Riassunto del libro "Arabi per lingua, ebrei per religione". Nel testo viene preso in considerazione l'insediamento ebraico in Sicilia, la loro cultura e le loro tradizoni, la costituzione della loro società e del loro ordinamento oltre che il rapporto con i siciliani cattolici.
Storia medievale
di Gherardo Fabretti
Riassunto del libro "Arabi per lingua, ebrei per religione". Nel testo viene preso
in considerazione l'insediamento ebraico in Sicilia, la loro cultura e le loro
tradizoni, la costituzione della loro società e del loro ordinamento oltre che il
rapporto con i siciliani cattolici.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia medievale
Docente: Clara Biondi
Titolo del libro: Arabi per lingua, ebrei per religione
Autore del libro: Henri Bresc
Editore: Mesogea
Anno pubblicazione: 20011. Caratteristiche della Sicilia della Geniza
LA FONTE. Conosciamo la società ebraica siciliana dei secoli 1000 e 1100 grazie alla corrispondenza con
l'Oriente rimasta conservata presso la Geniza di Fustat, oggi Vecchio Cairo. Chiamiamo Geniza quella parte
della sinagoga destinata a servire da deposito, principalmente delle opere che trattino argomenti religiosi
redatti in ebraico, divenuti inutilizzabili, in attesa che esse siano sotterrate in un cimitero, dal momento che è
proibito categoricamente gettare documenti scritti in cui compaia uno dei sette Nomi sacri di Dio, ivi
comprese le lettere personali e i contratti legali che - allo stesso modo dell'Islam che prevede l'abbondante
uso della basmala - si aprono con un'invocazione a Dio. In pratica le ghenizot contengono anche documenti
profani, che abbiano o meno la formula d'invocazione tanto usata, come pure i documenti redatti in altre
lingue che non siano l'ebraico, ma che utilizzino l'alfabeto ebraico (è questo, tra gli altri, il caso degli idiomi
giudeo-arabi, del giudeo-persiano, del Ladino, del yiddish). Esisteva la consuetudine ( minhag ) consistente
nella raccolta solenne del materiale posto nella gheniza, prima che esso fosse sotterrato nei cimiteri. Le
sinagoghe di Gerusalemme seppellivano il contenuto della gheniza dopo sette anni, così come negli anni di
siccità, al fine di favorire la caduta della pioggia. La gheniza di gran lunga più famosa, per l'importanza
quantitativa e qualitativa dei testi che vi erano stati depositati, è proprio quella del Cairo, scoperta nel 1864
da Jacob Saphir, e dapprima studiata da Solomon Schechter e, più tardi, dall'orientalista Shlomo Dov
Goitein. La Gheniza del Cairo è il luogo in cui fu radunato materiale manoscritto ebraico che data fra l'870 e
il 1880. Il materiale giaceva nella gheniza della sinagoga di Fustat (Antica Cairo), in Egitto, dove era stato
depositato dagli israeliti di Palestina emigrati al Cairo in età aghlabide (dall'800 al 900 circa, fu la dinastia
che nell'827 mosse alla conquista della Sicilia) e poi fatimide. Una provvidenziale dimenticanza evitò il
rituale seppellimento del materiale da parte della comunità ebraica, regalando agli storici una delle più
importanti documentazioni autografe dell'attività commerciale e della vita sociale dell'Ebraismo in Egitto.
La vera rivoluzionaria scoperta riguarda l'attività mercantile ebraica in età fatimide e la presenza di società
miste ebraico-islamico-cristiane, in un clima di sostanziale tolleranza garantito dal regime ismailita dei
Fatimidi del Cairo, tali da obbligare a una riscrittura della storia economica nei secoli IX, X e XI.
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Storia medievale 2. La corrispondenza tra Sicilia, Maghreb ed Egitto
C'è una fittissima corrispondenza tra Sicilia, Maghreb ed Egitto e la posta veniva inoltrata attraverso
messaggerie private, la cui trasmissione era assicurata tramite corrieri professionali, consentendo una fitta
rete di relazioni mercantili e familiari, garantendo l'unità religiosa e giuridica e il buon funzionamento
istituzionale della comunità ebraica. D'estate le lettere partivano per via marittima mentre d'inverno
venivano spedite a Mahdiyya (attuale Tunisia) da dove seguivano le vie carovaniere per l'Egitto. Le lettere
erano scritte su carta, materiale prezioso e per cui sfruttato in ogni singolo spazio. La lingua usata in queste
lettere era naturalmente l'arabo, usato anche dagli ebrei essendo lingua ufficiale del Dar al Islam, traslitterato
in un corsivo ebraico incerto ma accurato nella calligrafia, che lascia supporre l'esistenza di scribi
specializzati, di solito studenti talmudisti e commentatori della Bibbia. Le lettere si aprono tutte con formule
religiose e proprio per questo erano conservate nella geniza. La corrispondenza costituisce il basamento di
una economia molto rarefatta basata sugli scambi di prodotti preziosi, che garantivano elevati margini di
guadagno. Va da sé quanto fosse considerata importante la circolazione di notizie e informazioni
commerciali. Queste lettere obbediscono ad un ben preciso codice professionale e sociale, così indirizzi,
preamboli e sottoscrizioni rispecchiano le relazioni interpersonali regolate dallo Jah con la classificazione
dell'interlocutore che può essere figlio, fratello o amico. La corrispondenza dunque cementava il rapporto tra
consanguinei.
IL VIAGGIO. Questa corrispondenza rivela un movimento migratorio in tutte le direzioni che ha certamente
favorito l'arabizzazione del loro linguaggio e quindi i processi generali di acculturazione da cui originale la
loro economia mercantile. Dalla Sicilia i giovani si spostano in Ifriqiyya (Tunisia) o in Egitto, da parenti o
mercanti che hanno relazioni d'affari con la loro famiglia, mentre in Sicilia si trasferiscono gli Orientali, gli
Africani e alcuni Andalusi. La Sicilia appare un oasi di pace specie dopo la conquista normanna, mentre in
Africa infuriano le rivalità tra Ziriti della Tunisi. Un'isola vista come un buon luogo dove fare affari ma
dove si avverte un profondo disagio dal punto di vista morale e religioso. Il viaggio in Sicilia è un percorso
sempre tormentato a quanto leggiamo nelle lettere: assalti di pirati, tempeste e addirittura rapine da parte dei
marinai delle navi che li trasportavano. Gli spostamenti ebraici tra il 1000 e il 1100 sono massicci e gli ebrei
erano il vero lubrificante degli scambi tra Sicilia e Africa.
Da quello che leggiamo la Sicilia non si distingue da un insieme che comprende Ifriqiyya, parte dell'attuale
Algeria e la Tripolitania. Le lettere dànno l'immagine di una attività commerciale centrata sul traffico delle
spezie e delle droghe ma i mercanti siciliani sono anche importatori e rivenditori di impressionanti quantità
di lino egiziano, la più importante fibra tessile vegetale dell'epoca. La Sicilia sembra dunque possedere una
industria tessile di altissima qualità e di grande richiesta, supposizione confermata anche dalla richiesta di
importazione di sali di ammoniaca, legno di brasiletto, garanza, indigo e lacca, tutti prodotti fondamentali
per il settore settile. Altri affari si basano su consumi imposti dalle esigenze rituali, come l'olio d'oliva. La
Sicilia invece è una grossa esportatrice di seta greggia, nel quale commercio gli ebrei rivestivano un ruolo di
prima categoria; forniva anche grosse quantità di corallo in balle, destinato però soprattutto all'India. I
mercanti ebrei di Sicilia forniscono poi anche metalli e monete, comprando oltre al piombo anche grandi
quantità di quarti di dinaro siciliani, acquistati in cambio di dirhems d'argento.Da cosa dipende l'importante
ruolo dei mercanti ebrei? Dal loro sapere tecnico, dalla loro apertura linguistica e dalla loro prossimità con
gli artigiani di lusso, che forniscono materie prime altrettanto lussuose.
I mercanti ebrei rappresentano dunque la struttura portante della circolazione tra la Sicilia e l'Oriente. Siamo
lontani dall'immagine stereotipata della Sicilia esportatrice di prodotti agricoli, commercio che riprenderà
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Storia medievale piede solo sotto i Normanni e si svilupperà nel 1200.
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Storia medievale 3. Il rapporto tra ebrei e musulmani in Sicilia (1200)
L'INSEDIAMENTO EBRAICO IN SICILIA. Giuridicamente le comunità sono presiedute da un Beth Din
(un tribunale) e amministrate dagli anziani. Ogni comunità è organizzata in un Qahal (una sorta di comunità
teocratica) con un tribunale, e dispone di beni comuni, di un cimitero e di un patrimonio immobiliare.
Questa forma articolata di organizzazione, tra le altre cose, tutelava i mercanti ebrei contro gli eccessi del
fiscalismo musulmano.
I RAPPORTI CON LE MAGGIORANZE. Il corpus delle lettere tace di eventuali tensioni tra ebrei di Sicilia
e musulmani prima del 1070 e, dopo questa data, con la maggioranza cristiana. Si nota in primo luogo
l'assenza di una regolamentazione particolare, che essa fosse fiscale o poliziesca, nei confronti degli ebrei,
sia durante il regime kalbita sia sotto i Normanni. Sembra insomma che vi fosse una decisa assenza di
fiscalismi discriminatori in entrambi i periodi. È chiaro comunque come le occasioni di tensioni non
mancassero. Un primo indizio è la piccola ondata di conversioni all'ebraismo sia in Sicilia che in generale
nel continente italico. Questa conversione si colloca nel polemico contesto di dibattito tra cristiani ed ebrei e
se le manifestazioni di intolleranza anti ebraica si sono comunque verificate, esse non furono mai di
importanza rilevante, considerata anche la grande frammentazione religiosa della Sicilia.
L'EREDITÀ DELLA GENIZA. Intorno al 1200 anche se i rapporti tra ebraismo siciliano e mondo egiziano
vanno progressivamente allentandosi, troviamo una società particolare modellata sull'ebraismo orientale. Le
autorità ebraiche ecumeniche rimangono quelle di Palestina e di Baghdad e la halakhah si è imposta come
regola di vita individuale e comunitaria. Le autorità locale si sono affermate, divise in magistrati, cantori e
rabbini. Le relazioni col mondo islamico rimangono comunque molto forti e permettono di accogliere in
Sicilia alcune comunità fuggite alla pressione almohade. L'arabo del resto rimane la lingua vernacolare
anche se il senso del suo uso si modifica: da garanzia di integrazione a protezione del gruppo; in ogni caso
offriva l'occasione di contatti culturali e commerciali con l'Africa. La specificità dell'ebraismo siciliano
all'interno del mond islamico è forte: il Talmud si è imposto dappertutto, prima come regola universale e in
seguito come base della riflessione e dell'interpretazione dell'halakhah senza grosse opposizione karaite,
come invece era accaduto in Spagna. Il protrarsi del dominio musulmano in Sicilia ha fatto sì che si
applicassero, almeno per un certo periodo, le leggi e le usanze discriminatorie universalmente usate nel Dar
al Islam. Lo Stato Normanno sembra averle riprese: il pagamento della jizya da parte delle minoranze;
l'obbligo almeno teorico di portare un segno di riconoscimento; la proibizione di costruire nuove sinagoghe.
Rimane tuttavia il fatto che gli Ebrei godessero di ampia protezione ed erano tassativamente vietate
manifestazioni di intolleranza nei loro confronti.
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Storia medievale 4. La conquista normanna della Sicilia
IL CAMBIAMENTO DELL'ETÀ NORMANNA E IL NUOVO STATUTO DEGLI EBREI. La conquista
normanna della Sicilia mette sotto il loro dominio una folta popolazione ebraica. Gli ebrei conservano il loro
particolare ruolo di immigrati privilegiati, anche se forzati. Sotto Ruggero II (1095 – 1154) infatti gli Ebrei
della Grecia centrale, di Corinto, Tebe e Atene erano stati deportati in Sicilia. Rimane insomma la libera
applicazione delle regole comuni all'Islam e al diritto romano, che continua ad assicurare la libertà religiosa,
la protezione delle antiche sinagoghe e il diritto di proprietà. C'è però qualcosa di maggiore di una semplice
tolleranza di fatto, quanto un vero e proprio ecumenismo ruggeriano testimoniato da una iscrizione funeraria
di Anna, moglie di un membro del clero di Ruggero II, redatta in tre lingue – arabo, greco e latino – e in
quattro caratteri (latino, greco, arabo ed arabo con caratteri ebraici). Non vi è alcuna traccia di regole dirette
a limitare il diritto di proprietà. La fiscalità è uguale per tutti tranne che per lo storno delle rendite fiscali
possedute da ebrei. Gli ebrei poi svolgevano per contro del re alcuni incarichi amministrativi come quello
della gestione del monopolio della seta greggia e della tintura, ma non quello fiscale, affidato ai cristiani di
Sicilia e Calabria, greci per rito e arabi e greci per lingua, allenati alla gestione amministrativa e animati da
una forte ideologia dello Stato imperiale cristiano restaurato e vincente.
Si fa strada ben presto anche il riconoscimento di una vera e propria terra iudeorum, una convalida ufficiale
delle istituzioni ebraiche. Per i Normanni gli ebrei erano un gruppo subalterno dedicato a servizi economici
come il commercio e il prestito. Le Costituzioni di Melfi sanciscono una vera e propria convergenza tra
ebrei e funzioni di prestito di denaro, e li esonerano dalle sanzioni contro l'usura. Non si trattava comunque
di una attività monopolistica.
Gli ebrei continueranno a sentirsi più vicini ai musulmani (presso i quali erano liberi di prestare servizio
senza abiurare la propria ideologia) piuttosto che ai cristiani, abitanti della terra di Edom, dei pagani che
solo con le costituzioni di Federico III si riveleranno nella loro atrocità.
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Storia medievale 5. L'ebraismo degli ebrei siciliani (1200)
L'arabismo degli ebrei siciliani si fonda su tre punti: uso prolungato della lingua scritta e parlata,
l'onomastica in gran parte fedele alla tradizione della Geniza e la sopravvivenza di elementi di cultura
materiale. L'arabismo degli ebrei siciliani era stato rafforzato nel 1239 dalla massiccia immigrazione
proveniente da Gharb, una regione dell'attuale Marocco e dalla sporadica ma costante corrente di famiglie o
individui provenienti dal Maghreb, che trovavano in Sicilia un impiego o l'occasione di commerciare con
Africa ed Egitto. Le relazioni col Maghreb furono sempre strette e gli ebrei di Trapani e Mazara
agevolavano il riscatto dei prigionieri musulmani. Ebrei, maltesi e panteschi erano gli unici sudditi del re di
Sicilia a parlare arabo e quindi gli unici a poter svolgere la professione di interprete e traduttore. L'arabo
faceva parte degli elementi culturali indispensabili per il mercante ebreo siciliano che da una parte poteva
utilizzare un campo di relazioni privilegiate col mondo musulmano e dall'altro poteva imporsi agli ebrei
venuti dal nord.
L'ARABO DEGLI EBREI DI SICILIA E LA SCELTA DEL NOME. L'arabo è parlato in Sicilia fino al XIV
secolo e in alcuni casi è l'unica lingua parlata. Nell'identità degli ebrei siciliani l'arabo svolge un ruolo di
fondamentale importanza perché il suo uso mantiene rigorosamente le distanze con la maggioranza cristiana,
che aveva abbandonato quella lingua intorno al 1330 e si rivolge agli ebrei per riannodare i legami col
recente passato. A partire dal 1300 si forma dunque un inesorabile processo di latinizzazione linguistica che
metteva in pericolo la compattezza dell'ebraismo siciliano. Un tema funzionale al nostro discorso è
l'evoluzione dei nomi di persona degli ebrei siciliani nell'arco temporale che va dal 1250 al 1492: si passa
dal 53% di nomi di persona arabi o arabizzati del 1250 al 10,4 % del 1492.
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Storia medievale 6. L'influenza della lingua araba in Sicilia (1200)
LA LINGUA SCRITTA E LA LINGUA PARLATA. Gli inventari delle biblioteche attestano innanzitutto la
presenza presso gli ebrei siciliani di alcuni libri scritti in grafia araba, chiamata moriscu. Essendo solo
quattro volumi (uno a TP, due a PA e uno a Caltabellotta) i redattori dell'inventario ne furono attratti. La
lettura di questi volumi era però molto difficile e su quattro opere l'inventariante è riuscito a identificarne
una sola, chiamandola genericamente Glosse e chiarimenti su alcuni vocaboli della Bibbia in moriscu. Dalla
descrizione capiamo dunque che l'opera è una sorta di shorashim, di elenco di principi base. È evidente
dunque che i medici e gli scienziati ebrei potevano consultare direttamente le opere fondamentali in arabo
come quelle di Maimonide e Avicenna senza dover passare dalla traduzione ebraica. È chiaro come l'arabo
conservasse un ruolo particolare nella cultura degli ebrei di Sicilia, che anche quando parlavano in romanzo
o in latino non possedevano i relativi testi, al contrario di quelli arabi.
Nel 1200 la funzione di traduttori di testi arabi è stata a lungo divisa tra gli scienziati ebrei, medici e rabbini
allo stesso tempo, e un gruppo antico di notai e giudici in gran parte di origine cristiano – araba. Un altro
elemento importante da notare è l'utilizzo del moriscu in lettere di cambio e documenti mercantili, che
serviva a scoraggiare curiosi e concorrenti.
L'arabo parlato dagli ebrei siciliani era invece un dialetto maghrebino, così almeno risulta dai testi analizzati
da Wettinger. Questi testi sono riassunti ad uso personale di dichiarazioni destinate ad illustrare atti latini di
procedura davanti a tribunali o liste dotali. Si propongono quindi con elementi di lessico giuridico e
permettono di osservare direttamente il mondo degli oggetti e della realtà domestica quotidiana. Ci si è
chiesto il perché gli ebrei palermitani abbiano sentito il bisogno di riassumere in arabo, e in caratteri ebraici,
il nocciolo degli atti processuali in loro possesso. La risposta è stata che essi non sono tanto fogli di pratica
utilità ma vere affermazioni di originalità dei possessori in un'ottica di appartenenza comunitaria.
In dettaglio l'ortografia e il vocabolario presentano numerose particolarità, una evoluzione nel senso della
maggiore latinizzazione e l'abbandono di una parte del sistema fonetico. La sintassi e la morfologia
rimangono invece quelle di un dialetto arabo. In generale nei testi arabi degli ebrei siciliani il lessico si apre
alle parole siciliane. L'arabo comunque rimane per gli ebrei di Sicilia un qualcosa che li lega al passato, ma
anche un segno di riconoscimento, di differenziazione religiosa; inoltre esso potrebbe essere stato la lingua
della sfera privata.
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