Appunti sulla dispensa di Storia del cinema italiano incentrata sul rapporto tra il cinema e i cambiamenti della società negli anni '60.
Il boom economico e i movimenti del '68 cambiano il volto del pubblico e i registi devono capire quale voce dare alle proprie produzioni.
Il rinnovamento del discorso filmico con "L'avventura" e "La Dolce Vita".
CI si sofferma poi sul cinema di Ermanno Olmi, di Monicelli e sul principale genere del cinema made in Italy del periodo, lo spaghetti western, declinato da Sergio Leone, Corbucci, Sollima.
Infine si tratteggia il passaggio di tematica che i film italiani affrontano dalla commedia italiana alla commedia all'italiana.
Il cinema italiano tra gli anni '60 e '70
di Asia Marta Muci
Appunti sulla dispensa di Storia del cinema italiano incentrata sul rapporto tra il
cinema e i cambiamenti della società negli anni '60.
Il boom economico e i movimenti del '68 cambiano il volto del pubblico e i
registi devono capire quale voce dare alle proprie produzioni.
Il rinnovamento del discorso filmico con "L'avventura" e "La Dolce Vita".
CI si sofferma poi sul cinema di Ermanno Olmi, di Monicelli e sul principale
genere del cinema made in Italy del periodo, lo spaghetti western, declinato da
Sergio Leone, Corbucci, Sollima.
Infine si tratteggia il passaggio di tematica che i film italiani affrontano dalla
commedia italiana alla commedia all'italiana.
Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione
(IULM)
Esame: Storia del cinema italiano
Docente: Gianni Canova1. Cinema e società nell’Italia della seconda meta degli anni ‘60
Il cinema italiano del quinquennio 65-69 mostra il feticismo dell’identità, l’ipertrofia dell’io. La socialità
altro non è che una giustapposizione di soggettività. Il cinema del boom non è più in grado di rappresentare
il noi, le parole fondamentali di questo cinema sono: narcisismo infantilismo e solipsismo.
Esauritasi l’euforia degli anni del boom, ci troviamo davanti ad una nuova classe che non h metabolizzato la
modernità. Una classe media che non è abbastanza stabile per essere dirigente e che non è appagata dal
cauto riformismo dei governi di centro sinistra.
Il cinema d’autore non trova più il modo di instaurare una relazione dialettica con gli squilibri e le
contraddizioni che squarciano la società italiana e condurranno il 68; lasciano anzi tale ruolo ai generi di
profondità che si fanno portatori di tensioni sociali.
Ciò che manca al nuovo cinema è la componente edipica, i padri sono ancora vivi e dettano legge su come
fare il cinema ma gli esordienti non riescono a rimescolare le carte in tavola, il nuovo cinema sconfina nel
culto dei padri, nell’ipercitazione. L’Italia è un paese fratricida, da Romolo e Remo in poi, siamo l’unico
paese a non avere mai avuto una rivoluzione perché nessuno si è mai davvero sentito di distruggere il
precedente ordine costituito. L’assenza della paternità nel cinema italiano è talmente interiorizzata che un
buon numero di film sono innestati sull’assenza di questa figura. Solo Pasolini lavora quasi ossessivamente
sulla tematica del rapporto con il padre Edipo Re Teorema.
I padri, cioè il ceto dirigente, non riescono a interpretare il tutta la sua complessità e contraddittorietà la
nuova società, per questo la congiunzione sfavorevole 63 e 64 porterà ad una mancata modernizzazione
totale, tutto il capitale che si è creato tra 64 e 7°, invece di essere utilizzato per fare profitti utili investendo
nell’italia, si è trasformato in capitale di reddito, spesso all’estero.
Indicativo della mancanza di una cultura nazionale consolidata, propensione a forme di
microimprenditorialità insofferenti ad ogni legge--> quello che viene a mancare è un’identità italiana, che
sfocia nella totale mancanza di impegno civile. Sono l’immaturità e l’asocialità delle strutture economiche e
produttive che spiegano l’irrisolto rapporto del cinema italiano con i nuovi scenari della modernità.
Il nuovo pervade tutta la società consumistica, cambiano i rapporti tra spazio e tempo, si aprono i primi
collegamenti autostradali tra nord e sud, la Piaggio crea il Ciao spingendo alla motorizzazione privata, le
pillole anti concezionali portano a nuovi costumi sessuali e portano con sé le minigonna e i collant. Il
desiderio morboso di un confort borghese. Il cinema registra questo mutamento ma si limita a prenderne
atto, senza riuscire ad inglobarlo ed esorcizzarlo.
Asia Marta Muci Sezione Appunti
Il cinema italiano tra gli anni '60 e '70 2. I maggiori registi e i cambiamenti della società degli anni '60
La maggior parte degli autori sceglie di volgere lo sguardo altrove, al fuori, al passato, si assiste così ad una
perdita del presente, e d’interesse nei confronti dell’attualità.
O ci si rifugia nel passato e ci si mette in maschera, il riso ed il grottesco come uniche possibilità di
rappresentare il presente porta al successo del cinema di genere.
I padri sono in difficoltà e fuggono:
Rossellini--> scrive la storia in tv
Visconti--> si rifugia nella sua passione per il mito classico anche quando lo nasconde sotto abiti finto-
moderni.
Fellini--> si allontana e gira Satyricon o si rifugia nel grottesco
Rosi--> fa una nuova cenerentola
Lattuada--> adatta dalla letteratura, un Mandragola di Macchiavelli
Pasolini--> si crogiola nel mito classico come riscoperta della perdita del presente
Antonioni--> con Blow up tenta di parlare della modernità ma la porta a Londra, e poi in Cina in Africa e
Spagna.
L’alternativa è stata il mascheramento--> lo spaghetti western come approccio metaforico alla realtà, e come
riconoscimento di sé alla rivoluzione del sessantotto. Si riconosce nella facili mitologie alla base dei
reiterativi plots.
La terza metodologia dell’epoca per avvicinarsi all’attualità è la vena parodistica. L’abbassamento di un
registro stilistico a beffarde deformazioni del codice comico farsesco. Si è deformato qualsiasi modello
consolidato; affermando così l’impossibilità di creare un prodotto di successo, si parodizza ciò che si
desidera e si ammira, nascono così tutta una serie di Musicaletti, e sgangherate spy story, il modello
originario si riconosce chiaramente ma viene deriso.
Ci sono 3 modi per affrontare la modernità:
1. La tentazione della fuga di fronte alla società italiana moderna, la giudicano non interessante e si dedicano
a rappresentare altro.
2. Il mascheramento carnevalesco Si tratta della modernità in chiave quasi allegorica, mascherandola da
altro, principalmente da spaghetti western
3. L’irrisione parodistica si deride e si abbassa il registro di ciò che non si riesce a fare bene.
Asia Marta Muci Sezione Appunti
Il cinema italiano tra gli anni '60 e '70 3. I nuovi registi italiani nella seconda metà degli anni ’60
I nuovi registi che irrompono sulla scena nella seconda metà degli anni ’60, non manifestano alcuna volontà
parricida. Spesso il disagio viene trasferito metaforicamente nelle patologie psicofisiche imposte ai loro
personaggi.
Notiamo che la continuità domina sulla rottura; quello che manca al cinema italiano di quel periodo è la
capacità di crearsi un pubblico e di contrastare i prodotti americani che invece si sono fatti portatori dei
valori di una generazione di giovani, come Il laureato (1967) e Easy Rider (1969).
Nel nuovo cinema il moderno escluso dalla narrazione riappare dal punto di vista tecnologico: si denota il
proliferare di usi linguistici omogenei e l’incremento di zoom, teleobiettini, fermo immagine, flash back, slit
screen--> tutti questi stratagemmi spesso vengono utilizzati meramente per l’espressione di un’adesione alla
modernità più che per specifiche esigenze narrative si parla per questo di --> zoom disfunzionali.
Quest’euforia del visibile si risolve nel voyeurismo, cioè il modello di condizione spettatoriale di spiare
senza essere visti. Emblematico in Casanova ’70 Mastroianni si addormenta durante uno spogliarello mentre
si eccita a spiare dalla serratura. Lattuada inaugura la Mandracola non i maschi che spiano le donne alle
terme da un buco e spingono talmente tanto da trovarsi catapultati dall’altra parte.
Se la trasparenza aveva caratterizzato lo spazio sociale del cinema italiano degli anni 50 e 60, ormai il
sociale è uno spazio opaco e oscuro, ed il cinema ha bisogno di attribuirsi come plus valore il fatto di
mostrare il proibito.
Asia Marta Muci Sezione Appunti
Il cinema italiano tra gli anni '60 e '70 4. La contraddizione del Sessantotto
Il sessantotto si manifesta soprattutto negli aspetti produttivi ed istituzionali. Il cinema viene rivendicato
come prodotto collettivo. La generazione sessantottina sente il cinema come il proprio linguaggio per
antonomasia ma la modernità ha portato alla frammentazione dell’ideologia:
I rivoluzionari sono ostentatamente anti americani dal punto di vista politico e sfacciatamente filo americani
nei consumi.
Teorizzano pratiche produttive che rifiutano di confrontarsi con la dimensione spettacolare del mezzo, ma i
consumi nuovamente prediligono il successo dei prodotti innovativi e spettacolari.
Sostiene la vocazione realista del cinema per poi rivalutare il cinema di genere.
Il sessantotto è attraversato da un rifiuto per la televisione che stava cominciando a soppiantare il cinema.
La vera rivoluzione in quegli anni è l’avvento della merce: televisioni, lavatrici, frigoriferi diventano
presenti nelle case di tutti.
Cresce il consumo di televisione e di radio, aumentano le ore di trasmissione della tv.
Il cinema si fa portatore di rabbia, dissenso e disagi che però non esprime.
Le icone si erano moltiplicate a tal punto da sgretolare il motivo originario, i giovani si entusiasmavano
tanto di Che Guevara che della pop art di Warhol--> l’icona della rivoluzione si pone sullo stesso piano della
merce.
Asia Marta Muci Sezione Appunti
Il cinema italiano tra gli anni '60 e '70