Nel riassunto del manuale della Lis sono contenuti tutti gli elementi principali del testo introduttivo alla psicologia clinica psicodinamicamente orientata. Vengono distinti un approccio iniziale, un momento diagnostico in senso stretto e la programmazione di un intervento psicologico. Si illustra l'utilità dei principali test e reattivi, distinguendo quelli destinati all'età evolutiva da quelli per l'adulto.
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia
di Salvatore D'angelo
Nel riassunto del manuale della Lis sono contenuti tutti gli elementi principali
del testo introduttivo alla psicologia clinica psicodinamicamente orientata.
Vengono distinti un approccio iniziale, un momento diagnostico in senso stretto
e la programmazione di un intervento psicologico. Si illustra l'utilità dei principali
test e reattivi, distinguendo quelli destinati all'età evolutiva da quelli per
l'adulto.
Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
Facoltà: Psicologia
Corso: Psicologia
Esame: Diagnosi psicodinamica
Titolo del libro: Psicologia Clinica. problemi diagnostici ed
elementi di psicoterapia
Autore del libro: A. Lis
Editore: Giunti
Anno pubblicazione: 19931. Psicologia clinica: concetti generali
Una psicologia clinica orientata psicodinamicamente si propone di comprendere il soggetto nella sua
individualità, e di aiutarlo a risolvere in modo più adeguato disagi e problemi, sulla base di una
comprensione teorica dinamica della mente e del comportamento umano.
La psicoanalisi, da un lato costituisce un corpus teorico psicologico che spiega dei fenomeni e formula
ipotesi sui possibili interventi terapeutici, dall'altro consente di attribuire dei significati specifici al contesto
in cui opera, cioè alla relazione che si struttura fra psicologo e paziente.
Tuttavia, lo psicologo clinico si differenzia dal teorico della psicoanalisi per il fatto che, lavorando nel qui
ed ora della relazione, egli deve saper individuare e riconoscere gli aspetti teorici così come si manifestano
nello specifico della persona che si sta incontrando: si tratta di cogliere l'unicità dell'individuo, e al
contempo di darne una lettura secondo il modello teorico di riferimento.
Lo psicologo clinico deve essere in grado, tramite le tecniche più adatte, di creare un ambiente tale da
consentire lo svilupparsi di una situazione dinamica tra due persone, che favorisca il processo di conoscenza.
Tale capacità rimanda anche ad uno specifico atteggiamento dello psicologo: la personalità dello psicologo
deve diventare essa stessa “strumento”. È corretto, in tal senso, parlare di setting, inteso non tanto come
insieme di condizioni materiali, quanto come struttura di prerequisiti mentali e metodologici presenti al
terapeuta per poter svolgere la sua attività in modo controllabile. Lo psicologo deve quindi assumere una
distanza ottimale che da un lato gli consenta di essere empatico e capace di mettersi dal punto di vista
dell'altro, ed al contempo di non confondersi, di non imporsi, di lasciare uno spazio che lo mantenga sullo
sfondo rispetto al paziente.
Tale situazione clinica richiama la nozione Winnicottiana di “spazio transizionale”, uno spazio potenziale
che non appartiene né al mondo interno, né alla realtà esterna. In questo spazio potenziale, il pensiero più
autentico si sviluppa come adattamento alla realtà, ma senza rinunciare alla fantasia creativa. La situazione
clinica deve appunto costituirsi come spazio potenziale tra lo psicologo ed il paziente: questa capacità di
generare uno spazio potenziale è una delle caratteristiche che lo psicologo clinico deve possedere.
Va, infine, detto che essere in contatto con il paziente significa anche essere sensibili alla sua età, apprezzare
il significato affettivo della sua esperienza attuale: bisogna tener presente che i conflitti presentati possono
fare riferimento ad un particolare momento evolutivo.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 2. La segnalazione del caso clinico
Ci riferiamo al momento ed al motivo per cui una persona si rivolge ad uno psicologo. Ne distinguiamo due
tipi: diretta ed indiretta. Diretta quando è la persona stessa che si rivolge allo psicologo, indiretta quando
viene riferita da altri.
Tali situazioni comportano delle differenze nell'atteggiamento del soggetto che lo psicologo deve affrontare
e gestire nel prendere in carico un caso.
In primo luogo, dobbiamo fare delle distinzioni relative all'età del soggetto da un lato, ed alla gravità del
disturbo dall'altro.
Il paziente adulto deve essere considerato come l'interlocutore privilegiato, per ragioni sia cliniche che
teoriche. Dal punto di vista clinico, si tratta di stabilire un'alleanza di lavoro con il paziente, e di esplicitare
con lui un progetto comune; d'altra parte è il suo vissuto soggettivo che ci interessa. Dal punto di vista
teorico, invece, quanto più sono evoluti i processi di maturazione del pensiero, tanto più la persona diventa
in grado di parlare di sé e, da parte dello psicologo, diventa tanto più importante accedere a questo mondo
interiore del paziente.
Se il paziente è in età adulta, e la segnalazione arriva dai familiari, bisogna valutare se tale segnalazione non
sia in realtà il pretesto per esprimere un proprio problema. Se si tratta invece di una segnalazione
appropriata, è opportuno individuare il modo migliore per avvicinare e motivare alla consultazione il
paziente segnalato.
In età evolutiva, chiaramente il significato di una tale segnalazione è diversa: quanto più è giovane il
soggetto, tanto più è normale che siano i genitori a contattare lo psicologo. In ogni caso, lo psicologo deve
prendere contatto con i genitori: non si può prescindere dalla motivazione dei genitori ad approfondire la
situazione del proprio figlio. Non farlo potrebbe creare dei conflitti di lealtà nel bambino nei confronti di
figure significative adulte. Quando si presentano difficoltà di coinvolgimento della famiglia, può essere utile
contattare l'adulto che ha fatto la segnalazione (insegnante ecc.) e cercare di valutare con lui come la
famiglia possa essere raggiunta.
In adolescenza vi è più probabilità che il soggetto ricerchi in prima persona l'aiuto di uno psicologo. In
questo caso è importante privilegiare questa richiesta spontanea. In un momento successivo tuttavia, è
opportuno motivare all'utilità dell'apporto dei genitori: occorrerà spiegargli il motivo per cui si desidera
incontrarli, e garantirgli comunque la riservatezza su quanto ci confida.
Per quanto riguarda la gravità del disturbo, se il soggetto adulto presenta dei disturbi tali da non poter
prendersi cura di sé, non riuscirà probabilmente neanche a segnalarsi: sono questi gli unici casi in cui
saranno i familiari, o le altre figure professionali che si occupano di lui, ad inviarlo dallo psicologo.
È importante che la persona che raccoglie la segnalazione sia orientata psicologicamente. Il modo con cui
avviene la telefonata per fissare l'appuntamento costituisce il primo iniziale approccio del paziente con lo
psicologo: già telefonicamente vanno raccolte alcune informazioni di base. In primo luogo, si tratta di
chiarire che cosa la persona desidera: bisogna capire se la persona si è rivolta al professionista che cerca
realmente. È inoltre importante informarsi su come sia arrivato a chiedere un appuntamento, nonchè
domandare se il soggetto non si sia già rivolto a qualche collega: non sono rari i casi di pazienti già seguiti
da colleghi per cui il rivolgersi a qualcun altro assume il significato di un agito. In questi casi, è utile
mettersi in contatto con chi si sta già prendendo cura di lui.
Altra distinzione inerente il tipo di segnalazione è quella fra segnalazioni in positivo e in negativo:
segnalazioni in positivo sono quelle in cui viene riconosciuto un disagio a cui si pensa possa essere attribuita
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia una causa psicologica; segnalazioni in negativo sono quelle che vengono fatte dopo altri tipi di approccio
che escludano altri motivi per il disturbo, per cui si tenta anche la strada di una causa psicologica.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 3. L'approccio iniziale al caso
Il primo incontro si propone innanzitutto di verificare se il soggetto si è rivolto al professionista giusto. In
secondo luogo, si propone di chiarire meglio quanto riferito nella segnalazione, relativamente alle ragioni
che hanno portato la persona nella stanza di consultazione. Altro obiettivo è quello di accertare la possibilità
di instaurare l'alleanza di lavoro indispensabile per una consultazione.
Vanno distinti i pazienti che vengono a parlare di sé, che possono essere ulteriormente distinti in auto
segnalatisi, giunti su suggerimento altrui, e inviati da altri professionisti per un accertamento diagnostico, e
pazienti che invece vengono a parlare per altri, che possono essere ancora distinti in genitori che vengono a
parlare dei figli in età evolutiva, e familiari che vengono a parlare di una persona ormai adulta.
- Per quel che riguarda i pazienti che si autosegnalano, va detto che, attraverso la segnalazione, essi iniziano
un movimento volto a superare un forte ostacolo emotivo interno. Va tenuto presente che, alla base di
un'autosegnalazione, vi è sempre una situazione di crisi: vi è uno stato affettivo specifico che deve essere in
qualche modo colto, e che si riferisce sia ai sentimenti impegnati nella crisi, sia alla soggettiva
inadeguatezza a fronteggiare tale crisi nel momento in cui viene richiesto un aiuto. Tale situazione può
elicitare sentimenti di timore, preoccupazione, dipendenza dall'altro, diffidenza, fiducia. Va anche detto che
anche il paziente più motivato si trova a fronteggiare dei conflitti: da un lato il desiderio di parlare di sé,
dall'altro i sentimenti di reticenza, imbarazzo, pudore ansietà di fronte ad uno sconosciuto, che mettono fra
l'altro in evidenza il fallimento soggettivo per cui si deve ricorrere ad un altro in una situazione critica. C'è
ancora da dire che il nuovo crea di per sé incertezza, e questa è una situazione nuova per il paziente: tale
incertezza va gestita e non può essere lasciata del tutto non strutturata.
Nel corso del primo incontro, lo psicologo deve tener presente ciò che si è verificato nel corso della
segnalazione, in particolare le analogie e le differenze tra come la persona si è presentata al telefono e come
si presenta personalmente.
L'approccio iniziale è inoltre fortemente influenzato dalle caratteristiche della personalità del paziente, per
cui ci si può trovare di fronte alle situazioni più svariate: l'impatto con l'altro fa scaturire angosce e
difficoltà.
L'approccio iniziale è fondamentale per vedere se il soggetto sia accostabile o meno a livello psicologico: si
tratta di capire se è possibile generare una motivazione intrinseca, autocentrata, alla curiosità di capire,
assieme allo psicologo, che cosa nel paziente non funzioni.
Lo psicologo, in questo primo approccio, deve anche valutare la sua possibilità e capacità nel trattare un
determinato caso.
- Nel caso in cui la richiesta parte da altri professionisti, lo psicologo accosta il caso in qualità di consulente:
il paziente resta affidato all'inviante.
Particolare attenzione va posta alle segnalazioni relative a pazienti psicosomatici. In questi casi, spesso la
richiesta di consultazione deriva da un invio da parte del medico per esclusione, dopo una diagnosi negativa.
Un simile invio rischia di connotarsi ambiguamente fin dall'inizio. A ciò si aggiunge che spesso un paziente
di questo tipo non è affatto pronto ad accettare possibili spiegazioni dei suoi sintomi sul piano mentale.
Altro caso particolare è quello relativo a persone segnalate per ragioni peritali. Al di là delle differenze fra i
singoli casi, essi sono tutti accomunati da almeno due elementi da prendere in considerazione: l'istituzione
che richiede l'approfondimento affida in qualche modo un giudizio di “verità” allo psicologo e quindi tende
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia a connotare la funzione psicologica di un ruolo giudicante più che conoscitivo; la persona esaminata può
cercare di apparire, o raccontare le cose, nel modo più atto ad ottenere i vantaggi personali connessi allo
scopo per cui l'esame è richiesto.
- Caso a parte è quello del paziente che dichiara di venire su suggerimento di altri. In questi casi, specifica
attenzione va posta alla motivazione del paziente: può darsi infatti che egli non percepisca niente di
egodistonico. L'approccio iniziale dovrebbe esplicitare ed approfondire proprio il livello di disturbo che la
problematica crea.
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Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 4. Approccio ai familiari di un paziente adulto
Parliamo del caso in cui un familiare ci segnala sintomi o comportamenti di una persona che per varie
ragioni non può o non vuole accettare di telefonare per un colloquio. In questi casi è utile invitare il
familiare ad un colloquio, in modo tale da valutare attentamente il significato della segnalazione: può
trattarsi di una persona che sta male lei stessa, non riesce a riconoscere il disagio come proprio, riesce ad
esprimerlo solo attraverso un problema attribuito agli altri; può emergere invece il quadro di una situazione
patologica relativa all'intera famiglia; può infine essere che il familiare sia effettivamente preoccupato nei
riguardi di una persona che sta male, ma che per diverse ragioni o non riesce a “fare il primo passo” oppure
è incapace di riconoscere il suo star male. In questi casi si tratterà di individuare assieme al familiare le
modalità per vedere se sia possibile giungere ad un'autosegnalazione, o vedere che tipo di aiuto diretto o
indiretto si possa programmare nei casi più gravi.
Diversa è la situazione per i genitori di pazienti in età evolutiva. È innanzitutto importante, per il bambino,
sapere che entrambi i genitori sono preoccupati per lui: è necessario fissare almeno un appuntamento in cui
sono presenti entrambi i genitori, prima che l'intera consultazione sia terminata. Va precisato che
inizialmente si desidera parlare in assenza del bambino, per capire meglio il problema: è importante che i
genitori abbiano questo spazio in cui potersi esprimere senza il timore che il figlio ascolti. In questo spazio
essi possono fornire importanti informazioni non necessariamente a conoscenza del bambino.
Nei casi in cui ci si trovasse a contatto con genitori reticenti, diffidenti, se non addirittura ostili, è importante
cercare di costruire con i genitori un'atmosfera di disponibilità e fiducia reciproca, con lo scopo comune di
capire il bambino.
Va comunque considerato anche il caso di un problema spostato sul bambino, ma che in realtà è dei genitori:
esistono situazioni estreme in cui il bambino è utilizzato come schermo o pretesto per la patologia dei
genitori. Ovviamente, in questi casi starà alla competenza e attenzione dello psicologo suggerire ed indicare
un aiuto all'adulto.
Altre volte ancora, ci si trova di fronte a genitori patologici, e si ha la netta sensazione che tale patologia
abbia giocato, e continui a farlo, un ruolo fondamentale per la problematica del figlio: va comunque
considerato che i genitori non chiedono aiuto per sé stessi, ma per il figlio. Lo psicologo deve accettare
questa situazione: nessuno può essere forzato alla terapia e la modalità di intervento deve tenere conto degli
aspetti di realtà, non negarli.
Salvatore D'angelo Sezione Appunti
Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 5. Il primo approccio psicologico al bambino
Il primo approccio con un bambino serve in primo luogo a chiarire scopo e motivazione dell'incontro, e cosa
si farà insieme.
Un secondo obiettivo riguarda il fatto che il bambino possa cogliere la specificità dell'incontro psicologico,
come una situazione in cui il capire non è un processo dello psicologo sul bambino, ma col bambino,
attraverso l'interazione, lo scambio, la relazione. Non è utile procedere all'esame psicologico del bambino
fino a che non si ha l'impressione che egli abbia, almeno genericamente, intuito lo scopo dell'incontro.
Terzo punto importante riguarda una prima impressione conoscitiva: è possibile ottenere una prima
valutazione del grado di adattamento interno, ed alla realtà esterna; è anche l'occasione per chiarire le
ragioni del bambino, ciò che egli sperimenta come disagio, che può anche non coincidere coi motivi della
segnalazione.
Di solito è utile, fatto salvo il primo incontro, vedere il bambino da solo, facendo attendere chi lo
accompagna in un'altra stanza. Bambini molto piccoli o molto disturbati, invece, possono avere delle
difficoltà a restare da soli, e può quindi essere necessaria la presenza di un genitore. In questi casi si
guarderà all'interazione bambino-genitore, ed ovviamente si terrà presente che si ha di fronte una coppia:
sarà importante evitare quegli interventi che mettono il genitore o il bambino in un “conflitto di lealtà”, cioè
di scelta fra noi, da un lato, e il bambino o il genitore dall'altro.
Nei casi di bambini con gravi compromissioni delle funzioni dell'Io, lo psicologo dovrà cercare di favorire la
comunicazione verbale, fin dove è possibile, integrandola con altri strumenti, quali l'espressione ludica,
grafica ecc. Gli interventi devono essere mirati a contenere l'ansia, prevedendo anche la presenza della
mamma o di un familiare se ciò aiuta il bambino a sentirsi più tranquillo e controllato.
In prelatenza il bambino si accosterà alla situazione nuova con un senso di curiosità verso la persona dello
psicologo, probabilmente assimilando la nuova situazione a situazioni già note (dottore, insegnante ecc.).
Può risultare difficile comunicargli a livello verbale il significato specifico della consultazione. L'uso di una
modalità ludica può aiutare a trasmettere dei significati sul suo disagio, sulla sua motivazione, sulle sue
aspettative.
La latenza è il periodo di massima armonia fra i sistemi psichici e rappresenta il culmine della forza e della
stabilità difensiva. Per questo motivo, il bambino in latenza è di solito facile da accostare. Allo psicologo
risulta abbastanza semplice, servendosi di una modalità concreta e realistica, accostarsi al bambino
utilizzando l'espressione verbale.
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Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 6. Il primo approccio psicologico all'adolescente
L'adolescente è impegnato a consolidare l'immagine di sé in una rinnovata identità che integri i cambiamenti
evolutivi: è in primo piano l'interesse per ciò che egli è e vuole essere. Tra i cambiamenti più vistosi c'è la
maturazione fisica e la sessualità matura, a cui sono connesse tensioni, preoccupazioni, bisogni e fantasie
nuove. Il pensiero raggiunge in questo periodo le caratteristiche dell'astrazione e della possibilità di
ragionare per ipotesi. Collegate a ciò compaiono spinte verso l'indipendenza dalle figure genitoriali e
l'esigenza di stabilire nuove relazioni e legami con i coetanei.
Possono facilmente sorgere angosce molto intense e preoccupazioni enfatizzate: ciò che all'adulto può
apparire evolutivo, può essere soggettivamente vissuto dall'adolescente come permanente e pertanto portarlo
a temere che ci sia qualcosa in lui che non funzioni adeguatamente.
Sebbene mostri interesse per un dialogo che lo riguardi, egli può al contempo presentarsi allo psicologo con
cautela e con l'esigenza di salvaguardare la sua privatezza e un senso di sé autonomo che sta acquisendo
proprio in questa delicata fase evolutiva. Egli può temere l'interessamento dell'esaminatore perchè portatore
di una minaccia di un'eccessiva dipendenza, molto simile a quella genitoriale da cui sta cercando di
emanciparsi.
Finalità specifica del colloquio con l'adolescente è quella di aiutarlo a definirsi ed individualizzarsi.
Blos divide l'adolescenza in 5 fasi: preadolescenza, prima adolescenza, adolescenza vera e propria, tarda
adolescenza e post-adolescenza. Le ultime due sono fasi di consolidamento delle acquisizioni raggiunte
nelle precedenti.
Preadolescenza è caratteristico l'aumento quantitativo della pressione istintuale che porta ad un investimento
indiscriminato di tutte le modalità di gratificazione (libidiche e aggressive), di cui il bambino si era servito
nei primi anni di vita. Non compaiono un nuovo oggetto d'amore o nuovi scopi sessuali, mentre tornano in
superficie interessi orali ed anali che possono manifestarsi sotto forma di sfrenata turbolenza, voracità,
piacere di sporcarsi, crudeltà verso gli animali e amore per il disordine. Riaffiorano anche desideri edipici e
la paura di castrazione/invidia del pene.
L'assalto della sessualità infantile tuttavia non trova più le condizioni originarie: l'Io è ora consolidato e
contrappone alle pulsioni dell'Es ed alle esigenze del Super-Io tutti i meccanismi di difesa di cui dispone. Si
instaura una vera e propria lotta fra le istanze psichiche le cui fasi alterne divengono manifeste negli sbalzi
inquietanti del comportamento, degli atteggiamenti e dell'umore del preadolescente. Il rendimento scolastico
diminuisce, si presentano disturbi nell'attenzione e nella concentrazione, sogni ad occhi aperti e pensiero
illogico proprio quando il preadolescente sta raggiungendo il pensiero formale.
In questo periodo vi è una vera e propria perdita dell'orientamento: il preadolescente non si ritrova più né col
suo corpo, che fisicamente cresce e fa convergere su di sé molte delle preoccupazioni ed attenzioni, né con
le modalità difensive che finora aveva abbastanza adeguatamente messo in atto. L'approccio al
preadolescente deve tener conto della specificità del periodo; spesso si tratta di aspettare e rimanere con lui
in questo processo.
Adolescenza è il periodo in cui si è ormai entrati nella pubertà e ci si prepara ad affrontare l'adolescenza vera
e propria. La conclusione di questo periodo è più difficile da identificare, non vi sono segni che ne indicano
l'uscita.
Sono due gli aspetti specifici della prima adolescenza: l'amicizia omosessuale, con grande valore emotivo, e
con l'interiorizzazione di questo rapporto oggettuale, la formazione dell'ideale dell'Io. La scelta oggettuale è
appunto di tipo narcisistico: il ragazzo ama l'amico perchè vede in lui l'immagine di ciò che gli piacerebbe
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Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia essere e che pensa di non riuscire ad essere, vede in lui un ideale o un completamento di sé.
Obiettivo dell'adolescenza vera e propria è la formazione dell'identità sessuale oltre che la ricerca di oggetti
eterosessuali. In questo periodo gli aspetti tipici dell'adolescenza si manifestano in maniera eclatante: l'ansia
conflittuale, l'intensità della vita emotiva, la riattivazione dei conflitti (in particolare quello edipico) e
parallelamente l'emergere di svariati meccanismi di difesa e di temporanee regressioni.
In tarda adolescenza il compito evolutivo è quello di elaborare un Io unificato e stabile nonostante
l'eventuale presenza di arresti parziali a conflitti delle fasi precedenti.
La post-adolescenza è lo stadio di transizione dall'adolescenza, che gradualmente si estingue, all'età adulta
che comporta l'armonizzazione delle componenti della personalità del giovane.
Approccio all'adolescente la segnalazione, per la prima volta, può giungere dal soggetto stesso che si
autosegnala. Contestualmente egli non può essere portato di peso alla consultazione perchè il non rispettare
la sua motivazione significherebbe schiacciare quel senso peculiare di identità nascente che caratterizza il
periodo.
Se l'adolescente si autosegnala, si tratterà di investigare con lui le ragioni di questa scelta: può essere un
modo per staccarsi dai legami col mondo infantile o, viceversa, può riflettere il desiderio di mantenerli senza
accettare di procedere nel cammino della separazione/individuazione. Al momento dell'approccio iniziale
comunque lo psicologo non sa a chi sarà in qualche modo associato, né se saranno mantenuti questi
movimenti transferali che mutano molto rapidamente.
Sia che l'adolescente si autosegnali, sia che venga segnalato dai genitori, è utile, se non necessario, prima o
poi contattare i familiari. L'adolescente deve essere informato, e bisogna spiegargli chiaramente lo scopo di
ciò: conoscere cosa i genitori pensano di lui, quanto e se sono preoccupati del suo problema, raccogliere da
loro informazioni sulla storia familiare e personale che egli può non essere in grado di fornire.
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Psicologia Clinica. Problemi diagnostici ed elementi di psicoterapia 7. Il colloquio e l'osservazione psicologica
Finalità della consultazione diagnostica è giungere ad un profilo complessivo che approfondisca e metta in
relazione il sintomo o il problema con le istanze della personalità, gli aspetti e le modalità più sanamente
adattive con i tratti patologici, le forse progressive con le spinte regressive, differenziando gli aspetti più
stabili e consolidati da ciò che si connota come più transitorio e reattivo.
L'organizzazione della consultazione si sviluppa in tre fasi: preliminare, centrale e conclusiva.
La fase preliminare comprende segnalazione e primo approccio al paziente: è importante cercare di giungere
ad una motivazione per la consultazione intrinseca al soggetto.
Nella fase centrale si affronta l'oggetto vero e proprio della consultazione nei suoi differenti aspetti, che
comprendono fondamentalmente l'approfondimento della personalità del paziente.
La fase conclusiva consiste in una breve sintesi di quanto è accaduto durante la consultazione, dei temi
trattati, stabilendo qualche semplice connessione: non bisogna comunicare al paziente un profilo dettagliato
della sua persona, ma fornire alcuni semplici elementi di riflessione ad un livello, il più vicino possibile, alla
sua consapevolezza e possibilità di tollerare.
La stanza di consultazione deve essere un ambiente che favorisce il sentirsi accolti, personalizzato quel tanto
che facilita il riconoscimento, senza che tuttavia l'addobbo finisca per sopraffare il paziente con eccesso di
stimoli.
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