ULISSE E IL VIAGGIO
Appunti della lezione di letteratura italiana moderna e contemporanea del
prof. Elli, a.a. 2008-09
Ulisse costituisce quello che alcuni critici contemporanei definirebbero un “discorso” della
civit{ occidentale; per gli storici, un “immaginario” “di lunga durata”, un archetipo mitico che
si sviluppa nella storia e nella letteratura come un costante logos culturale Ulisse
rappresenta l’”archeologia” dell’immagine europea dell’uomo.
Ulisse attraversa le epoche perché è "segno di un'intera episteme", segno e figura che si
evolve, dall'età classica al medioevo, dal rinascimento al romanticismo fino alla modernità,
attraverso diverse "tipologie e canoni". Segno e figura, non significato, che è verità e logica, ma
canone, ossia sequenza storica e letteraria, e immaginario. Di più: Ulisse è figura o ombra il cui
viaggio nel tempo accompagna il nostro, verso l'Ade o verso il nuovo mondo
Ulisse è antico e moderno allo stesso tempo. È una forma multiforme di vita umana piena di
potenzialit{: egli è divenuto icona dell’esperienza, della scienza e della sapienza.
Ulisse come modello di virtù e sapienza che fa da contraltare alla barbarie della guerra
narrata da Omero (Orazio, Basilio di Cesarea, Gregorio Nazianzeno)
Nella Repubblica di Platone ci viene presentata l’anima di Ulisse alla ricerca di una vita per la
prossima reincarnazione rinuncia all’ambizione e alla sofferenza, insomma alle sue
caratteristiche da eroe, e abbraccia la vita di un uomo comune
Appunti di Livia Satriano
www.tesionline.it Antichità classica
Omero- Odissea- Profezia di Tiresia (Canto XI)- nell’Ade, l’indovino Tiresia gli ha predetto
che le sue prove non termineranno con il ritorno in patria. Un’altra Odissea lo attende,
insomma: sui dettagli della quale, peraltro, vi sono non poche incertezze. Nella profezia di
Tiresia, egli viaggerà, portando un remo sulla spalla, fino a quando un altro viandante gli dirà
che regge sulla spalla un ventilabro: in altre parole, sino a che non giungerà presso gente che
non conosce la navigazione. Solo allora, dopo aver piantato in terra il remo e aver sacrificato a
Poseidone, Ulisse potrà finalmente tornare a casa, e restarvi sino a quando "morte dal mare"
(“ex halos”) gli verrà, molto dolce, cogliendolo "vinto da serena vecchiezza" e circondato da
"popoli beati".
Sappiamo che perfino nell’antichit{ l’espressione greca ex halos ha dato luogo ad una lunga
serie di congetture riguardanti la fine di Odisseo, perché nella sua profetica ambivalenza può
valere sia “fuori, lontano dal mare” che “da entro il mare”, prefigurando così o un quieto
trapasso da età estrema o la morte per acqua di un vecchio.
Dunque vi sono due possibili mete del viaggio di Odisseo, entrambe prefigurate già
nell’antichit{. Una è quella che, come abbiamo visto, indica Licofrone, secondo il quale la
destinazione ultima dell’eroe è l’altro mondo per eccellenza: Ade, il regno della morte. L’altra
rimane invece aperta alla speranza. Diversi scrittori romani si chiedono se Ulisse abbia
peregrinato entro i confini delle terre conosciute o aldilà di essi, in un altro nuovo mondo.
Il ritorno racconto di Ulisse è qualcosa che c’è gi{, prima di essere compiuto: preesiste alla
propria attuazione (Calvino)
Odisseo, l’eroe per eccellenza del nostos, del ritorno che s’avvolge su se stesso come un
simbolico labirinto, ha navigato aldilà del suo termine ultimo, verso le tenebre. Da
quest’ombra è poi, vivo, tornato al mondo dei vivi, per fare dei morti racconto ad Alcinoo.
Appunti di Livia Satriano
www.tesionline.it Medioevo
Dante- Divina Commedia
L'Ulisse dantesco è l'eroe che perisce a causa "dell'ardore a divenir del mondo esperto" e della
violazione del limite. È l’eccessivo desiderio di gloria e conoscenza che conduce Ulisse a
peccare di hybris
A Dante che voleva narrare di Ulisse si presentavano tre tradizioni mitiche e letterarie di
grande autorevolezza:
1. Ulisse eroe greco imbroglione, ingannatore, illusionista
2. Ulisse rappresenta il modello della virtù e della saggezza, il vincitore del vizio, il nobile
ricercatore della conoscenza (Cicerone, Seneca)
3. Ulisse legato all’albero della sua nave come prefigurazione di Cristo (“figura Christi”)
Inf. XXVI (Ulisse e Diomede)
Tra il canto XI dell’Odissea e la Divina Commedia si colloca, idealmente, la profezia di Tiresia:
ciò che rappresenta il racconto della tragica fine di Ulisse non è altro che compimento di quel
destino profetizzato da Tiresia
Navigare oltre Gibilterra significa varcare una soglia ontologica, oltrepassare il limite
assegnato all’uomo, in direzione di una tenebra trans naturale
Ulisse è doppio di Dante, quel Dante che nella Commedia compie appunto un viaggio nel
mondo dei morti
Dove va a morire Ulisse? Egli stesso non lo sa. Nell’ambito esteriore, sa di essersi “messo” “per
l’alto mare aperto” e d’aver navigato nel Mediterraneo verso occidente. In quello etico, sa che
l’uomo non deve “mettersi” oltre i “riguardi” segnati da Ercole. Quando però Ulisse raggiunge
e valica la “foce stretta” di Gibilterra, le coordinate geografiche, la conoscenza materiale,
terminano: e, con esse, sembra dimenticata ogni etica e ogni abituale coscienza di sé. Il volo è
ormai “folle”.
Per un istante Ulisse gioisce pensando di aver trovato il mondo nuovo, l’equivoco si scioglie
però subito: sulla soglia della conoscenza ultima l’implacabile precisione della morte spalanca
l’altro mondo davanti a quello nuovo.
Petrarca, nel Trionfo della Fama, rinnova la condanna dantesca dell’eroe perché “desiò del
mondo veder troppo”
Appunti di Livia Satriano
www.tesionline.it