Riassunto del testo "Socializzazione mafiosa e responsabilità educativa". Il riassunto tratta il tema delle organizzazioni mafiose e delle azioni che la società svolge per poter contrastare il fenomeno. In particolare viene presa in considerazione la pedagogizazione all'interno delle istituzioni scolastiche usata come mezzo per poter contrastare il fenomeno della nascita delle organizzazioni mafiose, operando sulla rieducaziome degli individui.
Storia della pedagogia
di Gherardo Fabretti
Riassunto del testo "Socializzazione mafiosa e responsabilità educativa". Il
riassunto tratta il tema delle organizzazioni mafiose e delle azioni che la società
svolge per poter contrastare il fenomeno. In particolare viene presa in
considerazione la pedagogizazione all'interno delle istituzioni scolastiche usata
come mezzo per poter contrastare il fenomeno della nascita delle
organizzazioni mafiose, operando sulla rieducaziome degli individui.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia della pedagogia
Docente: Antonia Criscenti
Titolo del libro: Socializzazione mafiosa e responsabilit
educativa
Autore del libro: Antonia Criscenti
Editore: Cuecm
Anno pubblicazione: 19991. Il fenomeno mafioso in Calabria (1975-1984)
Tra il 1975 e il 1984 sono stati tre i Convegni di studio promossi dalla presidenza del Consiglio Regionale
della Calabria in merito al fenomeno mafioso. Due di questi erano legati ai rapporti tra mafia, società e
Stato, mentre il terzo, quello del 13 – 15 dicembre 1984, si incentrava sul rapporto tra educazione e mafia,
ponendo in essere l'interrogativo fondamentale circa il ruolo delle istituzioni formative operanti nel sistema
sociale e le responsabilità, le inadempienze, l'inefficacia delle strutture e il colpevole silenzio del paese
Italia. All'epoca era vice – presidente regionale un pedagogista, ordinario a Catania, Serafino Cambareri, che
ebbe il merito di raccogliere e tentare soluzioni operative legate al tema del produrre formazione all'interno
del problema mafioso. La mafia, infatti, opera su precisi canali di socializzazione e di educazione,
distorcendo il sistema di valori consolidato e condiviso, proponendo una contro socializzazione,
anomostatica e divergente. In questa prospettiva il coinvolgimento della realtà territoriale è fondamentale e
il modello etico – politico non tollera ambiguità di sorta.
Molta letteratura meridionalista, da Villari a Salvemini a Mosca a Saverio Nitti, ha denunciato con vigore il
blocco di potere che con l'Unità si realizza tra la borghesia industriale del Nord e la aristocrazia terriera del
Sud, la prima impededendo alla seconda di far nascere a sua volta una borghesia imprenditrice, moderna e
attiva, che scalzasse quella parassitaria dei galantuomini. In questo disegno di denuncia, la mafia svolge un
ruolo di rilievo, difendendo, già prima dell'Unità d'Italia, gli interessi degli agrari nella lotta contro i
contadini e i braccianti meridionali, ricevendo in cambio grossi vantaggi in termini di conquista e
mantenimento di poteri economici e politici. La mafia, diceva Villari, nasce in rapporto a situazioni concrete
e la lotta al fenomeno mafioso non ha sortito effetto perché, paradossalmente, ha individuato come soggetti
risolutivi dei problemi le stesse forze responsabili delle degenerazioni sociali pure condannate.
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Storia della pedagogia 2. L'idea di mafia
Una visione da superare
Superiamo dunque l'idea che la mafia abbia come prerequisito il sottosviluppo e la sub – cultura e che le
classi subalterne siano le protagoniste; oltrepassiamo l'idea che la mafia si configura come fenomeno
reattivo e difensivo verso un'organizzazione societaria emarginante e oppressiva nei confronti dei non –
dominanti.
Certamente miseria, ignoranza, sottosviluppo producono fenomeni di devianza e radicamento mafioso ma
ciò costituisce solo una parte del problema. Esso è un fenomeno delinquenziale perennemente sostenuto,
protetto e agevolato dal Potere costituito, per la conservazione e il mantenimento di esso in contrasto ad altre
forze avversarie o per l'instaurazione e l'affermazione di nuove forme di potere o di governo, persino
suppostamente democratico: si pensi agli eventi successivi allo sbarco alleato in Sicilia o ai sostegni
elettorali mafiosi del 1948 per scongiurare il cosiddetto pericolo rosso.
Laddove qualsiasi fenomeno delinquenziale comune risulta emarginato e clandestino, oggetto di condanna
da parte dell'opinione pubblica, e dunque facilmente abbatibile, la mafia ne è l'esatta fenomenologia
contraria.
D'altro canto, la stessa relazione conclusiva di maggioranza della Commissione Parlamentare d'inchiesta sul
fenomeno della mafia in Sicilia, chiarisce che essa non è all'origine un fenomeno di classi subalterne, ma al
contrario, dei ceti che al momento dell'Unità già esercitavano il dominio politico ed economico nell'Isola.
Cento anni prima già Franchetti, Sonnino e Mosca esprimevano le medesime convinzioni in un documento
non ufficiale, e Mosca già parlava così nel 1925: la mafia si organizza in Sicilia solo quando è pronta la
miscela tra politica, affari e criminalità organizzata, auspicando l'avvio urgente di una riforma del sistema
elettorale proporzionale perchè offre alla mafia occasioni di ingresso nel sistema politico nazionale e locale.
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Storia della pedagogia 3. Il rapporto tra la mafia e i giovani
Legami tra processi formativi e criminalità
Processi formativi e formazione vanno necessariamente riferiti all'intero universo delle condizioni materiali
e culturali che le multiformi e differenziate realtà territoriali della complessa società italiana presentano: si
tratta, infatti, di operare in situazioni economico – sociali e culturali difficilmene uniformabili perché
assolutamente non omogenee.
È necessario quindi riferire i processi della formazione al fenomeno mafioso perché esso assume, nelle tre
regioni culla, la caratteristica di una macchina distruttrice e inesorabile, di una forza dominante, tanto da
connotare in negativo la formazione di moltissimi bambini, adolescenti e giovani, pregiudicandone il
corretto, quando addirittura legale, ingresso nel mondo scolastico e poi in quello sociale della produzione e
del lavoro. La mafia coinvolge e cattura migliaia di giovani a partire dalla prima infanzia; essa socializza,
forma, educa e trasmette la sua cultura, superando abissalmente l'educazione impartita in maniera formale
dalla scuola e dalle istituzioni culturali. Come si spiega ciò? Lo si spiega col fatto che i luoghi pubblici di
formazione sono sprovvisti di quella forza emozionale che presentano invece i vincoli di parentela e di
vicinato; sono sprovviste di quella forza suggestiva esercitata dai modelli di comportamento di tipo mafioso,
di cui è percepito l'aspetto esteriore, che rappresenta forza, distinzione, potere, autorità, successo, benessere.
Dunque ogni pedagogia dell'antimafia deve fondarsi sulla consapevolezza spietata della propria intrinseca
inadeguatezza. Non si può del resto negare che le agenzie tradizionali siano in crisi, che debbano sopportare
la concorrenza della stampa, della televisione e degli altri mass media e che è necessario attivare nuovi
canali e modi di azione.
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Storia della pedagogia 4. Le scienze pedagogiche e i fenomeni di devianza mafiosa
Le colpe italiane e gli strumenti a disposizione
L'universo pedagogico italiano è stato assente a questo riguardo e non ha mai posto in evidenza il grande
problema del rapporto delle scienze pedagogiche con i fenomeni di devianza mafiosa. Se è vero che si
apprende il comportamento mafioso, certo si può apprendere il comportamento non mafioso, socialmente
valido. È qui la grande scommessa ed è qui la responsabilità degli educatori, del loro intervento educativo e
formativo. La pedagogia deve porsi come reale ed operativo contributo, proporre interventi modificanti,
farsi coscienza critica di un sistema socio – politico.
È sufficiente l'esercizio critico della ragione come nocciolo dell'intervento modificante? Può essere
ragionevolmente e utilmente applicato all'universo infantile? No. Esistono però dei validissimi strumenti,
come la Legge Regionale del 1980, che chiede, attraverso un'Ordinanza dell'Assessorato ai Beni Culturali e
Ambientali e della Pubblica Istruzione del 1993, alle scuole siciliane di ogni ordine e grado, di contribuire
allo sviluppo di una coscienza civile contro la criminalità mafiosa, attraverso una serie di iniziative che
hanno lo scopo di approfondire tutte le questioni di natura culturale e metodologica inerenti la
sperimentazione delle attività didattiche ed educative intese alla conoscenza dei vari aspetti e manifestazioni
del fenomeno mafioso nelle sue implicazioni storiche, socio – economiche, politiche e di costume.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della pedagogia 5. Le proposte di cambiamento nell'istituzione scolastica
Questo grande progetto dovrebbe tradursi nell'istituzione di scuole a tempo pieno, nella formazione
prolungata e continua, nell'individuazione di posti di lavoro e di strutture occupazionali. La forza
dell'istruzione ed il lavoro garantito ed equamente retribuito risulterebbero sicuramente capaci di sbarrare la
strada all'iniziazione e alla socializzazione mafiosa.
Il che fare in termini culturali e pedagogici potrebbe avere due direzioni diverse:
- sollecitazione dell'uso e dell'esercizio critico della ragione, che si traduca in una interpretazione critica, e
dunque corretta, della genesi storico – politica e dello sviluppo economico della mafia, che renderebbero
conto di tante inesattezze storiografiche ed indurrebbero ad una nuova scrittura della storia italiana degli
ultimi 130 anni. Una revisione storiografica che dovrebbe cominciare proprio nelle scuole
- progettazione di iniziative tendenti alla conoscenza e all'approfondimento degli aspetti e delle
manifestazioni del fenomeno mafioso, al fine di concorrere validamente alla lotta contro la mafia, anche sul
piano educativo e conoscitivo.
Le strutture accademiche, soprattutto di Scienze della Formazione, potrebbero rendere operante la circolare
citata che, in altro punto, sollecita a rendersi promotrici di tali iniziative le biblioteche, in quanto qualificati
centri di aggregazione socio – culturale ed efficaci punti di servizio del sistema formativo pubblico. Esse
diventerebbero anche laboratorio privilegiato per la ricerca e la sperimentazione nelle scienze della
formazione e documentazione in riferimento specifico ai soggetti Mezzogiorno, Mafia, Devianza,
Criminalità organizzata, sulla scorta di un'esperienza organizzativa nota non solo in Italia e che si pone al
centro dell'attenzione di studiosi e specialisti interessati, soprattutto di educatori e formatori.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della pedagogia 6. La teoria di Gaetano Mosca sulle devianze mafiose
L'interesse per Gaetano Mosca nasce dall'esigenza di leggere le sue opere in maniera nuova, di interpretare il
suo pensiero in maniera meno riduttiva e ideologizzata. Egli fu osservatore attento dei fatti e delle
circostanze storico – politiche, economiche e culturali dell'Italia pre – unitaria e divenne protagonista
intellettuale, implacabile accusatore dei processi di degenerazione politica che il moto di unificazione
nazionale aveva innescato. La realtà parlamentare che aveva inaugurato il corso democratico del governo,
aveva infatti presentato quasi subito il suo aspetto più decadente: alcune lobby in grado di primeggiare sugli
altri, avevano instaurato forme autoritarie di egemonia attorno a cui crescevano malgoverno e malaffare. Il
fenomeno osservato da Mosca delle minoranze governanti nel Parlamento, oggi fa da sfondo ad una rilettura
della questione siciliana, della mafia e del Mezzogiorno, esercitando un potente stimolo a ripensare il grave
problema della criminalità organizzata nel quadro della crisi attuale. La lettura analitica dei suoi scritti
consente di cogliere quei temi che rimandano, attraverso l'applicazione del concetto di minoranza
organizzata all'organizzazione mafiosa, ad una lettura capace di sciogliere alcuni nodi del rapporto tra
interessi mafiosi e cultura dei ceti medi. Sotto questa luce, anzi, si potrebbe dire che le riflessioni di Mosca
sulla mafia lo collocano senza alcun dubbio fra gli iniziatori di tale genere di analisi, visto che le sue
riflessioni si staccano dalla maggioranza di tipo sociologico, pervenendo ad una di marca politologica,
incentrata sulla ricostruzione delle relazioni (provate e concrete) che le cosche mafiose hanno stabilito con
partiti, gruppi e istituzioni.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della pedagogia 7. Gaetano Mosca e il concetto di minoranza organizzata
In tal senso non riteniamo necessariamente legati il concetto di minoranza organizzata e quello di critica del
regime parlamentare e del suffragio universale, idea che Mosca aveva individuato come chiave di volta della
crescita quantitativa e qualitativa del fenomeno mafioso, e che la critica ha generalmente bollato come uno
dei limiti del pensiero di Mosca. In realtà, supposta la democrazia come sfondo irrinunciabile dell'agire
politico, il problema non è più la lotta fra minoranze organizzate per la conquista del consenso sociale bensì
l'accettazione delle regole condivise della lotta e della garanzia di pari opportunità per i soggetti che in essa
si impegnano. Se poniamo il discorso in questa maniera, allora il concetto di minoranza organizzata in un
regime democratico trova un criterio di giudizio più equo, e il problema mafioso trova collocazione
adeguata, essendo la connivenza tra mafia e politica l'emblema della partecipazione che sfrutta in modo
illegale e con violenza gli strumenti essenziali della democrazia, soprattutto il voto, espressione etica di
volontà popolare.
Un allargamento della prospettiva di Mosca consente, poi, di individuare l'invito urgente a non perdere di
vista il carattere politico dell'azione pedagogica, che nei suoi tentativi di mettere in campo percorsi
alternativi all'educazione mafiosa compie innanzitutto un'opera fondamentale di difesa del vivere civile. È
necessario, infatti, promuovere il diffondersi dell'istruzione, aumentando le possibilità reali di lavoro per i
giovani scolarizzati.
Gherardo Fabretti Sezione Appunti
Storia della pedagogia