Appunti per l'esame di psicologia della salute. Tale disciplina, nata negli anni '70, si occupa dei processi psicologici e psicosociali che hanno delle implicazioni riguardanti la salute. Una cultura che promuova la salute e il benessere, sta acquisendo sempre più importanza, sia per la medicina, che per la psicologia e per i servizi sociali; scoprire quali dinamiche intrapsichiche e interrelazionali si muovano nel vissuto di salute e di malattia può essere di fondamentale importanza per attuare programmi di prevenzione delle patologie.
Psicologia della salute
di Paola Alessandra Consoli
Appunti per l'esame di psicologia della salute. Tale disciplina, nata negli anni
'70, si occupa dei processi psicologici e psicosociali che hanno delle
implicazioni riguardanti la salute. Una cultura che promuova la salute e il
benessere, sta acquisendo sempre più importanza, sia per la medicina, che per
la psicologia e per i servizi sociali; scoprire quali dinamiche intrapsichiche e
interrelazionali si muovano nel vissuto di salute e di malattia può essere di
fondamentale importanza per attuare programmi di prevenzione delle patologie.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Psicologia
Esame: Psicologia della Salute
Docente: Violani
Titolo del libro: Psicologia della salute
Autore del libro: Zani B., Cicognani E.
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 20001. Nascita e sviluppo della psicologia della salute
La psicologia della salute ha radici lontane, sin dai tempi dell’antica Grecia, ma è solo negli ultimi decenni
che è stata maggiormente presa in considerazione.
Negli anni ‘70 si sono manifestati dei segnali di rinnovamento culturale sui temi della salute, sottolineando
la caratteristica di bene non solo individuale, ma collettivo.
1976 primo gruppo di lavoro all’interno dell’American Psycological Association (APA).
1979 creazione della sezione 38 dell’APA: Health Psychology.
1980 definizione di Matarazzo del nuovo ambito di studio che costituisce il punto di partenza di qualsiasi
presentazione della disciplina anche oltre i confini statunitensi :“La psicologia della salute è l’insieme dei
contributi specifici della disciplina psicologica alla promozione e al mantenimento della salute, alla
prevenzione e trattamento della malattia e all’identificazione dei correlati eziologici, diagnostici della salute,
della malattia e delle disfunzioni associate. Un ulteriore obiettivo consiste nel miglioramento del sistema di
cura della salute e nella elaborazione delle politiche della salute”.
1987 congresso internazionale a Roma sul tema: “Il ruolo della psicologia della salute: riflessioni e proposte
a confronto tra realtà europee”.
1988 istituzione di un corso di perfezionamento post – laurea di psicologia della salute
1997 viene costituita la Società italiana di psicologia della salute, avente come finalità “la promozione e lo
sviluppo in Italia della ricerca empirica e teorica, e delle applicazioni, in psicologia della salute, e lo
scambio delle informazioni fra i suoi membri e quelli di altre associazioni nazionali e internazionali.
1998 la Società dà vita ad una rivista “Psicologia della Salute” che funge da punto di riferimento per un
aggiornamento su queste tematiche.
Secondo Maes, uno dei fondatori della Psicologia della Salute europea, tre sono i fattori rilevanti che hanno
favorito lo sviluppo della disciplina:
1. Cambiamento delle cause principali di mortalità: non più malattie infettive, ma croniche dovute a
comportamenti non sani.
2. Ci si è resi conto che la spesa sanitaria era troppo elevata pertanto era meglio prevenire che curare.
3. Sviluppo della psicologia che offre metodi di intervento efficaci che consentono l’applicazione di nuove
conoscenze all’ambito della salute.
L’auspicio di quanti si occupano di psicologia della salute è di privilegiare la pista della promozione della
salute, intesa come benessere complessivo della persona nel suo contesto socioecologico.
Amerio ritiene che nell’ambito della psicologia della salute si registra una progressiva marcia in tre
direzioni:
1. autonomizzazione rispetto al modello medico tradizionale
2. allargamento dell’ottica dall’individuale al sociale
3. attenzione all’intersezione tra l’operare dello psicologo e le politiche del settore della prevenzione e della
salute.
Le aree più studiate sono quelle relative all’assessment, allo stress e al coping, alla valutazione degli aspetti
psicologici in medicina generale e in cardiologia, nonché quelle relative al ciclo di vita e quelle legate ai
comportamenti a rischio.
Ancora scarsi sono i contributi sui modelli di prevenzione e promozione della salute, e la qualità dei servizi.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 2. Il modello biopsicosociale della salute
Si passa dal modello biomedico, secondo cui la malattia può essere spiegata come deviazione dalla norma di
variabili biologiche misurabili, in cui la malattia viene trattata come una entità indipendente dal
comportamento sociale, al modello biopsicosociale, che tiene conto dei fattori psicosociali e che ritiene che
la diagnosi medica debba considerare l’interazione degli aspetti biologici, psicologici e sociali nel valutare
lo stato di salute dell’individuo e nel prescrivere un trattamento adeguato.
Si tratta di un modello basato sulla teoria dei sistemi che mira al superamento del dualismo tra soma e
psiche, nonché della concezione semplicistica di cause singole e unilineari nell’insorgenza di una malattia.
L’adozione del nuovo approccio presenta però delle problematiche:
• carenza di metodologie adeguate
• scarsa chiarezza concettuale nell’articolazione tra i diversi livelli.
Secondo Romano, il modello tende a scadere nel generico poiché non vengono chiarite le relazioni tra i
livelli.
Nel modello di Engel gli aspetti sociali sono intesi come norme sociali di comportamento, di pressioni a
cambiare il proprio comportamento, di classe sociale; si parla di sociale più come contesto esterno rispetto al
soggetto, senza riconoscere al sociale alcun ruolo di partecipazione ai processi di costruzione della
conoscenza (Social Cognition).
Nella costituzione di nuovi modelli, il ruolo del sociale deve essere considerato sia per l’importanza che
assume nel determinare le possibilità e le modalità con cui il soggetto cerca di far fronte alla malattia, alla
sofferenza, sia sul piano eziologico, sia come luogo di risorse terapeutiche e preventive.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 3. Le molteplici prospettive sulla salute
Se l’adozione di certi stili di vita è collegata agli atteggiamenti e alle credenze sulla salute, è importante
capire quali sono queste credenze, perché le persone attuano certi comportamenti a rischio e come sia
possibile contrastare le abitudini dannose.
Nel caso di eventi stressanti, l’impatto che hanno sul soggetto dipende non solo dalla natura degli eventi o
da processi fisiologici, ma anche dalla capacità del soggetto di fare fronte alla situazione.
Tale capacità di coping è a sua volta collegata alla interpretazione che l’individuo dà di tale evento
stressante e al grado di sostegno sociale che riceve dall’ambiente circostante.
Non esiste una definizione univoca dei concetti basilari di salute e di malattia, ma una pluralità di
prospettive che costituiscono a loro volta importanti ambiti di ricerca.
Esistono almeno sei elementi che contribuiscono alla complessità di tali definizioni:
coesistenza di definizioni scientifiche e profane
molteplicità di definizioni elaborate nell’ambito del mondo scientifico o professionale
esistenza di una pluralità di prospettive all’interno di ciascuna disciplina e professione
- consapevolezza che occorre tenere conto di almeno tre dimensioni:
1. assenza di sintomi o di segni di malattia
2. sentimento di benessere
3. capacità di agire
- varietà dei fenomeni che sono scelti come punti focali (se malattia e salute siano collocati in un continuum
o se riflettano una dicotomia, se per salute si intenda solo l’assenza di patologia o se sia uno stato in sé
positivo)
- esistenza simultanea di diversi sistemi di pratiche sanitarie.
Il problema della ricerca comunque non consiste tanto nel precisare in modo definitivo i concetti di
salute/malattia, ma nell’individuare quali definizioni e culture esistono in una data popolazione.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 4. Giovani e salute
E’ confermata l’esistenza di una discrepanza tra atteggiamenti (in genere positivi) dei giovani nei confronti
della salute e l’adozione di comportamenti conseguenti. Sono emerse 3 concezioni:
1. la salute viene considerata una risorsa talmente preziosa da dover conformare abitudini e stili di vita alla
sua salvaguardia (34%);
2. la salute è importante, ma non sempre si concilia con comportamenti che rendono piacevole la vita, per
cui si cercano mediazioni che, a seconda dei casi, possono sacrificare alcune esigenze dell’una o dell’altra
(51%);
3. la salute è subordinata ad altri valori, ritenuti prioritari, per cui in caso di conflitto sono questi ultimi a
prevalere (14%).
Buzzi ha enucleato 3 gruppi di giovani, differenziati da una diversa posizione nei confronti del problema
della salute personale:
consapevoli coerenti: priorità assegnata al valore salute e dalla convinzione di agire in modo coerente per la
sua tutela;
pragmatici: la soddisfazione per il proprio stato di salute si accompagna con l’accettazione di una certa dose
di rischio, mediante l’adozione di comportamenti potenzialmente dannosi;
antisalutisti: pur insoddisfatti del proprio stato di salute attuano condotte da loro stessi riconosciute come
rischiose (svalutazione del bene salute e accettazione palese del rischio).
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 5. Comportamenti di salute e stili di vita sani
Gochman ha sottolineato di considerare il comportamento di salute come il frutto di molteplici determinanti:
elementi cognitivi (credenze, aspettative, motivazioni), caratteristiche di personalità (stati emotivi,
affettivi), patterns comportamentali (azioni, abitudini relative al mantenimento della salute). Questi attributi
personali sono influenzati dalla famiglia, dal gruppo dei pari, dalle determinanti istituzionali e culturali.
Marks, riprendendo queste teorie sulla molteplicità di fattori che contribuiscono come determinanti della
salute, immagina un quadro di riferimento generale a forma di cipolla, dove al centro ci sono gli individui,
sono circondati da 4 livelli di variabili che li influenzano:
• stili di vita individuali
• influenze sociali e della comunità
• condizioni di vita e di lavoro
• condizioni generali, socioeconomiche, culturali e ambientali.
Questo quadro di riferimento pone l’individuo al centro, ma riconosce l’influenza fondamentale della società
attraverso i diversi fattori considerati; pone ogni livello in relazione con gli altri mostrando i vincoli
strutturali al cambiamento; ha un orientamento interdisciplinare.
Una indagine molto interessante condotta dal gruppo di ricerca The Alameda Study ha dimostrato
l’importanza di alcune abitudini sane, dimostratesi predittive dello stato di salute e degli esiti di mortalità dei
soggetti; vennero evidenziate le seguenti 7 regole:
1. dormire 7-8 ore al giorno
2. fare colazione ogni giorno
3. mangiare mai o raramente tra i pasti
4. mangiare attività fisica regolare
5. fare uso modesto o nullo di alcool
6. non fumare
7. mantenere il più possibile il proprio peso ideale.
Un altro aspetto importante dell’Alameda Study riguarda l’analisi del benessere sociale, concettualizzato
come il grado in cui gli individui sono membri attivi della loro comunità: gli indici utilizzati per misurare
tale condizione comprendevano: l’istruzione, la stabilità lavorativa, la soddisfazione coniugale, un indice di
socievolezza (numero di amici intimi e frequenza di contatti con essi), grado di coinvolgimento nella
comunità (Filosofia della moderazione in ogni cosa).
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Psicologia della salute 6. La gestione della malattia
Un’area importante della psicologia della salute si occupa della malattia, di come le persone si
rappresentano lo stato di malattia e di infermità, che tipo di comportamenti mettono in atto quando
avvertono dei sintomi, quali strategie utilizzano per far fronte a situazioni di difficoltà.
Adler e Matthews notano come gli sviluppi della disciplina abbiano riguardato tre questioni basilari:
1. chi diventa malato e perché
2. tra i malati chi guarisce e perché
3. come si può prevenire la malattia o promuovere la guarigione.
Numerose ricerche hanno indagato su questi temi e hanno cercato di fornire ipotesi interpretative prendendo
in considerazione sia le caratteristiche individuali che predispongono un soggetto alla malattia sia i fattori
legati all’ambiente sociale.
Sempre più frequentemente si sottolinea l’importanza dell’interazione persona - ambiente.
È emerso che il sostegno sociale, l’ostilità disposizionale e lo stress lavorativo sono legati agli esiti della
salute, mentre certi tratti di personalità (come il tipo A o la depressione) non sono direttamente legati a
malattie.
Un rilievo centrale ha assunto non la semplice esposizione ad eventi di vita stressanti, quanto la valutazione
soggettiva della situazione come stressante. Si è dato rilievo alle strategie di coping, vale a dire le strategie
che un individuo mette in atto per far fronte ad eventi stressanti.
Il modello dominante sulla relazione tra stress e coping (Lazarus e Folkman) considera lo stress come un
insieme di processi che implica transazioni tra l’individuo e l’ambiente.
La persona è vista come agente attivo, in grado di influenzare l’impatto degli eventi stressanti mediante
strategie emotive, cognitive e comportamentali. Si ha percezione dello stress quando le richieste superano le
risorse che l’individuo ritiene di avere.
Il processo di coping implica una attività cognitiva che consiste in una duplice valutazione della situazione:
al verificarsi di un evento stressante, le persone cercano di stabilire il significato e il probabile effetto sul
benessere; un secondo tipo di valutazione ha lo scopo di verificare gli effetti delle risposte sulla base dei
cambiamenti avvenuti nelle condizioni interne ed esterne.
Le ricerche hanno evidenziato l’esistenza di diversi tipi di coping:
- centrato sul problema o strumentale (tentativo di modificare la situazione)
- centrato sulle emozioni o palliativo (volto a ridurre le emozioni negative che derivano dalla percezione
dello stress)
- orientato all’evitamento (consiste nell’impegnarsi in attività sostitutive).
Taylor, studiando come le persone reagiscono agli eventi minacciosi, incluso l’insorgere di una malattia
grave, ha elaborato una teoria dell’adattamento cognitivo, secondo cui il processo di adattamento si centra su
tre aspetti:
• ricerca di un significato della malattia per la propria esperienza (perché è capitato proprio a me?)
• tentativo di mantenere il controllo sull’evento e sulla propria vita (cosa posso fare per impedire che accada
nuovamente?)
• sforzo di potenziare l’autostima attraverso il confronto con gli altri.
A tale riguardo sono importanti i comportamenti supportivi dei familiari, che possono facilitare o rafforzare
le strategie di coping. Uno dei temi che ha riscosso grande interesse riguarda l’analisi delle situazioni di vita
caratterizzate da malattia cronica. Due sono le tendenze divergenti:
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 1. i tratti specifici di una malattia, la sua visibilità e la sua gravità, influenzano in modo differenziato il
funzionamento psicosociale del soggetto.
2. indipendentemente dal tipo di malattia tutti i pazienti condividono lo stesso tipo di problemi.
Il tema centrale della malattia cronica riguarda comunque le risorse di coping delle persone.
Per spiegare le diverse modalità di risposta si ricorre al concetto di controllo. Prima dell’insorgere di una
malattia il controllo deriva dalle forze fisiche, dalle abilità e da un’ampia gamma di risorse sociali,
economiche e ambientali. Con l’insorgere di una malattia cronica le capacità di controllo sono seriamente
compromesse.
Se ciò riguarda i bambini, possono insorgere anche dei problemi come sensi di colpa da parte dei genitori in
caso di malattie ereditarie, e conseguenti accuse e ostilità nei loro confronti da parte dei figli. Si è visto che i
bambini, al contrario di quanto si possa pensare, riescono ad adottare delle strategie di coping molto efficaci;
decisamente importante è l’espressione appropriata delle proprie emozioni.
Molti pazienti ricorrono alla negazione e all’isolamento nel far fronte al disagio emotivo causato dal dolore,
malessere e interruzione dei progetti.
Un fattore di aiuto allo sviluppo di una immagine di sé positiva, come soggetto socialmente competente, può
essere data dall’identificazione con persone affette dalla stessa malattia che sono riuscite ad affrontare con
successo malattie simili.
L’impatto della malattia cronica su pazienti giovani e adolescenti, è meno peggio di quanto ci si possa
aspettare, probabilmente grazie a più efficaci cure mediche unite ad un adeguato sostegno psicosociale.
Pertanto il numero di pazienti con malattie croniche che hanno una buona qualità di vita è in continuo
aumento.
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Psicologia della salute 7. Salute e malattia: spiegazioni scientifiche e senso comune
E’ importante conoscere i modi in cui la salute è costruita socialmente, indagare le sue rappresentazioni
soggettive e sociali, poter intervenire negli stessi processi di costruzione della salute. E’ utile realizzare una
panoramica sulle prospettive teoriche più diffuse e utilizzate nei modelli psicologici e psicosociali, che
hanno affrontato lo studio dei comportamenti relativi alla salute e le determinanti dei comportamenti
dannosi.
I primi quattro modelli partono dal presupposto che le determinanti fondamentali del comportamento siano
gli atteggiamenti e le credenze delle persone.
Essi appartengono ai modelli detti del valore-aspettativa, in base ai quali le decisioni tra due linee di azioni
differenti si fondano essenzialmente su due tipi di valutazioni a livello cognitivo:
- la probabilità che una certa azione conduca a risultati imprevisti
- la valutazione dei risultati dell’azione.
Gli individui tendono scegliere linee di azione che con maggiore probabilità determineranno conseguenze
positive. Le singole teorie costituiscono delle elaborazioni di questo modello di base.
Le ricerche empiriche hanno talvolta fornito risultati contraddittori, che hanno portato a delle rielaborazioni;
tali ricerche hanno il merito di aver sottolineato concordemente l’importanza di alcune variabili nella
previsione dei comportamenti, anche se in altri casi i costrutti risultano troppo generici per consentire la
previsione di comportamenti relativamente complessi come l’adozione di precauzioni nei confronti
dell’AIDS.
Poi viene presentata la prospettiva teorica che pone al centro delle analisi il concetto di rappresentazioni,
intese non solo come costruzioni mentali, che le persone si fanno sulla salute e sulla malattia, ma come
rappresentazioni sociali, cioè costruzioni sociali prodotte nelle interazioni di ogni giorno e condivise da
gruppi di soggetti.
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Psicologia della salute 8. Il modello delle credenze sulla salute
Il modello delle credenze sulla salute, o Health Belief Model, di Rosenstock, poi modificato da Becker e
Maiman, è stato proposto per cercare di comprendere perché le persone non si sottoponevano a test per la
diagnosi precoce di malattie, e per spiegare e prevedere l’adozione alle raccomandazioni preventive.
La probabilità che una persona adotti comportamenti sani, secondo questo modello, è il risultato di una
valutazione congiunta del grado di minaccia associato ad una malattia, nonché dei benefici e dei costi
dell’azione preventiva.
La percezione della minaccia di malattia è influenzata dalla misura in cui il soggetto si sente personalmente
vulnerabile o a rischio nei confronti di una determinata malattia (percezione di vulnerabilità) e dalle
credenze circa la gravità delle conseguenze associate alla malattia (percezione di gravità).
Data una certa minaccia alla salute, la probabilità di adottare un particolare comportamento preventivo
dipenderà anche da quanto l’individuo ritiene che i benefici dell’azione siano superiori ai costi e alle barriere
all’azione preventiva. Il modello include anche altri elementi come i fattori demografici e sociopsicologici,
che agiscono come moderatori nella percezione di minaccia, e elementi induttori necessari per stimolare il
comportamento.
La loro origine può essere interna (sintomi), o esterna (campagne dei mass media). Questo modello ha
generato numerose ricerche, e si è rivelato utile per analizzare l’attuazione di comportamenti preventivi, ma
non sembra applicabile per comportamenti complessi. La componente maggiormente dotata di potere
predittivo è la percezione dei costi e degli ostacoli al comportamento, mentre quella meno predittiva è la
percezione della gravità della malattia.
Alla luce di questi risultati sono state suggerite delle modifiche al modello, una di queste è proposta da
King, che include le determinanti delle credenze e i processi di attribuzione causale, con i quali le persone
interpretano le cause delle malattie.
Si prevede che le informazioni attribuzionali influenzino sia le spiegazioni, sia le credenze sulla salute, e che
queste variabili a loro volta siano predittive del comportamento assunto da un soggetto. Numerose critiche
sono state mosse al modello:
ricerche di tipo trasversale e non prospettico, non chiariscono la direzione della relazione tra credenze e
comportamento;
il ruolo mediatore delle influenze socioeconomiche non è chiaro;
il modello non considera gli aspetti cognitivi, come la formazione delle intenzioni, o sociali, come
l’influenza dell’approvazione degli altri sul comportamento;
l’individuo preso in considerazione è un soggetto che prende decisioni da solo, come se fosse avulso dalla
società in cui vive;
il modello non distingue tra antecedenti cognitivi prossimali e distali del comportamento, come invece fanno
teorie più recenti.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 9. La teoria della motivazione a proteggersi
Nella sua formulazione originaria, la Protection Motivation Theory di Rogers era destinata ad analizzare gli
effetti dei messaggi persuasivi sull’adozione di comportamenti protettivi.
La motivazione a proteggersi dalla malattia è il prodotto della percezione della gravità della minaccia, della
percezione vulnerabilità personale e dell’efficacia della risposta di coping nel ridurre la minaccia.
La versione modificata include anche la credenza nella propria capacità di far fronte alla situazione; inoltre
assume che la motivazione ad eseguire la risposta di coping sia negativamente influenzata dai costi di tale
risposta e dai potenziali benefici delle risposte disadattive.
Rippetoe e Rogers raggruppano queste variabili in due classi distinte: esse riguardano da un lato la
valutazione della minaccia della malattia, che risulta dalla differenza fra i benefici potenziali delle risposte
disadattive e la percezione di gravità e di vulnerabilità personale, dall’altro la valutazione delle risposte di
coping, che risulta dalla differenza tra l’efficacia della risposta di coping, l’autoefficacia e i costi di tale
risposta.
La motivazione di un individuo a proteggersi da una malattia è massima quando:
- la minaccia per la salute è grave
- l’individuo si sente vulnerabile
- la risposta adattiva è giudicata efficace nell’allontanare la minaccia
- l’individuo nutre fiducia nelle proprie capacità di riuscire a realizzare la risposta adattiva
- le ricompense che derivano dal comportamento disadattivo sono limitate
- i costi associati alla risposta adattiva sono bassi.
La variabile che differenzia questo modello dall’Healt Belief Model, aumentandone il potere predittivo, è la
credenza dei soggetti di essere in grado di eseguire un determinato comportamento (self-efficacy). Il
modello prevede inoltre l’esistenza di una interazione fra la valutazione della minaccia della malattia e la
valutazione della risposta di coping.
Se i soggetti si sentono sicuri e competenti nell’eseguire una determinata azione preventiva, l’offerta di
informazioni che accrescano la percezione di vulnerabilità personale o la valutazione della gravità della
minaccia dovrebbe aumentare la motivazione a proteggersi e pertanto l’intenzione ad agire.
Se mettiamo a confronto i due modelli entrambi prevedono la percezione del rischio e della vulnerabilità
personale come credenze centrali nel determinare i comportamenti che hanno implicazioni per la salute. Essi
condividono che le persone siano in grado di compiere una analisi razionale abbastanza sofisticata del
rischio, valutando i benefici dei comportamenti rispetto alle conseguenze potenzialmente negative.
A livello empirico, il legame tra percezione del rischio e della vulnerabilità e comportamento preventivo non
è stato sempre confermato, e in particolare nei casi in cui i comportamenti preventivi sono complessi e i
risultati negativi potenzialmente gravi.
Altri aspetti problematici riguardano il processo cognitivo di valutazione del rischio o della vulnerabilità
personale che appare soggetto ad una serie di errori di giudizio.
Uno di questi è l’ottimismo irrealistico, in base a cui le persone valutano di essere meno a rischio rispetto ad
altri.
Le ipotesi esplicative chiamano in causa sia meccanismi cognitivi (percezione di controllo, stereotipi), sia
motivazionali (mantenimento dell’autostima, egocentrici).
Questi modelli, si focalizzano su processi cognitivi individuali, ignorando che tali cognizioni sono modellate
dalle emozioni e dai processi sociali e culturali.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute I modelli non prendono in considerazione il fatto che il significato del rischio per l’individuo è determinato
dalla sua esperienza personale nei confronti della malattia, dalle credenze, dai valori, inclusi quelli morali,
nonché dalla percezione di controllo sull’evento rischioso.
Non considerano gli aspetti dinamici della valutazione del rischio, la quale può variare da un istante
all’altro, in funzione dei fattori dipendenti dal contesto sociale e culturale.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 10. La teoria del comportamento pianificato
Nella prima versione prende il nome di Teoria dell’azione ragionata, secondo cui le decisioni riguardo ai
comportamenti da adottare si fondano su una valutazione ragionata delle informazioni disponibili.
Questa teoria introduce un nuovo elemento di mediazione tra credenze/atteggiamenti e comportamento
effettivo ovvero l’intenzione di mettere in atto un comportamento.
L’intenzione è il prodotto degli atteggiamenti nei confronti del comportamento e delle norme soggettive.
Gli atteggiamenti sono influenzati dalle credenze delle persone riguardo alle conseguenze del
comportamento e dalla valutazione di tali conseguenze.
Le norme soggettive includono invece le credenze dell’individuo circa ciò che le altre persone si aspettano
da lui, unite alla motivazione a comportarsi secondo tali aspettative.
Questo modello si è rivelato utile per prevedere una notevole quantità di comportamenti: gli atteggiamenti
influenzano il comportamento in misura superiore alle norme soggettive.
La teoria è risultata applicabile solo ai comportamenti percepiti sotto il controllo del soggetto; manca una
valutazione del grado in cui i soggetti credono di poter controllare le proprie azioni.
L’importanza della controllabilità è stato il fattore principale che ha spinto gli stessi autori ad una revisione
della teoria, definita ora come teoria del comportamento pianificato, che ha incluso come ulteriore
componente la percezione del controllo sul comportamento, che fa riferimento alle credenze della persona
circa il grado di facilità/difficoltà delle azioni da adottare.
Si tratta di un costrutto simile alla self-efficacy di Bandura.
I fattori che influenzano la percezione di controllo possono essere interni all’individuo (informazioni,
abilità) o esterni (opportunità, dipendenza).
Il modello assume che la percezione di controllo possa influenzare il comportamento sia indirettamente
attraverso le intenzioni, sia direttamente senza alcuna mediazione.
La teoria è utile per prevedere l’adozione di comportamenti in ambito sanitario.
Sono stati studiati l’impatto del comportamento passato sul comportamento attuale, i dati di tipo affettivo
(dispiacere, piacere) oltre che quelli di tipo cognitivo.
Critiche mosse al modello:
- il basso tasso di varianza spiegata dal modello nel suo complesso
- il trascurare l’analisi dei fattori che facilitano l’implementazione degli atteggiamenti, di quelli che spiegano
il passaggio dalle credenze alle intenzioni, nonché dalle intenzioni al comportamento
- necessità di misure congruenti con il costrutto che esse pretendono di misurare: questo è particolarmente
evidente nel caso della percezione del controllo comportamentale, per cui sono state usate misure poco
chiare.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute 11. I modelli processuali del cambiamento dei comportamenti
Le teorie degli stadi o processuali (stage theories) cercano di fornire un quadro più dinamico del processo
attraverso cui le persone decidono di agire, assumendo che tale processo implichi il passaggio attraverso una
serie di diverse fasi.
Le variabili che influenzano le transizioni tra le diverse fasi non sono necessariamente predittive della fase
finale di esecuzione del comportamento.
Uno dei modelli più noti è il modello transteoretico di Di Clemente e Prochaska, che si focalizza sul
processo diviso in 5 fasi, mediante il quale una persona decide di agire.
Si ritiene che la capacità di modificare un comportamento sia in funzione dello stadio raggiunto:
• FASE PRECONTEMPLATIVA: i soggetti non sono consapevoli o interessati alle conseguenze del proprio
comportamento nocivo e quindi non esprimono alcun interesse a cambiare nell’immediato futuro;
• FASE CONTEMPLATIVA: dichiarano di aver pensato di cambiare il comportamento, ma senza assumersi
impegni precisi;
• FASE PREPARATORIA: indica l’intenzione di agire nel futuro prossimo e la presenza di tentativi di
cambiare il proprio comportamento;
• FASE DELL’AZIONE: caratterizzata da processi di liberazione, di rivalutazione di sé, attraverso cui
l’individuo si convince di essere capace di cambiare e si impegna a modificare il comportamento per un
certo periodo;
• FASE DEL MANTENIMENTO: quando l’azione si mantiene per un tempo superiore.
La progressione da uno stadio all’altro è raramente lineare, spesso capita di tornare indietro, ma questo è
positivo perché spinge l’individuo ad apprendere nuove strategie. Questo modello è stato usato in numerosi
ambiti (trattamento di disturbi alcol-correlati, disassuefazione dal fumo).
Il passaggio da una fase all’altra è facilitato da dieci processi che vengono divisi in:
- attività esperienziali (importanti nel passaggio dalla prima alla seconda fase)
- attività comportamentali.
Un altro modello è il processo di adozione di precauzioni, usato soprattutto per la spiegazione dell’uso di
precauzioni nei confronti dell’ HIV/AIDS.
Divide l’adozione di precauzioni in 7 stadi:
1. le persone non sono consapevoli del problema di salute
2. hanno appreso qualcosa ma non sono ancora impegnate a pensare a fondo al problema
3. le persone riflettono a fondo al problema
4. possono decidere di non agire (in questo caso il processo si ferma qui)
5. possono formare un’intenzione di agire
6. inizio dell’azione
7. mantenimento del comportamento nel tempo.
L’acquisizione di conoscenze su un problema o la conoscenza di qualcuno che ha avuto problemi di salute
predice l’eventualità di passare dallo stadio 1 al 2. La percezione di vulnerabilità personale predice
l’eventualità che le persone decidano di adottare precauzioni e passare quindi allo stadio 3.
Tuttavia si ipotizza che l’azione si realizzi (stadio 5) quando le credenze sulla gravità, sulla vulnerabilità e
l’efficacia raggiungono una soglia particolare.
Il passaggio dall’intenzione all’azione (stadio 6) è influenzato dalla presenza di ostacoli e vincoli
situazionali.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute Un ulteriore modello è l’approccio al processo dell’azione rilevante per la salute, elaborato allo scopo di
specificare lo status causale delle credenze nell’efficacia personale rispetto alle altre variabili relative alla
salute con una attenzione particolare alla relazione fra intenzioni comportamenti e azioni affettive.
La nozione di base è che il mantenimento dei comportamenti salutari vanno concettualizzati come un
processo che consiste in due fasi:
• fase motivazionale, nella quale le persone scelgono una azione da adottare e si formano una intenzione.
Questa fase è influenzata da tre tipi di valutazioni a livello cognitivo:
- percezione del rischio
- aspettative circa il risultato
- percezione dell’efficacia personale;
• fase volitiva o dell’azione, riguarda le variabili che incidono sulla intensità dello sforzo e la sua
persistenza. Include tre livelli: cognitivo (formazione di piani d’azione e controllo sull’azione),
comportamentale (azione), situazionale (barriere e risorse esterne).
Centrale in questo modello è il concetto di self-efficacy, che incide non solo sul processo decisionale, ma
anche sull’inizio e sul mantenimento dell’azione.
Una volta iniziata l’azione, occorre controllarla cognitivamente di fronte ad altre motivazioni alternative che
possono ostacolarla. La percezione di efficacia personale influenza le intenzioni e le abitudini sia
nell’adozione di pratiche salutari, sia nella modificazioni di comportamenti nocivi.
Tutti questi modelli condividono due aspetti:
- sono dinamici ed enfatizzano una dimensione temporale articolata in diverse fasi;
- implicano l’esistenza di cognizioni specifiche per ogni fase.
Paola Alessandra Consoli Sezione Appunti
Psicologia della salute