Riassunto del libro "Prologo. Le marche come fattori di progresso" di Gérald Mazzalovo, Michel Chevalier.
Le marche esistono da sempre, ma la loro diffusione avviene con la rivoluzione industriale e la massificazione degli scambi e della comunicazione.
Prologo. Le marche come fattori di progresso
di Priscilla Cavalieri
Riassunto del libro "Prologo. Le marche come fattori di progresso" di Gérald
Mazzalovo, Michel Chevalier.
Le marche esistono da sempre, ma la loro diffusione avviene con la rivoluzione
industriale e la massificazione degli scambi e della comunicazione.
Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione
(IULM)
Docente: Codeluppi
Titolo del libro: Prologo. Le marche come fattori di progresso
Autore del libro: Gérald Mazzalovo, Michel Chevalier
Editore: Franco Angeli
Anno pubblicazione: 20061. La marca come contratto
La marca è una garanzia di qualità superiore, valore aggiunto.
La marca è l’espressione del programma genetico dell’azienda che serve a conquistare fiducia clienti ma che
impone al contempo rigorose regole.
La marca è un contratto implicito che regge le relazioni tra un’azienda e i suoi clienti. Si tratta di un rapporto
a due dimensioni non solo di natura economica. S’intrecciano legami emotivi con tradimenti da una delle
due parti, abbandoni e capacità d’influenza reciproca.
Il prolungarsi del contratto nel tempo è una dimensione intrinseca alla nozione di garanzia.
Per esistere una marca non deve solo consolidare la sua notorietà, ma consolidarla in modo durevole.
Le grandi marche si sono sviluppate tra 1944 e 1990 eppure, ad oggi, si tende alla concentrazione e
riduzione del portafoglio delle marche delle più grandi aziende.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 2. Marca e settori industriali
Il settore industriale in cui si opera, stabilisce modalità di differenziazione della marca e modalità di accesso
al prodotto.
La presenza di grandi marche mondiali uniformate e standardizzate, non ha frenato la comparsa di nuovi
attori nei posizionamenti più mirati.
Esse sono presenti in tutti i settori con modalità differenti.
L’obiettivo comune è introdurre una differenziazione all’interno di un dato settore, con la promozione di
valori specifici su cui si poggia la loro identità.
Per quanto riguarda la distribuzione, Louis Vuitton è una marca talmente forte da potersi permettere di
aprire un negozio in ogni città, mentre Furla ha successo solo nelle città più grandi, non sarebbe redditizio
aprire un negozio a Bari o Venezia.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 3. Marca e società
Le marche esistono solo perché le si può riconoscere, e si riconoscono poiché si percepiscono i messaggi
che esse trasmettono ai consumatori.
Non ci sarebbe stata l’esplosione della comunicazione delle marche che conosce la nostra civiltà senza il
ruolo sociale importante che esse ormai giocano.
In una società dove la comunicazione cresce esponenzialmente, le marche sono al centro della vita, guidano
gli acquisti, influenzano nostri giudizi su prodotti e persone e ci obbligano a prendere posizione in rapporto
ai valori che esse esprimono.
Le marche sono portatrici di valori in cui crede e che cerca di promuovere.
Oggi possiamo esprimere nostri umori, personalità, status ecc attraverso scelte di consumo.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 4. I nomi delle marche
Il nome rimane il primo segno di riconoscimento di una marca. Non è mai neutro e oggi la sua scelta è
sempre meno dovuta al caso.
Molte marche hanno nome e cognome dei creatori, ma spesso si cerca di liberarsene per sopravvivere più
facilmente alla scomparsa della persona in questione.
Si fa eccezione per le marche di lusso dove Salvatore Ferravamo, Yves Saint Laurent identificano il creatore
portando componente di eccellenza e creatività.
Attenzione se si decide di cambiarlo, perché i clienti abituati ad un determinato nome, possono reagire
negativamente al cambiamento.
Come avviene per christian Dior che negli anni, sta cercando di eliminare progressivamente il nome per
lasciare solo il cognome, rischiando di impoverire la componente affettiva della marca e privarla delle sue
radici. Per fortuna questo non è successo.
L’obiettivo è comunque creare nomi facili da memorizzare, pieni di significato forte e immediato.
C'è chi cerca nome evocativo e chi sceglie neologismi con neutralità geografica e volontà di astrazione.
Un nome ben scelto, si distingue per due aspetti, deve avere:
- una componente emotiva o razionale importante
- facile da memorizzare
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 5. Definizione di Logo
Il logo è l’insieme costante dei segni grafici che rappresentano una marca, un prodotto o un’azienda. È una
combinazione di lettere o segni, un’immagine ecc.
Il logo è il nuovo alfabeto della società.
Partecipa ai rapporti sociali per due ragioni complementari: da una parte per il contenuto dell’informazione
che comunica al consumatore prima dell’acquisto; dall’altra per la percezione che darà dello stesso
consumatore dopo l’acquisto, quando verrà associato al logo.
Essi rispondono al bisogno di sintesi comunicativa: massima informazione con minimo segni.
Si possono usare animali che evocano le loro caratteristiche fisiche (cavallo che s’impenna di Ferrari -->
indomabile vitalità).
Oppure molto usato è il monogramma, con le iniziali marca: G; LV ecc.
Loghi più astratti come croce tre braccia di Mercedes, cerchi di Audi ecc.
Ci sono poi altri segni che possono identificare la marca: la forma triangolare Toblerone, bauletto Louis
Vuitton, forma bottiglia coca cola.
Poi ci sono anche alcuni slogan pubblicitari, talmente memorizzati come associazione di marca, che ne
diventano un’estensione: Nokia “Connetting People”; Nike “Just do it” ecc.
Qualsiasi sia la scelta, ci si aspetta da un buon logo, la potenza espressiva e sintetica delle caratteristiche
della marca, la forza simbolica e la facilità di memorizzazione, grazie a semplicità formale.
Le marche preferiscono servirsi di un logo percepito come datato piuttosto che rischiare di compromettere
notorietà. Le evoluzioni grafiche del logo delle grandi marche, durano decenni e procedono con ritocchi
impercettibili.
Si cambia logo perchè le marche si internazionalizzano e la concorrenza aumenta; si deve quindi far
evolvere il logo, modernizzarlo, sempre veicolando valori marca.
Sia che si tratta di nomi, logo o altro, i segni della marca devono essere subito riconoscibili, espressivi e
memorizzabili. Devono suscitare sensazione di vicinanza, familiarità e umanità.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 6. La comunicazione contro la marca
Lo stravolgimento pubblicitario si manifesta attraverso: graffiti- Ironia di spot e boicottaggi.
La causa di questo fenomeno, nasce dalla sempre più intensa esasperazione degli avversari della
globalizzazione a livello mondiale delle grandi marche, tutti protesi ad opporre e far prevalere il loro
argomento "No Logo". Marche più visibili con messaggi ambiziosi e provocatori sono le prime ad essere
attaccate (Mc Donald).
Naomi Klein autrice del libro “No logo”, si propone di esaltare sempre più l’avversione ai cosiddetti “poteri
giganteschi”, senza però grandi risultati. Contro la marca si manifestano peraltro vari tipi di "lagnanze"
spontanee.
Al ricorso sempre più frequente della marca alla provocazione sia cruenta che sessuale e a forme espressive
molto brutali si contrappongono naturali e comprensibili reazioni di rigetto.
Alla riprovevole propensione di certe marche di utilizzare mezzi impropri (ad esempio l’onnipresenza, la
simulazione di ruoli moralizzatori e il ricorso ad ogni forma di ipocrisia) fa puntuale riscontro spontaneo il
manifestarsi di forme generalizzate di inquinamento e di ostilità che coinvolgono anche le aziende più serie.
I detti comportamenti esaminati dal punto di vista degli operatori di Marketing non possono che essere
considerati come controproducenti a lungo termine.
E’ comunque una realtà che non sono poche le aziende che molte volte si prendono delle eccessive libertà
non sempre compatibili con quelle che dovrebbero essere le regole consensuali di sviluppo e di
comunicazione delle loro marche.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 7. La comunicazione pubblicitaria: discrasia tra sogno e realtà
La comunicazione pubblicitaria delle marche propone spesso dei modelli che non corrispondono
esattamente alla realtà. Questo distacco è stato chiaramente rilevato e denunziato da un movimento
femminista americano di 40 anni fa, al riguardo della figura della donna e del settore della moda.
Ma l’insistere in generale su questo comportamento da parte delle marche e la scarsa sensibilità da esse
dimostrate al riguardo, ha indotto i consumatori a reagire contro un fenomeno percepito come un
programma di “mercificazione del Mondo”.
Il problema principale è costituito dalla eccessiva indifferenza dimostrata dai comunicatori e dai responsabili
delle marche rispetto alla portata sociale dei loro messaggi.
Oggi canoni di bellezza artificiale si allontanano sempre di più dalla Morfologia media delle donne
occidentali della nostra epoca.
I nuovi canoni di bellezza del corpo riflettono la capacità che ha di Influenzare il binomio creatore\media
della nostra epoca. Il sarto definisce la silhouette, i media fanno da cassa di risonanza, la produzione
industriale segue e le donne si ritrovano a seguire un sogno lontano e anche molto seducente ma da poche di
esse realizzabili. Donne, giovani, in salute, snelle--> estetica del corpo che esclude 92% donne “normali”.
La discrasia tra il sogno e la realtà genera frustrazione e provoca il moltiplicarsi di reazioni estreme su scala
mondiale.
Gravissime sono state le conseguenze portate dal nuovo modello di donna.
L’anoressia è uno dei fenomeni più significativi di questo tipo di disagio sociale.
Infatti volendo emulare le top model un gran numero di adolescenti perde la salute e talvolta la vita.
In tutto il mondo è oggi molto sentita la necessità di ovviare a questo problema diventato serio e di corposa
portata.
Molte sono le iniziative correttive che sono già state assunte al riguardo un po’ dappertutto.
Sono nate marche anche per le taglie normali.
E non solo: negli ultimi tempi la modella francese Letizia Casta, “Il diario di Bridget Jones” e il “Big
Brother” in televisione costituiscono il chiaro sintomo di un ritorno a considerare come normali non solo le
silhouette ma anche tutte le persone molto in carne.
Body Shop --> prodotti cura e bellezza: identità marca su protezione ambiente e uso ingredienti naturali +
amor proprio--> bambola RUBY (anti barbie) rossa e grassottella.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 8. La marca e il modello culturale
La marca non è criticabile solo per la sua interessata indifferenza per i valori estetici.
E’ sicuramente difatti censurabile anche la scelta del modello culturale che privilegia una particolare
fascinazione per le griffe egocentriche, edonistiche, per l’esaltazione di valori materiali fino a giungere
all’elogio della droga.
In Giappone, per esempio, si verificano episodi di prostituzione volti a soddisfare il bisogno del tutto
voluttuario e superficiale di disporre di capi firmati Louis Vitton o Prada.
Questo fenomeno è interpretato dal teologo Giuseppe Angelici, nella sua opera ”Le ragioni della scelta”,
come una manifestazione di “fariseismo” della moda --> consumatore crede che marche dettano regole
comportamentali.
Si tratta effettivamente di un impulso psicologico che spinge il consumatore a seguire ciecamente ciò che
egli crede essere regola di comportamento.
I più esposti sono, ovviamente, gli individui dalla debole personalità, incerti o non ancora affermati, che
trovano nella moda un facile rifugio in cui l’apparenza dissimula la sostanza e dove il giudizio
sull’esteriorità degli altri diviene più importante del giudizio sui propri valori anche quando questo sono
rilevanti.
Anche a questo riguardo la marca in sé non è meno responsabile della gestione che di essa viene fatta.
Si tratta invero di una riprovevole quanto inspiegabile indifferenza per gli effetti perversi, per una mancanza
di ritegno nella comunicazione, per insomma, tutto ciò che finisce poi col tempo con il ritorcersi contro essa
marca.
E’ un “…carpe diem nec minime credula postero…” che ben poco si attaglia alla strategia del rendiconto
anche a lungo termine.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 9. Gridare per farsi sentire = provocazione
Una forma di provocazione su grande scala che si è manifestata con notevole rilevanza è quella che affonda
le sue radici nel xx secolo all'interno del movimento dadaista.
E’ sintomatico ed eloquente il contenuto del volantino Dada, che veniva distribuito a Parigi negli anni 20:
"…voi che non vedete, pensate a quelli che vedono...".
Il rovesciamento della compassione generale, l'attentato al senso comune e il gusto dell'assurdo sono stati
modi di procedere recuperati dalle marche a fini mercantili e che negli ultimi tempo hanno fatto molta
tendenza.
Provocare, è proporre una rappresentazione che attenta a un patto consensuale di comunicazione tra
l'emittente e il destinatario.
E' dire cose che non vi aspettate di sentirvi dire in una data situazione di comunicazione. La pubblicità
fornisce sogno al consumatore e tutto quello che si allontana dal reale e dall'ordinario come l'erotismo e la
trasgressione costituiscono un supporto privilegiato di immaginazione fantastica.
Finchè provocazione non supera soglia sopportazione, viene accolta favorevolmente.
Dal punto di vista delle marche esistono motivazioni che spiegano tale fenomeno e che sono costituite dal
bisogno delle marche:
a) di navigare sulle tendenze, di comunicare con le parole e i valori di oggi
b) desiderio di strutturare mercato, formare nicchia di consumatori uniti da valori comuni
c) chi grida più forte ha l’ultima parola; se pubblicità non provoca passa inosservata.
Senza contare il desiderio di strutturare un mercato, di formare una nicchia di consumatori uniti da valori
comuni.
Tutti obiettivi questi che se anche non vengono raggiunti costituiscono un chiaro sintomo di un cinismo che
porta a ritenere che "…chi grida più forte ha l'ultima parola…”.
E' comunque una realtà che la pubblicità che provoca non passa per niente inosservata.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso 10. Provocare per sorprendere
Provocare per sorprendere; trasgredire per essere ricordati.
Il "teasing" è una delle prime forme storiche di provocazione nella pubblicità che si fonda sull'effetto
sorpresa.
In questo caso ci si impegna nella difficile pratica di scuotere lo spettatore senza oltrepassare la sua soglia di
resistenza.
Già ne 1971, il sarto Yves Saint Laurent scandalizzava posando nudo per il lancio del suo profumo.
Egli appariva come un precursore.
Durante gli anni 70 infatti l'erotismo si impose come un luogo comune della pubblicità.
In oggi l'avvento della televisione moltiplica l'audience della pornografia e le marche che erano alla ricerca
di trasgressione hanno varcato le frontiere della provocazione.
Le varie campagne di teasing organizzate in quel periodo dimostrano quanto all’epoca era ormai evidente
per tutti che “…per sorprendere, bisogna fare di più e, per proporre un'immagine d'avanguardia, bisogna
trasgredire..”.
Una lezione che è stata facilmente appresa e ancora più facilmente messa in opera.
Si pensi ad esempio alla marca Diesel che ha costruito la sua notorietà su campagne particolarmente
oltraggiose.
La moda è un ambiente avido di suggestioni.
Un'ondata "porno-chic" è dilagata verso la fine degli anni Novanta per accentuarsi nel 2000 e nel 2001.
Le marche italiane furono le prime ad andare oltre separando un erotismo di suggestione da connotazioni
pornografiche senza ambiguità.
Gucci, Cesare Piaciotti, Exte, Christian Dior, YSL ed Ungaro insegnano.
In Spagna, la rivista di moda “ELLE” consacra regolarmente il suo numero di maggio a un tema particolare:
"Especial Culos" con una prima di copertina suggestiva.
Le controffensive istituzionali variano da paese.
A questo riguardo L'Europa appare più permissiva rispetto agli Stati Uniti, a certi paesi dell' Asia e
ovviamente, al Medio Oriente, dove il nudo pubblico è semplicemente del tutto proibito.
Tanto abuso ha finito col rendere la nudità troppo inflazionata e quindi di scarsa efficacia.
Il che ha reso necessario il pronto ricorso ad altre trovate altrettanto stimolanti: evocazione della decade,
omosessualità femminile colorata di voyeurismo maschile, pratiche sadomasochiste come ad esempio il
bagno di Alessia Merz in un latte di asina per pubblicizzare la linea Coveri di Milano, i baci saffici della
marca Piano Dolce Carlotta e i graffiti sul torso nudo di un modello americano per Swish.
Si tratta di provocazioni che mettono a nudo la povertà creativa di certi stilisti contro cui insorgono veri
creatori di moda.
Ma le provocazioni non si manifestano a livello sessuale.
Ad un certo momento anche il sacro diviene ugualmente soggetto privilegiato di sfruttamento pubblicitario.
La Pirelli, tanto per fare degli esempi, mostra il giocatore Ronaldo nella posizione della statua del Cristo
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso nella baia di Rio de Janeiro.
Diesel suscita numerose proteste con la sua campagna che mostrava quattro religiose aderenti con la
Vergine.
Priscilla Cavalieri Sezione Appunti
Prologo. Le marche come fattori di progresso