Il periodo che viene considerato nel testo è quello della controriforma, e i maggiori esponenti culturali del periodo quali Federico De Roberto o Giordano Bruno. Nella seconda parte del riassunto si parla della seconda parte dell'800, Balzac, Flaubert, Manzoni e Verga, oltre che esposti i caratteri principali dell'Illuminismo.
Controriforma e secondo 800 in letteratura
di Gabriella Galbiati
Il periodo che viene considerato nel testo è quello della controriforma, e i
maggiori esponenti culturali del periodo quali Federico De Roberto o Giordano
Bruno. Nella seconda parte del riassunto si parla della seconda parte dell'800,
Balzac, Flaubert, Manzoni e Verga, oltre che esposti i caratteri principali
dell'Illuminismo.
Esame: Letteratura italiana
Titolo del libro: Letteratura italiana. Storie, forme, testi.
Autore del libro: Giovanna Bellini, Giovanni Mazzoni
Editore: Laterza
Anno pubblicazione: 19941. Il senso del termine Controriforma
Il senso del termine
Il termine Controriforma è usato in Germania verso la fine dell’700 per indicare la risposta della Chiesa di
Roma alla sfida protestante, in termini di ridefinizione del dogma, riorganizzazione istituzionale e
disciplinare, lotta contro l’eresia e evangelizzazione verso i nuovi mondi. La connotazione negativa e
repressiva del concetto di Controriforma e la volontà di sottolineare il rinnovamento nel mondo ecclesiastico
nell’500 hanno indotto molti storici cattolici e preferire il termine Riforma Cattolica. Ciò per denotare
l’esame di coscienza della Chiesa cattolica e il rinnovamento interno. La Controriforma è invece
l’affermazione di sé compiuta in lotta contro il protestantesimo. Per la maggior parte dei critici, è improprio
parlare di riforma.
Le decisioni principali
Il Concilio di Trento fissò i tratti distintivi del cattolicesimo: accentramento di tutti i poteri nella curia di
Roma e nel pontefice, supremazia del clero sul laicato, slancio missionario ed anche chiusura totale verso gli
sviluppi della civiltà moderna e oppressiva vigilanza su ogni manifestazione del pensiero e dell’arte.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
Controriforma e secondo 800 in letteratura 2. La nascita dell’Inquisizione, 1542
Nel 1542 venne creata a Roma, per dirigere e coordinare la repressione dell’eresia, la Congregazione del
Sant’Uffizio o dell’Inquisizione, di cui fece parte il cardinale Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV)
intransigente difensore dell’ortodossia religiosa e del primato papale. In Italia, l’unica alternativa al
Nicodemismo (atteggiamento di chi si conformava esteriormente al culto ufficiale, pur professando
nell’intimo una fede diversa) era l’esilio volontario. Molti eretici italiani, infatti, seguirono questa strada.
Il Concilio di Trento
La convocazione di un Concilio era richiesta sia dall’imperatore, che sperava in un riassorbimento dello
scisma protestante, sia da quanti ritenevano non più procrastinabile un rimedio ai mali di cui soffriva la
Chiesa. Nel 1542 così fu indetto per la prima volta a Trento, città sede di un principato vescovile. Ma a
causa dell’apertura delle ostilità tra Carlo V e il re di Francia, il Concilio poté riunirsi effettivamente nel
1545. Alla cerimonia di apertura, non vi fu un grande afflusso. Nel 1562 – 3, vi furono le ultime sedute
decisamente più affollate. Le prime questioni discusse furono la definizione dei punti dogmatici più
controversi, come gli effetti del peccato originale (cancellati dal battesimo) e la giustificazione per sola fede,
dichiarata eretica. Ciò provocò un solco incolmabile e definitivo tra la chiesa cattolica e le confessioni
protestanti. Nel 1547, con la pretesa di un’epidemia di peste, si trasferì a Bologna, territorio pontificio, fino
alla morte di Paolo III (1549). Il nuovo papa Giulio III riconvoco il Concilio a Trento (1551). Il suo
successore Paolo IV lo sospese per circa dieci anni, perché era avverso all’imperatore, ostile verso il
Concilio. La prima esigenza della Chiesa doveva essere la lotta contro i nemici interni e la riaffermazione
dell’assoluta autorità della Santa Sede. Nel 1559 fu indetto l’Indice dei libri proibiti. Il nuovo papa Pio IV
rilanciò il Concilio e lo portò a conclusione dopo due anni di intense discussioni (1562 – 3). Fu riaffermato e
rafforzato il carattere monarchico della chiesa cattolica, la superiorità del papa sul concilio, la chiesa
collocata accanto alla Sacra Scrittura come fonte di verità, esistenza del purgatorio, validità delle
indulgenze, culto dei Santi e della Vergine, istituzione di seminari (per la preparazione dei sacerdoti),
divieto di cumulo di benefici, obbligo dei vescovi di risiedere nella propria diocesi, insegnamento religioso
ai fedeli, registri di battesimi, matrimoni e sepolture, imposizione del celibato e dell’abito talare agli
ecclesiastici, importanza dei sacramenti. L’applicazione di queste regole non fu immediata e fuori dall’Italia
dovette fare i conti con la volontà dei sovrani di controllare le rispettive chiese.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
Controriforma e secondo 800 in letteratura 3. Federico De Roberto, breve biografia
L’opera di De Roberto si è imposta all’attenzione della critica solo negli ultimi decenni. Questo rende
problematica la ricostruzione della biografia. D’altra parte, la vita dello scrittore, di estrazione piccolo –
borghese, non fu ricca di avvenimenti.
Vita
Nato a Napoli nel 1861, si trasferì con la madre a Catania, dove conobbe Verga e Capuana e si dedicò al
giornalismo e alla letteratura.. soggiornò per un periodo a Milano, dove collaborò con il “Corriere della
Sera” e ritornò a Catania. L’elenco delle sue opere è molto lungo e comincia con una raccolta di saggi
critici, Arabeschi (1883). Nel 1887 pubblica la prima raccolta di novelle, La sorte, che risente del modello
verghiano e che viene criticato per l’eccessiva crudezza veristica. Quasi per controbattere la critica, l’anno
successivo pubblicò un’altra raccolta, Documenti umani, di ambientazione borghese – aristocratica e
incentrato sull’analisi psicologica. Del 1889 è il primo romanzo Ermanno Raeli, di intonazione
autobiografica.
L’opera principale
Il suo capolavoro, I Viceré, comparve nel 1894, lo stesso anno in cui fu scritto, L’Imperio, che ne è la
continuazione e che, rimasto incompiuto, venne pubblicato postumo nel 1929. Frustato dall’insuccesso,
smise di scrivere romanzi e si dedicò alla critica e alla saggistica. Nel 1921, però, scrisse un racconto
interessante, La paura, nel quale veniva dissolta ogni retorica guerrafondaia e si dava, attraverso un tragico
episodio, una rappresentazione realistica della vita in trincea. Il racconto si segnala anche per l’uso
espressivo e spregiudicato del dialetto.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
Controriforma e secondo 800 in letteratura 4. I Viceré, F. De Roberto
È un romanzo corale, tanto che non è possibile individuare un vero e proprio protagonista, anche se nella
parte finale la figura di Consalvo diventa centrale. La vicenda non si sviluppa secondo una linearità, ma è il
risultato di un intreccio di fatti. Il racconto prende le mosse dalla morte della principessa Teresa, vedova del
principe Uzeda di Francalanza. Tutta la città, che dal contesto si arguisce essere Catania, partecipa alle
cerimonie funebri che hanno il fasto di una famiglia discendente dai Viceré spagnoli. La lettura del
testamento, fatta nel vastissimo palazzo degli Uzeda, è l’occasione per il narratore di presentare i
componenti della famiglia. Tutti i personaggi appaiono minati da forme particolari di mania che spesso
sconfina nella vera e propria nevrastenia. L’azione inizia nel 1850 e ha come filo conduttore gli sforzi del
principe Giacomo, padre di Consalvo, ossessionato dalla smania di accumulare ricchezze e dalla paura del
malocchio, di spogliare tutti i parenti. Vi riesce utilizzando tutti i mezzi. Una parte rilevante nel romanzo
hanno gli avvenimenti storici e politici, come l’arrivo di Garibaldi e la proclamazione del Regno d’Italia.
Nell’ultima parte del romanzo comincia a prendere rilievo la figura di Consalvo. Tiranneggiato dal padre,
nel momento in cui egli si risposa comincia a odiarlo con tutte le sue forze. Dopo un periodo passato nelle
feste con gli amici e a correre dietro le donne, Consalvo compie un viaggio in Europa e va anche a Roma,
accorgendosi che fuori dalla Sicilia il suo cognome è uno fra tanti. Tornato nella sua città, decide di
primeggiare usando la politica e riesce a farsi eleggere sindaco. Il padre però lo disereda. Una volta morto
quest’ultimo, la matrigna e la sorella gli restituiscono gran parte dell’eredità perché egli sia a tutti gli effetti
principe di Francalanza. Nel 1882, riesce a farsi eleggere deputato.
La lettura risulta difficile perché la storia è composta da una ragnatela di episodi collegati tra loro. Il
narratore è impersonale.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
Controriforma e secondo 800 in letteratura 5. Giordano Bruno, biografia
Bruno, originario del regno di Napoli, proviene da una famiglia popolare. La sua formazione avviene presso
il collegio dei domenicani, da cui deriva l’approfondita conoscenza di Aristotele, del tomismo e della cultura
cristiana. Ma era anche dotto su forme di pensiero estranee alla tradizione dell’ordine, come il platonismo e
il neoplatonismo e in più il naturalismo e la magia. Mostra una forte inclinazione a tradurre in prassi la
propria elaborazione e a fare della filosofia uno strumento di trasformazione e di riforma della realtà.
L’opera di Bruno vede luce attraverso varie peregrinazioni per l’Europa, sulle tracce di personaggi e
ambienti capaci di accogliere il messaggio. Essa si alimenta di un contradditorio con i più diversi
orientamenti filosofici e religiosi. Quindi si ha un impianto soprattutto polemico e dialettico. A conferma di
ciò, la forma del dialogo di alcune opere maggiori, tra cui gli scritti composti in Inghilterra. La filosofia di
Bruno si configura come non cristiana ma come il tentativo di rinnovare la cultura filosofica in senso
anticristiano.
Giordano Bruno nasce a Nola nel 1548, battezzato col nome di Filippo. Nel 1562 si trasferisce a Napoli per
continuare gli studi, come la dialettica, la logica e le tecniche mnemoniche. Per poter continuare gli studi,
all’età di 17 anni, entra come novizio nell’ordine dei frati domenicani, stabilendosi nel convento napoletano
di San Domenico Maggiore e assumendo il nome di Giordano. Già all’epoca le sue posizioni erano
difficilmente conciliabili con la cultura dell’ordine e con l’ortodossia cattolica. Nel 1572, è ordinato
sacerdote. Nello stesso anno, viene ammesso a seguire il corso di teologia sacra, al termine del quale si
laurea come lettore in teologia. Per sottrarsi ad un processo per eresia intentatogli dai superiori, si trasferisce
a Roma nel 1576. Poco dopo sveste l’abito dell’ordine ed è costretto ad abbandonare la città per sfuggire ad
un altro processo, accusato ingiustamente di aver gettato un confratello nel Tevere. Prima va a Ginevra,
dove per convenienza abbraccia la religione di Calvino che poi abiurerà. Nel 1581, si trasferisce a Parigi.
Due anni dopo è in Inghilterra, dove si trattiene fino al 1585. Ad Oxford, tiene un corso in latino. Le lezioni
però non incontrano il successo sperato, anzi suscitano la reazione dell’ambiente universitario per cui va a
Londra. Le ragioni del dissidio con gli accademici di Oxford derivano da riflessioni di Bruno che
confluiranno nella Cena delle Ceneri (1584), primo dialogo pubblicato in Inghilterra. Bruno contesta
innanzitutto la pedanteria dei dottori inglesi. Al nolano sembra che in costoro l’amore per il classico e la
filologia abbia lasciato il posto a una cura per la forma, le regole e i problemi di metodo , piuttosto che
occuparsi del contenuto. Inoltre Bruno combatte una battaglia in difesa dell’eliocentrismo. Per i teologi
riformati, l’eliocentrismo non rappresenta una dottrina cosmologica ma un’ipotesi astronomica, cioè un
modello geometrico che non corrisponde alla realtà fisica. Bruno afferma con decisione la verità fisica e
cosmologica dell’eliocentrismo e si scontra con i teologi. Nella Cena delle Ceneri, l’autore si scaglia contro
il geocentrismo e capisaldi della fisica aristotelica. Si perviene a una prima intuizione di principi, come la
relatività. Il suo intento, in particolare, è abolire la nozione di centro. Il cosmo aristotelico, finito e
gerarchicamente ordinato. Suddiviso in una regione celeste incorruttibile e in una terrestre, dove si svolgono
i processi di generazione e corruzione, lascia il posto a un universo privo di distinzioni gerarchiche, infinito
in estensione, composto da infiniti mondi e, in quanto infinito, privo di centro. Nel De infinito universo et
mondi (1584), Bruno sostiene l’idea dell’universo infinito, poiché esso è l’effetto della potenza di Dio.
Negare l’infinità dell’effetto equivale a negare l’infinità di Dio e porre dei limiti alla sua potenza e ciò è
razionalmente inaccettabile.
Gabriella Galbiati Sezione Appunti
Controriforma e secondo 800 in letteratura