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Il teatro filmico in "Parla con lei"


Parla con lei inizia e finisce con due sequenze di teatro filmato, e contiene al suo interno una sequenza di cinema nel cinema. Il teatro si accomuna alla danza, alla musica, alla corrida e alla vita: scorre lievemente, diviene, con ritmo e spietata dolcezza.
Il cinema invece ha qualcosa di ossessivo, di pesante e necrofilo, nella sua pretesa di sottrarre la vita al tempo, e disgiungere lo spettatore dalla realtà osservata. La patologia di Benigno ricalca la perversione cinefila: la passione per i corpi inanimati, per le tracce più che per le presenze, per i fantasmi di ciò che è stato più che per la concretezza di ciò che è.
Il suo corpo goffo e il suo impaccio accentunano una innata difficoltà a esistere che soltanto un luogo magico (sala di proiezione, stanza d'ospedale) rovescia in una ipotesi di felicità.
La metafora della necrofilia allora, in quanto vedere senza essere visti (o vivere senza essere vissuti), si aggancia allora a quella del voyeurismo e della finestra sul cortile e il tema narrativo della Bella addormentata si congiunge con il motivo teorico della visione fotografica. Vedere senza vivere, nella felicità dello spettatore disinteressato, contemplare lo spettacolo del mondo. L'eroe fotografo, figura decisiva del cinema moderno, diviene ora un eroe infermiere. Nel muovere del voyeurismo verso la necrofilia, il vedere sfiora il toccare e il cinema si ferisce con la realtà.
Parla con lei non è, però, solo un film di finestre, ma anche di porte: di luoghi violati in segreto (B. nella stanza di A.) o per accidente (M. nella casa di L.), di incroci (M. che entra nella camera d'ospedale di A. e B. in quella di L.).
Da una porta socchiusa un uomo guarda affascinato e sconvolto il corpo seminudo di una ragazza inanimata e non sa se entrare: Marco, il giornalista viaggiatore e seduttore, non è estraneo alla stranezza di Benigno, lo spettatore assoluto, l'uomo del cinema trasformato in stile di vita. L'intelligenza di Almodovar si vede nel non contrapporre i due protagonisti in maniera rigida, quanto piuttosto nell'incrociarne continuamente le anime e i destini, per poi mostrare la dolcezza e la crudeltà del loro divergere.
B. e M. sono le estensioni crepuscolari degli eroi di Legami! e Carne Tremula: giovani uomini ossessionati dalle proprie visioni, dal transito dal vedere al toccare. Il coito di Carne Tremula parlava della fusione erotica del sé e dell'altro; ora invece quella unione quasi mistica non è più accessibile nella sua immediatezz ma solo in differita. Il nodo di questa poetica del differimento è il film muto Amante Menguante, incastonato al cuore del film come la favola di Amore e Psiche nel romanzo di Apuleio (anche lì era questione di vedere senza essere visti). La favola di Alfredo e Amparo incarna, ma senza voce né colore, in un registro necessariamente surreale, la più profonda delle pulsioni: ritornare nel luogo da dove si era venuti, varcare la soglia, rientrare nella caverna. Ma questa felicità piena del ritorno si chiude con la tagliente singolarità di un'immagine rossastra, impulsiva e quasi astratta. La favola meravigliosa di Alfredo e Amparo si rovescia nel miserabile delitto di Benigno.

Tratto da CINEMA E TEATRO TRA REALTÀ E FINZIONE di Gherardo Fabretti
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