Il gioco nello sviluppo atipico
Nei bambini con deficit cognitivo (ad esempio con QI basso) anche il gioco viene rallentato:
- Ritardo nelle tappe evolutive del gioco (il gioco più semplice è quello più frequente in questi bambini rispetto al gioco finzionale, che implica anche capacità di mentalizzazione)
- Fase del gioco esplorativo più prolungato con difficoltà nella regolazione dell'attenzione
- Gioco simbolico più elementare con attività più frammentate
- importanza del supporto emotivo fornito dal genitore per aumentare il livello del gioco
Nei bambini con disturbi bello spettro autistico (hanno difficoltà nella comunicazione e nella relazione intersoggettivo con l'altro): il gioco simbolico è estremamente ridotto rispetto agli altri bambini (con difficoltà d animare i personaggi giocattoli), quindi privilegiano per lo più un gioco esplorativo di tipo stereotipato e ripetitivo, senza modificazioni. È un gioco più solitario con scarse capacità di usare il gioco simbolico. Infatti nei bambini con autismo il problema è proprio quello di attribuire stati mentali all'altro (teoria della mente compromessa), quindi il gioco di far finta di è molto difficile per loro. Le mamme di bambini autistici hanno capacità di scaffolding simili a quelle di bambini normali, quindi è proprio il bambino ad essere portatore di una difficoltà comunicativa e di simbolizzazione.
Bambini istituzionalizzati o bambini con madri depresse: anche qui gioco esplorativo più presente, e gioco simbolico più danneggiato --> è utile un approccio con il bambino che faciliti in lui il gioco simbolico, che è anche un modo per regolare le emozioni (può riprodurre vicende emotive, trasformandole è così regolando le emozioni relative a tali vicende).
Un altro aspetto di cui si sono interrogati gli studiosi riguardano il bambino che gioca da solo oppure a livello cooperativo --> alcuni studiosi sottolineano che osservando bambini all'asilo ce ne sono alcuni che tendono di più al gioco solitario e altri più cooperativi. Il gioco solitario di per sè non è un fattore di rischio, se accanto ad esso permane una capacità del bambino di interagire con gli altri nel gioco. Anzi può essere anche positivo, dato che indica capacità di stare da solo, di regolazione/autorganizzazione, costruzione di una tempo per la solitudine (alonetime) ritagliato fuori dalle relazioni tra pari, di amicizia e di attaccamento. Quindi ci si chiede: è una condizione di solitudine positiva oppure di difficoltà (il bimbo sta da solo perché ha difficoltà a stare con gli altri)? Qui bisogna appunto vedere se il bambino sa sia giocare da solo sia mettere in atto un gioco simbolico con gli altri --> quindi si vede se è presente sia capacità di autoregolazione, sia capacità intersoggettiva.
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Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia dello sviluppo e dei processi educativi
- Esame: Psicologia dello sviluppo socio-affettivo
- Docente: Cristina Riva Crugnola
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