Riservatezza e anonimato nelle Privacy Enhancing Technologies

La richiesta di un’assoluta libertà sulla rete deve fare i conti con tre P: privacy, pornografia e proprietà. L’appello alla difesa della privacy non viene soltanto da chi pretende una garanzia totale della riservatezza, fino all’anonimato, ma anche da quanti vedono la loro privacy violata da comportamenti di chi, rimanendo anonimo, non possono trovare contromisure o risarcimenti.
L’anonimato può essere usato per violare la privacy altrui: il bisogno di regolazione legislativa ha prodotto un corpo consistente di norme, favorendo l’introduzione di principi come il diritto di accesso e lo stretto rapporto tra finalità dichiarata e raccolta dei dati.
Si accentuano le responsabilità di quanti gestiscono raccolte di informazioni personali; si attuano le cosiddette Privacy Enhancing Technologies, un sistema di misure della privacy che eliminano o riducono al minimo la richiesta di dati personali. Queste misure devono essere concepite come una precondizione per una valutazione politica delle questioni e degli interventi legislativi.
Si intrecciano questioni che riguardano insieme la sfera privata e quella pubblica; se cresce tra gli utenti la consapevolezza della facilità con la quale può essere ritrovata ogni traccia del loro navigare, può raffreddarsi la loro tendenza a intervenire in discussioni e attività con forte rilevanza politica. Si cancella così proprio quella vocazione che rende più agevole e ricca la partecipazione che gli strumenti dell’ICT possono dare al processo democratico.
Una corrispondenza tra livello di protezione desiderato e livello effettivo richiede necessariamente una quota di privacy comunque intangibile, garantita da una regola; ma la difficoltà di costruire un quadro istituzionale vincolante, in un contesto nel quale le reti sono mondializzate, giustificano l’attenzione per un insieme di meccanismi che vanno oltre la sfera nazionale.