Nel corso vengono affrontati i seguenti argomenti: Formazione dei primi legami di attaccamento genitore/bambino in condizioni normali e di rischio, con riferimento anche alla condizione adottiva; Processi di identificazione e il loro contributo nella formazione della personalità; Attaccamento e strategie di regolazione emotiva; Valutazione dell’attaccamento e dell’interazioni bambino/caregiver in età evolutiva, con riferimento agli studi longitudinali; Influenza di esperienze infantili avverse e traumatiche sul rischio psicopatologico; Modelli di intervento rivolti a genitori a rischio, con particolare riferimento alla maternità in adolescenza.
Anno accademico: 2017/2018
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo
di Mariasole Genovesi
Nel corso vengono affrontati i seguenti argomenti: Formazione dei primi legami
di attaccamento genitore/bambino in condizioni normali e di rischio, con
riferimento anche alla condizione adottiva; Processi di identificazione e il loro
contributo nella formazione della personalità; Attaccamento e strategie di
regolazione emotiva; Valutazione dell’attaccamento e dell’interazioni
bambino/caregiver in età evolutiva, con riferimento agli studi longitudinali;
Influenza di esperienze infantili avverse e traumatiche sul rischio
psicopatologico; Modelli di intervento rivolti a genitori a rischio, con particolare
riferimento alla maternità in adolescenza.
Anno accademico: 2017/2018
Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia dello sviluppo e dei processi educativi
Esame: Psicologia dello sviluppo socio-affettivo
Docente: Cristina Riva Crugnola1. Sistema Intersoggettivo
Cosa succede nel primo anno di vita e perché è così importante per la formazione dei modelli di
attaccamento e dei MOI? Nel primo anno di vita c’è un doppio fuoco, costituito da madre e bambino: ad
esempio madre e bambino si guardano reciprocamente, esprimendo emozioni positive -> ciò è funzionale a
due sistemi motivazionali: quello di attaccamento che permette al bambino di sentire un senso di benessere e
sicurezza (ottiene protezione e regolazione emotiva dal caregiver) / quello intersoggettivo: il bambino
guarda la madre e vocalizza per sintonizzarsi con la madre e condividere stati mentali ed emotivi -> questi
due sistemi motivazionali si intrecciano per ottenere sicurezza e rispecchiamento dei propri stati mentali.
Qui approfondiremo il sistema intersoggettivo. Esso è molto centrato nei primi mesi di vita sull’imitazione
tra madre e bambino e sul rispecchiamento di emozioni. Gli studiosi esaminano come il sistema si sviluppa
nel primo anno di vita: all’inizio è imitazione e rispecchiamento di emozioni, poi dai 5/9 mesi inizia
l’intersoggettività secondaria, in cui si condividono significati e scambi comunicativi di tipo cooperativo
(Anche sugli oggetti).
Intersoggettività primaria: implica la capacità del neonato, attraverso imitazione del volto materno, di una
interazione socio-emotiva che emerge già dalle prime settimane. Il neonato già nelle prime ore dopo il parto
è in grado di imitare alcuni movimenti del volto umano se un adulto si pone davanti a lui in modo
ravvicinato (se l’adulto apre la bocca o tira fuori la lingua lo fa anche il bambino). Poi la madre riconosce
l’espressione del bambino e gliela restituisce imitandola, quindi il bambino vede riconosciuto il suo stato
emotivo. Quindi il bambino comunica alla madre, la madre lo imita e questo fa sì che il bambino diventi
molto più attento.
Caratteristiche della intersoggettività primaria:
° Comunicazione faccia a faccia
° L’attenzione del bambino è molto breve e quindi si configurano cicli di attenzione brevi che vengono
allungati quanto più il caregiver è in grado di rispecchiare responsivamente il bambino
° Alternanza dei turni tra mamma e bambino, che prefigura il dialogo adulto parlato (si parla e poi si ascolta
l’altro)
° Protoconversazioni: con movimenti delle labbra e della lingua, vocalizzazioni, movimenti delle mani e
delle braccia (tipo saluto) e rotazione del capo
In questi scambi comunicativi il bambino si aspetta risposte contingenti rispetto alle proprie comunicazioni.
Se questa aspettativa non è soddisfatta si mostra deluso, modificando le sue modalità comunicative.
A dieci settimane il bambino ha la capacità di discriminare le diverse emozioni di gioia, collera e tristezza
espresse dalla madre (tale capacità è dimostrata da espressioni mimiche, sorriso, aggrottamento delle
sopracciglia, immobilità, disagio).
A cosa serve quindi l’intersoggettività primaria? Per creare una connessione emotiva tra madre e bambino,
basata sulla capacità di percepire ed essere consapevoli di stati emotivi semplici propri ed altrui (affective
self-consciousness) rinsaldata dal rispecchiamento materno --> in questo modo il bambino diventa
consapevole del proprio sé grazie all’attenzione intenzionale dell’altro, del sentirsi cioè oggetto
dell’attenzione dell’altro: “I feel in relation to you”.
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo Le funzionalità principali dell’intersoggettività primaria sono dunque:
- Condivisione/coordinazione di stati emotivi e creazione dei primi nuclei affettivi del sé
- Essere “connessi con” il caregiver, che ha funzione organizzante -> la mancata connessione determina
disorganizzazione (vedi paradigma still face). Si vengono così a creare schemi di “essere con” che guidano
le successive relazioni e sono la base dei futuri modelli di attaccamento
Gli schemi di essere con sono molto importanti per lo sviluppo successivo dei modelli di attaccamento.
Verso i 3/4 mesi si vengono a configurare veri e propri schemi di essere con, chiamati da Stern RIG
(rappresentazioni di interazioni generalizzate) -> essi sono rappresentazioni generalizzate delle interazioni
se/altro, in relazione ai differenti scambi, giochi, accudimento, protezione, implicanti:
° Schematizzazione e tipizzazione delle diverse esperienze interattive precoci e degli affetti correlati
attraverso strutture cognitive (tipo copioni) intesi come sequenze degli eventi vissuti nell’interazione con
l’altro
° Rappresentazioni sé/altro
Intersoggettività secondaria (dal secondo semestre): mentre quella primaria è centrata sulla condivisione e
rispecchiamento emotivo, quella secondaria (a partire dai 5 mesi) è focalizzata sugli oggetti -> è centrata
sulla condivisione di significati riguardanti gli oggetti -> comincia una relazione a tre, tra bambino caregiver
e oggetti.
Sorgono una serie di fenomeni:
° Coorientazione visiva: madre e bambino condividono l’attenzione visiva su uno stesso oggetto. Il bambino
guarda in modo alternato l’oggetto e la madre, spesso indicandolo e vocalizzandolo. La madre segue
costantemente con il suo sguardo l’attività del bambino con gli oggetti “incorniciandola” (framing). In
questo modo si crea un oggetto di attenzione condivisa che sarà alla base della successiva attività di
comunicazione pre verbale e verbale del bambino;
° Giochi sociali convenzionali: Bruner e Camaioni hanno studiato diversi giochi sociali convenzionali, ad
esempio indicare/nominare (il bambino indica e la mamma nomina), Fare/disfare, dare/prendere, gioco del
nascondino -> sono giochi in cui il format è precostituito, in cui l’obiettivo è di condividere un’attività con
l’adulto. Il format: convenzionale condiviso con ruoli, attivo/passivo, mansioni, alternanza dei turni
predefiniti. Passaggi tipici: a 9-11 mesi la madre proporne il gioco agendo il doppio ruolo, fare e disfare,
dare e prendere ecc / a 11-12 mesi il bambino inizia ad assumere un ruolo, il più facile (esempio: disfare,
prendere ecc) / a 13-15 mesi il bambino assume alternativamente i ruoli con modalità reciproche e dà inizio
al gioco.
° Modalità comunicative richiestive e dichiarative: sono modalità che il bambino utilizza in modo
pianificato per comunicare con l’adulto in relazione agli oggetti. Richiestive: mostrare, indicare, stabilire un
contatto visivo in relazione ad un oggetto, finalizzate ad attivare l’intervento dell’adulto per avere l’oggetto
o per farlo funzionare (dagli 8 mesi in poi) / dichiarative: mostrare, porgere, indicare, stabilire un contatto
visivo in relazione ad un oggetto, per condividere con l’adulto l’attenzione sull’oggetto (dai 10 mesi circa).
Anche in questa fase il bambino continua a condividere emozioni, attraverso 2 fenomeni:
- Social referencing: il bambino utilizza l’espressione del volto materno (positiva o negativa) per interpretare
stimoli ambientali sconosciuti (se l’adulto ha una espressione positiva il bambino esplora serenamente
l’ambiente, altrimenti si blocca)
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo - Sintonizzazione affettiva (attunment): studiata da Stern -> la mamma in questo periodo non solo imita
l’espressione emotiva del bambino (come nella intersoggettività primaria), ma la imita anche cambiando
canale sensoriale ed espressivo (ad esempio il bambino esprime gioia con il viso, e la mamma la esprime
con i gesti).
Si ha una rottura della relazione faccia-faccia a 5/6 mesi e prevale l’interesse per l’esplorazione
dell’ambiente. Diminuiscono gli sguardi rivolti alla madre e aumenta l’esplorazione visiva dell’ambiente. A
9 mesi il bambino inizia a coordinarsi con gli oggetti con il partner umano (condivide l’attenzione del
caregiver verso l’oggetto).
Interazione padre/bambino nell’intersoggettività primaria:
* Stimola di più il bambino dal punto di vista fisico e gli propone oggetti molto presto
* È meno rispecchiante, vocalizza meno, verbalizza meno
* Maggiore stimolazione verso l’esplorazione dell’ambiente
* Minori attività di conforto/benessere
* Dopo i 3 mesi il bambino comincia a comunicare a livello triadico con entrambi i genitori alternando
sguardi, vocalizzi e sorrisi.
Interazione padre/bambino nell’intersoggettività secondaria:
* Gioco prevalentemente di tipo fisico con forti livelli di attivazione
* Gioco con oggetti di tipo funzionale, per esplorarne le caratteristiche vs madre gioco più distale centrato
sulla condivisione dell’attenzione sugli oggetti
Per concludere il discorso sull’intersoggettività, esso va avanti fino all’acquisizione del linguaggio verbale -
> dopo i 3 anni il bambino condivide attraverso la narrazione dei propri stati emotivi. Quanto più il genitore
parla e nomina le emozioni, quanto più il bambino sarà poi capace di usare un linguaggio emotivo, che è
importante dato che ha funzione di regolazione delle emozioni.
Il sistema intersoggettivo è un sistema che poi regola le nostre relazione anche nell’età adulta: per gli adulti
è molto importante condividere episodi emotivi salienti -> negli adulti si verifica:
* Condivisione sociale primaria: social sharing di episodi emotivi salienti positivi e negativi con un
interlocutore
* Condivisione sociale secondaria: espansione a raggiera della condivisione dal primo interlocutore a nuovi
interlocutori.
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 2. Eteroregolazione e Autoregolazione
Tronick ha studiato la capacità di auto ed eteroregolazione del bambino attraverso il paradigma volto
immobile (still facce) -> Si articola in 3 episodi:
- Episodio 1 (3 minuti): baseline -> interazione faccia a faccia tra madre e bambino
- Episodio 2 (3 minuti): la madre mantiene l’espressione del viso immobile anche a seguito della
sollecitazione del bambino
- Episodio 3 (3 minuti): la madre ritorna comunicativa ed espressiva
Viene effettuato su bambini di 3-4 mesi circa e comunque fino ai 9 mesi.
Cosa succede nei 3 momenti osservativi? Nel primo momento si osserva una comunicazione normale tra
madre e bambino. Nel secondo momento (episodio stressante in cui la mamma ha il volto immobile): la cosa
interessante è che il bimbo cerca di intensificare la interazione, vocalizza di più, aumenta le espressioni,
quindi cerca una eteroregolazione della madre. Successivamente, dato che la mamma non risponde e
l’eteroregolazione non funziona, mette in atto comportamenti autoregolatori, in cui mette in bocca il dito,
muove i capelli, e ritira l’interazione con la madre evitando lo sguardo. Verso la fine molti bambini
piangono (comp disorganizzato), questo soprattutto se il bambino è molto piccolo, se invece è più grande
riesce a comunicare meglio con la mamma e a mantenere meglio l’organizzazione delle emozioni. Nel terzo
momento (la madre riprende a comunicare): il bambino inizialmente è arrabbiato poi dopo poco riprende
anche lui l’interazione (comportamenti ambivalenti). Ciò dimostra che il bambino già a 3-4 mesi è in grado
di cogliere i cambi espressivi della mamma e per un breve periodo è anche in grado di autoregolarsi, anche
se alla fine si verifica una lieve disorganizzazione del comportamento -> ciò dimostra quindi gli effetti della
non responsività della madre (si vede come il bambino reagisce a un comportamento ostile della madre, ad
esempio madre depressa). Nel terzo momento si può anche vedere come il bambino mantiene memoria di
quanto successo, dato che inizialmente è ostile verso la madre. Poi Tronick ha replicato l’esperimento molte
volte, e lo ha ricommentato, enfatizzando come il bambino nell’episodio still tende a disorganizzarsi
(inizialmente si autoregola, ma se la mamma non interviene per lungo tempo il suo comportamento si
disorganizza e anche lui diventa inespressivo).
Tutti i ricercatori che si occupano di interazioni precoci mostrano tale doppia tendenza del bambino, sia
all’autoregolazione sia alla connessione con l’altro (che ha il doppio significato di condividere con l’altro
stati emotivi o significati ma anche di ottenere sicurezza emotiva per ottenere eteroregolazione).
Tronick fa quindi la distinzione tra comportamenti autoregolatori ed eteroregolatori.
Quali sono le manovre autoregolatorie che mette in atto di fronte a una madre che lo mette in situazioni
stressanti negative (sia madre inespressiva sia madre iper stimolante) -> il bambino può ricorrere a
comportamenti autoregolatori di tipo auto consolatorio o anche autostimolante, quali:
* Distoglie lo sguardo (evita di vedere la situazione negativa)
* Permane con lo sguardo vuoto (freezing)
* Succhiare il pollice (effetto consolatorio)
* Dondolarsi e stringere le braccia
* Toccarsi parti del viso, capelli, orecchie ecc
Tali comportamenti autoregolatori se ripetuti nel tempo (ad esempio con una madre depressa che ha
difficoltà interattive croniche) possono diventare nel tempo difese patologiche, limitando l’interesse del
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo bambino verso il caregiver e verso l’ambiente.
Quali sono le manovre eteroregolative? Il bambino manifesta degli affetti negativi e positivi alla madre che
ne sollecitano la funzione regolatoria. Se la madre legge questo messaggio, cerca di regolare in tale senso le
emozioni del bambino.
È molto importante che il bambino nel primo anno di vita veda condivise sia le sue emozioni positive sia
negative, in modo da crearsi un nucleo affettivo positivo che sarà alla base della sua personalità.
Tronick mette appunto un sistema di analisi delle configurazioni affettive specifiche nella relazione
bambino-madre-ambiente presenti nei primi mesi di vita (ICEP) -> esse sono:
* Coinvolgimento sociale positivo del bambino: mostrare/offrire, accettare/rifiutare oggetti, indicare,
segnalare di volersi far prendere in braccio, contatto fisico con adulto, gesti referenziali
* Coinvolgimento sociale negativo da parte del bambino: protesta, ritiro, congedo
* Espressione neutra (ciò che Tronick chiama monitoraggio sociale, cioè attenzione del bambino verso il
partner adulto senza esprimere emozioni)
* Esplorazione dell’ambiente con affetti positivi/negativi/neutri (quando il bambino è abbastanza grande):
esplorazione visiva, manipolazione di oggetti.
Come Tronick studia ancora più in profondità la auto ed eteroregolazione? Lui crea un modello di
comunicazione madre-bambino -> è un modello a 3 step: 1) sintonizzazione madre/bambino (è una
situazione di coordinazione emotiva, anche detto match positivo -> esempio: il bambino sorride, la madre
sorride, rispecchiando il sorriso del bambino). Tuttavia non sempre c’è un match positivo, ma vi possono
essere delle 2) rotture della comunicazione, in cui si crea il mismatch, cioè una mancata coordinazione
(esempio: il bambino piange, la madre continua a sorridere non comprendendo il mutamento affettivo del
bambino), oppure un match negativo (in cui entrambi esprimono emozioni negative). Se però il sistema
comunicativo madre/bambino funziona, in pochi minuti si verificherà 3) un ripristino della sintonizzazione
(repair), in cui si ripristina il match positivo.
Match
Bambino positivo – madre positiva
Bambino negativo – madre negativa
Bambino neutro – madre neutra
Mismatch
Bambino positivo – madre negativa
Bambino positivo – madre neutra
Bambino negativo – madre neutra
Bambino negativo – madre positiva
Bambino neutro – madre positiva
Bambino neutro – madre negativa
Nel primo anno di vita il match positivo costituisce circa il 30% di una comunicazione normale (quindi
poco), l’importante è sapere poi ripristinare la coordinazione.
Il bambino già a 3-4 mesi tende a formarsi degli schemi relazionali, quindi nel caso di una mamma che
funziona bene, si formerà uno schema di una mamma disponibile e responsiva e si rappresenterà in grado di
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo comunicare a attivare l’intervento della madre. Questi schemi vengono interiorizzati in memoria
procedurale, e si trasformano in aspettative circa come si comporterà la madre (se la madre non è responsiva
dopo i 4 mesi potrebbe cominciare ad aspettarsi che la madre non sia responsiva) e guida rispetto alle
successive relazioni. Al contrario vivere ripetutamente rotture della comunicazione e riparazioni fallite,
come accade con madri depresse, può portare il bambino a costruire un nucleo affettivo del sé negativo,
caratterizzato da rabbia e tristezza e fondato sulla rappresentazione di sé come inefficace e della madre come
non responsiva.
Caso della depressione materna: la madre con depressione comunica peggio rispetto a una madre non
depressa. Prevale il mismatch tra madre e bambino, vi è una minore condivisione di emozioni positive,
rottura della comunicazione, assenza di riparazione. Il bambino, se la depressione permane, nel giro di pochi
mesi comincia anche lui a esprimere stati affettivi negativi. Ciò implica, a livello di schemi relazionali, che
il bambino si crea un’immagine e un’aspettativa di una madre che non è in grado di cogliere le sue
emozione, è un’immagine di sé come inefficace/indifeso e disregolato. Se il padre funziona i modelli si
diversificano e vengono compensati, se invece sono entrambi depressi vi sarà un maggiore rischio per il
bambino. L’esposizione cronica a una situazione di disregolazione emotiva da parte della madre depressa
induce cambiamenti permanenti nello stato affettivo del bambino che diventa prevalentemente negativo.
Inoltre il bambino intensifica l’autoregolazione: il bambino deve ricorrere continuamente
all’autoregolazione a discapito della sua disponibilità all’interazione sociale, quindi questo lo porta a
interazioni impoverite anche con gli altri caregiver.
Come si evolve poi la regolazione emotiva nel bambino? Sroufe si è occupato di studiare l’evoluzione delle
competenze di autoregolazione -> divide in fasi:
- nelle prime fasi (fino a 6 mesi) si ha una regolazione guidata da parte dell’adulto e il bambino impara a
modulare le sue emozioni positive e negative nell’interazione con il caregiver
- da 6 mesi in poi: progressivo uso intenzionale dell’adulto come regolatore delle emozioni, attraverso
comunicazioni specifiche rivolte a quest’ultimo. Il bambino comincia anche a schematizzare le proprie
esperienze emozionali in rappresentazioni sé/altro attraverso un tipo di memoria implicita
- dopo i 14 mesi il bambino diventa sempre più capace a regolare le sue emozioni attraverso la guida del
caregiver
- dopo i 24 mesi è sempre più autonomo e acquisisce l’autoregolazione -> tale acquisizione si correla alla
diminuzione di reazioni di collera rispetto a situazioni frustranti o di disagio in situazioni iperstimolanti.
Vengono anche sviluppati stili individuali di regolazione emotiva (esempi: oggetti transazionali, gioco
simbolico, narrazioni ecc)
Dopo i 2 anni il bambino dovrebbe essere in grado di regolare da solo le sue emozioni, anche se poi anche
da adulti si ha bisogno di un altro significativo che ci aiuti (soprattutto in situazioni di paura o grande stress),
quindi l’aspetto eteroregolatorio tende a mantenersi durante tutto il ciclo di vita.
Alcuni ricercatori sono andati a vedere anche a livello neurofisiologico la capacità di autoregolazione
nell’adulto -> la sua capacità dovrebbe essere evoluta, attraverso linguaggio e pensiero, ma anche
nell’adulto rimangono richieste di coregolazione. Esperimento con donne sottoposte a uno stimolo
spaventante (lieve scossa): Nelle donne con presente il partner che gli teneva la mano si verificava
un’attenuazione della risposta di paura / nelle donne con presente un estraneo a tenere la mano si verificava
un’attenuazione, anche se minore rispetto al primo caso / nelle donne sole si verificava invece una maggiore
attivazione della risposta di paura -> ciò dimostra l’importanza della coregolazione.
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo Perché l’autoregolazione è così importante? Perché è predittiva di alcune competenze del bambino -> il
bambino che ha acquisito una buona capacità di autoregolazione a livello prescolare è un bambino che poi
nelle successive fasi di sviluppo avrà più fiducia in se stesso (self confidence), maggiore capacità di
esprimere le sue emozioni, maggiore curiosità, autostima, senso di autoefficacia, maggiore capacità di
relazione con adulti e pari, e presenterà un attaccamento sicuro.
Vi sono anche altri aspetti dell’ambiente familiare che fanno sì che il bambino assorba stili di regolazione
emotiva:
* Come il genitore regola le sue emozioni (osservazione del comportamento genitoriale e degli stili di
coping del genitore)
* Clima familiare / conflitti parentali
Altri aspetti degli stili genitoriali: quanto il genitore tende a tollerare o incentivare l’espressione del bambino
di emozioni negative, o tende a ignorare/minimizzare/punire le emozioni negative.
Come si struttura l’emozionalità tra bambino e caregiver (sviluppo socio-emotivo nella prima infanzia)?
Tanto più il genitore è in grado di esprimere e regolare le emozioni negative, tanto più il bambino sarà
capace di controllare le sue emozioni anche in situazioni molto stressanti (la cosiddetta resilienza). Un
bambino invece esposto a emozionalità negativa (esempio mamma depressa) tenderà successivamente ad
avere problematiche di tipo psicopatologiche. Anche i bambini che subiscono maltrattamenti sono meno
capaci nell’autoregolazione, esprimono poi più rabbia e tendono a essere ipervigili verso stimoli negativi
(vede intenzioni negative -> attribuisce negatività a stimoli neutri). Se la madre è responsiva nei confronti
delle emozioni positive del bambino durante il suo primo anno di vita, allora il bambino esprimerà nel
successivo sviluppo maggiormente emozioni positive e di meno emozioni negative. Se invece La madre o il
padre sono intrusivi o ostili durante il primo anno di vita, il bambino tenderà a manifestare comportamenti
esternalizzanti dopo i 2 anni.
Vedi strategie autoregolatorie su slide.
Nei bambini più grandi (8-9 anni) si possono somministrare questionari self-report per vedere quali sono le
loro strategie di regolazione emotiva e vedere se hanno una buona competenza -> un esempio è il
questionario how I feel -> con i vari item si può vedere l’intensità delle emozioni e come il bambino
fronteggia tali emozioni.
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 3. Formazione dei Legami di Attaccamento
L’autore che ha creato questa teoria è Bowlby, uno psicoanalista, insieme a Mary Ainsworth che ha creato il
paradigma sperimentale della strange situation, attraverso cui si possono osservare i diversi modelli di
attaccamento. L’attaccamento non è solo un modello di comportamento, ma anche un insieme di modelli
rappresentazionali relativi ai caregiver. I comportamenti di attaccamento il bambino li ha fin dalle prime
settimane di vita (tutti i comportamenti regolatori servono per attivare la vicinanza con la madre e per creare
una condizione di sicurezza fisica). I comportamenti di attaccamento sono: pianto, sorriso, aggrappamento,
movimento di avvicinamento verso la figura di attaccamento, seguire, verbalizzazioni ecc. Quindi intorno al
primo anno di vita si viene a creare il sistema di attaccamento, che ha una doppia valenza: il bambino ricerca
contatto emotivo e fisico con la madre in situazioni di stress e disagio / quando non è stressato invece tende
a esplorare l’ambiente (visivamente quando è molto piccolo, o camminando per la stanza) usando la madre
come base sicura. La madre deve rispondere a queste richieste del bambino, e se l’attaccamento funziona
esprimerà un comportamento protettivo e consolatorio, mentre se il bambino non è stressato e si trova in
condizioni di tranquillità incoraggia l’esplorazione.
Formazione dei legami di attaccamento:
* 0-3 mesi: segnali di pianto, sorriso, aggrappamento rivolti in modo parzialmente indifferenziato all’adulto
per incentivarne il contatto e la prossimità
* 3-6 mesi: inizio del privilegiamento della figura materna come figura di attaccamento -> caratteristiche:
utilizzo della madre in condizioni di stress / orientamento prevalente verso la madre
* 6 mesi – 3 anni: attaccamento selettivo alla madre o alla figura primaria di attaccamento -> caratteristiche:
costituzione della madre come base sicura per l’esplorazione / come consolatore privilegiato / reazioni
specifiche alla separazione dalla madre / rappresentazione e interiorizzazione del legame di attaccamento
come modello operativo interno di attaccamento.
->> I modelli di attaccamento saranno poi funzionanti per tutto il ciclo di vita.
Autori successivi a Bowlby ed Ainsworth, come Cassidy e Sroufe collegano l’attaccamento alla regolazione
emotiva: loro dicono che il legame di attaccamento è una specifica relazione emozionale a un caregiver. I
MOI concernenti gli schemi della relazione di attaccamento sé/altro organizzano anche le emozioni: fiducia
e aspettative positive vs negative rivolte verso l’altro.
Un’altra autrice che ne ha parlato in questo senso è Lyons-Ruth, che evidenzia come l’attaccamento può
essere visto come uno stile di regolazione diadica delle emozioni (come bambino e caregiver sono in grado
di raggiungere e mantenere emozioni positive e regolare emozioni negative).
STRANGE SITUATION: è costituita da 8 episodi di circa 3 minuti ciascuno, in cui si alterna la presenza
della madre / separazione della madre / presenza estraneo / assenza estraneo -> 1 (30 secondi): mamma e
bambino giocano nella stanza / 2: la madre non interagisce mentre il bambino esplora / 3: entra estraneo ->
minuto 1: estraneo rimane in silenzio, minuto 2: conversa con la madre, minuto 3: entra in contatto con il
bambino / 4: esce la mamma e il bambino rimane con l’estraneo / 5: rientra la mamma -> primo episodio di
riunione in cui la madre saluta il bambino e lo conforta, poi cerca di far sì che riprenda a giocare / 6: mamma
esce di nuovo / 7: entra l’estraneo e il bambino è da solo con lui / 8: torna la mamma -> secondo episodio di
riunione in cui la madre saluta il bambino e lo prende in braccio, mentre l’estraneo se ne va in modo non
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo intrusivo. Gli episodi più importanti sono quelli di riunificazione con la mamma, per vedere come il
bambino reagisce dopo la separazione (situazione stressante -> è in grado di ristabilire il legame di
attaccamento? Come? È in grado poi di riprendere l’esplorazione?). Vengono usate delle scale per analizzare
il comportamento del bambino, in particolare negli episodi di riunione -> quali sono gli indici?
- Ricerca della prossimità e del contatto durante la riunione: L’intensità e la persistenza degli sforzi del
bambino di guadagnare (o riguadagnare) il contatto fisico (o, più debolmente, la prossimità) rispetto ad un
adulto. La scala è da 1 a 9
- Mantenimento del contatto: quanto il bambino persiste nel contatto, piuttosto che staccarsi e riprendere
l’esplorazione (in particolare vedi la resistenza attiva del bambino ad essere lasciato andare attraverso
l’aggrapparsi o il protestare). Anche qui la scala è da 1 a 9
- Evitamento della prossimità e dell’interazione: quando la madre ritorna evita il contatto oculare, fa il
broncio, oppure si volta dall’altre parte o comunque non si dirige verso la madre e rimane fermo. Anche
questa scala è da 1 a 9
- Resistenza al contatto: la mamma torna e il bambino manifesta rabbia verso di lei: piange, la spinge via,
butta via gli oggetti che le porge -> la reazione può essere sia aggressiva, oppure anche passiva (piange)
- Interazione a distanza: manifestazione spontanea di interesse positivo verso un adulto in una situazione di
non prossimità. Include sorriso, vocalizzazioni, gesti e giochi con la finalità di attirare l’interesse dell’adulto
o di attivare l’interazione con quest’ultimo.
- Ricerca durante la separazione: quanto il bambino, mentre la mamma non c’è va verso la porta o verso la
sedia in cui era seduta.
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 4. Tipi di Attaccamento
1) Attaccamento sicuro (B): il bambino è in grado di utilizzare la madre come base sicura per esplorare
l’ambiente, e quando è stressato cerca il contatto con la madre e si lascia consolare. Nella ST il bambino
sicuro piange quando la mamma se ne va (e la cerca), riesce comunque a esplorare l’ambiente, quando la
mamma ritorna ricerca prossimità e contatto (è in grado di farsi consolare), e non è troppo a disagio quando
rimane solo con l’estraneo. Un bambino con attaccamento sicuro dopo i 2 anni è in grado sia di esprimere
emozioni positive sia negative, inoltre è capace di regolare le proprie emozioni o di farsele regolare dal
caregiver (ha condotte regolatoria efficace in situazioni di disagio) -> questo è predittivo di buone capacità
di autoregolazione emotiva in futuro. Quali sono i precursori di un attaccamento sicuro? Sono state fatte
molte ricerche, anche longitudinali, per vedere qual è il predittore di attaccamento sicuro. Tali ricerche
mostrano che il predittore è una mamma responsiva ai bisogni fisici ed emotivi, in grado di svolgere il suo
ruolo di consolatore e base sicura, accessibile emotivamente dal bambino, e in grado di contenere tutte le
emozioni, sia positive che negative del bambino. Successive ricerche, sulla trasmissione intergenerazionale
dell’attaccamento, mostrano come un bambino sicuro ha a sua volta una mamma con attaccamento sicuro
(valutato con AAI).
La Ainsworth ha anche evidenziato 4 sottogruppi di bambino sicuro:
- B1: il bambino privilegia l’interazione a distanza con la madre (vocalizzando, sorridendo, mostrando
oggetti) rispetto alla ricerca di contatto fisico negli episodi di riunione, manifestando al contempo qualche
segno di evitamento nei suoi confronti; rivela poco stress alla separazione
- B2: il bambino ricerca maggiormente il contatto e la vicinanza con la madre rispetto al B1, pur mostrando
anch’esso un certo evitamento della vicinanza nei suoi confronti soprattutto nel primo episodio di riunione -
> è ambivalente nella riunione
- B3: è il gruppo prototipico. Il bambino si mostra molto sicuro, non delineando nel suo comportamento
nessun segno di evitamento o di resistenza nei confronti della madre negli episodi di riunione, in cui è
facilmente consolabile, e dopo riprende a giocare con facilità
- B4: il bambino appare preoccupato di mantenere vicinanza e contatto con il genitore, dimostrandosi
focalizzato su di lui e stressato negli episodi di separazione; appare inizialmente difficile da consolare
quando il genitore torna -> è ambivalente quando la mamma se ne va
2) Attaccamento insicuro di tipo evitante (A): è collegato alla scala dell’evitamento -> è un bambino che
quando la madre torna nella stanza evita il contatto visivo e continua a giocare. Quando la mamma è
presente esplora l’ambiente in modo indipendente, senza condividere l’esplorazione con la madre. Quando
la madre se ne va non mostra disagio ed è amichevole con l’estraneo. Il bambino quindi tenta di minimizzare
la relazione di attaccamento e di spostare l’attenzione sui giochi e sull’ambiente. A livello di regolazione
emotiva: piange poco e non esprime stress, come se avesse disattivato l’espressione delle sue emozioni.
Quindi, non venendo espresse le emozioni, l’adulto non viene usato come regolatore. Questo attaccamento
predice difficoltà di autoregolazione dopo i 24 mesi. Perché un bambino sviluppa uno stile di attaccamento
evitante, con soppressione delle emozioni negative? Nel primo anno di vita il bambino ha vissuto una
situazione di mancata responsività da parte della madre (quando lui piangeva i genitori non intervenivano) -
> di fronte a questa situazione di reiterata mancata responsività il bambino sopprime le emozioni (dato che
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo nessuno gli risponde). La madre è a sua volta una persona che cerca di distanziarsi dai suo affetti negativi
circa le proprie esperienze di attaccamento -> viene chiamata dismissing, cioè distanziante -> fa fatica a
sintonizzarsi con il bambino, in particolare con il suo disagio e il suo stress.
Anche qui si ha una distinzione in:
- A1: il bambino mostra un evitamento marcato e attivo alla riunione con il genitore non ricercandone la
prossimità e il contatto e non mostrando alcun segno di rabbia o stress, nei suoi confronti; si rivela
indifferente alla separazione , senza segni di disagio nello stare da solo, rimanendo occupato nel gioco; non
mostra segni di visibile disagio in presenza dell’estraneo.
- A2: mostra segni di evitamento moderato nei confronti del genitore alla riunione, misti a una possibile
ricerca di prossimità e a manifestazioni di rabbia, qualche disagio nello stare da solo, scarso o nullo disagio
nello stare con l’estraneo.
3) Attaccamento insicuro di tipo ambivalente o resistente (C): il bambino ambivalente esplora poco
l’ambiente, non è in grado di autoregolarsi ed è molto vigile nei confronti della mamma, però non riesce a
farsi consolare (ambivalente quindi perché cerca il contatto con la madre ma poi non si fa consolare), inoltre
ha molta paura dell’estraneo. Questo bambino massimizza la relazione di attaccamento tramite ipervigilanza
e controllo e disinveste l’attività esplorativa. Privilegia l’espressione di emozioni negative. Ha una eccessiva
attivazione delle emozioni rivolte al caregiver, ma comunque non è capace di usarlo come regolatore ->
l’attaccamento insicuro è predittivo di difficoltà di autoregolazione dopo i 24 mesi.
Anche qui si ritrovano 2 tipologie:
- C1: il bambino mostra segni espliciti di ricerca di prossimità e contatto misti a comportamenti resistenti e
di rifiuto della riunione, accompagnati da palesi sentimenti di rabbia, non si calma alla riunione
- C2: il bambino, molto a disagio negli episodi di separazione, al momento della riunione mostra deboli
segni di ricerca di contatto e prossimità nei confronti della figura di attaccamento, prevalentemente in modo
passivo, attraverso il pianto, piuttosto che attraverso un approccio attivo. Mostra anche qualche resistenza al
contatto, però scarsi segni di rabbia. L’esplorazione è nulla e non si calma dopo la riunione.
Perché il bambino sviluppa l’attaccamento ambivalente? L’ipotesi emersa è che la madre è imprevedibile (in
alcuni momenti disponibile, in altri indisponibile -> ad esempio mamme con depressione post-partum). La
madre è a sua volta preoccupata nelle sue relazioni di attaccamento (Non ha integrato gli stati emotivi
positivi e negativi circa l’attaccamento).
Queste sono le tipologie classiche individuate da Mary Ainsworth. Osservando poi bambini di campioni non
solo normali, ma anche a rischio, sono stati individuati bambini che non si inserivano in nessuna categoria,
quindi ne è stata aggiunta una quarta dalla Main:
Attaccamento disorientato o disorganizzato (D): alla presenza del genitore, durante la ST, il bambino mette
in atto comportamenti conflittuali o fortemente disorganizzati (ad esempio cercare il contatto con il genitore,
con la testa voltata dall’altra parte) o disorientati (ad esempio starsene immobile quasi congelato per molti
secondi, dondolandosi).
Dopo aver categorizzato il bambino come disorganizzato, lo si classifica ulteriormente come sicuro o
insicuro (se insicuro come ambivalente o evitante).
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 5. Comportamenti disorientati/disorganizzati
A) Disordine nelle sequenze temporali attese:
- Al momento della riunione saluta il genitore affettuosamente, poi si volta, rimanendo qualche tempo con lo
sguardo perso e stordito
- Mostra rabbia alla riunione, poi si allontana furtivamente, mostrando segni di evitamento con l'espressione
del volto senza emozioni
- Mostra disagio alla separazione chiedendo ripetutamente del genitore, mentre al momento della riunione si
volta via indietreggiando
B) messa in atto simultanea di comportamenti contraddittori (ricerca di vicinanza combinata a evitamento):
- cerca la prossimità del genitore in modo obliquo: si avvicina al g in modo furtivo, va incontro al g con la
testa voltata, approccia il g da dietro piuttosto che faccia a faccia
- si siede in braccio al genitore con affettuosità, guardando però dall’altra parte in modo “stordito”
C) indici diretti di confusione e apprensione:
- congelamento di ogni movimento con espressione del viso come in trance
- dondolamenti sulle mani e le ginocchia, dopo un tentativo di contatto con il genitore fallito
- allontanarsi dal genitore per andare a sbattere la testa contro il muro quando è spaventato dalla presenza
dell’estraneo
- al momento della riunione si allontana dalla madre, iniziando a piangere in modo incontrollato, senza
tuttavia orientarsi verso di lei, né avvicinarla
- al momento della riunione indietreggia a fronte del genitore, portando la mano alla bocca o toccandosi
l’orecchio.
Cosa induce un bambino a sviluppare attaccamento disorganizzato (ricerca ma allo stesso tempo fugge
l’interazione)? L’ipotesi è che non vi sia solo una mamma non responsiva e rifiutante, ma una mamma o un
papà spaventanti, che inducono paura nel bambino, ed eventualmente maltrattanti nei confronti del bambino
-> quindi il bambino cerca il contatto con il genitore, ma poi se ne allontana a causa della paura. Il genitore
può essere sia spaventante, ma anche spaventato (quando il bambino piange non sa cosa fare e si blocca).
Ciò porta a un conflitto senza risoluzione, dato che il bambino quando ha paura dovrebbe rivolgersi al
genitore, il quale però suscita paura ed è a sua volta spaventato. Questo conflitto senza risoluzione porta nel
bambino un break-down delle strategie difensive -> è incapace di utilizzare strategie regolatorie efficaci
(autoregolarsi o usare l’altro come regolatore), quindi si autoregola con strategie arcaiche (vedi sopra).
I genitori a loro volta sono disorganizzati a causa di esperienze traumatiche o di lutto che non sono riusciti a
integrare.
Cosa succede nella strange situation a un bambino disorganizzato? Primo episodio: comportamenti
disorganizzati-ambivalenti / secondo episodio: non esplorazione dell’ambiente, né riferimento alla madre /
terzo episodio: non disagio per l’estraneo, non riferimento alla madre / quarto episodio: gioca con l’estraneo,
ma anche si immobilizza nel gioco / quinto episodio: il bambino si disorganizza al ritorno della madre (ad
esempio va verso di lei ma poi si lascia cadere, cerca il suo abbraccio ma poi si inarca), mentre la madre
interagisce in modo non responsivo e rifiuta ogni segnale di attaccamento.
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 6. Cosa rimane nello sviluppo futuro dei diversi pattern di
attaccamento?
* Attaccamento sicuro: patrimonio positivo costituito da aspettative e modelli relazionali positivi sé/altro,
self-confidence e sicurezza, capacità di esprimere e regolare le emozioni, relazioni positive con altri adulti e
con fratelli e amici, interesse verso l’esplorazione e l’apprendimento
* Attaccamento insicuro: patrimonio indebolito, minore self-confidence, minore contatto e capacità di
regolare le emozioni, aspettative e modelli relazionali negativi
* Attaccamento disorganizzato: disregolazione emotiva, non utilizzabilità del caregiver, attivazione nella
media infanzia di strategie difensive di controllo volte a sopperire alla mancata disponibilità emotiva dei
caregiver vissuti come inaffidabili
In particolare le traiettorie dell’attaccamento disorganizzato nella media infanzia sono:
Strategie controllanti punitive (ostilità, umiliazione)
Strategie controllanti di caregiving (stimolare, organizzare, suscitare affetti positivi)
Disorganizzazione (spaventato, inconsistente, confuso)
L’attaccamento disorganizzato è importante da individuare perché è l’unico indicatore di futura
psicopatologia. Lyons-ruth in uno studio longitudinale ha evidenziato come i bambini disorganizzati
tendevano a modificare le loro strategie di attaccamento, e a 5-6-7 anni, replicando la ST, mettevano in atto
strategie chiamate da lei Controllanti (o role-reversing) -> quando il genitore tornava i bambini tendevano a
occuparsi del genitore, a iniziare loro l’interazione (ad esempio chiedevano come sta) -> è l’inversione di
ruolo, cioè il bambino diventa protettivo verso il genitore. Altri bambini avevano strategie punitive, cioè il
bambino tendeva ad essere aggressivo e punitivo verso il genitore (un Role-reversing in senso negativo).
Altri invece mostravano semplicemente disorganizzazione.
Le distribuzioni dell’attaccamento infantile in campioni non a rischio sono:
-- Sicuri: circa 62%
-- Evitanti: circa 15%
-- Ambivalenti: circa 9%
-- Disorganizzati: circa 15%
Si sono andate a vedere situazioni in cui i bambini avevano genitori con vari fattori di rischio, per vedere se
ciò influiva sulla probabilità di avere un attaccamento disorganizzato -> i fattori di rischio principali sono:
educazione materna, reddito madre, età adolescenziale della madre, etnicità, uso di droghe e alcool e alcool,
patologia mentale genitoriale, conflitto genitoriale -> molto spesso questi rischi si assommano, quindi
diventano fattori di rischio cumulativi che incidono sullo sviluppo del bambino. Se sono presenti più fattori
di rischio vi è una maggiore percentuale di disorganizzati rispetto a un campione normale, e la percentuale
diventa molto elevata se i genitori sono maltrattanti (circa il 40% di questi bambini ha attaccamento
disorganizzato).
Quali sono i comportamenti genitoriali precursori dell’attaccamento disorganizzato? Comportamenti molto
trascuranti e insensibili/ritirati oppure maltrattanti/spaventanti. Comunque l’attaccamento si diversifica fra
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo padre e madre, quindi il bambino può essere disorganizzato verso la madre e sicuro verso il padre. Il
maltrattamento è inteso come fisico, sessuale, ma anche come neglect (cioè trascuratezza: non risponde alle
esigenze del bambino e non lo protegge nelle situazioni a rischio) ed emotivo (non considera i bisogni
emotivi del bambino, lo svaluta e non lo vede, è come “invisibile”).
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 7. Fattori che contribuiscono a determinare i tipi di attaccamento
- Responsività del genitore: uno dei fattori centrali è quanto il genitore riesce a essere sensibile verso i
bisogni del bambino -> bisogni fisici (pianto e fame), ma anche bisogni emotivi (regolazione emotiva).
Inoltre implica anche la capacità del genitore di pensare al bambino (mentalizzazione)
- Caratteristiche temperamentali: vulnerabilità allo stress, diffidenza per la novità, temperamento facile
(facilmente consolabile, non troppo reattivo agli stimoli, emozionalità positiva) o difficile (poco consolabile,
molto reattivo agli stimoli, emozionalità negativa). In realtà sembrerebbe non essere vero che il
temperamento influenza direttamente l’attaccamento del bambino, piuttosto lo influenza indirettamente,
andando a influenzare la responsività della madre
- Caratteristiche contestuali: relazione della madre con il partner e in generale con i parenti / avere altri reti
di supporto oltre alle 2 famiglie di origine -> la capacità della madre di essere responsiva dipende anche da
queste caratteristiche contestuali. Se vogliamo intervenire per prevenire il disagio materno si possono
aumentare le reti di supporto cui può far riferimento la madre
- Caratteristiche legate alle differenze culturali: alcuni stili educativi tendono ad aumentare l’espressione
delle emozioni anche negative, oppure a limitarle (limitare il pianto o l’emozionalità negativa) -> esempio: i
bambini giapponesi tendono più all’ambivalenza, rispetto ai bambini statunitensi, che sono più autonomi
Molti ricercatori si sono anche interrogati sull’effetto dell’attaccamento sicuro/insicuro sullo sviluppo a
breve e lungo termine e sulla psicopatologia. Il modello di Bowlby si concentrava principalmente sulla
madre, escludendo le altre figure fondamentali -> questo è chiamato modello della monotropia: influenza
significativa di un unico legame e di un unico modello di attaccamento, rispetto ad altre figure -> solo
questo modello influisce sullo sviluppo socio emotivo successivo. Questa ipotesi si è poi successivamente
modificata, ed è stato formulato un modello gerarchico: vengono ammessi altri tipi di accudimento (al padre,
ma anche educatori come baby sitter), comunque l’attaccamento alla madre è quello che meglio predice lo
sviluppo socio-emotivo del bambino. Anche questo modello è stato rivisto e le moderne ricerche
propendono più per un modello dell’integrazione, che ha le seguenti caratteristiche:
- Effetto cumulativo dei diversi modelli di attaccamento (ad esempio: madre, padre, nonna, educatrice)
- Nel caso di un network di 3 relazioni di attaccamento, 2 relazioni sicure possono compensare quella
insicura
- Il predittore più significativo del successivo sviluppo socio emotivo del bambino è la qualità delle relazioni
di attaccamento nel suo complesso
- Viene quindi ipotizzata anche una influenza dei caregiver professionali (educatori)
Negli ultimi anni quindi sempre di più la ricerca si è focalizzata sui legami di attaccamento multipli, per cui
il bambino sviluppa più legami di attaccamento con le diverse diverse figure significative della propria vita -
> ognuno di questi legami è indipendente dall’altro (esempio: sicuro con la madre e insicuro con il padre) ->
ciò dipende, oltre che dalle caratteristiche del bambino, dalla disponibilità emotiva delle diverse figure. A
quanto proposito è stato elaborato un questionario self report (Attachment Behavior Q Sort) in cui l’adulto
può valutare l’attaccamento del bambino (anche se è un metodo più complesso della ST) -> vi sono una
serie di item che descrivono il comportamento del bambino e l’adulto deve assegnare un punteggio.
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 8. Attaccamento alla figura paterna
Attaccamento alla figura paterna: gli studi sono molto meno presenti nella letteratura. Di sicuro oggi si sa
che il bambino sviluppa un attaccamento alla figura paterna, inoltre la distribuzione dell’attaccamento verso
il padre è simile a quello verso la madre -> questo però non vuol dire che i 2 attaccamenti siano tra loro
correlati (infatti il 38% dei bambini hanno attaccamenti discordanti / il 45% hanno attaccamenti sicuri con
entrambi i genitori / il 17% attaccamento insicuri con entrambi). Un attaccamento sicuro verso il padre
predice nello sviluppo socioemotivo successivo una maggiore socievolezza, migliore relazione tra pari,
minori sintomi internalizzanti (cioè legati a astati emotivi interni negativi -> esempio: depressione, ansia,
panico) ed esternalizzanti (esempio: aggressività elevata, disturbi della condotta ecc) (quindi minore rischio
per la psicopatologia), migliore regolazione emotiva.
Ricerche molto recenti (quindi con dati ancora parziali) hanno studiato la combinazione di
sicurezza/insicurezza verso padre e madre:
- Doppia insicurezza (bambino insicuro verso padre e madre): nel corso del suo sviluppo (a 7-8 anni) il
bambino avrà maggiori problemi sia internalizzanti sia esternalizzanti (misurato tramite il questionario self
report CBCL)
- Una sola sicurezza (madre o padre): effetto protettivo -> basta una sola sicurezza per essere protetti rispetto
al rischio psicopatologico -> viene così falsificato il modello gerarchico
- Doppia sicurezza: influenza la competenza sociale, emotiva e scolastica (questo bambino avrà uno
sviluppo socio-emotivo molto adeguato). Comunque non aumenta la protezione rispetto alla singola
sicurezza.
Ricerche sulla trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento da madre a figlio mostrano come i modelli
di attaccamento del genitore (misurati con AAI) tendono ad essere trasmessi al figlio, e ciò accadrebbe
anche con il padre, anche se in misura più debole.
Un altro aspetto importante è che mentre la responsività materna predice l’attaccamento del bambino (e le
sue caratteristiche di personalità a 6, 10, 16 e 22 anni), la sensibilità del padre al contrario non è predittiva.
Ciò che è maggiormente predittivo è la sensibilità del padre nel gioco (quindi non nell’ambito emotivo), cioè
la capacità del padre di sostenere il gioco del bambino e la su attività esplorativa fornendogli sicurezza
nell’esplorazione -> la father’s play sensitivity predice l’attaccamento successivo del bambino e
caratteristiche di personalità a 6, 10, 16 e 22 anni.
Stili di interazione con il bambino madre vs padre:
+ giochi fisici e stimolanti
+ picchi emotivi
+ incoraggiamento all’esplorazione
- capace di consolare
- utilizzo dei giochi convenzionali
- verbalizzazioni
- in grado di realizzare lo scaffolding (incorniciamento -> monitoraggio e sostenimento del gioco del
bambino)
Riguardo alle rappresentazioni di papà e mamma riguardo al bambino durante la gravidanza, quelle materne
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo sono più articolate e ricche, mentre quelle paterne sono maggiormente disinvestite.
Attaccamento all’educatrice: con l’educatrice il bambino può sviluppare un legame di attaccamento
utilizzandola come base sicura e come fonte d consolazione e sicurezza fisica ed emotiva. La sicurezza di
tale attaccamento dipende:
- Dalla disponibilità fisica ed emotiva che l’educatrice dimostra verso il bambino
- Dalla stabilità della sua figura nel nido
- Dalla possibilità che interagisca e risponda al bambino in modo individualizzato.
L’attaccamento sicuro verso l’educatrice favorisce le interazione del bambino con i pari e le sue capacità di
empatia, inoltre diminuisce i rischi per comportamenti aggressivi.
Sono stati individuati fattori che possono contribuire a modificare i modelli di attaccamento nel ciclo di vita
-> nella prima e seconda infanzia:
- Miglioramento/peggioramento della disponibilità di reti di supporto da parte di genitori in particolare della
madre (nonni, famiglia allargata, supporti extrafamiliari)
- Modificazioni rilevanti nella condizione affettiva e socioeconomica dei genitori: separazione, divorzio,
lutti, cambiamento di status sociale
- Interventi di sostegno e/o psicoterapeutici sulla relazione genitore/bambino
Nell’adolescenza:
- Sviluppo di nuove competenze cognitive e metacognitive che permettono anche la riorganizzazione dei
modelli di attaccamento (vedi attaccamento in adolescenza).
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo 9. Responsività
Responsività e attaccamento: qual è la storia interazionale o comunque il comportamento genitoriale che
predice la qualità dell’attaccamento? Sicuramente uno dei fattori principali è la responsività (sensitive
responsivness) -> definizione di Ainsworth: è di tipo comportamentale, il genitore è responsivo quando
risponde in modo adeguato e contingente ai bisogni del bambino ed è capace di leggere questi bisogni (è
quindi una capacità anche emozionale del genitore) -> “il caregiver responsivo risponde socialmente ai
tentativi del bambino di iniziare una interazione sociale, e giocosamente ai suoi tentativi di iniziare una
interazione giocosa: lo prende in braccio quando lui sembra desiderarlo, e lo rimette giù quando vuole
esplorare. Quando il bambino è a disagio, il genitore sa quali siano i suoi bisogni e lo conforta (oltre
all’aspetto comportamentale, già la Ainsworth introduce l’aspetto della regolazione emotiva). Dall’altra
parte, una madre che risponde inappropriatamente prova a socializzare con il bambino quando lui è
arrabbiato, gioca con lui quando è stanco e lo nutre quando lui sta provando a iniziare una interazione
sociale”. Ricerche più recenti hanno incluso anche il pattern disorganizzato (studiato principalmente da
Lyons-Ruth) -> Lyons Ruth individua due comportamenti materni predittivi del disorganizzato: madre che
non rispecchia le emozioni del bambino, non risponde, non verbalizza (ritirata/ignorante) / mamma molto
arrabbiata, ostile/spaventante. Una ricerca ancora più raffinata è quella di Beebe, che usa un livello non
macro analitico, ma osserva dimensioni della comunicazione tra madre-bambino molto specifiche (che
farebbero parte del costrutto di responsività):
- contingenza/coordinazione interattiva reciproca a livello di contatto fisico, vocalizzazioni, orientamento
visivo
- Rispecchiamento emotivo reciproco
- Modulazione emozioni da parte della mamma
- Stabilità della risposta materna / stabilità della risposta infantile
- Bambino “riconosciuto” dalla madre, emozioni modulate e validate
Analizzando a livello micro analitico le interazioni madre-bambino a 4 mesi, Beebe ha evidenziato come già
a 4 mesi. si costituiscono modelli di interazione ricorrenti e caratteristici, che sono poi predittivi
dell’attaccamento a 12 mesi.
In questa ricerca quindi Beebe si chiede quali siano i predittori dell’attaccamento -> lei si è concentrata
soprattutto sull’attaccamento sicuro e disorganizzato. Nell’attaccamento sicuro (Ibambini che a 12 mesi
hanno attaccamento sicuro) a 4 mesi vi è una buona contingenza tra madre e bambino (cioè se il bambino
vocalizza, lo fa anche la madre, se il bambino sorride, sorride anche la madre ecc), inoltre vi è un buon
rispecchiamento emotivo (mamma rispecchia emozioni del bambino), inoltre se il bambino piange la
mamma è in grado di regolare le sue emozioni, inoltre in 10 minuti di interazione la mamma che utilizza
questi comportamenti non lo fa in modo intermittente, ma lo fa per tutti i 10 minuti (quindi il bambino
comincia a costruirsi aspettative su come si comporterà la madre), quindi la madre è stabile nel suo
comportamento e anche il bambino mantiene coerenza nelle sue risposte. La Beebe dice anche che se il
bambino ha un attaccamento sicuro a 4 mesi, riesce meglio a comunicare i suoi stati emotivi con la madre, e
quindi sviluppa anche una maggiore self-confidence con la madre. Cosa succede nell’attaccamento
disorganizzato? Nelle situazioni valutate poi come disorganizzate erano presenti a 4 mesi dei mismatch, cioè
madre e bambino esprimono affetti discrepanti (esempio: bimbo piange e madre sorride); allo stesso tempo
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo il bambino tendeva ad essere molto discrepante nell’espressione delle sue emozioni (il bambino sorride e
contemporaneamente vocalizza in modo negativo). Da parte sua la mamma è molto intrusiva (si avvicina
molto nello spazio fisico del bambino, il bambino si allontana e la mamma si avvicina ancora di più ->
comportamento chiamato da Beebe caccia e fuga) -> con questa intrusività spaventa il bambino. L’altro
aspetto individuato da Beebe è che lo sguardo della mamma in alcuni momenti guarda il bambino e in altri
no, quindi non è prevedibile da parte del bambino. La Beebe quindi conclude che il bambino disorganizzato
ha una esperienza di non essere riconosciuto, regolato/validato emotivamente dalla madre. Poi queste
difficoltà possono evolvere in disturbi dissociativi in adolescenza o in età adulta.
Una ricerca antecedente della Beebe: va a esaminare solo la coordinazione vocale (i momenti in cui madre e
bambino sono coordinati nelle vocalizzazioni -> il bambino a 3/4 mesi comincia a vocalizzare e la madre
dovrebbe avere la capacità di rispondere a queste vocalizzazioni). La Beebe ha quindi studiato bambini di
3/4 mesi, e ha visto che se la contingenza era molto elevata e non vi era nessuna rottura nella
comunicazione, i bambini a 12 mesi tendevano ad essere insicuri/ambivalenti -> questo perché , a causa
della eccessiva responsività, non avevano potuto sviluppare una capacità di autoregolazione (probabilmente
l’eccessiva responsività non riguardava solo le vocalizzazioni ma anche le altre comunicazioni). Al contrario
l’attaccamento evitante era predetto da un bassissimo livello di contingenza nelle vocalizzazioni (questo
perché la bassa responsività materna portava il bambino a diventare autosufficiente). Ciò che produce un
attaccamento sicuro è quindi una media contingenza (la madre mediamente tende ad essere responsiva) ->
anche il modello a 3 step di Tronick va in questa direzione (non è importante che vi sia sempre match, ma
che la madre sia capace di riparare la comunicazione dopo un mismatch).
Negli anni successivi (anni 70-90) si tende a legare l’attaccamento anche alle rappresentazioni della madre
delle sue relazioni di attaccamento e alla sua capacità di mentalizzazione, cioè attribuire stati mentali al
bambino (anche queste sono dimensioni della responsività). Le mamme che hanno un attaccamento sicuro
tendono ad essere più responsive con i bambini, rispetto a quelle con attaccamento insicuro (valutato con
AAI). Una ricerca recente mostra com a 3-4 anni del bambino, la madre con attaccamento sicuro è più in
grado di parlare con il bambino delle proprie esperienze emotive passate con grande coinvolgimento. Invece
le madri con attaccamento evitante hanno un dialogo piatto e con pochi riferimenti alle emozioni, mentre le
madri con attaccamento ambivalente e disorganizzato avevano un dialogo riferito maggiormente alle loro
emozioni più che a quelle del bambino, è una maggiore incoerenza è tendenza all’inversione dei ruoli (farsi
consolare dal bambino).
Un altro concetto correlato alla responsività è l’emotional avaliability, cioè il grado con cui ciascun partner
esprime le proprie emozioni ed è responsivo verso le emozioni dell’altro, con riferimento sia alle emozioni
negative che positive. La disponibilità emotiva del genitore e la sintonizzazione affettiva (quelle di cui
parlava Beebe) costituiscono la base per la successiva acquisizione da parte del bambino delle competenze
di regolazione emotiva e di un pattern di attaccamento sicuro. L’emotional avaliability è valutabile con
l’EAS, che permette di valutare sia madre che bambino, in particolare la disponibilità che la madre offre al
bambino, e la risposta e coinvolgimento emotivo che il bambino restituisce alla madre. Questo sistema di
valutazione è stato elaborato da Biringer, ed è molto utilizzato sia in ambito di ricerca sia di intervento.
Responsività ed emozioni: come si è detto la responsività è molto collegata alla regolazione delle emozioni
(questo aspetto era già presente in Ainsworth) -> Vari autori dicono più o meno la stessa cosa in questo
senso, nelle loro definizioni di responsività:
* Tronick: capacità di trasformare gli affetti negativi in positivi del bambino e capacità di riparare i
mismatch
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo * Emde: capacità di condividere le emozioni positive del bambino
* Slade: capacità di sintonizzarsi con le emozioni positive e negative del bambino
* Sroufe: capacita di fungere da regolatore delle emozioni del bambino
* Bion e Winnicott: capacita di contenere le emozioni del bambino e di elaborarle attraverso la reverie
materna (che trasforma gli elementi beta in elementi Alfa, digeribili dal bambino).
->> Tutti esprimono che nella responsività non è presente solo la dimensione comportamentale, ma anche
quella di regolazione emotiva.
Cosa funziona e cosa non funziona? Winnicott parla di una madre sufficientemente buona, quindi non
interattiva al 100%, ma abbastanza responsiva -> le sue caratteristiche sono:
- Rispecchiamento emozioni positive del figlio
- Scarso o nullo rispecchiamento di quelle negative
- Trasformazione delle emozioni negative del bambino in emozioni positive attraverso interventi specifici
- Sintonizzazione con le emozioni positive del figlio, tramite diversi canali espressivi
- Espressione di emozioni prevalentemente positive
- Interazioni sintonizzate con l’attività del bambino
Le madri a rischio invece sono madri:
- Con interazioni problematiche (madri con problemi di depressione, madri adolescenti, a rischio
psicosociale)
- Scarsa espressione di emozioni in generale, e prevalenza di emozioni negative tra quelle espresse
- Minore responsività emotiva
- Minore rispecchiamento delle emozioni del figlio, soprattutto quelle positive
- Minore sintonizzazione con le emozioni positive del figlio
- Difficoltà nel trasformare le emozioni negative del figlio
- Interazioni o iperstimolanti e intrusive o ipostimolanti e non responsiva, poco sintonizzate con l’attività del
bambino.
Patricia Crittenden ha messo a punto uno strumento per indagare gli stili interattivi tra madre e bambino, che
si chiama “care index”. Per categorizzare le configurazioni di interazioni tra madre e bambino si utilizzano
3-5 minuti di interazione di gioco semistrutturato registrati su videotape. Gli item sono divisi in 7
dimensioni: espressione del volto / espressione vocale / posizione e contatto corporeo / espressione di affetto
/ succedersi dei turni / controllo e scelta di attività. Grazie a questo strumento si possono individuare diversi
stili materni:
- Sensibile (s): include comportamenti rappresentativi di una buona responsività materna
- Controllante (c): include comportamenti interattivi non responsivi e direttivi, caratterizzati anche da ostilità
più o meno velata
- Non responsiva (n): include comportamenti caratterizzati da non responsività e da distacco mimico, vocale
e fisico
E anche gli stili del bambino:
- Cooperativo (c): include comportamenti associati con l’espressione del piacere, centrati sull’intraprendere
azioni da parte del bambino e accettare le proposte della madre
- Difficile (D): include comportamenti implicitamente resistenti al comportamento materno
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Psicologia dello sviluppo socio-affettivo - Passivo (p): include comportamenti che funzionano in modo tale da ridurre il contatto con la madre
- Compiacente (cc): include comportamenti forzati, con approcci indiretti o compiacenti verso la madre.
Frequentemente si trovano coppie madre/bambino del tipo:
Bambino passivo – madre non responsiva
Bambino passivo – madre intrusiva
Bambino difficile – madre intrusiva
Bambino cooperativo – madre responsiva
Responsività e sistemi motivazionali: il bambino comunica tramite due sistemi, quello intersoggettivo (per
condividere gli stati mentali) e quello di attaccamento (per regolare le emozioni negative) -> il genitore deve
essere in grado sia di coordinarsi con il bambino sia di regolare le sue emozioni negative.
Responsività e mentalizzazione: alcuni autori hanno evidenziato come la responsività correla con la
capacità del genitore di mentalizzazione. Un’autrice è Meins, che parla di mind mindedness (MM), cioè la
capacità da parte del genitore di concepire il bambino come un soggetto dotato di “mente”, oltre che
bisognoso di cure. È dunque la capacità della madre di leggere i segnali del bambino durante l’interazione
sulla base degli stati mentali interni che li possono influenzare. Questa MM è osservabile all’interno
dell’interazione madre-bambino sia dai primi mesi di vita sino a interazioni con bambini più grandi o adulti.
Definizione operazionale di MM: abilità della madre di commentare verbalmente gli stati emotivi del figlio
espressi o inferiti durante la sua attività di gioco nei primi anni di vita. La MM della madre valutata nel
corso del primo anno di vita è correlata alla sicurezza dell’attaccamento a 12 mesi e alla capacità di
quest’ultimo di sviluppare una teoria della mente a 4 anni.
Data la definizione operazionale, la MM viene valutata considerando i commenti verbali della madre
durante l’interazione di gioco libera con il proprio bambino. L’interazione viene video registrata e le
verbalizzazioni materne vengono trascritte letteralmente. L’analisi del trascritto permette di identificare tutti
i commenti materni che si riferiscono agli stati mentali interni del bambino. Sono esempi mind-related (cioè
indicatori di MM), quei commenti materni che:
- Utilizzano esplicitamente termini riferiti a stati mentali per commentare cosa il bambino potrebbe fare
- Attribuiscono al bambino parole e dialoghi parlando per suo conto, senza necessariamente utilizzare
termini relativi a stati mentali.
Esempi di commenti mind-related:
- Desideri e preferenze: “vuoi prendere la palla?”, “ti piace questo orsetto”
- Pensieri: “riconosci questo sonaglino, vero?”
- Emozioni: “ti diverte molto questo gioco!”
- Affermazioni epistemiche: “giochiamo insieme?”
- Parlare al posto del bambino: “Che bello mamma”
- Abilità del bambino: “Che bravo!”, dopo che ha mostrato un’abilità
- Commenti all’attività del bambino: “stai cercando di mettere i blocchi uno sopra l’altro?”
Mariasole Genovesi Sezione Appunti
Psicologia dello sviluppo socio-affettivo