Indicatori di protezione
- Essere flessibile e aiutare il bambino ad integrarsi nel nucleo favorendone l’attaccamento
- Essere credenti praticanti: vuol dire avere valori di appartenga religiosa forti che favoriscono il processo di adozione
- Essere soddisfatti del proprio ruolo genitoriale
- Accettare il proprio ruolo di genitore adottivo
- Avere un atteggiamento positivo e affettuoso verso il bambino
- Avere un rapporto coniugale soddisfacente
- Avere supporto dalla famiglia
- Essere informati sulle esperienze passate del bambino e su quelle attuali
- Essere coinvolti in attività che possano fornire informazioni dettagliate circa il processo adottivo
Ulteriori indicatori di rischio (infantili):
- Avere sperimentato precedenti fallimenti
- Avere subito gravi abusi fisici o sessuali
Questi bambini avranno difficoltà a relazionarsi nella nuova famiglia e a utilizzare la disponibilità emotiva che gli viene offerta dai genitori. Così potrebbe mettere in atto atteggiamenti mortificanti verso il genitore (come ritiro, non utilizzarlo come figura di attaccamento), il quale potrebbe prenderlo come un indicatore di rifiuto da parte del bambino
- Non essere stati adottati nei primi anni di vita
- Avere problemi comportamentali ed emotivi
- Essere aggressivi
- Essere di genere maschile
- Avere sperimentato affidamenti pre adottivi multipli
- Essere stati collocati in diverse istituzioni prima dell’adozione
Fattori di protezione:
- Avere un buon sviluppo sociale
- Avere sviluppato una capacità anche minima di metacognizione
- Avere attitudine per la performance scolastica
- Venire adottati in età precoce
- Presenza di nonni adottivi durante l’infanzia
In una ricerca è stata utilizzata l’AAI (nel caso dei bambini adottati l’intervista è doppia dato che riguarda sia la madre naturale sia la madre adottiva) per valutare l’attaccamento di preadolescenti adottati da almeno 2 anni -> si è indagato sia il legame di attaccamento sia la loro storia. Il dato evidenziato è che la distribuzione dell’attaccamento di questi bambini è simile a quella della popolazione normale, quindi erano bambini che erano riusciti a riorganizzare il loro legame di attaccamento. Un altro studio si è occupato della distribuzione di attaccamento di madri e padri adottivi -> è uguale a quello della popolazione complessiva? La risposta è sì.
Cosa può fare lo psicologo in queste situazioni?
Un primo step in cui lo psicologo è chiamato è quello di valutare l’idoneità del genitore per l’adozione, quindi fa dei colloqui con il genitore -> vengono analizzati:
- Il grado di autonomia di ciascun membro rispetto alla propria famiglia di origine (quindi il legame di attaccamento – attaccamento distanziante sarebbe un fattore di rischio)
- La motivazione all’adozione e conseguente elaborazione della ferita narcisistica di non avere avuto un figlio biologico
- La rappresentazione da parte di ciascun partner dell’altro come genitore
- La e rappresentazioni di ciascuno riguardo al bambino, alla sua storia, identità e cultura (se sono molto idealizzate o realistiche)
-> È utile anche l’utilizzo dell’AAI per valutare i modelli di attaccamento come predittori delle modalità di caregiving e il livello di autonomia dei genitori dalla famiglia d’origine
Il secondo step è la fase di affidamento pre adottivo/primo periodi di adozione -> può essere efficace in questi così accompagnare la coppia attraverso incontri di gruppo con altri genitori con incontri tematici prefissati o liberi. In questi gruppi emergono alcuni temi tipici:
- I genitori sentono il bambino molto estraneo e diverso da loro stessi rispetto a ciò che si aspettavano
- Hanno difficoltà a capire che storia ha avuto questo bambino
- Ciò determina comportamenti del bambino non adattivi
- Tendenza a utilizzare il sostegno del partner più che il supporto con la famiglia di origine
- Rispetto ai genitori biologici è più conflittuale la relazione con la madre e la famiglia di origine.
Il terzo step, nel caso le difficoltà siano rilevanti, consiste in interventi psicoterapici:
- Preferibile fornire ai genitori un sostegno di coppia con eventuale osservazione/commento dell’interazione genitore/bambino piuttosto che intervento psicoterapico sul bambino
- Intervento psicoterapico da attuare comunque inizialmente sotto forma di consultazione prolungata
Continua a leggere:
- Successivo: L’affido
- Precedente: Focus sull’adozione
Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia dello sviluppo e dei processi educativi
- Esame: Psicologia dello sviluppo socio-affettivo
- Docente: Cristina Riva Crugnola
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