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I nuovi registi italiani nella seconda metà degli anni ’60


I nuovi registi che irrompono sulla scena nella seconda metà degli anni ’60, non manifestano alcuna volontà parricida. Spesso il disagio viene trasferito metaforicamente nelle patologie psicofisiche imposte ai loro personaggi.
Notiamo che la continuità domina sulla rottura; quello che manca al cinema italiano di quel periodo è la capacità di crearsi un pubblico e di contrastare i prodotti americani che invece si sono fatti portatori dei valori di una generazione di giovani, come Il laureato (1967) e Easy Rider (1969).

Nel nuovo cinema il moderno escluso dalla narrazione riappare dal punto di vista tecnologico: si denota il proliferare di usi linguistici omogenei e l’incremento di zoom, teleobiettini, fermo immagine, flash back, slit screen--> tutti questi stratagemmi spesso vengono utilizzati meramente per l’espressione di un’adesione alla modernità più che per specifiche esigenze narrative si parla per questo di --> zoom disfunzionali.
Quest’euforia del visibile si risolve nel voyeurismo, cioè il modello di condizione spettatoriale di spiare senza essere visti. Emblematico in Casanova ’70 Mastroianni si addormenta durante uno spogliarello mentre si eccita a spiare dalla serratura. Lattuada inaugura la Mandracola non i maschi che spiano le donne alle terme da un buco e spingono talmente tanto da trovarsi catapultati dall’altra parte.

Se la trasparenza aveva caratterizzato lo spazio sociale del cinema italiano degli anni 50 e 60, ormai il sociale è uno spazio opaco e oscuro, ed il cinema ha bisogno di attribuirsi come plus valore il fatto di mostrare il proibito.

Tratto da IL CINEMA ITALIANO TRA GLI ANNI '60 E '70 di Asia Marta Muci
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