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Approccio ai familiari di un paziente adulto


Parliamo del caso in cui un familiare ci segnala sintomi o comportamenti di una persona che per varie ragioni non può o non vuole accettare di telefonare per un colloquio. In questi casi è utile invitare il familiare ad un colloquio, in modo tale da valutare attentamente il significato della segnalazione: può trattarsi di una persona che sta male lei stessa, non riesce a riconoscere il disagio come proprio, riesce ad esprimerlo solo attraverso un problema attribuito agli altri; può emergere invece il quadro di una situazione patologica relativa all'intera famiglia; può infine essere che il familiare sia effettivamente preoccupato nei riguardi di una persona che sta male, ma che per diverse ragioni o non riesce a “fare il primo passo” oppure è incapace di riconoscere il suo star male. In questi casi si tratterà di individuare assieme al familiare le modalità per vedere se sia possibile giungere ad un'autosegnalazione, o vedere che tipo di aiuto diretto o indiretto si possa programmare nei casi più gravi.

Diversa è la situazione per i genitori di pazienti in età evolutiva. È innanzitutto importante, per il bambino, sapere che entrambi i genitori sono preoccupati per lui: è necessario fissare almeno un appuntamento in cui sono presenti entrambi i genitori, prima che l'intera consultazione sia terminata. Va precisato che inizialmente si desidera parlare in assenza del bambino, per capire meglio il problema: è importante che i genitori abbiano questo spazio in cui potersi esprimere senza il timore che il figlio ascolti. In questo spazio essi possono fornire importanti informazioni non necessariamente a conoscenza del bambino.
Nei casi in cui ci si trovasse a contatto con genitori reticenti, diffidenti, se non addirittura ostili, è importante cercare di costruire con i genitori un'atmosfera di disponibilità e fiducia reciproca, con lo scopo comune di capire il bambino.
Va comunque considerato anche il caso di un problema spostato sul bambino, ma che in realtà è dei genitori: esistono situazioni estreme in cui il bambino è utilizzato come schermo o pretesto per la patologia dei genitori. Ovviamente, in questi casi starà alla competenza e attenzione dello psicologo suggerire ed indicare un aiuto all'adulto.
Altre volte ancora, ci si trova di fronte a genitori patologici, e si ha la netta sensazione che tale patologia abbia giocato, e continui a farlo, un ruolo fondamentale per la problematica del figlio: va comunque considerato che i genitori non chiedono aiuto per sé stessi, ma per il figlio. Lo psicologo deve accettare questa situazione: nessuno può essere forzato alla terapia e la modalità di intervento deve tenere conto degli aspetti di realtà, non negarli.

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