Personale elaborazione frutto di ricerche sui maggiori libri di storia dell'arte, nello specifico "L'arte e la storia dell'arte" a cura di Rita Scrimieri - edizione Minerva Italica e di saggi scritti dal professore Vincenzo Pacelli della Electa - Napoli, più specifici sulle maggiori opere del Caravaggio.
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A Milano, il tredicenne Michelangelo viene accolto nella bottega di Simone
Peterzano, pittore di successo, tardomanierista di scuola veneta. L'apprendistato del
giovane pittore si protrasse per circa quattro anni, durante i quali apprese la lezione dei
maestri della scuola lombarda e veneta. E’ certo che in questo periodo egli aveva avuto
modo già di formarsi una cultura figurativa segnata da influssi degli artisti attivi nell’area
bresciana-bergamasca. Attraverso questi e attraverso gli influssi del naturalismo di
matrice fiamminga, egli fece propria la tendenza di indagare la realtà naturale e ad
osservare dal vero i moti dell’animo e le azioni nella loro immediatezza.
Il 6 aprile 1588 scadeva il contratto con il suo maestro; il giovane pittore
probabilmente in quegli anni abbandonò Milano per trasferirsi a Venezia, e conoscere da
vicino l'opera dei grandi maestri del colore, Giorgione, Tiziano e Tintoretto.
Vita
Michelangelo Merisi detto <il Caravaggio> nacque a Caravaggio il 29 settembre 1571
dai genitori Fermo Merisi e Lucia Aratori, originari di Caravaggio, un piccolo centro del
Bergamasco, dove si erano sposati nel precedente gennaio.
Viaggi e Opere
Milano
Venezia 2
Nel 1592 Caravaggio si trasferisce a Roma e ha rapporti, più o meno fugaci,
con diversi pittori locali.
Prima presso un non meglio identificato pittore siciliano, autore di opere grossolane
destinate alle fasce più modeste del mercato. Qui fece esperienza nel dipingere “teste”.
poi ha un breve sodalizio con Antiveduto Gramatica, momento in cui iniziò a fare “mezze
figure”;
infine, frequenta per alcuni mesi la bottega di Giuseppe Cesari detto “il Cavalier d'Arpino”
essendo impiegato come esecutore di nature morte, di “quadri di fiori”e come
realizzatore di parti decorative di opere più complesse. Un'ipotesi, priva in ogni caso di
riscontro documentale, è che Caravaggio possa aver realizzato i festoni decorativi della
Capella Olgiati, nella Basilica di Santa Prassede a Roma, cappella affrescata dal Cavalier
d’Arpino. Successivamente per una malattia viene ricoverato presso l'Ospedale della
Consolazione e a causa di questo evento interrompe il rapporto con il Cesari.
A questo primo periodo la critica assegna dipinti come
il <Bacchino malato>
i
l
< il <Ragazzo con canestro di
frutta>
Roma 3
il <Ragazzo morso dal ramarro>
Il dipinto sviluppa il tema dei moti dell’animo e degli affetti, eredità
del naturalismo di alcuni pittori dell’area lombardo - veneta che si
rifacevano a Leonardo. Per Caravaggio il tema allegorico dei sensi,
che in questo dipinto è il “tatto”, diventa occasione per dimostrare a
quali effetti di verità ottica può spingersi l’osservazione della realtà
il cui unico mezzo di rivelazione è la luce contrapposta all’ombra. L’espressione del dolore fisico,
l’atto del ritrarsi, ma anche gli effetti di trasparenza sulla boccia di cristallo o le lucentezze dei
frutti, traggono il loro risalto dall’azione della luce che si concentra su alcune parti.
Tutte e tre queste opere sono contraddistinte dal più netto definirsi della funzione della
luce nell’esaltare la saldezza delle forme.
Sono quasi sicuramente quei dipinti che sono state definiti “da lui nello specchio ritratti”:
circa l’uso dello specchio, Roberto Longhi ha spiegato che il pittore deve essersi reso conto
che la realtà osservata veniva riflessa in un campo delimitato, manifestandosi vera e totale
nel rapporta tra luce e ombra e non per via di contorni, di chiaroscuri o di rapporti di
colore; di qui la convinzione di Caravaggio che la dignità di rappresentazione non
dipendeva più dal tipo di soggetto ma dal modo in cui si rivelava. Per cui tutto è
rappresentabile, anche i sentimenti semplici e l’aspetto feriale delle cose.
Sempre in questo periodo il Merisi creò opere quali:
il <Riposo nella Fuga in Egitto
In questo dipinto, realizzato per il cardinale Pietro
Aldobrandini, l’episodio sacro è immaginato in un
paesaggio vero, dove non troviamo (come da episodio
sacro) la flora orientale di palme e datteri ma soltanto
i quercioli della campagna romana, i gattici oltre il
fiume sotto il cielo freddo e le erbe grasse o spinose
fra le briciole dei mattoni rossi verso le fornaci. C’è un
senso di una verità umile, immersa nella natura colta
nella verità dei luoghi. Si consideri anche la figura dell’angelo che viene reso nella “verità” di un
giovane fatto di carne e ossa, piantato saldamente al suolo e dotato due ali vere di uccello:
forse è stato questo il modo polemico di Caravaggio di intendere il concetto di “grazia”
teorizzato nel ‘500 invece come un modello di proporzioni associata alla perfezione spirituale.
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la <Maddalena penitente>
Mancano a tutt’oggi documenti che ci permettono di stabilire la
data di esecuzione dell’opera e di risalire al committente. Un
dipinto di tale soggetto è però ricordato dalle fonti assieme al
<Riposo nella fuga in Egitto>.
I valori stilistici di quest’opera sono funzionali alla
caratterizzazione che il Caravaggio ha voluto dare al tema.
L’assetto della figura, spazialmente, fa riferimento a due
elementi; il pavimento piastrellato e la parete di fondo
evidenziata dal taglio netto della zona illuminata dal raggio di
luce. Per ottenere la visuale dall’alto, il pittore ha dovuto servirsi
di uno specchio disposto in modo inclinato. la costruzione
dell’immagine è affidata al colore e alla luce. Da questi elementi
si nota come siano l’impostazione spaziale e il risalto luministico a richiamare l’attenzione
sulla figura della Maddalena in quella posa reclina, con i capelli sciolti e le braccia conserte.
Sembrano invece estraniarsi nella loro autonoma evidenza, come espliciti accessori
iconografici, le boccette dei profumi e la bigiotteria per terra. Una lacrimuccia appena
visibile accenna al pentimento.
Durante il suo soggiorno presso Palazzo Madama, dimora del cardinal Del Monte, il suo primo
vero mecenate. Il cardinal del Monte, di origine veneta, cultore di alchimia e appassionato di
musica, era già allora figura di spicco nell’ambiente culturale e artistico romano: divenne, infatti, il
protettore dell’Accademia di San Luca e ne aveva promosso un rilancio quale luogo di riferimento
della formazione artistica e della discussione sui problemi dell’arte, e inoltre, aveva fatto del suo
Palazzo madama non solo un centro di incontri per coltivare la passione per la musica, ma anche e
soprattutto il luogo per collezionare dipinti e antichità. La protezione del cardinale del Monte
assicurò a Caravaggio tranquillità e sicurezza economica ma costituì anche l’occasione di nuovi e
stimolanti incontri. Coincise con questa fase l’allargarsi del giro dei committenti di Caravaggio ad
alcune tra le più importanti famiglie romane: i Giustiniani e i Doria.
A questo clima culturale rimandano i soggetti di opere quali:
la <Testa di medusa>
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il <Bacco>
la <Canestra di frutta>
Le caratterizza il carattere tra sacro e profano: anche le figure di episodi sacri, infatti,
dovevano per Caravaggio acquistare il valore di “verità ottica” ossia osservabile e
naturale, non più astratta e idealizzata.
Passaggi significativi della maturazione della ricerca espressiva di Caravaggio e della sua poetica
naturalista possono considerarsi opere come:
<Giuditta e Oloferne>, per la più complessa rappresentazione dell’azione e per
l’approfondimento della funzione della luce che non è più solo uno strumento di lucida
definizione ottica ma è anche elemento unificante.
Del soggetto, tratto dal libro <Libro di Giuditta>, Caravaggio sceglie il momento più
drammatico, quando l’eroina, afferrato il capo di Oloferne addormentato sotto l’effetto del
vino, con la spada, chiedendo forza a Dio, ha già sferrato uno dei due colpi con cui glie lo
stacca. Il racconto biblico no prevedeva la presenza dell’ancella, a cui Caravaggio dà
l’aspetto di una vecchia. E’ il primo quadro a soggetto veramente drammatico che il
pittore risolve basandosi non sul moto delle
figure ma sui forti contrasti cromatici della luce,
dell’ombra e delle espressioni: si nota infatti la
fissità e la rigidità del gesto di Giuditta e il solo
accenno di una possibile reazione del braccio
destro di Oloferne; mentre si nota il volto
imbronciato di Giuditta, il vano stravolgimento
di Oloferne e la spiritata fissità tra incredulità e
terrore della serva; si nota poi il contrasto
cromatico del rosso del sangue sul candore del 6
guanciale e delle lenzuola. Si nota, infine, come Caravaggio dà un forte plasticismo a
questi contrasti riportando la scena in piano e privandola di un vero e proprio sfondo
spaziale cosicché tutto concorre ad accentuare l’orrore di una violenza inferta senza
tentennamenti.
Nel 1599 Caravaggio, grazie all’intervento del cardinale, ottiene l’incarico di contemplare la
decorazione della cappella Contarelli in Santa Lucia dei francesi, la sua prima importante
commissione destinata ad un luogo pubblico.
I dipinti eseguiti sono:
<Vocazione di San Matteo> (tela per una parete laterale)
L’azione sembra condensarsi e consumarsi in un baleno, in un puro fenomeno rischiarato
dalla luce tagliente sottoforma di un unico fiotto che non ammette repliche. Il tratto
realistico si nota nella tavola dei giocatori d’azzardo. Qui l’attinenza al testo biblico
comunque resta poiché è scritto che Matteo era seduto al
banco quando Gesù lo chiamò.
<Martirio di San Matteo> (tela per una parete
laterale)
<San Matteo e l’angelo> (pala d’altare). Quest’ultimo
viene rifiutato per ragioni di decoro ed acquistato dal
marchese Giustiniani mentre Caravaggio è costretto
ad eseguire in fretta una nuova versione. Questa
seconda versione fu
realizzata in modo del
tutto diverso dalla prima: l’angelo è sospeso nell’aria ed è
perciò nella forma dell’apparizione nell’atto di contare e non
guida più la mano dell’evangelista (come nella prima versione)
che è nell’atto di accingersi a scrivere ma in una posizione
insolita, poggia un ginocchio su uno sgabello in bilico. Il punto
di vista del sottinsù con cui è resa la figura, è un accorgimento
che tiene conto della collocazione molto alta della tela ma che
inoltre accentua molto la monumentalità della figura di
Matteo.
La critica ha sempre considerato queste opere, in particolare
quelle delle pareti laterali, una tappa fondamentale del
percorso artistico del pittore. Le analisi radiografiche hanno
rivelato varie riformulazioni e pentimenti. I tempi piuttosto brevi di esecuzione dimostrano
l’alto livello di maturazione tecnica raggiunta.
Tutti e tre i dipinti rivelano una novità sul piano tecnico, stilistico e iconografico.
o Anzitutto Caravaggio dimostra che la tecnica ad olio, utilizzata per queste tele, può
degnamente sostituire l’affresco, tradizionalmente ritenuto insostituibile per i
dipinti religiosi.
o In secondo luogo, sempre secondo la “verità otica” l’episodio biblico è
rappresentato in vesti profane e contemporanee: ciò costituì un elemento di 7
grande novità sia rispetto alla tradizione cinquecentesca che era ancora legata
ancora ad una visione atemporale e idealizzante, sia rispetto a chi sosteneva che
per i soggetti sacri ci si dovesse comunque attenere al principio del “decoro”. In
tal modo il Merisi ha trasformato l’evento sacro in puro evento esistenziale.
Per il monsignor Tiberio Cesari per la propria cappella in Santa Maria del popolo, Caravaggio
esegue due tele:
I due dipinti sono la seconda versione seguita da Caravaggio dopo il rifiuto della prima
parte degli eredi di monsignor Tiberio Cerasi, morto dopo averli commissionati
<Conversione di San Paolo>
Nella <Conversione …> Caravaggio cambiò totalmente l’iconografia: nella prima, l’evento
era rappresentato nel momento della fulminazione divina la cui presenza era visibile nella
presenza di Cristo, con Saulo disarcionato e nell’atto di cadere per l’impennata del cavallo e
con le mani portate agli occhi quale gesto di reazione all’accecamento da intensa
illuminazione.
Nella seconda tela il momento è quello successivo all’illuminazione
divina: il cavallo, che sovrasta la tela, è ormai tranquillo e tenuto
dal palafreniere. Saulo è per terra con le braccia aperte e teso
verso la sorgente di luce e ha gli occhi chiusi.
<Crocifissione di San Pietro>
Nella <Crocifissione> è rappresentato il momento del
sollevamento della croce, sulla quale il santo è già stato
inchiodato, con una inquadratura
ravvicinata che prende per intero
lo spazio della tela. La forma
plastica delle figure viene resa
mediante il colore e la luce nel
senso che le forme, realizzato con
il colore, emergono grazie alla luce e non perché sono
inserite in uno spazio prospettico preordinato. Qui la luce
continua ad avere la funzione di rendere vero l’evento
sacro rivelando la naturalezza dei gesti e degli
atteggiamenti e la verità materiale delle cose come lo
spessore delle stoffe, il carattere degli incarnati e la
venatura del legno.
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A questo stesso periodo risalgono:
la <Cena in Emmaus>
Il soggetto biblico della Cena in Emmaus è l’evento
della rivelazione e del riconoscimento del Cristo sotto la
specie eucaristica. Come sempre Caravaggio riesce a
rappresentare un tema di alto significato dottrinale
come una cena vera tra amici. Stupisce infatti il forte
contrasto tra la serenità di Gesù e l’estremo stupore
degli apostoli. Dal punto di vista tecnico, risalta il forte
effetto di illusione prospettica reso dal piano luminoso
del tavolo col canestro di frutta che vi si sporge e dalle
braccia aperte dell’apostolo il cui gomito e la sedia
sembrano forare il piano ideale della tela.
l’<Amor Vincit Omnia>. Caravaggio eseguì il dipinto per il
marchese Vincenzo Giustiniani. Raffigurò il tema come un
ragazzotto nudo, armato di arco e frecce e di ali vere di
uccello e circondato da una serie di motivi: strumenti
musicali, attrezzi da disegno, un’armatura, un globo, che
avevano un significato simbolico. Doveva trattarsi quindi di
un’allegoria atta alla celebrazione della personalità del
committente. Infatti gli oggetti sono stati spiegati come
interessi del marchese (musica, architettura, astrologia,
letteratura, arte). La figura dell’amor vincitore alluderebbe
all’essere anch’egli un vincitore, maestro di tutte le arti.
il <Sacrificio di Isacco>
l’<Incredulità di san Tommaso>
la<Cattura di cristo>
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Il momento di maggiore affermazione segna l’inizio di una nuova fase nella vicenda umana ed
artistica. Gli anni tra il 1603 e il 1606 vedono ridursi le commissioni pubbliche e soprattutto il
rifiuto di alcune sue opere a dimostrazione delle difficoltà crescenti cui la pittura stava andando
incontro e le scelte stilistiche sempre più radicali di Caravaggio. Sono prova di questa fase:
la <Deposizione>: la salda e compatta
impostazione ricompone il dramma
sacro in una visione più pacatamente
classica.
la <Madonna di Loreto>: provocatoria e nuova nel
rappresentare il tema del pellegrinaggio.
la <Madonna della serpe>: (pala dei palafrenieri) dà ad un difficile tema dottrinario, che è il
ruolo della Vergine nel piano di redenzione dell’umanità
voluta da Dio, tutta l’evidenza di un fatto quotidiano
decidendo di darne una chiave umana: si nota infatti, il
gesto di protezione della madre nei confronti del bambino,
l’ostentata naturalezza della stessa Vergine vestita con i
panni di una popolana dal vestito scollato, il nudo del
bambino non più pargolo, la marcata rugosità di
sant’Anna. Si nota l’interpretazione sempre molto
personale di Caravaggio: la Madonna schiaccia il serpente
con il proprio piede ma Gesù ha anche lui il proprio piede
su quello della madre con tanto vigore che quasi sembra
annullare l’azione materna. Ciò spiega l’idea del Merisi che
è il seme che nascerà dalla donna a schiacciare la testa del 10
serpente. Il Merisi aveva intuito che non si può attribuire un ruolo da protagonista alla
Madonna nell’azione della redenzione che è un gesto, invece, che spetta al figlio.
la <Morte della vergine>: giudicato “sconveniente”
per aver preso a modello della Vergine una donna
vera, di dubbia moralità. L’opera fu rifiutata
probabilmente perché Caravaggio omise ogni
accenno al passaggio diretto al Cielo come invece
voleva la tradizione iconografica per quel tema che
prevedeva invece la raffigurazione dell’anima dell’
anima della Vergine che sale al cielo. Caravaggio
invece concentrò la rappresentazione nel compianto
di un cadavere in cui la madonna appare sotto le
spoglie di una donna comune. Inoltre è stato detto
che aveva fatto con poco decoro la madonna gonfia
e con le gambe scoperte.
Nel 1605 fu costretto a scappare a Genova per circa tre settimane, dopo aver ferito gravemente
un notaio, Mariano Pasqualone da Accumuli, a causa di una donna: Lena, l'amante di Caravaggio.
In seguito alla condanna, Caravaggio è costretto a peregrinare tra Napoli,
Malta e la Sicilia senza mai perdere la speranza di rientrare a Roma. Alla fine del 1606 Caravaggio
giunse a Napoli, nei quartieri spagnoli, dove rimase per circa un anno. La fama del pittore nella
città era ben nota a tutti. I Colonna lo raccomandarono ad un ramo
collaterale della famiglia: i Carafa-Colonna, importanti membri
dell'aristocrazia napoletana. Qui il Merisi visse un periodo felice e
prolifico per quanto riguarda le commissioni:
la più importante, ad opera di un mercante croato di Ragusa, Nicola
Radulovic, fu la <Madonna del Rosario>; l'iconografia del dipinto
venne impostata dal committente stesso che alla fine non acquistò
più l'opera, che venne così modificata dal pittore e collocata
all'interno della Cappella del Rosario nella chiesa dei domenicani.
Genova
Napoli 11
Le <Sette opere di Misericordia>. In tale periodo realizzò una delle sue opere più
importanti, che si rivelerà cardine per la pittura in sud Italia e per la pittura italiana in
genere, la cui composizione, rispetto alle pitture romane, è più drammatica e concitata,
non esistendo più un fulcro centrale dell'azione. Questo sarà di grande stimolo per la
pittura barocca partenopea successiva.
La grande abilità di Caravaggio nella realizzazione dell’ iconografia e
la tradizione figurativa.
L’analisi portata avanti da questi studi mostra le grandi difficoltà che il Caravaggio ha dovuto
superare e la sua immensa abilità nell’ organizzazione del complesso tema iconografico.
Ma al fine di rilevare al meglio la novità rivoluzionaria della realizzazione caravaggesca è doveroso
trattare innanzitutto i precedenti iconografici del tema in questione così da dimostrare che le
precedenti realizzazioni di questo tema iconografico non possono in alcun modo essere accostate
all’invenzione del pittore lombardo che nasce invece da una personale riflessione sul tema. E’ però
comunque da ritenere che egli può aver tenuto presente soluzioni adottate da artisti precedenti o
coevi, tutti italiani e ben identificabili, ma che tali spunti sono stati totalmente risolti e reinventati
in una visione nuovissima e rivoluzionaria.
Sotto il profilo iconografico va precisato che la tradizione figurativa, che parte dal XII secolo fino
ad arrivare al Caravaggio stesso, presenta principalmente la raffigurazione di opere di
misericordia corporali piuttosto che opere di misericordia spirituale. Di queste in origine ne
vengono raffigurate solo sei in accordo con il passo del Vangelo di Matteo 25, 35-36 in cui non
figura la settima opera di misericordia “ il seppellimento dei morti”.
_ Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua maestà, accompagnato da tutti i suoi angeli, allora si
siederà sul suo trono di gloria e davanti a lui saranno condotte tutte le genti; egli separerà gli uni
dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e metterà le pecore alla sua destra, i capri
invece alla sua sinistra. Allora il Re dirà a quelli che stanno alla sua destra: “ venite, benedetti dal
Padre mio, prendete possesso del Regno preparato per voi sin dall’origine del mondo. Poiché: ebbi
fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste dal bere, ero pellegrino e mi ospitaste, nudo e
mi copriste, infermo e mi visitaste, ero in carcere e veniste a trovarmi”_
Tuttavia il Vangelo stesso di Matteo 14, 12 e 27, 57-61 dice
_ I discepoli di lui vennero a prendere il corpo e gli diedero sepoltura; poi andarono a riferire la cosa
a Gesù_ Quindi è qui che si può trovare un’ allusione al motivo iconografico della settima opera di
misericordia.
La prima raffigurazione delle sei opere entra nel repertorio dell’arte cristiana dopo il Mille.
1. Appare in un avorio del Salterio della Regina Melisenda eseguito a Gerusalemme tra il 1131
ed il 1144 da un intagliatore occidentale. Sulla copertina del Salterio è raffigurato il re
David che compie le sei opere di misericordia secondo l’ordine indicato da Matteo.
2. Subito dopo le prime sei opere appaiono in una miniatura della Bibbia dell’ Abbazia di
Floreffe facente parte di una composizione ispirata alla storia di Giobbe.