Appunti dal corso "Storia e critica del cinema". Il tema trattato è quello del teatro nel cinema. Vengono considerati gli elementi di teatralità che si possono riscontrare nel cinema e viceversa, al fine di mettere a confronto le due arti. Infine viene fatta un'analisi di due film di Almòdovar: "Tutto su mia madre" e "Parla con lei". Inoltre si parla anche di "M. Butterfly" di Cronenberg.
Storia e critica del cinema
di Gherardo Fabretti
Il tema trattato è quello del teatro nel cinema.Vengono considerati gli elementi
di teatralità che si possono riscontrare nel cinema e viceversa, al fine di mettere
a confronto le due arti. Infine viene fatta un'analisi di due film di Almòdovar,
"Tutto su mia madre" e "Parla con lei", e di "M. Butterfly" di Croneberg.
Università: Università degli Studi di Catania
Facoltà: Lettere e Filosofia
Esame: Storia e critica del cinema
Docente: Stefania Rimini1. Definizione di teatro filmato
Il teatro filmato è ancora spesso considerato come un'eresia e si è dovuti arrivare alla serie dei recenti
successi di Enrico V e I parenti terribili per dimostrare che il cinema era in grado di adattare validamente le
più diverse opere drammatiche. In verità il pregiudizio contro il teatro filmato non avrebbe da invocare forse
tanti argomenti storici quanti si può credere se ci si fondasse solo sugli adattamenti da opere teatrali
riconosciuti come tali.
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Storia e critica del cinema 2. La forma cinematografica
Mentre condannava senza appello il teatro filmato la critica prodigava i suoi elogi a forme cinematografiche
in cui una più attenta analisi avrebbe dovuto rivelare delle metamorfosi dell'arte drammatica. Accecata
dall'eresia del Film d'Arte la dogana lasciava passare sotto l'etichetta cinema puro i veri aspetti del teatro
cinematografico, a cominciare dalla commedia americana. A guardar da vicino questa non è meno teatrale
dell'adattamento di una qualche pièce di Broadway. Edificata sull'effetto comico di una battuta o di una
situazione, spesso non ricorreva ad alcun artificio propriamente cinematografico: la maggior parte delle
scene sono in interni e il découpage usa quasi unicamente il campo e il controcampo per valorizzare il
dialogo. Ad esempio ci sono moltissimi punti in comune tra i film di William Wyler e i drammi di Lilian
Hellman, sopratuttto Piccole volpi, entrambi posti sullo sfondo dell'Alabama coloniale del 1800. Il caso
americano però è diverso, non avendo mai gli USA mostrato pregiudizio nei confronti di questi overlap.
Discorso diverso in Europa, dove però è necessario partire da prima del sonoro. Allora trionfava Méliès, che
in fondo nel cinema aveva visto solo un perfezionamento del meraviglioso teatrale. La maggior parte dei
grandi comici francesi e inglesi viene dal music – hall o dal boulevard, come Max Linder e Charlie Chaplin,
entrambi debitori dell'eredità teatrale. Il cinema permette di portare alle ultime conseguenze una situazione
elementare a cui il palcoscenico imponeva delle restrizioni di tempo e di spazio che la mantenevano in uno
stadio di evoluzione in qualche modo larvale. Il cinema ha permesso la metamorfosi di situazioni teatrali che
senza di esso non sarebbero mai arrivate ad uno stato adulto, e ciò ha potuto far credere che il cinema fosse
venuto ad inventare e creare dal nulla dei fatti drammatici nuovi. Del resto quando ci si riporta alla storia dei
personaggi, delle situazioni e dei procedimenti della farsa classica, è impossibile non vedere come il cinema
comico non rappresenti altro che la sua improvvisa e sfavillante rinascita. Genere in via d'estizione dopo il
1600, la farsa “in carne ed ossa” non si ritrova che al circo e in alcune forme di music hall, cioè proprio dove
i produttori di film comici sono andati a reclutare i loro attori. Con Linder, Keaton, Laurel & Hardy,
Chaplin, la farsa ha raggiunto uno splendore unico nella sua storia come riallacciamento spontaneo di un
genere alla sua tradizione (cfr. il tema della tinozza del bucato con Linder).
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Storia e critica del cinema 3. Distinzione tra il fatto drammatico e il fatto teatrale
Dunque i rapporti tra cinema e teatro sono più antichi ed intimi di quel che non si pensi generalmente, e
soprattutto che non si limitano a quello che viene ordinariamente e in senso peggiorativo definito come
teatro filmato. Vediamo inoltre che l'influsso del repertorio e delle tradizioni teatrali è stato decisivo per
determinati generi cinematografici, ritenuti esemplari per purezza e specificità. Prima di procedere oltre è
necessario aprire una parentesi sulla distinzione tra fatto drammatico e fatto teatrale.
Il fatto drammatico e il fatto teatrale.
Il dramma è l'anima del teatro ma può accadergli di diventare qualcos'altro. Un'opera teatrale non potrebbe
fare a meno di essere drammatica ma per un romanzo è assolutamente lecito non esserlo. Non si potrebbe
fare l'elogio di un dramma teatrale dicendo che è romanzesco, ma saper costruire un'azione può essere il
pregio di un romanziere. Se si considera il teatro come l'arte specifica del dramma, bisogna riconoscere che
il suo influsso è immenso e che il cinema è l'ultima delle arti che possa sfuggirgli. Ragionando però in
questo modo la metà della letteratura e i ¾ dei film sarebbero succursali del teatro. Il problema non può
essere impostato così.
Il problema inizia ad esistere solo in funzione dell'opera d'arte impersonata dal testo, non dall'attore. È
significativo che si assista a dei tentativi di adattamento di romanzi per la scena, ma mai praticamente
all'operazione inversa. Come se il teatro si ponesse al termine di un processo irreversibile di purificazione
estetica. Il discorso vale anche per il rapporto tra cinema e teatro e ne troveremo conferma in un esempio
preso dal repertorio classico: una pellicola che infierisce forse ancora adesso nelle scuole e nei licei francesi,
e che pretende di essere un tentativo di insegnamento della letteratura attraverso il cinema. Parliamo del
Medico per forza, portato sullo schermo da Ettore Petrolini nel 1931. Il film non è altro che un'inverosimile
sintesi di tutti gli errori suscettibili di snaturare il cinema come il teatro, e Molière per giunta.
Se per cinema si intende la libertà dell'azione in rapporto allo spazio, e la libertà del punto di vista in
rapporto all'azione, portare sullo schermo un'opera teatrale significherà dare alla scenografia l'ampiezza e la
realtà che il palcoscenico non poteva materialmente offrirle. Significherà inoltre liberare lo spettatore dalla
costrizione della sua poltrona e valorizzare col cambiamento di inquadratura la recitazione dell'attore.
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Storia e critica del cinema 4. Un esempio di teatro filmato : "Medico per forza" di Petrolini
Dinanzi ad una messa in scena simile (quella del Medico per forza di Petrolini) bisogna convenire che tutte
le accuse contro il teatro filmato sono valide. Ma il fatto è che appunto non si tratta di messa in scena.
L'operazione è consistita soltanto nell'iniettare a forza del cinema nel teatro. Il dramma originale, e ancor di
più il testo relativo, vi si trovano fatalmente spaesati. Il tempo dell'azione teatrale non è evidentemente lo
stesso di quello dello schermo, e il primato drammatico della parola è sfasato in rapporto al supplemento di
drammatizzazione dato alla scena dalla macchina da presa. Infine, e soprattutto, una certa artificiosità, una
trasposizione troppo spinta della scenografia teatrale è rigorosamente incompatibile con il realismo
congenito al cinema.
Il fallimento di questo film illustra abbastanza bene quella che si può considerare la maggiore eresia del
teatro filmato: la preoccupazione di fare cinema.
I pregiudizi del pubblico del resto non fanno che confermare quelli dei cineasti. Il pubblico non pensa gran
che sul cinema ma lo identifica alla grandiosità della scenografia, alla possibilità di mostrare un ambiente
naturale e di far muovere l'azione. Il cinema deve essere necessariamente più ricco del teatro, soffrendo di
forti complessi di inferiorità.
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Storia e critica del cinema 5. Il realismo cinematografico di Laurence Olivier
come controesempio.
Come controprova prendiamo ad esempio due successi come Enrico V e I parenti terribili. Laurence Olivier
in Enrico V ha saputo risolvere la dialettica del realismo cinematografico e della convenzione teatrale. Il suo
film non pretende di farci dimenticare la convenzione teatrale, anzi la denuncia. Il film non è direttamente ed
immediatamente Enrico V ma la rappresentazione di Enrico V. Questo è evidente dal fatto che questa
rappresentazione non si propone di essere attuale, come a teatro, ma di svolgersi ai tempi stessi di
Shakespeare. Difatti ci vengono mostrati gli spettatori e le quinte. Non c'è dunque possibilità di errore, per
godere dello spettacolo non è richiesto l'atto di fede dello spettatore davanti al sipario che si alza. Non ci
troviamo veramente di fronte ad un'opera di teatro ma ad un film storico sul teatro elisabettiano, cioè ad un
genere cinematografico perfettamente lecito a cui siamo più che abituati. Ciò non toglie che il nostro piacere
nel godere del dramma è pieno; non ha nulla a che fare con quello che potrebbe procurare un documentario
storico. La strategia estetica di Olivier non era infatti che un espediente per eludere il miracolo del sipario.
Facendo del teatro cinema, denunciando in precedenza per mezzo del cinema la recitazione e le convenzioni
teatrali invece di cercare di camuffarle, ha eliminato l'ipotesi del realismo che si opponeva all'illusione
teatrale. Una volta assicuratesi queste assise psicologiche nella complicità dello spettatore, Olivier poteva
permettersi sia la deformazione pittorica della scenografia sia il realismo della battaglia di Azincourt.
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Storia e critica del cinema 6. Il teatro realista di André Antoine
Il moderno teatro di boulevard non sembra ricorrere con altrettanta evidenza alle convenzioni sceniche. Le
teorie naturaliste di André Antoine hanno perfino potuto far credere un tempo all'esistenza di un teatro
realista, una specie di pre – cinema; un'illusione di cui nessuno oggi può essere più vittima. Se un realismo
teatrale esiste, esso non è altro che un sistema di convenzioni più segrete, meno esplicite ma altrettanto
rigorose. Il quadro di vita vissuta, la tranche de vie naturalista, non esiste a teatro perché il solo fatto di
essere esposta sulla scena la separa dalla vita, per farne un fenomeno in vitro che ancora partecipa
parzialmente della vita ma che è già profondamente modificato dalle condizioni dell'osservazione. Un Andrè
Antoine può anche mettere dei veri quarti di carne sulla scena ma non può certo farvi sfilare un gregge come
fa il cinema. Può portare sulla scena un albero ma non potrà far vedere la foresta; il suo albero appartiene
ancora alla tradizione del fondale elisabettiano.
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