In questi appunti viene trattato il tema della riforma protestante, tutte le fasi precedenti alla riforma fino alla rivalsa del cristianesimo. Viene descritta la personalità di Martin Lutero e il suo approccio alla riforma tramite testi e azioni. Il concilio di Trento viene analizzato nelle sue tre fasi, in cui vengono proposti gli obiettivi della riforma e i mezzi con cui avviarla.
Infine vengono riprese le teorie delle diverse personalità che contribuirono ad avviare la riforma protestante, per poi concludere con la rivalsa del cristianesimo sul protestantesimo.
La riforma protestante
di Alessia Muliere
In questi appunti viene trattato il tema della riforma protestante, tutte le fasi
precedenti alla riforma fino alla rivalsa del cristianesimo. Viene descritta la
personalità di Martin Lutero e il suo approccio alla riforma tramite testi e azioni.
Il concilio di Trento viene analizzato nelle sue tre fasi, in cui vengono proposti
gli obiettivi della riforma e i mezzi con cui avviarla.
Infine vengono riprese le teorie delle diverse personalità che contribuirono ad
avviare la riforma protestante, per poi concludere con la rivalsa del
cristianesimo sul protestantesimo.
Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
Facoltà: Scienze Umanistiche1. Le parole degli storici
Per rendere conto della realtà che sta esaminando, lo storico deve servirsi di categorie e concetti compresi
dal pubblico; infatti non esiste discorso senza classificazioni o divisioni in periodi, ossia senza divisioni
cronologiche di uno spazio temporale manifestatamente continuo, le quali permettono di distinguere i tratti
della sua intellegibilità. Ciò è alla base di “tempo di transizione” che Jacques Heers utilizza parlando dei
secoli XIV e XV. Il termine Riforma, ha come caratteristica il fatto di essere comune all’intera storia della
chiesa fin dai primi secoli. Ma al tempo sesso serve per designare dei periodi ben determinati o più
precisamente dei movimenti, della storia religiosa occidentale: la riforma gregoriana, ai secoli XI e XII, e
ciò che si è chiamata comunemente la Riforma, con la maiuscola, per designare l’avvento del
Protestantesimo nel scolo XVI. Questo monopolio del concetto di Riforma a vantaggio del Protestantesimo è
stato rinforzato dalla creazione dell’idea di una Controriforma che designa l’azione, subito intesa come
difensiva, del cattolicesimo. La sua origine è attribuita a Johann Stephen Putter (morto nel 1807), giurista di
Gottingen, il quale nel 1776 designava col termine di Gegenreformation (Controriforma) il ritorno al
cattolicesimo di alcuni territori divenuti protestanti, dandogli così un significato temporalmente e
geograficamente circoscritto. Con la pubblicazione dal 1880 al 1908 della sua opera La storia tedesca
nell'età della Controriforma, Moritz Ritter conferisce popolarità al termine Controriforma anche oltre i
confini della Germania. Ludwig von Pastro,l’autore della monumentale Storia dei Papi e J. Schmidlin
sostituiscono a quel termine la denominazione di Restaurazione cattolica, facendo credere così di volere
assecondare l’idea di una reazione all’urto del Protestantesimo. Risulta inoltre che la terminologia e i
dibattiti che essa implica sono nati nell’ambito della storiografia tedesca e dipendono dalle diverse opzioni
confessionali di un paese a composizione mista dove non mancano coloro che considerano il cattolicesimo
tridentino come un’anti-riforma protestante. Il termine Controriforma è stato tuttavia communente accettato
e utilizzato dagli storici cattolici: la Riforma è protestate, ed è preceduta da una Pre-riforma di tipo
evangelico e seguita per reazione da una Controriforma messa in atto dalla Chiesa romana. Nel 1929
Luciene Febvre ai termini Pre-riforma, Riforma e Controriforma, preferisce quelli di Rinnovamenti,
Rivoluzioni e Revisioni: tre tappe di una stessa vicenda religiosa che supera i limiti della riforma pur
inglobandola, che non si assorbe in se stessa al punto di meritare che la terminologia sopprima tutto ciò che
essa stessa contiene. Per Hubert Jedin, la Riforma cattolica comprendeva diverse fasi: la prima trova le sue
origini alla fine del Medioevo con la devotio moderna e il ritorno all’osservanza degli ordini religiosi. Dal
1540 vi è la preparazione, più vicina alla fondazione dei Gesuiti e al consolidamento del disegno riformatore
del papato. La terza fase coincide con la riunione del Concilio di Trento; e la quarta, che ha inizio con
l’attuazione delle decisioni conciliari, si estende in seguito su un lungo periodo. La Controriforma è un
fenomeno di autodifesa ce si può considerare ancora iniziato nel 1520 contro Lutero, poi la creazione
dell’Inquisizione romana nel 1542, e lo sviluppo dell’Indice dei Libri proibiti. È indicativo che il dibattito
terminologico ebbe la sua risonanza maggiore innanzi tutto i Italia, ma anche in Germania; un binomio,
quello di Riforma/Controriforma oggetto di consensi e citriche. Il titolo di questo libro usa il termine
Riforma per diverse ragioni; anzitutto perché la scelta è coerente con la tesi del libro stesso che consiste nel
vedere, nell’articolarsi dei decreti dogmatici e disciplinari, la chiave del successo duraturo del Concilio di
Trento.
Alessia Muliere Sezione Appunti
La riforma protestante 2. Le riforme della Chiesa tra i secoli XIV e XV
Molti sono gli appelli alla riforma della Chiesa avvenuti tra i secoli XIV e XV. I primi segnali si trovano già
nei Concili Laterano III e IV; in quest’ultimo, del 1213, venne lanciato da Innocenzo III un appello alla
riforma universale che non si poteva aggiornare senza correre un grave e immenso pericolo. Uno dei primi
appelli ufficiali è il Concilio di Vienna del 1308; la riforma gregoriana si era conclusa nel XIII secolo, Papa
Bonifacio VIII mirava a impostare la superiorità pontificia sul mondo e sul re di Francia Filippo il Bello; ma
le cose non vanno così tanto che per circa un secolo il papato si troverà in esilio ad Avignone. È dunque nel
contesto di umiliazione del Soglio Pontificio che Clemente V convoca il concilio di Vienna ed emana un
bolla, la Regnans in excelsis, dove fa appello a un esame di coscienza della cristianità. È necessario
riformare la chiesa nei due livelli che la costituiscono: la gerarchia e il popolo, i chierici e i laici. È noto che
una delle crisi più profonde del papato inizia nel 1378, dopo il ritorno del papa a Roma. È il grande Scisma
d’Occidente, che lacera la Chiesa latina per quasi 40 anni. In questo contesto importanza notevole assume il
giudizio di Santa Caterina da Siena; benché sia assolutamente convinta della legittimità del papa a Roma, la
terziaria domenicana sostiene la necessità di una riforma della Chiesa, che deve includere quella dei frati
predicatori, da lei affidati al suo discepolo Raimondo da Capua. Impone a Raimondo di trascrivere il suo
sdegno per l’aspetto della sposa tutta smembrata, alle cui membra putride e malate l’eterna bontà di Dio
saprà restituire la salute e il profumo delle virtù. Lei verrà sostenuta dai veri servitori di Dio, amanti della
verità e operanti con molte fatiche, fino a gioire della riforma di quella dolce sposa. Nel Dialogo al capitolo
15 lei chiede a Dio di riformare la sua chiesa; vi sono invettive contro la chiesa e il mondo cristiano in
diversi capitoli, vi si delineano e si distinguono le due vie tradizionali della riforma della Chiesa: la prima è
quella istituzionale del Concilio, la seconda è la via mistica della preghiera, della santità e del sacrificio.
Esse continueranno ad essere invocate nel Quattrocento, che le arricchirà a sua volta di nuovi elementi. In
questo modo la via del Concilio, che a Costanza è effettivamente riuscito a ristabilire l’unità della tunica
senza cuciture della Chiesa latina, assume i colori dell’ecclesiologia conciliaristaca. Soprattutto a Basilea il
concilio assumerà incessantemente nei confronti del papa un atteggiamento di rivalità, se non di
opposizione. Il conflitto ecclesiologico sarà sicuramente un ostacolo per le capacità riformistiche della
Chiesa. Alla fine del secolo, la via mistica è proposta ad es., dal Savonarola, il suo desiderio è quello di
estendere la riforma del suo convento domenicano di S. Marco a Firenze, a tutta la Chiesa. Il movimento
concentrico intende essere religioso, poiché parte dalla constatazione che vi sia un’unica capacità di fondo
del papato, emblematicamente rappresentato dal suo contemporaneo Alessandro VI Borgia, di riformare se
stesso. Ma la riforma del Savonarola è troppo viziata dal sogno di un regno terrestre di Cristo, troppo
dipendente da una prospettiva apocalittica, troppo fondata su contingenze politiche. Di conseguenza l’idea di
una riforma, che continua ad essere attuale, si scontra con precedenti ritenuti pericolosi, con perplessità
implicite ma non per questo meno forti. Il concilio Laterano V è rappresentativo di questa riforma, sempre
declamata ma mai messa in atto con l’energia necessaria al suo successo.
Alessia Muliere Sezione Appunti
La riforma protestante 3. Il concilio Laterano V
Il concilio Laterano V si è svolto a Roma dal 3 maggio 1512 al 16 marzo 1517, sotto i pontificati di Giulio II
e Leone X. La situazione politica è quella dei maneggi del re di Francia: per assicurare i suoi possedimenti
territoriali in Italia, Luigi XII era riuscito infatti a riunire prima a Pisa poi a Milano una piccola assemblea
ecclesiastica, qualificata dai partigiani del papa come un conciliabolo. I vescovi spagnoli sostenuti dalla
corona si mobilitarono per sostenere la riforma della chiesa. Nel novembre del 1511, riuniti in sinodo a
Burgos, i prelati spagnoli preconizzarono una decentralizzazione del potere a vantaggio dei vescovi e
ricordarono l’obbligo di riunire il concilio generale della chiesa ogni 5 anni. Il Libellus rivolto a Leone X da
due santi e dotti camaldolesi veneziani, Paolo Giustiniani e Vincenzo Quirini, si spinge ben oltre nella
denuncia dei mali e nelle proposte per i loro emendamenti. Questi umanisti, spinti da una tardiva vocazione
eremitica, conoscevano il mondo della politica e della cultura e potevano formulare un giudizio lucido sulla
chiesa: denunciano l’avarizia dei principi, e quindi il pericolo dei loro interventi, e l’ignoranza dei laici. Per
istruirli secondo loro, si dovrebbero almeno tradurre in lingua vernacolare gli articoli di fede, le Epistole e i
Vangeli: qui si vede già apparire il problema della comprensione della liturgia da parte del popolo, che sarà
una delle rivendicazioni protestanti. Il ruolo della funzione pontificia è di essere un esempio di vita e un
insegnamento per il resto della Ciesa. Le promozioni episcopali non dovrebbero essere fatte solo in base ai
meriti. I cardinali, in luogo di benefici e cariche ecclesiastiche che le loro funzioni non permettono di
onorare, potrebbero avere una pensione annua rinnovabile; si potrebbe affidare loro una visita annuale delle
differenti diocesi della cristianità. I due monaci insomma, reclamano a favore della vita religiosa una
clausura rigorosa, una migliore osservanza e soprattutto la gestione regolare degli organi di governo quali i
capitoli generali degli Ordini. Essi vedono la causa dei mali della chiesa proprio nella scarsa celebrazione di
riunioni istituzionali quali i concili o sinodi provinciali e diocesani. Tutti i discorsi sulla riforma hanno come
tema il ritorno a un ideale perduto; è quanto si legge anche nel discorso di inaugurazione del concilio
pronunciato dal generale degli Agostiniani Egidio da Viterbo: causa di corruzione è la ricchezza
ecclesiastica, la cui origine risale al momento in cui il cristianesimo, fino ad allora povero e martire, è
divenuto una religione ufficiale (con Costan
Alessia Muliere Sezione Appunti
La riforma protestante 4. I compiti prefissati dal Concilio laterano V
Restituire, rivivificare, ricuperare: tali sono i compiti che Egidio da Viterbo affida al concilio. Più
preoccupato di rendere conto della distinzione fra una Chiesa santa e i suoi membri peccatori, Caietano (che
qualche anno più tardi sarà confrontato a Lutero), nel suo discorso del 17 maggio 1512, diretto
particolarmente contro il conciliabolo di Pisa, insiste sull’ecclesiologia. Il concilio deve impegnarsi in
un quadruplice compito: reformatio (riforma della chiesa), restitutio (ripristino dei costumi allentati),
revocatio (reiezione degli eretici), roboratio (rimessa in vigore delle antiche leggi). Anche Caietano
preconizza nella chiesa un rafforzamento giuridico e una migliore scelta delle persone responsabili. Ci
furono molti altri discorsi che invocavano una riforma della chiesa, che in generale si accontentavano di
invocare il ritorno agli instituta: il diritto, i costumi, le tradizioni, l’insegnamento delle Scritture, dei Padri e
dei Dottori, del magistero.
Questa enumerazione dei fondamenti della vita ecclesiale riveste un qualche interesse, ma non offre di per
se, alcuna soluzione alla crisi vista nella sua profondità. In realtà si può affermare che il concilio Laterano V
ha piuttosto tentato di affrontare le difficoltà, immediate, evitando di risolvere dei punti troppo controversi.
Si sa che la sua opera più duratura fu da un lato il riconoscimento dell’unione dei cristiani maroniti con
Roma, divenuta una realtà già dal Duecento ma riportata all’attualità dalla Santa Sede; dall’altro, la ratifica
del concordato con Francesco I che sigilla, a vantaggio della monarchia francese, una riconciliazione e
riorganizzazione dei suoi rapporti con la Chiesa, divenuta necessaria. È vero anche che all’inizio del 1517
raggiunse il concilio un ragguardevole programma di riforma, il De reformandis moribus, inoltrato da
Giovan Francesco Pico della Mirandola, che insiste, anche lui, sul ritorno agli instituta, le antiche leggi,
aggiungendovi le esigenze delle leggi naturali; ma mette l’accento sulla forza e sulla necessità del buon
esempio. Finché infatti, il papa, i vescovi, e i principi non si conformeranno alle leggi e al bene, non si potrà
impedire che i loro subalterni, osservandoli confondano il male col bene. Il vantaggio di questa concezione
gerarchica e aristocratica è quello di designare specificatamente i protagonisti della riforma nella cristianità.
Con Giovan Francesco si passa così dallo spirito velleitario del concilio Laterano V, in cui egli denuncia con
chiarezza i discorsi tanto generici da risultare vuoti, a una riforma di tipo morale e intellettuale (pone cioè
l’accento sulla volontà profonda che deve presiedere a un rinnovamento della chiesa; egli predica il ritorno
alla pietas – comportamento cristiano – e alla paideia – ideale educativo che raccoglie il meglio
dell’antichità). Si può dunque affermare che nel Concilio Laterano V la ricerca di una riforma vi appare di
tatto come imprigionata dallo stesso sistema.
Alessia Muliere Sezione Appunti
La riforma protestante