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Publio Ovidio Nasone e la poesia


PUBLIO OVIDIO NASONE → 43 a.C. Sulmona – 17 d.C. Roma


Publio Ovidio Nasone nasce nel 43 a.C. a Sulmona, nell’odierno Abruzzo, il 20 marzo. Conosciamo gran parte della sua vita da un’opera scritta proprio da lui (i Tristia IV): figlio di cavaliere, studiò a Roma per diventare avvocato ma ben presto si dedicò esclusivamente alla poesia; Plinio il Vecchio diceva che la sue retorica era più emozionale che argomentativa. Apparteneva al circolo di Messalla e, a differenza di altri, si tenne lontano da quello di Mecenate: furono suoi amici Orazio e Properzio e soprattutto Tibullo, al quale dedicò un elegia. Si sposò tre volte ed ebbe una figlia dalla seconda.
Al culmine della sua carriera fu mandato in esilio, da Ottaviano, a Tomi, sul Mar Nero. In verità non fu proprio esiliato, subì la cosiddetta relegatio, che prevedeva il mantenimento dei beni e dei diritti civili. Orazio stesso spiega, o forse solamente ipotizza, i motivi della sua condanna: càrmen et error, cioè una sua opera (Ars Amatoria) e un suo errore di comportamento. L’opera in questione non era molto gradita ad Ottaviano perché in contrasto con la sua legislazione moralistica; per giunta fu pubblicata poco dopo lo scandalo della nipote di Ottaviano, Giulia, la protagonista del famoso error. Probabilmente Orazio fu testimone di qualcosa di illecito, forse uno degli adulteri di Giulia, ma non si sa fino a che punto ne fu testimone. In molte poesie dei Tristia e nelle Epistulae ex Ponto Orazio racconta le dure condizioni del luogo in cui era stato mandato, i pericoli delle invasioni barbariche, soprattutto dei Goti, il clima freddo e l’ambiente inospitale. Presto si guadagnò la fiducia e la stima del popolo e apprese le lingue locali e il greco. In una lingua locale scrisse un poema (a noi non pervenuto) in onore di Augusto e Tiberio. Morì nel 17 d.C. in esilio.

Caratteristiche della poesia ovidiana

Ovidio è certamente il poeta più innovativo e provocatore dell’epoca augustea. Essendo nato l’anno successivo all’assassinio di Cesare, è estraneo ai bagni di sangue della guerra civile e alla profonda motivazione della rigida politica augustea. Orazio consacra la sua vita alla poesia e l’attributo “elegiaco”  riduce enormemente la sua personalità. Orazio è un anticonformista e, pur cimentandosi nella poesia elegiaca, non consacra la sua esistenza ad una donna, non si degrada fino all’estremo per i capricci dell’amata (se mai c’è n’è stata una). Orazio rifiuta di cimentarsi solo nell’elegia: egli tenterà la strada di tantissimi generi, sino all’epigramma. È un uomo capace di cambiare con la società e di adattarvisi se necessario; allo stesso tempo non viene meno alle sue convinzioni di uomo e poeta. La società in cui vive Ovidio, come detto prima, è estranea al bagno di sangue dell’età cesariana, e come tale, desiderosa di lusso, agi e bellezze; Orazio non fa eccezione: in contrasto con il mito dell’età dell’oro, Orazio si proclama contento di vivere in una società che gli ha dato tutto ciò che poteva desiderare.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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