Appunti tratti dalle lezioni del Corso di "Diritto fallimentare" e dall'integrazione con il manuale "Diritto fallimentare" di Lino Guglielmucci e dal codice fallimentare. Viene proposta un'analisi dettagliata del fenomeno relativo alla crisi d'impresa all'interno del codice civile.
Diritto fallimentare
di Salvatore Busico
Appunti tratti dalle lezioni del Corso di "Diritto fallimentare" e dall'integrazione
con il manuale "Diritto fallimentare" di Lino Guglielmucci e dal codice
fallimentare. Viene proposta un'analisi dettagliata del fenomeno relativo alla
crisi d'impresa all'interno del codice civile.
Università: Seconda Università degli Studi di Napoli
Facoltà: Economia
Corso: Economia delle Amministraz. Pub. e delle Istituz.
Internaz.
Esame: Diritto fallimentare
Docente: Riccardo Rossi1. Definizione di diritto fallimentare
Il diritto fallimentare e quella branca speciale del diritto che regola il fenomeno della crisi d'impresa. La
materia è disciplinata in maniera speciale perché ci aiuta a capire come comportarsi quando il patrimonio
non è sufficiente ad onorare debiti verso tutti i creditori in modo pieno ed puntuale. All'interno del codice
civile si parla della crisi d'impresa solamente in maniera velata, infatti: l' art. 2484 c.c. parla della crisi
impresa in maniera indiretta mentre enuncia quelle che sono le cause di scioglimento nella S.p.A., SAPA,
S.r.l. Si tratta di una regola fredda così come quella dettata dall'art. 2485 in materia di obblighi degli
amministratori, i quali "devono senz'indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere
agli adempimenti previsti dall'art. 2484 c.c.". L'art. 2486 c.c.: poteri degli amministratori; art. 2487 nomina e
revoca dei liquidatori, criteri di scioglimento della liquidazione; art. 2487 bis: pubblicità della nomina dei
liquidatori ed effetti; art. 2487ter possibilità di revoca dello stato di liquidazione " previa eliminazione delle
cause di scioglimento della società".
Art. 2489 c.c.: poteri, obblighi e responsabilità dei liquidatori; art. 2490c.c. bilanci in fase di liquidazione. I
liquidatori hanno particolari poteri e doveri previsti dall'art. 2491 c.c. . Essi " possono chiedere
proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti, qualora i fondi disponibili non sono sufficienti per il
pagamento dei debiti sociali" (primo comma). "I liquidatori non possono ripartire tra i soci acconti sul
risultato della liquidazione"... (secondo comma). "Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere un
bilancio finale di liquidazione indicando la parte spettante a ciascun socio o all'azione nella liquidazione
dell'attivo". Questo è quanto previsto dall'art. 2492 primo comma. Tale bilancio presuppone che siano stati
pagati seppur proporzionalmente tutti creditori.
L'art. 2495 primo comma prevede che: "approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono
chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese". Il codice civile quindi delinea una sorta di
sequenza obbligatoria: crisi-liquidazione-cancellazione dunque una procedura fredda, una sola mera
elencazione di passaggi. Nella crisi dell'imprenditore individuale l'unico appiglio significativo previsto
dall'ordinamento e dall'art. 2740 c.c. in tema di responsabilità patrimoniale prevede che: "il debitore
risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri" (primo comma). Il
concetto di crisi è sotteso anche all'art. 1977 c.c. il quale enuncia la "nozione" di cessione dei beni ai
creditori, un'operazione che di certo non viene posta in essere dalla impresa in bonis, quanto piuttosto da
un'impresa in crisi di liquidità, quindi in una situazione patologica.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 2. La crisi dell'impresa
Quando si parla di crisi dell'impresa ci si riferisce a situazioni complesse, che si originano da anomalie
dell'organizzazione. Un'impresa è considerata in senso ampio in crisi quando, per disfunzioni radicatesi nel
tempo o per eventi imprevisti o congiunturali, si trova ad operare in condizioni economicamente inefficienti
o versa in una situazione di diffuso disordine orientativo e gestionale. Possiamo distinguere crisi di legalità e
crisi economiche. Si è in presenza di crisi di legalità quando all'interno dell'impresa la violazione di norme
di legge o regolamentari assume un'importanza tale da esporre al grave pregiudizio gli interessi dei soggetti
coinvolti nella sua attività nonché di mettere a rischio la sopravvivenza dell'impresa stessa.
La crisi economica invece, ha origine prevalentemente da disfunzioni di tipo economico. Quando le diverse
tipologie di disfunzioni si manifestano congiuntamente s'intrecciano allora in una situazione di crisi globale.
Si ha crisi economica quando una serie di anomalie non consentono all'impresa il raggiungimento del suo
obiettivo normale, ossia la creazione di valore e anzi portano l'impresa ad un ulteriore decadenza di ingenti
flussi di reddito, alimentando la produzione di perdite con effetti sull'integrità del patrimonio con
conseguenze e crisi di solvibilità. Le cause principali di queste crisi vanno ricercate nella carenza di
preparazione dei manager e/o in variazione delle caratteristiche dei mercati di sbocco. Le situazioni di
criticità che destano particolare allarme sono individuate negli squilibri economico, finanziario e
patrimoniale. Lo squilibrio economico opera quando i ricavi prodotti dall'attività d'impresa non riescono più
a coprire i costi di gestione e quindi essa opera in maniera antieconomica generando perdite destinate ad
intaccare il patrimonio netto. Lo squilibrio finanziario sia quando l'impresa si finanzia prevalentemente con
mezzi di terzi e quindi il patrimonio netto risulta inadeguato a finanziare le attività programmate per cui si
deve ricorrere all'indebitamento (leva finanziaria) che può risultare vantaggiosa quando il rendimento atteso
è maggiore dei costi di mezzi di terzi, viceversa può innescare una situazione patologica e condurre a una
crisi di solvibilità quando la leva è negativa. Recenti interventi del legislatore intendono contrastare la c.d.
sottocapitalizzazione nominale che si ha quando l'impresa è finanziata non nelle forme del conferimento del
capitale di rischio. Nulla invece stato fatto per combattere la sottocapitalizzazione sostanziale della società
cioè la specifica assenza di capitali adeguati allo svolgimento delle attività programmate.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 3. Lo squilibrio patrimoniale dell'impresa
Infine vi è lo squilibrio patrimoniale che si manifesta quando l'attivo dell'impresa è inferiore alle sue
passività. Ciò nonostante l'impresa potrebbe comunque essere solvibile quando riesce a ottenere da terzi le
risorse finanziarie necessarie ad adempiere alle proprie obbligazioni o quando riesca ad ottenere una parziale
o totale dilazione delle scadenze. La disciplina prevista dal codice civile in materia di crisi implica un
particolare favore per il più forte. Eventuali conflitti possono sorgere tra imprenditore creditore e tra
creditori quando c'è carenza di attivo (attivo inferiore al passivo). In una siffatta situazione vince il creditore
che ha saputo meglio tutelarsi con l'ottenimento di privilegi o altri strumenti. In questo caso le disposizioni
civilistiche non sono sufficienti, è necessario ricorrere ad una disciplina speciale che regoli i comportamenti
in modo che:
a. In caso di in capienza del patrimonio disciplini la spartizione di quanto resti;
b. disciplini quindi il concorso dei creditori;
c. che porti ad un'efficace applicazione del principio della PAR-CONDICIO CREDITORUM, che non
significa dare a tutti lo stesso a dare a tutti lo stesso secondo i medesimi principi;
d. obblighi il creditore a non esperire azioni individuali ma che ci sia il concorso di tutti sul patrimonio del
fallito.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 4. L'insolvenza dell'imprenditore
Pertanto siamo di fronte ad una legge speciale che al verificarsi di un dato presupposto oggettivo quale
l'insolvenza, obbliga l'imprenditore a percorrere una strada prefissata. Questa legge trova i suoi limiti nel
fatto stesso che è nata per tutelare una sola categoria di soggetti: i creditori. Di fronte alla crisi, dunque,
l'imprenditore si trova ad affrontare il fallimento inteso quale procedura punitiva o nel migliore dei casi
disgregativa , il tutto sulla base presupposto oggettivo dell'insolvenza intesa come capacità di far fronte alle
proprie obbligazioni. La vecchia legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942 numero 267) non faceva altro che
aggrovigliare l'impresa su se stessa perché per evitare l'insolvenza l’imprenditore faceva di tutto anche
vendere dei beni dell'impresa ad un prezzo vile e quindi accelerando il cammino verso la disgregazione.
Fino alla riforma del 2006 c’era un sistema che pur assumendo quali principi base:
- il concorso
- La par condicio creditrum
era caratterizzato da:
- elevati costi
- rigidità procedurali
- allungamento dei tempi
- scarsa soddisfazione di creditori
- procedura solo disgregativa.
Nel 1999 queste procedure di insolvenza, disgreganti, diventano tali da terrorizzare la politica, in quanto in
altre imprese di medio-grandi dimensioni la politica non può permettersi la disgregazione.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 5. D.L. 30 Gennaio 1979 N°26
D.L. 30 GENNAIO 1979 N°26 (PRODI) Provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in crisi.
Nel 1979 con il decreto-legge numero 26 viene regolata la crisi delle imprese di grandi dimensioni. Con
questa nuova legge diventa necessario pesare le imprese perché non c'è più uno schema valido per tutte le
imprese ma bisogna tenere conto delle diverse caratteristiche che esse hanno, in particolare quelle
dimensionali. Da questo momento inizia ad acquisire importanza l'impresa con tutti i suoi stakeholder e non
più soli creditori. Si trattava di uno schema procedurale improntato ancora su rapporti privatisti in quanto
prevedeva la ridefinizione dei debiti erariali. Questa legge durata vent'anni prevedeva schemi procedurali
che secondo l'unione europea configuravano aiuti di Stato lesivi alla concorrenza. Nel mila 1999 per ovviare
a questi problemi viene emanata la Prodi-bis, una legge dedicata che costituisce il punto di svolta.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 6. D.Lgs. 8 Luglio 1999
D.Lgs. 8 LUGLIO 1999 N°270 (PRODI-BIS) Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle
grandi imprese in stato di insolvenza.
La legge Prodi bis introduce nel nostro ordinamento una grossa novità per quanto concerne le procedure
concorsuali anche se comunque ha grossi limiti e ha dato adito a tante critiche. La più importante novità che
è stata introdotta è che per la prima volta una procedura concorsuale avviata a seguito dell'insolvenza non
prevede esclusivamente o necessariamente la disgregazione del complesso aziendale. L'innovatività di
questa legge si può cogliere già dall'art. 1 che individua le finalità della stessa nella conservazione del
patrimonio produttivo, infatti recita: "l'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della
grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante
prosecuzione, riattivazione, o riconversione delle attività imprenditoriali". Anche questa legge tiene fermo il
requisito dell'insolvenza poiché il dato monetario è quella più agevole da controllare in questo caso però il
fenomeno dell'insolvenza è considerato un fenomeno reversibile e compatibile anche con il cambiamento
dell'attività cosa per nulla considerata dal 1942 al 1999. L’ordinamento concorsuale può quindi indirizzarsi:
- alla liquidazione
- al risanamento
fino al 1990 invece aveva uno scopo meramente esecutorio-liquidatorio. Quando si proceda al risanamento il
concorso può diventare un limite perché è necessario che il creditore rinunci a qualcosa ma che resti vicino
all'impresa e all'imprenditore; per tenere questo comportamento esso ha bisogno di essere incentivato. Da
qui l'esigenza di tutelare non solo il creditore ma anche l'imprenditore, e il creditore deve trovare nella
ristrutturazione una sua diversa soddisfazione. L'art. 2 della presente legge enuncia che: "possono essere
ammesse all'amministrazione straordinaria … le imprese anche individuali soggetti alle disposizioni sul
fallimento che hanno congiuntamente i seguenti requisiti:
- un numero di lavoratori non inferiore a 200 da almeno un anno;
- debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai 2/3 tanto del totale dell'attivo dello stato
patrimoniale quanto dei ricavi da vendite e prestazioni dall'ultimo esercizio".
Con questa norma il legislatore qualifica l’ insolvenza indicando 2 indici numerici quali caratteristiche che
l'impresa deve avere. Anche il dettato di questo articolo può far sorgere qualche perplessità in quanto offre
un trattamento di favore ad un certo tipo di aziende per cui l’imprenditore potrebbe manovrare gli indici di
bilancio per riuscire ad entrare tra le imprese che possono beneficiare dell'amministrazione straordinaria.
Art. 3: "se un'impresa avente i requisiti previsti dall'art. 2 si trova in uno stato di insolvenza, il tribunale del
luogo in cui essa ha la sede principale sul ricorso dell'imprenditore, di uno o più creditori o del pubblico
ministro (portatore di interessi pubblici) dichiara tale stato con sentenza in camera di consiglio". In pratica
l'insolvenza può rilevarsi un criterio distruttivo perché l'impresa può anche avere un grande attivo (ad
esempio crediti) ed elevati ricavi, ma non incassa quindi non riesce a far fronte ai pagamenti. Comunque per
le imprese che presentano i requisiti previsti dall'art. 2, anche se vi è l'azione del creditore, ma si avvia
l'azione liquidatoria ma recuperatoria.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 7. Art. 8 sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
Quando parliamo di procedura concorsuale, così come ogni procedura facciamo riferimento ad un insieme
ordinato di atti e l'art. 8 elenca gli atti compiuti dal giudice con la dichiarazione di insolvenza. Fin qui la
procedura rimane comunque in una fase iniziale, non si è ancora aperta; quindi con la sentenza dichiarativa
di insolvenza il tribunale nomina il giudice delegato, uno o 3 commissari giudiziali a seconda della rilevanza
complessità della procedura; stabilisce anche se la gestione dell'impresa resta nelle mani dell'imprenditore o
possa passare nelle mani del commissario giudiziale.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 8. Art. 9 opposizione alla dichiarazione dello stato di insolvenza
"con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza può essere proposto opposizione da qualunque
interessato davanti al tribunale che l'ha pronunciata, nel termine di 30 giorni. Il termine decorre per
l'imprenditore dalla data della comunicazione e per ogni altro interessato dalla data dell'affissione.
L'opposizione è proposta con atto di citazione e deve essere notificata al commissario giudiziale, a chi ne ha
richiesta dichiarazione di insolvenza e all'imprenditore se il opponente è persona diversa, in ogni modo
l'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza". Quindi se l'opposizione è stata proposta
dall'imprenditore egli dovrà dimostrare di non essere insolvente, se invece è stata proposta da un creditore
dovrà dimostrare che l'impresa non possedeva congiuntamente i requisiti previsti dall'art. 2; questo perché
può succedere che l'imprenditore per poter entrare in una procedura a lui più favorevole a quelle previste per
le imprese di minore dimensione altera i valori contabili.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 9. Art. 10-11-13-18 revoca della sentenza dichiarativa dello stato di
insolvenza
In seguito alla sentenza che revoca la dichiarazione dello stato di insolvenza "restano salvi" gli effetti degli
atti legalmente compiuti dagli organi della procedura. (2º comma) Proposta opposizione contro la sentenza
dichiarativa dello stato insolvenza, gli effetti della procedura non sono sospesi. (Primo principio
fondamentale
Art. 11
"l'accoglimento dell'opposizione per mancanza dei requisiti per l'amministrazione straordinaria indicati
nell'art. 2 non comporta la revoca dell'insolvenza ma in tal caso il tribunale che ha dichiarato l'insolvenza
dispone con decreto la conversione della procedura in fallimento". Questo perché l'impresa non è medio-
grande ma è piccola impresa.
Art. 13
sancisce che "il tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza è competente a conoscere di tutte le azioni
che ne derivano, qualunque ne sia il valore, eccezion fatta per le azioni reali immobiliari per le quali le
restano ferme le norme ordinarie di competenza". (Secondo principio fondamentale). Questo significa che se
vi è un procedimento aperto presso un altro tribunale questo deve essere assorbito dal tribunale che ha
dichiarato lo stato insolvenza. La procedura concorsuale è quindi un sistema chiuso che attrae a sé tutte le
questioni relative all'insolvenza.
Art. 18
a norma del presente art." sono inefficaci rispetto ai creditori i pagamenti dei debiti anteriori alla
dichiarazione stessa senza l'autorizzazione del giudice delegato". Questo perché consentendo un pagamento
non autorizzato si privilegerebbe un creditore rispetto alla massa degli stessi in frode della par condicio
creditorum.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 10. Art. 19 andamento della gestione dell'impresa al commissario
giudiziale
L'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale, se non stabilita con sentenza
dichiarativa dello stato di insolvenza, può essere disposta dal tribunale con successivo decreto
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 11. Art. 20 crediti sorti della continuazione dell'esercizio
dell'impresa
"i crediti sorti per la continuazione dell'esercizio dell'impresa dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza
sono soddisfatti in prededuzione a norma dell'art. 111 legge fallimentare". Questo significa che questi
creditori saranno soddisfatti prima degli altri e senza decurtazione. (Terzo principio fondamentale).
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 12. Art. 22 avviso ai creditori per l'accertamento del passivo
Ultimo aspetto comune tutti di società è previsto dall'art. 22 (avviso ai creditori per l'accertamento del
passivo) in base a quale: "il commissario giudiziale comunica ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali
mobiliari sui beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro il quale devono far pervenire in
cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato d'insolvenza che
riguardano l'accertamento del passivo". Ciò perché tutti crediti devono essere accertati dagli organi della
procedura e tutti coloro che entro il termine previsto non fanno pervenire le loro richieste non potranno più
vedere soddisfatto il proprio credito. Fuori dalla procedura di accertamento del passivo non si pagano
neanche i crediti in prededuzione, si tratta di una tecnica della procedura liquidatoria che il legislatore
stranamente adotta per una procedura recuperatoria perché l'alternativa finale è sempre la liquidazione La
portata innovativa di questa legge si trova anche nell'art. 27 rinuncia: "Le imprese dichiarate insolventi a
norma dell'art. 3 sono ammessi alla procedura se presentano concrete prospettive di recupero dell'equilibrio
economico delle attività imprenditoriali". Il legislatore che ha finora osservato solamente l'aspetto monetario
della gestione, ossia l'insolvenza a questo punto si sofferma su un aspetto quale quello economico finora
ignorato. Il riequilibrio economico si deve poter raggiungere in uno dei 2 modi previsti dal comma 2 del
presente art.:
A. tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio
d'impresa di durata non superiore ad un anno (programma di cessione di complessi aziendali);
B. tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell’impresa sulla base di un programma di
risanamento di durata non superiore a 2 anni (programma di ristrutturazione).
Vi è da dire però che solo in pochissimi casi si applica secondo metodo, questo perché per potersi applicare
un programma di ristrutturazione ci sarebbe bisogno che l'impresa non arrivasse ad una condizione
patologica estremamente grave cosa che invece in Italia succede quasi mai.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 13. Art. 28 relazione del commissario giudiziale
Entro 30 giorni dalla dichiarazione lo stato di insolvenza il commissario giudiziale depositi in cancelleria
una relazione contenente la descrizione particolareggiata delle cause dello stato insolvenza e una valutazione
motivata circa l'esistenza di condizioni previste dall'art. 27 ai fini dell'ammissione alla procedura e quindi
circa la possibilità di risanamento.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 14. Art. 29-30 parere del ministro dell'industria e osservazioni
Nei 10 giorni successivi alla ricezione della reazione commissario giudiziale il ministro dell'industria,
deposito in cancelleria il proprio parere in ordine all'ammissione dell'impresa all'amministrazione
straordinaria. Si tratta fondamentalmente di una coabitazione tra potere giudiziale (commissari) e un potere
politico-esecutivo (ministero).
Art. 30
A norma dell'art. 30 e il tribunale entro 30 giorni dal deposito della relazione, tenuto conto del parere e delle
disposizioni depositate dichiara con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione
straordinaria, se sussistono le condizioni indicate dall'art. 27. In caso contrario dichiara il fallimento. In
pratica presupposto del fallimento è l'insolvenza ma alla fine ciò che la fa scattare non è il cash flow quanto
piuttosto l'incapacità di recuperare l'equilibrio economico. In virtù di quest'art. l'insolvenza non è più un
fenomeno irreversibile in quanto l'accento si sposta dal fenomeno monetario a quello produttivo
recuperatorio. Quindi il fallimento non si dichiara solo perché non si paga o si paga male ma soprattutto
perché non ci sono possibilità di recuperare la redditività.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 15. Art. 69 conversione in corso di procedura
Qualora, in qualsiasi momento nel corso della procedura di amministrazione straordinaria, risulta che la
stessa non può essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario dispone la
conversione della procedura in fallimento.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 16. Art. 70 conversione al termine della procedura
Il tribunale su richiesta del commissario straordinario (ad esempio quando i costi della procedura sono
eccessivi) dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento:
- quando essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia
ancora sopravvenuta in tutto in parte alla scadenza del programma, salvo quanto previsto dall'art. 66
(proroga del termine di scadenza del programma).
- Quando essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione l'imprenditore non abbia recuperato la
capacità di soddisfare regolarmente le proprie applicazioni alla scadenza del programma.
Per quanto riguarda il primo punto per gestire le imprese si continuano a spendere soldi dei creditori, mentre
per quanto riguarda il secondo punto il sistema va in tilt perché si è entrati nella procedura in virtù dei
requisiti economici e si dovrebbe uscire in virtù dei requisiti monetari come se i requisiti dell'art. 27 non
esistessero.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 17. Art. 37 vigilanza sulla procedura
"La procedura di amministrazione straordinaria si svolge ad opera di uno o 3 commissari straordinari sotto la
vigilanza del ministero dell'industria salve le competenze del tribunale del giudice delegato".
In realtà questa è una procedura macchinosa in cui la prima fase, quella di ammissione è a carattere
giudiziale, la seconda, di attivazione a carattere amministrativo. Durante la prima fase la gestione rimane
parzialmente nelle mani dell'imprenditore, mentre durante l'attuazione del programma è affidata dal
ministero dell'industria al commissario straordinario. Di solito il ministro dell'industria conferma quali
commissari straordinari quelli nominati dal tribunale come commissari giudiziali."Il commissario
straordinario ha la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente e dei soci
illimitatamente responsabili ammessi alla procedura". Infatti l'art. 40 stabilisce come una procedura che
tende al recupero dell'impresa e quindi risanatoria ha una fase espropriativa che consiste nella sottrazione
del patrimonio dell'imprenditore. Mentre nella fase di ammissione c'è il controllo del tribunale solo
eventualmente la sostituzione dell'imprenditore, in questa fase c'è una sanzione a carico dell'imprenditore
insolvente in quanto incapace di recuperare le sue condizioni viene privato dalla gestione e affidata al
commissario straordinario.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 18. L'art. 42 il controllo preventivo sugli atti del commissario
straordinario
L'art. 42 prevede il controllo preventivo sugli atti del commissario straordinario: "i quali sono soggetti ad
autorizzazione del ministero dell'industria, sentì del comitato di sorveglianza:
- Gli atti di alienazione di affitto di aziende e di rami d'aziende;
- gli atti di alienazione e di locazione di immobili e di costituzione di diritti reali sui medesimi, gli atti di
alienazioni di beni immobili in blocco, di costituzione di pegno e le transazioni, se di valore indeterminato o
superiore a € 206.582,76".
C'è quindi una forte componente di controllo pubblico per cui la gestione dell'impresa diventa fortemente
centralizzata, si tratta di una procedura burocratizzata, macchinosa e rigida che prevede l'intervento del
ministero e rende impossibile il risanamento. È una legge che di fatto costituisce una liquidazione guidata,
gestita da altri, intrapresa solo in quanto obbligatoria.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare 19. Art. 45 nomina del comitato di sorveglianza
"Il comitato di sorveglianza è composto da 3 o 5 membri nominati dal ministero dell'industria di cui uno o 2
scelti tra i creditori chirografari". Da quest'art. emerge la contraddizione in termini propri di questa
procedura in quanto l’organo di sorveglianza di una procedura risanatoria, è composto, cioè condizionato nel
voto, da creditori chirografari, soggetti interessati solo alla liquidazione. Le funzioni del comitato di
sorveglianza contenute all'art. 46 non fanno altro che rallentare ulteriormente la procedura.
Salvatore Busico Sezione Appunti
Diritto fallimentare