Il testo qui precisamente riassunto, propone un'ampia riflessione sulla professione dell'educatore. Questa figura professionale ha caratteristiche fluide, spesso difficili da definire, al confine con altri ruoli che con essa si intrecciano e si completano. Le capacità da mettere in campo sono molte, da quella di ascolto e accoglienza della domanda, anche diversificata, alla posizione di giusta distanza, alla corretta interpretazione del proprio ruolo. Le sfide professionali sono molteplici, così come le possibili crisi.
L’educatore imperfetto
di Anna Bosetti
Il testo qui precisamente riassunto, propone un'ampia riflessione sulla
professione dell'educatore. Questa figura professionale ha caratteristiche
fluide, spesso difficili da definire, al confine con altri ruoli che con essa si
intrecciano e si completano. Le capacità da mettere in campo sono molte, da
quella di ascolto e accoglienza della domanda, anche diversificata, alla
posizione di giusta distanza, alla corretta interpretazione del proprio ruolo. Le
sfide professionali sono molteplici, così come le possibili crisi.
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Scienze dell'Educazione
Corso: Scienze dell’Educazione
Esame: Pedagogia generale
Docente: S. Tramma
Titolo del libro: L’educatore imperfetto
Autore del libro: S. Tramma
Editore: Carocci
Anno pubblicazione: 20081. L'educatore: una figura liquida
La figura dell’educatore professionale è una figura costitutivamente incerta, alle volte quasi sfuggente,
costantemente in via di definizione, restia a qualsiasi tentativo di stabilizzazione all’interno di una rassegna
esaustiva di compiti e funzioni. Una figura liquida, malgrado i tentativi di descriverla come solida.
Quella dell’educatore è una “debolezza” strutturale, non eliminabile da qualsivoglia riflessione.
Ma è una debolezza essenziale, che rappresenta anche la sua intrinseca forza, se interpretata come una
costante apertura di possibilità, una ricerca ininterrotta sul senso dell’agire educativo, una costante messa in
discussione del proprio orizzonte di finalità, delle esperienze di vita, degli obiettivi, dell’universo dei
soggetti ritenuti destinatari e/o costruttori dell’azione educativa.
L’educatore è incerto perché l’educare è sempre incerto, ma anche perché, oggi, la figura professionale è il
risultato di molte assunzioni di responsabilità. E questo sia per il ventaglio di compiti progressivamente
attribuiti alla figura (riabilitazione, prevenzione e promozione educativa), sia per i soggetti (individuali,
collettivo, comunitari) di riferimento.
Formidabili quegli anni
La condizione di incertezza attuale non è né recente né casuale: è l’instabile risultante di una lunga storia,
l’inizio della quale potrebbe essere collocato negli anni sessanta-settanta.
Fino agli inizi degli anni sessanta, infatti, gli educatori professionali potevano essere, in gran parte,
individuati nel “personale che lavorava in istituzioni chiuse per l’educazione o la rieducazione dei minori”.
Negli anni sessanta l’educatore contenitivo e correttivo entra in crisi perché quelle convinzioni pedagogiche
e pratiche professionali ormai non erano più adeguate a rispondere ai problemi e alle domande educative
generate dalla nuova realtà sociale e culturale.
La ricostruzione degli anni immediatamente seguenti la Seconda guerra mondiale prima, e lo sviluppo
economico poi, sono stati processi che hanno profondamente modificato lo scenario economico-sociale e i
contesti di vita delle persone. In quegli anni inizia a manifestarsi il passaggio da un’assistenza
particolaristica, finalizzata a garantire livelli minimi di sopravvivenza ad aree disagiate di popolazione, a
servizi rivolti alla generalità dei cittadini, che progressivamente ampliano il proprio campo di attenzione e di
azione oltre i bisogni vitali delle persone.
È un processo dovuto anche a decenni di pressione da parte di soggetti rappresentanti di interessi collettivi (
sindacati, gruppi, ecc.).
La crescita e l’accentuarsi della differenziazione nelle società industrializzate avanzate hanno determinato la
nascita di diverse specializzazioni educative, che si sono progressivamente affiancate alle funzioni
tradizionali dell’insegnante e degli educatori per i ragazzi difficili.
I servizi non sono più concepiti come diretti esclusivamente a quei settori portatori di bisogni specifici ma si
estendono all’insieme dei cittadini, con intenti di promozione di benessere oltre che di riduzione del
malessere. La ridefinizione dei bisogni e degli obiettivi considerati materia di competenza dei servizi fa
emergere compiti educativi nuovi, che superano la pratica dell’esclusione per comprendere percorsi di
riabilitazione e di reinserimento, pratiche di prevenzione e sensibilizzazione.
La situazione attuale vede il parziale compimento del processo iniziato negli anni sessanta-settanta.
L’educatore professionale interviene verso individui che non dispongono, o non dispongono adeguatamente,
di un sistema di appartenenza familiare, lavorativa, scolastica, altresì quando gli interventi di genitori e
insegnanti risultino insufficienti o fallimentari.
Anche normativamente, a partire dalla legge di riforma sanitaria degli anni settanta, diventa sempre più
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto presente una figura di operatore che si occupa a tempo pieno dei problemi di evoluzione e sviluppo
individuale e sociale incontrati da soggetti in condizione di grave sofferenza fisica o psichica, di isolamento,
di emarginazione, di handicap o di svantaggio socio-culturale.
L’educatore professionale è stato sicuramente interessato da un processo di individuazione, ma l’insieme
delle abilità e delle competenze sviluppate non è ancora in grado di definire con certezza la sua identità e la
specificità del suo ruolo rispetto a quella degli altri operatori.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 2. I tratti essenziali dell'educatore
A tutt’oggi il processo di individuazione professionale dell’educatore è da ritenersi ancora in corso.
Attualmente, l’educatore professionale è ritenuto un operatore che ha come compito generale
individuare/promuovere/sviluppare le cosiddette potenzialità (cognitive, affettive, relazionali) dei soggetti
individuali e collettivi. L’operatività educativa si esplica in ambiti organizzati (i servizi) connotati da
riconoscibilità e intenzionalità.
Per raggiungere gli obiettivi, l’educatore deve instaurare con gli utenti una relazione educativa.
La centralità attribuita alle potenzialità dei soggetti, l’esistenza di differenti piani di azione educativa, il
vincolo e la rielaborazione del mandato sociale, la dimensione del servizio, la relazione e la formazione
costituiscono i tratti essenziali di un disegno minimo e, per quanto possibile, “neutro” dell’educatore.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 3. L’educazione professionale, l’educazione non professionale
L’educazione è sottoposta a variegate dinamiche di affidamenti, deleghe o realizzazioni in proprio.
Per esempio l’affidamento e la delega educativa sono ampiamente previsti e legittimati quando la quantità e
la complessità delle intenzioni educative rendono necessario l’intervento di operatori specializzati, in
particolare gli insegnanti, i quali sono teoricamente ritenuti in possesso dei saperi e delle competenze
indispensabili per raggiungere gli scopi voluti.
Nello stesso tempo, vi sono alcune dimensioni dell’educazione, in particolare di quella familiare, che non
sono, in linea di massima, ritenute delegabili e affidabili ad altri, in quanto attività considerate “naturali”.
La comunità non è una famiglia, l’educatore non è un amico dell’educando
Il lavoro educativo, in quanto attività professionale, è strutturalmente altro rispetto a qualsiasi pratica
educativa non professionale, da quella familiare a quella associazionistica.
Un educatore non potrà mai essere amico di un educando ( il che non significa che non debba avere, quando
opportuno, un atteggiamento relazionale amichevole), poiché è la struttura relazionale stessa, e il sistema nel
quale la relazione è inserita, che impedirebbe tale posizione.
La relazione educativa professionale si colloca all’interno di un contratto pubblico che vincola o influenza i
soggetti che vi partecipano, che prevede anche un compenso economico.
La possibilità di “essere in relazione” e di “governarla” in funzione degli scopi auspicati dipende sia da una
disposizione vocazionale, sia da una solida formazione di base e da costanti pratiche di aggiornamento che
dotino l’educatore degli idonei strumenti disciplinari e metodologici.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 4. Formare gli educatori: la prassi e la teoria
Se l’educatore professionale deve essere professionalizzato si pone il problema di quali istituzioni debbano
formare gli educatori professionali, quali siano gli obiettivi formativi, come debba essere impostata la
formazione. Ormai è un dato di fatto che siano le università a formare gli educatori professionali, non più
corsi post-diploma o scuole di formazione professionale.
Uno degli aspetti di maggiore sofferenza nel dibattito attorno alla formazione degli educatori riguarda il
rapporto tra la teoria e la pratica.
Talvolta registriamo il primato del piano pratico rispetto a quello teorico. Altre volte il primato del piano
teorico rispetto a quello pratico. In realtà, non esiste alcuna gerarchia tra teoria e pratica professionale, così
come non esiste tra formazione teorica e formazione pratica, ammesso che si riesca effettivamente a
separare l’una dall’altra. Gli elementi formativi teorici e quelli pratici debbono essere integrati poiché
l’operatività dell’educatore è la sintesi tra i due.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 5. Le categorie dell’educazione
I soggetti individuali e collettivi, nel corso di tutta la loro esistenza, sono esposti a una molteplicità di
esperienze educative nelle quali acquisiscono valori, competenze, saperi, comportamenti e atteggiamenti.
Alcune interagiscono sinergicamente in quanto comprendono obiettivi considerabili tra loro come coerenti.
Altre presentano obiettivi diversi, ma tra loro compatibili. Altre ancora, invece, presentano intenzioni e
obiettivi tra loro conflittuali che determinano nei soggetti coinvolti une difficile ricerca di convivenza ed
equilibrio o, alle volte, provocano ferite non facilmente sanabili.
Le esperienze educative hanno peso diverso e contribuiscono in misura differente alla formazione dei
soggetti, questo a prescindere dall’importanza attribuita e dichiarata all’esperienza stessa.
La formatività delle esperienze è solo parzialmente sondabile e quantificabile nel corso del loro realizzarsi o
nelle immediate vicinanze della loro conclusione. I risultati sono sondabili e valutabili soprattutto dai
soggetti destinatari, solo retrospettivamente, alle diverse distanze di tempo alle quali tali esperienze sono
rievocate, ricostruite e ripensate nel tentativo di comprendere ciò che hanno determinato o non determinato
nella vita delle persone.
Ogni ripartizione, soprattutto se riguarda un’area incerta come quella educativa, non deve essere intesa come
un tentativo di “mettere ordine”, bensì come il tentativo di individuare alcuni addensati relativamente
omogenei di accadimenti educativi.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 6. Le esperienze educative formali
Le esperienze educative formali possono essere fatte coincidere con l’esperienza scolastica. Si caratterizzano
per essere azioni fortemente intenzionali e organizzate e vengono recepite dai diversi soggetti coinvolti
(Stato, Regioni, scuole, genitori, studenti, imprese, servizi, insegnanti) i quali interagiscono tra loro
attraversi progetti e contratti espliciti.
Sono luoghi e tempi regolati da leggi e da norme nazionali e locali imponendo un quadro di riferimento che
vincola gli obiettivi, l’organizzazione delle esperienze, i rapporti tra i soggetti concretamente impegnati
nella relazione educativa.
In parte, le esperienze educative formali sono obbligatorie, nel senso che alcuni dei soggetti che vi sono
coinvolti iniziano l’esperienza senza porre direttamente alcuna domanda formativa, cioè sono coinvolti in
seguito a domande e decisioni altrui (in particolare la famiglia).
Le esperienze educative formali sono quelle il cui esito ricercato è ufficialmente certificato dal
rilascio/conseguimento di un titolo di studio che abilita a proseguire nell’iter scolastico e/o permette di
accedere all’attività professionale con l’aspettativa di determinati livelli gerarchici, mansioni, riconoscimenti
economici, prestigio sociale.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 7. Le esperienze educative non formali
Le esperienze educative non formali sono esterne all’istituzione scolastica, non rilasciano titoli di studio pur
potendo le competenze acquisite essere spendibili anche sul piano professionale.
Sono esperienze dotate anch’esse di intenzionalità, progetto e contratto come nel caso delle esperienze
formali e anche in questo caso, la distinzione e la diversa posizione tra formatore e formando sono chiare ed
esplicitate.
Rientrano nell’area delle esperienze non formali, per esempio, le università della terza età, i corsi di lingua,
le attività di educazione motoria ecc.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto 8. Le esperienze educative informali
All’interno della categoria delle esperienze informali sono comprese, per esclusione, tutte le esperienze che
non rientrano nell’area del formale e del non formale.
Le esperienze informali non sono riconducibili a tempi e a luoghi caratterizzati da progetto, intenzionalità e
chiara differenziazione di posizione relazionale tra educatore ed educando.
In gran parte, non si “dichiarano” educative e tali non sono percepite dai soggetti coinvolti.
I risultati educativi delle esperienze informali non sono preventivabili e dichiarabili, pur potendo risultare
molto influenti nella vita delle persone interessate.
Sono esperienze educative informali gli incontri e la fruizione di prodotti artistici e culturali, in particolare,
per esempio, alcune espressioni e correnti musicali, soprattutto quando propongono un’adesione a valori e a
stili di vita collettivi che comprendono in sé elementi di dissenso o di vera e propria rottura culturale e di
costume. E sono esperienze educative informali anche alcuni eventi naturali, per le conseguenze che hanno
sulla vita delle persone e delle comunità.
Anna Bosetti Sezione Appunti
L’educatore imperfetto