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Narratore e destinatario nelle "Storie" di Erodoto



Dopo aver visto l'impatto delle 4 marche d'enunciazione sul destinatario, ora ci poniamo il problema degli altri narratori. E degli altri destinatari. Chi in un dato momento parla, e a chi? Abbiamo il primo narratore onnipresente e soggetto dell'enunciazione. Interviene alla 1a persona singolare ma usa anche la 1a plurale. In un solo caso la 3a persona. La 2a persona non è attestata. Il destinatario non è tuttavia assente dalle storie, ma compare alla 3a persona plurale (i greci) e alla 1a plurale (noi). Noi = il mondo in cui si racconta, di fronte al mondo raccontato. Noi = noi rispetto a loro. Il destinatario si lascia scorgere nelle comparazioni. Ad esempio quando la tauride è evocata con parole destinate agli ateniesi. La destinazione greca si puo anche formulare esplicitamente. La 3a persona infine è tutto il resto = tutti coloro che parlano e di cui io parlo, tutti coloro che faccio parlare ma anche quei racconti che si dicono, senza aver apparentemente bisogno della bocca di un narratore. Sull'origine degli Sciti intervengono 4 narratori diversi. La cosa più importante è che solo il narratore principale ha mobilità e puo occupare tutti i posti del discorso. Da narratore puo divenire narratario e poi di nuovo narratore. Le diverse narrazioni sono come strati aventi ciascuno la sua colata. Il narratore interviene disponendo le sue marche d'enunciazione. Gli Sciti raccontano le loro origini - interviene il narratore - poi parlano i greci del ponto - poi i discorsi d'aristea. Il destinatario è libero: “io dico” ciò che trovo credibile, ma il destinatario è libero di credere o meno. Il narratore produce prova della sua credibilità. Altro problema è quello del voler-credere = orecchio del pubblico. Quando Erodoto dice “so che alcuni greci non ci credono”  mostra che ha validi motivi per dirlo e rafforza il far credere del racconto.

Tratto da ERODOTO, IL PADRE DELLA STORIA? di Dario Gemini
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