Riflessione sulle questioni che nascono dall’intensa attenzione dell’opinione pubblica riguardo ai temi della bioetica e i diversi modi in cui tali questioni sono affrontate dai mezzi d’informazione, in particolare per il tema della correttezza dell’informazione nella divulgazione della bioetica.
Due sono i grandi problemi a tale proposito: la questione della comunicazione della scienza che fa da sfondo alla trattazione nei media dei problemi e dei casi della bioetica, e la questione della comunicazione, sempre attraverso i media, delle differenti prospettive morali circa i casi della bioetica.
Emerge una comune constatazione circa il rapporto fra mass media e bioetica: una relazione difficoltosa che ostacola la promozione di un dibattito pubblico sereno e informato che sia caratterizzato da chiarezza per favorire un’elaborazione di una personale posizione ai riguardi di un particolare caso bioetico.
Bioetica e Mass Media
di Marianna Tesoriero
Riflessione sulle questioni che nascono dall’intensa attenzione dell’opinione
pubblica riguardo ai temi della bioetica e i diversi modi in cui tali questioni sono
affrontate dai mezzi d’informazione, in particolare per il tema della correttezza
dell’informazione nella divulgazione della bioetica.
Due sono i grandi problemi a tale proposito: la questione della comunicazione
della scienza che fa da sfondo alla trattazione nei media dei problemi e dei casi
della bioetica, e la questione della comunicazione, sempre attraverso i media,
delle differenti prospettive morali circa i casi della bioetica.
Emerge una comune constatazione circa il rapporto fra mass media e bioetica:
una relazione difficoltosa che ostacola la promozione di un dibattito pubblico
sereno e informato che sia caratterizzato da chiarezza per favorire
un’elaborazione di una personale posizione ai riguardi di un particolare caso
bioetico.
Università: Università degli Studi di Messina
Facoltà: Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo
Corso: Scienze della Comunicazione
Esame: Bioetica
Docente: Demetrio Neri1. La bioetica: tra divulgazione scientifica e cultura umanistica
Analizzare il rapporto tra bioetica e mass media significa fare il punto sull'intreccio di questioni che nascono
dall'intensa attenzione dell'opinione pubblica per le questioni bioetiche e sul diverso modo in cui tali
vengono affrontate dai mezzi d'informazione.
Il fatto che diversi problemi riguardanti la comunicazione della bioetica derivino da problemi relativi alla
comunicazione della scienza ci porta a dedurre che evidentemente i problemi irrisolti della comunicazione
scientifica si tradurranno in limiti nella comunicazione e comprensione delle questioni bioetiche. Fermo
restando che valutazione morale e conoscenza scientifica sono sicuramente due cose distinte e diverse in
quanto il piano normativo non è riducibile a quello descrittivo.
Problema centrale della divulgazione scientifica è quello della corretta informazione. Rende difficile
un'accessibile divulgazione la forte specializzazione della nostra epoca. C'è chi come Olivero e Milano
sostiene che è soprattutto il modo in cui è organizzata la formazione scientifica a ostacolare la divulgazione
scientifica: nei primi decenni del secolo lo scienziato riceveva una preparazione più globale oggi invece la
sua preparazione è limitata a un ramo di scienza, specifica e parcellare. Ciò porta lo scienziato
“specializzato” all'uso di particolari terminologie di scarsa leggibilità ai non addetti ai lavori che implicano
grandi gradi di difficoltà ai fini della comprensione.
Una scienza frammentata in miriadi di discipline scientifiche può essere divulgata solo traducendola in una
lingua capace di comunicare anche ai “non addetti ai lavori”. In genere si tende a semplificare con metafore,
il rischio però è che il linguaggio delle metafore non riesca a colmare l'ignoranza del cittadino medio e che
la conoscenza rudimentale appresa non sia di alcuna utilità per le esigenze della nostra vita. Di fronte a
queste difficoltà si può arrivare a pensare che vi siano settori scientifici che non si prestano alla divulgazione
in termini di reale comprensione, ma ciò è un modo di eludere i problemi piuttosto che di risolverli.
Arrendersi significherebbe rinunciare a migliorare i rapporti e le dinamiche che caratterizzano la nostra
società. La comprensione della scienza è ormai un'esigenza fondamentale delle società democratiche
chiamate sempre più spesso a prendere posizione su questioni che toccano direttamente la vita, la cura e la
morte dei suoi cittadini (bioetiche). Alla luce di questa esigenza risulta importante che le informazioni
scientifiche siano filtrate da divulgatori capaci di scegliere ogni giorno quelle che meritano il giusto rilievo.
Il divulgatore scientifico ha anche un'altra utilità: pensare che gli scienziati abbiano un punto di vista
imparziale sulla scienza e sulle loro ricerche è molto ingenuo; se il divulgatore scientifico lascia infatti che
siano gli scienziati a decidere quello che è importante e promettente, egli rinuncia a alla sua funzione di fare
informazione, e con questo intendo INFORMAZIONE CORRETTA. Gli scienziati infatti possono essere
direttamente interessati alla diffusione di una notizia piuttosto che un'altra ai fini ad esempio dei
finanziamenti magari da parte di società private che possono scaturire dalla pubblicità di una certa notizia.
A prescindere da ciò il rischio a cui corriamo ad oggi è che il dibattito bioetico venga influenzato
negativamente dalla tendenza dei mass media a preferire la divulgazione delle notizie a maggiore effetto
sull'opinione pubblica, prediligendo quindi temi che forniscono un'immagine sempre positiva della scienza.
E' dunque necessario comare il divari che ci separa dalla scienza.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media
Sarebbe comunque un errore pensare che una maggiore comprensione della scienza possa eliminare il
disaccordo sulle diverse questioni bioetiche: ciò può (solo) aiutare a riflettere meglio sulle questioni morali
in gioco.
Tuttavia le diverse questioni bioetiche non sono riducibili a questioni (di conoscenza) scientifiche, ma
chiamano in gioco valori, credenze, concezioni della vita buona e non si prestano perciò a quelle soluzioni
oggettive che in genere ci si aspetta che la scienza possa dare.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media 2. La comunicazione nell'era post-accademica della scienza
Come scrive Eugenio Lecaldano, scienza e bioetica sono intimamente connesse: la bioetica è una disciplina
che si è andata costituendo, nella seconda parte del XX secolo, a ragione delle grandi trasformazioni
scientifiche che si sono realizzate nei modi di trattare la nascita, la cura e la morte degli esseri umani,
nonché quello degli animali.
Proprio mentre la bioetica come disciplina si è andata costituendo, la comunicazione della scienza, come
istituzione sociale, si è andata rapidamente modificando. Pietro Greco nel suo intervento cerca di descrivere,
seppur a grandi linee, questo processo evolutivo della comunicazione della scienza. Jhon Ziman, fisico
teorico inglese, propone un'analisi originale della scienza contemporanea, o meglio, del modo di lavorare
degli scienziati del nostro tempo: la tesi di Ziman è che dal dopoguerra in poi siamo entrati in una nuova era
dello sviluppo scientifico, egli la definisce era post-accademica. Questa nuova era differisce dalla precedente
sostanzialmente per un motivo: perché le decisioni rilevanti per lo sviluppo delle conoscenze e della scienza
stessa, non vengono più prese esclusivamente tra esperti, cioè all'interno delle comunità scientifiche come
era consuetudine fare nell'era accademica, MA sono il frutto di decisioni sempre più allargate che
coinvolgono comunità sempre più vaste di non esperti, spesso internazionali.
Anche la natura del lavoro degli scienziati è cambiata: gli scienziati lavorano sempre più in gruppi spesso
molto estesi e dalla composizione quasi sempre internazionale con figure che ricoprono ruoli e funzioni altre
a parte quelle degli scienziati. (che sono dunque contemporaneamente anche altro a parte che scienziati). Se
Ziman ha ragione e davvero noi siamo entrati nell'era post-accademica dell'impresa scientifica in cui le
scelte rilevanti per lo sviluppo della scienza vengono prese sempre più dagli scienziati in compartecipazione
con una serie di pubblici, ne consegue che la comunicazione pubblica della scienza ha cambiato statuto
ontologico. Lo scienziato oggi comunica scienza con persone che non appartengono alla sua comunità
scientifica e questa comunicazione ha effetti diretti sul suo lavoro. La comunicazione pubblica della scienza
è diventata un fattore fondante della nostra democrazia: poter seguire lo sviluppo della scienza ci permette di
poterdecidere come costruire coscienziosamente il nostro futuro immediato.
Ecco dunque dove sta la novità: la comunicazione della scienza al pubblico dei non esperti è diventata
componente necessitante dell'attività scientifica ed elemento essenziale della dinamica sociale. Questa
evoluzione crea però dei problemi di inerzia: i protagonisti del cambiamento non sempre riescono a
comprendere tale cambiamento e ad adeguarsi cioè nell'era post-accademica ne gli scienziati ne i pubblici
che sono chiamati a dialogare hanno acquisito una capacità professionale di comunicare scienza, addirittura
molti non hanno ancora percepito il cambiamento.
Intanto i mass media versano in una crisi culturale profonda. L'informazione è diventata merce come altra,
l'etica dei mass media è sempre meno quella dei comunicatori e sempre più quell'etica di mercato,
l'approccio alla comunicazione della scienza da parte dei media risulta schizofrenico, epifenomeno
dell'incapacità crescente dei media a informare sui fenomeni culturali e sociali del nostro tempo.
RIASSUMENDO la comunicazione pubblica della scienza è la modalità principale attraverso cui le
comunità scientifiche e l'intera società interagiscono.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media 3. I media e la bioetica: riflessioni sulla qualità dell'informazione
La bioetica compare nei media di solito quando deve servire ad accompagnare e a commentare notizie
estreme, quando e se il tema in questione suscita preoccupazioni di tipo morale. Si fa appello ai principi
della bioetica soprattutto quando si tratta di presentare con enfasi temi che colpiscono l'immaginario
collettivo. Solo di rado, anzi, diciamo tranquillamente quasi mai, si parla di bioetica “detta” quotidiana.
Temi di bioetica quotidiana dovrebbero essere proposti costantemente attraverso i media come argomenti di
approfondimento e di dibattito allargato e pubblico. Uno stimolo a guardare con occhi diversi ciò che si
nasconde dietro i progressi della medicina e della scienza.
Dall'analisi di un anno di carta stampata di individuano caratteristiche e si delineano tendenze analoghe: sui
mezzi d'informazione si parla di malattie solitamente con il clamore di nuove terapie presentate come
risolutive, sono solo i successi a fare notizia. Notizie che si propongono sulle pagine dei giornali in modo
quasi sempre spettacolare, raramente ponendosi il problema etico di creare aspettative esagerate magari
false, nei malati, nei cittadini, nelle persone. Parlare di malattia dovrebbe essere altro, dovrebbe essere un
discorso incentrato sulla medicina ma prima ancora sui malati e su valori condivisi e quindi di bioetica,
poiché la malattia è un vissuto che coinvolge l'essere umano, il suo corpo, il suo spirito e il suo
comportamento.
Se prima in un passato recente si pensava che la scienza fosse in grado di fornire conoscenze sempre più
certe, i nuovi problemi fanno barcollare tale convinzione perché i fatti sono incerti, le poste in gioco elevate,
le decisioni urgenti, i valori controversi. Chi produce informazione sembra scarsamente consapevole dei
limiti dei risultati scientifici e quindi non è in gradi di comunicare complessità, ambiguità, controversie
proprie della scienza. Pur di catturare l'attenzione dei lettori, si rompono talora le regole della correttezza e
obiettività dell'informazione, complici molto spesso i ricercatori che pur di incentivare e investimenti e
carriere continuano ad alimentare grandi aspettative. La funzione di informazione, nonché di guida verso
scelte consapevole nonché ai fini di una valutazione per eventuali rischi, cade. Le notizie giocano
sull'emotività, sono ad effetto, e talora i commenti del bioeticista di turno invece che ad aiutare ad entrare
nel problema e capire, sono ridondanti, retorici e peccano di arroganza intellettuale nonché d'ipocrisia.
I cambiamenti significativi provocati dalla biomedicina hanno richiesto negli ultimi decenni un
aggiornamento e un arricchimento dei codici deontologici. È diventato necessario trovare una sorta di
terreno d'incontro tra l'etica medica di tipo paternalistico, in cui il medico aveva un potere assoluto rispetto
al bene del paziente, e la pratica medica, che nell'esperienza quotidiana incontra nuovi dilemmi con una
dimensione non solo individuale e privata ma anche pubblica e sociale. La responsabilità medica si è in un
certo senso ampliata e con essa anche obblighi e divieti, al fine di una completa tutela della qualità di vita
individuale e morale.
Mai come in questo ultimo decennio di fine secolo la distanza fra il mondo della riflessione bioetica, quello
della scienza e quello dell'informazione, è stata tanto grande. Il gap tra scienziati e mass media impedirebbe
di fatto al pubblico di comprendere le scoperte scientifiche e di valutare il loro impatto sulla società. Il
rapporto mette in risalto l'attitudine all'ignoranza da parte dei giornalisti e all'arroganza da parte degli
scienziati che ostacola la comprensione del pubblico della scienza e dei progressi di tale. Nella complessa
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media relazione tra scienza e mass media le tensioni sono destinate ad aumentare. Siamo testimoni di un'epidemia
di scoperte biomediche: non passa settimana senza che notizie clamorose ci annuncino straordinari successi
di laboratorio, nuovi farmaci o nuove cure miracolose. Si tende a fare dell'informazione spettacolo e non si
da altrettanta attenzione ed enfasi ai risvolti bioetici.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media 4. Quando la scienza è degna di diventare notizia e perché?
Gli scopi e gli interessi del mondo della scienza e quello dei media si trovano sempre più spesso in conflitto
fra loro e il più delle volte tra tutte queste tensioni quella che ci perde è appunto l’etica. Tutto sta all’insegna
dello scoop, della grande notizia spesso illusoria, in cui le riflessioni bioetiche occupano, semmai lo hanno,
uno spazio marginale. Rivalità, interessi, tutto questo fa perdere di vista il senso dei cambiamenti avvenuti in
questi ultimi due decenni all’interno del mondo della medicina e impedisce di percepire il reale impatto sulla
società. I mezzi d’informazione alimentano una fiducia cieca nella scienza e ciò rende poi più bruciante la
delusione.
La salute è diventata oggi un bene di consumo e come tale rientra nella logica dei profitti. L’obiettivo
primario è allargare il mercato, spesso in modo incontrollato e non relazionato a bisogni veri, ma indotti. Per
questo si amplia il concetto di malattia e si trasforma un diffuso disagio di vivere in “depressione” e un
senso di inadeguatezza alle aspettative sociali in “sindrome da affaticamento” (che è poi un altro modo di
chiamare lo stress). Si inventano in poche parole malattie nuove per farmaci che già esistono, si abbassa la
soglia della salute per etichettare ciò che malattia non è o non è ancora, si promettono prestazioni migliori
col Viagra, si fa leva sull’immaginari della gente ossia sulla possibilità di vivere al meglio gli anni di vita in
più garantiti dalla società del benessere. Questa corsa alle promesse dovrebbe prevedere un dibattito bioetico
che purtroppo compare solo su pubblicazioni di nicchia, ma di rado su giornali a larga diffusione. Questo si
evince dalla ricerca fatta.
Quindi se le riflessioni non provengono dal mondo scientifico a chi spetta il compito di sollecitare quesiti di
ordine etico? E a chi stimolare un dibattito pubblico in cerca di valori condivisibili? Il campo della bioetica
dovrebbe avere, come sostiene il filosofo americano Daniel Callahan, un campo di esplorazione profondo e
non dovrebbe mai cessare di sollevare questioni critiche e nemmeno perdere mai il suo ruolo di stimolo nei
confronti della medicina e della cultura. Fino a che punto i mezzi d’informazione contribuiscono oggi a
tenere vivo questo dibattito? Non è possibile proporre temi di bioetica in modo corretto ed esaustivo se poi
si disattendono le regole più semplici di qualità ed appropriatezza dell’informazione.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media 5. Il caso dello zigote presingamico
Secondo Flamigni la maggior difficoltà che si incontra nel dover trattar dei rapporti tra scienza e
comunicazione sta nel fatto che non tutti abbiamo le stesse idee su queste due parole. Considerata questa
difficoltà si propone di cimentarsi un problema più semplice, ma non meno importante, dunque si chiede: è
accettabile l'idea che i cittadini hanno della scienza? Egli considera che i cittadini si facciano un'idea della
scienza attraverso i mezzi di comunicazione più diffusi, sono dunque i media a tenere banco in campo di
comunicazione scientifica, un fatto che sembra amareggiare molto gli scienziati ce sostengono che tv e
giornali rappresentino le fonti meno
attendibili di informazioni per quanto riguarda le novità della scienza e delle relative implicazioni etico-
sociali.
Flamigni ritiene che le connotazioni principali delle informazioni che riguardano il progresso scientifico e le
sue ricadute sociali siano l'eccesso, le stramberie, la ridondanza, l'opulenza e l'esagerazione, latitano invece
chiarezza e neutralità ideologica. Questa condizione, destinata dice a peggiorare nel tempo, rappresenta un
grave danno per la società.
La produzione di conoscenza (degli scienziati) deve essere finalizzata all'interesse della società degli
uomini. Stabilire un rapporto tra scienza e società significa riconoscere la necessità di regole, norme che
riguardano le prerogative della produzione di conoscenza, norme relative al comportamento dei ricercatori.
La ricerca scientifica deve garantire sufficiente autodisciplina ed essere così trasparente da permettere un
adeguato controllo da parte della società. Deve di conseguenza accettare una serie di norme, le stesse
presentate nel 1942 da Robert Merton: comunismo, universalismo, disinteresse, originalità, scetticismo
organizzato, trasparenza, cooperazione.
Passando a un altro punto, se l'acquisizione di nuove conoscenze è un interesse della collettività, se la
scienza opera in favore al benessere e allo sviluppo della società, non si può accettare un controllo che sia
affidato a religioni o ideologie, poiché non esiste religione o ideologia universali nella quale si riconoscano
unanimamente gli uomini. Si può prevedere che a condizionare le scelte della ricerca scientifica possa essere
indicata e chiamata la morale di senso comune. Questa morale si forma per molteplici influenze dentro a
ciascuno di noi, ma perché tale morale di senso comune sia messa in grado di accettare le nuove proposte è
necessario che i cittadini vengano raggiunti da informazioni serie, comprensibili e oneste, e così non è. È un
guaio perché siamo alle soglie di grandi decisioni possibili rispetto alle quali non conta più sapere cosa
dobbiamo fare ma cosa vogliamo fare, decisioni che devono essere prese dalla collettività, ma alle quali tale
non è preparata per un semplici problema di disinformazione nonché vittime della malafede. Si tratta di un
problema di democrazia incompiuta e mutilata dall'inadeguatezza della insincerità.
Marianna Tesoriero Sezione Appunti
Bioetica e Mass Media