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Le proposte di intervento pedagogico contro la mafia



Per poter sperare in qualche efficacia dell'intervento pedagogico, poi, bisogna tenere in considerazione i due livelli della società civile e dello Stato che non sono equivalenti. Destrutturare la cultura mafiosa significa programmare un intervento di riqualificazione comportamentale, che è impossibile da attuare senza che l'operatore tenga presenti sia la storia degli interventi promossi dallo Stato (nella scuola e non solo) per contrastare il fenomeno mafioso, sia la storia della società civile, delle sue reazioni, delle battaglie, delle vittime che tali reazioni hanno prodotto.
È poi necessario programmare un intervento che possa indicare mete ed esiti chiari: una azione concertata tra scuola, società civile e altri apparati dello Stato che sia fondata su una precisa, ma fattiva, distinzione di ruoli e di compiti.  Bisogna infine capire che non si può fare antimafia nella scuola se non ci si collega a presenze vive  e significative nel territorio; passare, come dice Cavadi, dall'antimafia desiderata all'antimafia praticata. Si deve corrodere quel codice culturale mafioso colpendolo alla fonte, nei momenti e nei luoghi di socializzazione primaria e secondaria in cui quel codice esprime il suo radicamento. L'azione pedagogica si deve fare azione politica e la politica deve riprendere la dignità di una pedagogia. L'errore più grave in cui incorre la democrazia rappresentativa è la delega, perché, come dice Violante, i grandi morti sono stati i grandi delegati di una società che ha pensato di poter vincere la guerra coi soli generali, senza esercito, senza la quotidiana solidarietà, senza l'alleanza tra società civile e istituzioni. Non esiste una società civile buona contrapposta ad un sistema politico corrotto.
L'azione pedagogica deve mirare a demolire gli aspetti differenziali del fenomeno mafioso, ossia quegli elementi che lo caratterizzano in modo specifico e che presiedono alla fase primaria della socializzazione. Il primo di questi aspetti è stato definito da Chinnici e Santino come visione gerarchica della struttura associativa, nella quale la gerarchia è fondata su un potere di tipo carismatico e su rapporti fra gli individui di tipo autoritario ed anti egualitario. Ci sono poi le relazioni di comparaggio e padrinato.
Dal punto di vista di una pedagogia dell'antimafia l'obiettivo non può essere che quello di introdurre una logica impersonale dei rapporti sociali, una logica istituzionale secondo la quale la sfera dei diritti e quella dei doveri di ogni cittadino è regolata da una serie di norme oggettive che prescindono da rapporti di tipo personale.
L'operatore deve raggiungere questo obiettivo sia sul piano cognitivo sia sul piano comportamentale. Nel primo caso deve insistere, ad ogni occasione, sull'uguale dignità di ogni persona umana; nel secondo deve evitare ogni cedimento a pressioni estranee nella valutazione finale dell'alunno.


Tratto da STORIA DELLA PEDAGOGIA di Gherardo Fabretti
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