Appunti utili per l'esame di - Antropologia - in cui si esamina il testo "Si fa presto a dire cotto" di Marino Niola. Vengono esplorate, sotto l'aspetto antropologico, le varie modalità di preparazione del cibo, i rituali e l’interpretazione della cucina nelle diverse culture, offrendo ai lettori qualche curiosa differenza fra le varie popolazioni mondiali.
Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture
di Anna Carla Russo
Appunti utili per l'esame di - Antropologia - in cui si esamina il testo "Si fa
presto a dire cotto" di Marino Niola. Vengono esplorate, sotto l'aspetto
antropologico, le varie modalità di preparazione del cibo, i rituali e
l’interpretazione della cucina nelle diverse culture, offrendo ai lettori qualche
curiosa differenza fra le varie popolazioni mondiali.
Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa -
Napoli
Facoltà: Scienze della Comunicazione
Esame: Antropologia
Titolo del libro: Si fa presto a dire cotto
Autore del libro: Marino Niola
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 20091. Mangiare è questione di regole
Mangiare, l’atto apparentemente più naturale è in realtà complesso. Proprio come il linguaggio,
l’alimentazione costituisce una cerniera tra natura e cultura: appartiene ad entrambe poiché articola funzioni
fisiologiche e significati storici e culturali.
Levi Strauss sostiene che la cucina da una parte risponde alle esigenze del corpo e dall’altra dipende dalla
maniera particolare con cui, nelle varie parti del mondo, l’uomo si inserisce nell’universo.
La cucina è dunque un articolazione tra cultura e natura.
Anche per tale ragione l’alimentazione può essere paragonata al linguaggio, il rapporto degli uomini con
l’alimentazione è analogo. Entrambe obbediscono a regole inconsce apprese alla nascita. Le prime
esperienze alimentari lasciano tracce indelebili che resistono ai cambiamenti di ambiente e cultura (es
emigrazione). Molte delle categorie e dei valori che articolano il campo alimentare sono costruite dalla
nascita attraverso una serie di complessi processi di interiorizzazione come quelli del linguaggio.
Recentemente è stato scoperto un quinto gusto, “umani” percepibile soprattutto nel parmigiano, nella salsa
di soia, noto da molto in oriente.
Il gusto traduce spesso compatibilità, tabù, preferenze (religiose, sociali, economiche) nei termini
apparentemente naturali e oggettivi del buono e del cattivo (si pensi come per ogni religione sia deplorevole
mangiare un determinato cibo).
Mangiare è dunque dire e fare al tempo stesso.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 2. Cucina e gastronomia
Cucina – secondo il comune modo di intendere è l’insieme dei modi e delle tecniche mediante il quale ogni
società trasforma la natura in alimenti.
Gastronomia – l’arte di ben preparare e cucinare le vivande
È ricorrente l’idea che solo nelle cucine complesse si elabori una gastronomia mentre la maggior parte delle
società primitive e contadine viva di sussistenza, questo però è un ragionamento privo di fondamento.
Ciascuna cultura ha dei piatti speciali, e ognuna proietta le sue particolari categorie culinarie sulle altre,
finendo per giudicare in modo etnocentrico tutti coloro che hanno abitudini alimentari diverse. Cosi gli altri
vedono sempre stigmatizzata la loro diversità.
Ogni cucina ha la sua gastronomia, ovvero dei principi di eccellenza che costituiscono la sublimazione
estetica della sua grammatica alimentare per quanto semplice essa sia.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 3. La commestibilità e le sue regole
Nella maggior parte delle culture il criterio che fissa cosa è commestibile e cosa non lo è si basa su una serie
di categorie, vicino/lontano; simile/diverso; umano/animale e cosi via.
La nostra cultura ad esempio non ritiene commestibili specie vicine all’uomo come il cane, in molte culture
come quelle dei paesi scandinavi il macellaio di cavalli è ritenuto impuro e non può accostarsi alle case,
l’uccisione del cavallo è paragonata all’uccisione di una persona.
Se il consumo delle specie animali considerate troppo vicini e simili ispira repulsione è perché in molte
culture vige il divieto di mangiare ciò che è in stretto rapporto con il “sé”, la forma più radicale è quella che
appunto vieta il cannibalismo.
I criteri naturali che sanciscono la vicinanza e l’affinità tra uomini e animali sono variabili nello spazio e nel
tempo (I pitagorici non mangiavano il bue né le fave).
Neanche le specie troppo lontane vengono mangiate e il disgusto dipende da ragioni simboliche, come
avviene per gli insetti e i serpenti nella nostra cultura.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 4. Il puro e l’impuro a tavola
Un altra categoria che determina le scelte alimentari è quella del Puro e dell’Impuro che si accosta spesso
alla sessualità.
In molte società è tabù mangiare in compagnia della propria suocera, in altre la commensalità tra sessi
diversi è proibita. Mangiare è associato alla sessualità perché la commensalità equivale a una relazione
intima.
In Tunisia le donne non possono mangiare con gli uomini. Nell’india antica l’ordine delle caste ha un
espressione nel cibo e nelle gerarchia alimentari.
Distingue varie categorie di alimenti:
Cibo Crudo – che può essere offerto e accettato da ogni casta poiché non trasmette impurità.
Fritto, Bollito, Cibo preparato da altri – comportano contaminazione in funzione della posizione sociale di
chi lo ha preparato. I cibi preparati da una casta superiore o pari sono mento contaminati.
I cibi sono gerarchizzati in termini di purezza: i legumi sono considerati puri più delle carni, le carni di si
dividono in: uova, pesce, carne di bue che è la più impura.
In india come altrove regna l’idea che il cibo cotto rechi la traccia di chi lo ha preparato.
Una delle ragioni dell’esclusione femminile è il timore della contaminazione derivante dall’impurità
naturale che molte culture attribuiscono alla donna, vittima spesso di incantesimi.
Questo timore femminile è della strega. La strega nell’immaginario collettivo è identificata da una serie di
connotazioni alimentari (come il fatto che si nutre di bambini e mangia senza sale) e da una sessualità
peccaminosa.
Inoltre come ritenevano gli inquisitori le donne sono deboli e per questo anche la migliore delle mogli
potrebbe trasformarsi in una strega, questa visione della natura della donna debole deriva da Eva.
Il sale già nel mondo romano era caratterizzato sacro connesso all’immortalità degli dei, nel mediterraneo,
soprattutto in Italia si ritiene che il sale sia aborrito dalle streghe e possa scongiurare fatture e male.
Con il tempo queste credenze sono diventate degli stereotipi secondo le quali gli uomini sono cuochi
migliori delle donne, che si lascerebbero distrarre troppo facilmente.
J. P. Aron delinea un quadro di tutti gli stereotipi che i secoli precedenti formulavano in termini religiosi: la
debolezza, la vanità, l’inaffidabilità, che suggeriscono di tenerla sotto controllo.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 5. Caviale e lenticchie
Le considerazioni sull’abbondanza e la scarsità che secondo molti studiosi del fenomeno alimentare
sarebbero determinanti nell’articolazione delle gerarchie dei cibi e delle scelte culinarie acquistano senso
solo a condizione di interagire con fattori sociali e simbolici, con i valori religiosi, insomma con i diversi
aspetti della cultura di un popolo.
I pescatori dell’oceano indiano considerano i crostacei cibo non pregiato, anche in sardegna i mangiatori di
pesce erano considerati persone di infimo ceto.
Molto spesso è proprio la scarsità che determina la rarità di un prodotto. In tutte le società esistono cibi che
funzionano da indicatori di status; è il caso delle spezie nella cucina europea che costituiscono un
ingrediente fisso di menù aristocratici fino alla fine del 17 sec quando esse vengono in parte abbandonate
perché ormai troppo abbondanti.
Anche la carne che per secoli ha rappresentato per secoli l’ideale alimentare ma ha smesso negli anni 70 con
la diffusione del benessere, di essere prodotto di prestigio.
Oggi, paradossalmente, le fasce di mercato più ricche guardano con rinnovato interesse quei prodotti
integrali e quei legumi che a lungo sono stati i cibi dei poveri. Accanto alla qualità un altro fattore
determinante è la quantità, la possibilità di gettare via il cibo è considerata segno di abbondanza e
generosità. Da qui derivano credenze come quella che non bisogna raccogliere il cibo caduto sotto la tavola.
In molti paesi europei e non, il segno dell’abbondanza sono corpi grassi come ideale di bellezza,
quest’estetica si riflesse anche nelle opere di grandi come Tiziano e Rubens.
Ancora oggi in alcune aree del mezzogiorno ci sono credenze simili, si usa infatti mettere un cuscino sotto la
maglia del morto per farlo essere grasso per il suo ultimo viaggio.
Prima solo i poveri erano magri.
Con l’ascesa della borghesia nell’800 hanno luogo vere e proprie guerre di status.
Oggi in occidente l’abbondanza ha messo al bando le sue forme per indirizzarsi ad una magrezza, prima
segno di bisogno. La gerarchia dei simboli alimentari si è invertita. Per i poveri tra l’altro è difficile stare
dietro ai ricchi che cambiano in continuazione i loro ideali.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 6. Le credenze contadine e la figura femminile
Se l’abbondanza ha i suoi simboli positivi nelle figure maschili, è soprattutto nelle figure femminili che si
concretizzano i fantasmi della sterilità causata dalla rottura dell’ordine del mondo.
Nelle culture contadine si riteneva che le donne che passassero per i campo li rendevano sterili.
Gli indiani d’america credevano che le donne mestruate se incontravano un ammalato lo facevano
peggiorare, che se posavano lo sguardo su il cibo che l’uomo stava per mangiare questi si sarebbe ammalato.
Rinchiudevano le donne nelle capanne isolate.
Anche nella nostra cultura esistono una serie di credenza circa i danni provocati dalle mestruazioni, già ce
ne parlava Plinio, secondo cui le donne rendevano sterili le piante, facevano cadere prima i frutti.
Il flusso femminile però è visto anche come forza e potenza.
L’eco di tali credenze è giunto ai giorni nostri (secondo cui le donne non possono fare conserve di
pomodoro o salse come la maionese durante il ciclo, o non possono toccare le piante). Il senso di queste
credenze sembra consistere nella legittimazione ideologica dell’esclusione, almeno periodica, della donna
dalla cucina e dai valori alimentari.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 7. L’ordine alimentare
Oltre che le modalità di cottura anche le associazioni e le successioni tra un cibo e l’altro obbediscono a
schemi variabili che ogni cultura considera irrinunciabili. Ogni cucina possiede delle convenzioni in base
alle quali si determinano le associazioni e le compatibilità.
In Indonesia ad esempio non si possono associare crostacei e uccelli, in africa latte e carne non possono
mangiarsi insieme. In Nuova Guinea la testa umana rientra tra i frutti.
Cardona, sottolinea come anche noi facciamo delle distinzioni ad esempio frutta e verdura.
Spesso le ragioni dei cibi consentiti e non e della loro associazione sono di ordine sessuale. Per esempio il
vino è una bevanda maschile per eccellenza, infatti se l’uomo beve troppo si dice che fa buon sangue ma se
una donna beve troppo subisce una sanzione sociale pesante. Si delinea un opposizione tra il vino e il latte
(femminile) come campi simbolici che connotano rispettivamente il maschio e la femmina, la forza e la
nutrizione. La concezione del latte come alimento completo, alimento materno e femminile si esprime
nell’immaginario cattolico.
Le tracce di un ambigua sacralità del seno materno, principio della nutrizione e insieme del piacere si
rinnovano anche nella cultura contemporanea.
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Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture 8. La cucina degli altri popoli
L’antropologia è nata come studio comparato delle culture umane e dei loro sistemi di organizzazione.
L’altro il diverso, il selvaggio restano una grande ricchezza. Noi occidentali chiediamo agli altri fin
dall’epoca delle grandi scoperte geografiche di aiutarci a guardare i contorni della nostra umanità nello
specchio rovesciato delle umanità differenti.
In realtà ciascuna differenza rende unici noi stessi. L’altro si rivela e ci mostra ciò che io sono e soprattutto i
confini del mio essere. Proprio sull’osservazione della variabilità degli usi e dei costumi da Hobbes a
Rousseau si fonda una nuova concezione dell’uomo.
Il lavoro di una venditrice di pizza in strada a Napoli, ruolo interpretato da Sophia Loren nel “l’oro di
napoli” aiuta a far riflettere sulle ragioni di un ruolo economico e sociale portante, su alcune tradizioni che
vedono da sempre la donna presente anche all’esterno della sfera domestica. In fondo pizza e maccheroni
venduti nelle strade già dall’800 dimostrano come lo Street food non sia stato portato con la modernità.
Un'altra caratteristica già presente a quell’epoca era la consegna della pizza a casa che non è invenzione
americana.
Oggi le opposizioni tradizionali tra maschile e femminile tendono ad azzerarsi soprattutto per le
modificazioni delle abitudini alimentari indotti dalle società del benessere (fast food, mense, catering), fanno
affiorare un cibo unisex. Sono sempre più numerose le campagne pubblicitarie che offrono alimenti per un
pubblico misto.
Queste trasformazioni iniziano già con il miracolo economico negli anni 50/60 e sono ben delineate dal
cinema, un esempio è “miseria e nobiltà” in cui coinquilini disperati, tra cui Totò, mangiano avidamente
infilando gli spaghetti anche nelle tasche; un altro esempio diverso invece lo abbiamo nella “ricotta” di
Pasolini. Tra gli anni 60/70 l’italia stava abbandonando la sua regionalità dialettale e alimentare a favore di
un idea di nazionalità linguistica e gastronomica. Un esempio celeberrimo tra due sistemi alimentari e
linguistici è “un americano a roma”.
Il mutamento globale, la globalizzazione, non può non toccare la cucina rimettendo in discussione gerarchie
e identità, polverizzano il ruolo unico di cuoco e dando vita ad una serie di nuovi profili come il food
designer. Queste nuove professionalità si basano sull’unisex.
Si sviluppa inoltre una scoperta e mescolanza con le altre culture, è frequente trovare ristoranti cinesi,
messicani ecc ma alcuni alimenti come il sushi non sono altro che moda.
Anna Carla Russo Sezione Appunti
Antropologia e cibo: rituali e interpretazione nelle diverse culture