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L'elegia di Sesto Properzio

L'elegia di Sesto Properzio


Properzio nasce ad Assisi nel 50 a.C. Avviato all’avvocatura a Roma, si dedica alla poesia. Si avvicina la circolo di Messalla e poi, con il successo del primo libro di elegie, a quello più grande di Mecenate. Muore dopo il 16 a.C. Di Properzio ci rimangono quattro libri di elegie.
 Il primo fu famoso nell’antichità come Monobiblos è costituito quasi tutto da poesie d’amore eleganti e brillanti, dedicate alla sua donna, Cinzia (pseudonimo per Hòstia).
Il secondo è molto lungo, può essere il risultato della fusione di due libri ; il testo è particolarmente disordinato nei manoscritti , e in molti casi non indicano dove iniziano e finiscono i singoli componimenti. Non ha la freschezza del libro precedente e sono comprese alcune poesie su temi graditi al regime augusteo. L’amore altalenante per Cinzia è sempre al centro.
Il terzo comprende una maggiore gamma di temi rispetto ai precedenti ma anche un più elevato livello di generalizzazione e astrazione. È proprio in questo che Properzio inizia a immaginarsi come il Callimaco romano, scrivendo poesie brevi e non più a tema unicamente amoroso. Il distacco da Cinzia è imminente
 Il quarto appare dopo una pausa di riposo molto lunga. Alcune elegie sono di argomento antiquario, sul modello de Le cause di Callimaco, altre trattano temi vari e comprendono due dei più belli componimenti dedicati a Cinzia. Il carme secondo è un Epicedio per la morte della nobile matrona Scribonia (suocera di Ottaviano); è scritta come se fosse pronunciata da lei stessa ed è un espressione molto immediata delle caratteristiche e dei sentimenti di una matrona romana.       

I temi e le caratteristiche di Properzio.

La storia d’amore con Cinzia appare dominante sin dall’inizio del primo libro ed è destinata a dominare la quasi totalità della produzione letteraria del poeta. Properzio si descrive come uomo infelice, prigioniero da un anno della passione per una donna, Cinzia, cortigiana elegante e raffinata, dedita alla cultura, che vive negli ambienti eleganti di Roma.
 Per lei Properzio si abbandona ad una vita piena di nequitia, abbandonando i suoi propositi di gloria e successo, per dedicare anima e corpo alla donna che ama, a costo di subire il degrado sociale ed economico. La donna è capricciosa ed incostante, ma Properzio si compiace di questo rapporto di dipendenza che ha verso la donna, il suo servitium amoris è accettato perché garante dell’autarkèia. È un “poeta maledetto”, che si compiace della propria sofferenza e della propria degradazione. Properzio, con il suo atteggiamento, rifiuta il suo compito di civis e allo stesso tempo i valori del mos maiorum, per dedicarsi completamente all’amore.     
La sua poesia rappresenta nient’altro che la sua vita, ed egli utilizza la sua poesia come arma di corteggiamento: l’unica che può giocarsi per competere con le più danarose ragioni degli avversari.
L’amore di Properzio è lontano dal quello ovidiano: egli vagheggia l’amore della tradizione mitica, un amore eterno e sublime, dominato dalla pudicizia e dalla castità.  Oltre alla poesia amorosa troviamo, nei libri II e III, un tipo di poesia più distaccata dal tema amoroso e più indirizzata a temi cari al principato: era una lirica leggermente pilotata dal circolo di Mecenate. È proprio nel terzo libro che si chiude il romanzo d’amore con Cinzia.  Il IV libro è testimone di un tipo di elegia svincolata dall’eros: Properzio, sotto la spinta di Mecenate ed Ottaviano, si dedica alla poesia civile. Ma la sua poesia sarà esente da gravitas, interpretata sotto un’ottica callimachea, piena di ironica grazia.  Ma Properzio non riesce a stare lontano a lungo dall’amore e, anche in questo libro, ritorna la figura di Cinzia.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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