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Quando la scienza è degna di diventare notizia e perché?


Gli scopi e gli interessi del mondo della scienza e quello dei media si trovano sempre più spesso in conflitto fra loro e il più delle volte tra tutte queste tensioni quella che ci perde è appunto l’etica. Tutto sta all’insegna dello scoop, della grande notizia spesso illusoria, in cui le riflessioni bioetiche occupano, semmai lo hanno, uno spazio marginale. Rivalità, interessi, tutto questo fa perdere di vista il senso dei cambiamenti avvenuti in questi ultimi due decenni all’interno del mondo della medicina e impedisce di percepire il reale impatto sulla società. I mezzi d’informazione alimentano una fiducia cieca nella scienza e ciò rende poi più bruciante la delusione.

La salute è diventata oggi un bene di consumo e come tale rientra nella logica dei profitti. L’obiettivo primario è allargare il mercato, spesso in modo incontrollato e non relazionato a bisogni veri, ma indotti. Per questo si amplia il concetto di malattia e si trasforma un diffuso disagio di vivere in “depressione” e un senso di inadeguatezza alle aspettative sociali in “sindrome da affaticamento” (che è poi un altro modo di chiamare lo stress). Si inventano in poche parole malattie nuove per farmaci che già esistono, si abbassa la soglia della salute per etichettare ciò che malattia non è o non è ancora, si promettono prestazioni migliori col Viagra, si fa leva sull’immaginari della gente ossia sulla possibilità di vivere al meglio gli anni di vita in più garantiti dalla società del benessere. Questa corsa alle promesse dovrebbe prevedere un dibattito bioetico che purtroppo compare solo su pubblicazioni di nicchia, ma di rado su giornali a larga diffusione. Questo si evince dalla ricerca fatta.

Quindi se le riflessioni non provengono dal mondo scientifico a chi spetta il compito di sollecitare quesiti di ordine etico? E a chi stimolare un dibattito pubblico in cerca di valori condivisibili? Il campo della bioetica dovrebbe avere, come sostiene il filosofo americano Daniel Callahan, un campo di esplorazione profondo e non dovrebbe mai cessare di sollevare questioni critiche e nemmeno perdere mai il suo ruolo di stimolo nei confronti della medicina e della cultura. Fino a che punto i mezzi d’informazione contribuiscono oggi a tenere vivo questo dibattito? Non è possibile proporre temi di bioetica in modo corretto ed esaustivo se poi si disattendono le regole più semplici di qualità ed appropriatezza dell’informazione.

Tratto da BIOETICA E MASS MEDIA di Marianna Tesoriero
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