ripresa economica, che effettivamente si registra nella seconda metà degli anni Venti, sta nel
modo in cui viene risolto il nodo delle riparazioni di guerra che gli Stati vincitori hanno deciso di chiedere
alla Germania. La catena è: Germania paga le riparazioni a Regno Unito, Francia e Italia che a loro volta si
sdebitano con gli Stati Uniti.
Ma il meccanismo è bloccato alla base in quanto la Germania è squassata da una violenta inflazione ed è
stata privata di zone economicamente importanti, come l’Alsazia e la Lorena. Per questo non è in grado di
far fronte alla richiesta di risarcimenti. La Germania, che non trova alternativa e si scontra anche con
l’intransigenza statunitense, decide per la svalutazione del marco e di non scaricare questo peso sulle spalle
dei contribuenti. Ciò provoca un ulteriore svalutazione del marco.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 10. L'adozione del piano Dawes - 1924 -
Così nel corso della Conferenza internazionale per le riparazioni di guerra, convocata a Parigi nel 1924, si
affronta il problema della crisi tedesca. La decisione più importante è l’adozione del Piano Dawes, dal nome
del banchiere statunitense Dawes che lo ha presentato. Il piano prevede la rivalutazione e la stabilizzazione
del marco, una dilazione del pagamento e la possibilità per la Germania di ricevere prestiti internazionali.
Ciò permette alle banche e alla aziende statunitensi di prestare denaro alla Germania, che può risarcire i
danni a Regno Unito, Francia e Italia, che, a loro volta, possono sdebitarsi con gli Stati Uniti. Nel 1929
viene approvato il piano Young (dal nome dell’uomo d’affari nordamericano) che prevede il pagamento
rateale dei risarcimenti tedeschi per i successivi 58 anni.Tutto ciò fece registrare una buona ripresa per
l’economia europea dal 1925 al 1929.Inoltre, nel 1920 le donne statunitensi ottengono il diritto al voto dopo
tante dure lotte da parte delle suffragette. Nel paese si registra anche una profonda prosperità economica.
Tale prosperità tocca soprattutto la popolazione bianca e wasp (white anglosaxon protestant, bianco
anglosassone protestante). Tra il 1921 e il 1924 nuove leggi limitano i flussi migratori in entrata, sbarrando
gli accessi a individui che vengono dai paesi dell’Europa meridionale, sentiti come persone diverse dal buon
cittadino americano wasp. Le aggressioni e le discriminazioni a danno dei neri sono storia quotidiana e sono
attivamente incoraggiate dal Ku Klux Klan, l’associazione segreta razzista nata nel 1866 e rifondata nel
1915. Il successo dell’associazione è notevole. I neri sono al centro del mirino dei macabri rituali
dell’associazione, ma anche gli ispanici, gli immigrati recenti o gli ebrei sono vittime di aggressioni verbali
e fisiche. Sempre in questo periodo comincia la lotta contro l’uso e la produzione di bevande alcoliche,
promossa da politici tanto repubblicani che democratici di confessione protestante e appoggiati dal Ku Klux
Klan. Si approvò poi nel 1919 e si attuò nel 1920 il divieto di produrre, vedere e trasportare liquori.
Cominciò così l’era del proibizionismo ma anche quello delle distillerie clandestine.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 11. La fine del proibizionismo, 1933
Il proibizionismo terminò solo nel 1933 e diede uno straordinario impulso alla diffusione e al decollo
economico delle organizzazioni criminali, specie di quelle che a Chicago sono guidate da Al Capone, un
gangster di origine italiana.Anche nel Regno Unito si registra l’introduzione nel 1918 del suffragio
universale maschile e femminile. Inizialmente possono votare i maschi che hanno compiuto 20 anni e le
donne che hanno raggiunto i 30. La differenza di età è dovuta ancora alle resistenze riguardanti il voto
femminile ma tale discriminazione viene cancellata nel 1928.
Tra il 1918 e il 1919 le notizie che arrivano dalla Russia inducono gruppi socialisti estremisti a coltivare il
progetto di costituire una repubblica sovietica, progetti che hanno un’effimera realizzazione a Budapest,
Berlino e a Monaco di Baviera.Nel marzo del 1919 in Ungheria il governo di coalizione si dimette per
protesta contro lo smembramento del territorio appartenuto all’Ungheria, deciso dalle potenze vincitrici. Si
forma così un governo socialdemocratico, che vuole organizzare una sorta di rivoluzione nazional-
patriottica. L’obiettivo è di conservare la massima parte del territorio che apparteneva all’Ungheria sotto
l’Impero Austro-Ungarico e di realizzare una rivoluzione politica,con l’istituzione di una repubblica di
soviet. Per attuare questa operazione i socialdemocratici pensano di ammettere al governo il capo del Partito
comunista ungherese (fondato nel 1918), ovvero Kun che ha partecipato alla rivoluzione russa. Questi
accetta e viene proclamata una Repubblica dei Soviet d’Ungheria nel 1919.La terra ungherese viene
nazionalizzata, con l’intento di gestirla in aziende agrarie affidate alla direzione collettiva degli agricoltori.
Le resistenze di proprietari e contadini hanno come effetto che la Repubblica ungherese non possa contare
sul consenso delle comunità rurali. Intanto le potenze dell’Intesa affidano il compito all’esercito
cecoslovacco e rumeno di attaccare l’Ungheria e porre fine all’esperienza sovietica. Gli ungheresi,
inizialmente, sperano in un intervento russo. Ma l’attesa è vana e l’esercito ungherese è sopraffatto. La
repubblica è dichiarata decaduta e Kun scappa a Vienna.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 12. L'Italia dopo il 1918
Dopo il 1918 l’Italia deve affrontare una forte inflazione e i problemi di riorganizzazione produttiva.
Inoltre, si fanno strada due formazioni politiche, una appena nata e una da tempo parte del panorama politico
italiano, che mostrano di possedere organizzazioni solide e ben strutturate.
La prima formazione è il Partito popolare italiano (Ppi), partito cattolico fondato nel 1919 e guidato da un
sacerdote, don Luigi Sturzo (in polemica con la linea clerico-moderata allora dominante; diversamente da
altri suoi compagni di partito, esprime un giudizio duramente critico nei confronti del fascismo e per questo
nel 1924 è costretto ad abbandonare l’Italia). Al partito aderiscono sia i sostenitori della democrazia
cristiana, cioè coloro i quali ritengono che il primo degli obiettivi che i cattolici devono realizzare sia una
nuova politica sociale, sia i cattolici moderati, che si pongono in linea di continuità con l’esperienza del
cattolicesimo intransigente prebellico e sono scarsamente sensibili alle tematiche relative al miglioramento
delle condizioni dei lavoratori dell’industria o dei contadini piccoli proprietari o dei braccianti agricoli.
L’altra formazione dotata di un’ottima struttura è il Partito socialista italiano (Psi). Durante il loto XVI
Congresso Nazionale nel 1919, furono stabiliti come obiettivi: la Rivoluzione sovietica; il ricorso alla
violenza se è necessaria al conseguimento dei propri obiettivi; la demolizione dello Stato borghese, la
realizzazione della dittatura del proletariato e la costruzione di un nuovo ordine comunista.
Questo programma fu chiamato massimalista, ma per il grado di lealtà che il Psi ha verso le istituzioni del
Regno d’Italia, appare dubbio a quella parte dell’opinione pubblica che non condivide il programma.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea 13. Il governo Giolitti - 1913 -
Tanto il governo in carica all’epoca, guidato da Nitti, quanto il governo successivo, guidato da Giolitti, sono
composti prevalentemente da liberali di vario orientamento, che garantisce sostegno alla maggioranza
liberale. Lo schema, sperimentato per la prima volta nel 1913 col “patto Gentiloni” (alleanza politica tra
cattolici e liberali per contrastare il potere dei socialisti e con cui i cattolici si impegnano a votare i liberali
dove si pensa che la sinistra sia più forte), nel primo dopoguerra diventa un fattore più o meno permanente
del quadro politico italiano. Ma nonostante questo appoggio esterno, i governi liberali non hanno una
maggioranza solida che li sostenga in Parlamento; sono, dunque, dei governi politicamente fragili, che si
trovano a gestire enormi conflitti socio-politici.
La prima area di crisi deriva da quell’opinione pubblica che si sente scontenta per le condizioni di pace
elaborate a Versailles. Il patto di Londra del 1915 aveva stabilito che all’Italia, in caso di vittoria, toccasse
Trieste, Trento e la Dalmazia. Però, nel corso delle trattative, il presidente Wilson volle fa valere il principio
della corrispondenza tra nazioni e Stati. La Dalmazia, una regione a maggioranza slava, viene assegnata alla
Jugoslavia. Incerto, invece, è il destino della città di Fiume che è a maggioranza italiana ma che, al
momento, è sotto l’occupazione di una forza militare. Ciò viene denunciato dai gruppi nazionalisti italiani,
che parlano di una vittoria mutilata (espressione coniata da D’Annunzio); con ciò si vuol dire che il governo
che ha condotto le trattative non ha fatto abbastanza per difendere gli interessi italiani e non è riuscito a far
rispettare il patto di Londra. Così nel 1919 D’Annunzio si reca nei pressi di Fiume, dove è di stanza un
battaglione dell’esercito italiano che, disobbedendo agli ordini dei superiori, decide di eleggerlo a proprio
capo. Viene così costituita la Reggenza della città e della zona circostante che D’Annunzio dichiara annessa
all’Italia.
Il problema si risolve nel 1920 quando Giolitti firma con la Jugoslavia il trattato di Rapallo che attribuisce la
Dalmazia alla Jugoslavia con l’eccezione di Zara che è assegnata all’Italia. Poiché il trattato stabilisce che
Fiume sia una città libera, né jugoslava né italiana, Giolitti da l’ordine di attaccare la Reggenza del Carnaro
(così si chiama il governo imposto da D’Annunzio) affinché la città sia sgomberata. L’operazione ha
successo.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
L'età contemporanea