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I Viceré, F. De Roberto

I Viceré, F. De Roberto



È un romanzo corale, tanto che non è possibile individuare un vero e proprio protagonista, anche se nella parte finale la figura di Consalvo diventa centrale. La vicenda non si sviluppa secondo una linearità, ma è il risultato di un intreccio di fatti. Il racconto prende le mosse dalla morte della principessa Teresa, vedova del principe Uzeda di Francalanza. Tutta la città, che dal contesto si arguisce essere Catania, partecipa alle cerimonie funebri che hanno il fasto di una famiglia discendente dai Viceré spagnoli. La lettura del testamento, fatta nel vastissimo palazzo degli Uzeda, è l’occasione per il narratore di presentare i componenti della famiglia. Tutti i personaggi appaiono minati da forme particolari di mania che spesso sconfina nella vera e propria nevrastenia. L’azione inizia nel 1850 e ha come filo conduttore gli sforzi del principe Giacomo, padre di Consalvo, ossessionato dalla smania di accumulare ricchezze e dalla paura del malocchio, di spogliare tutti i parenti. Vi riesce utilizzando tutti i mezzi. Una parte rilevante nel romanzo hanno gli avvenimenti storici e politici, come l’arrivo di Garibaldi e la proclamazione del Regno d’Italia. Nell’ultima parte del romanzo comincia a prendere rilievo la figura di Consalvo. Tiranneggiato dal padre, nel momento in cui egli si risposa comincia a odiarlo con tutte le sue forze. Dopo un periodo passato nelle feste con gli amici e a correre dietro le donne, Consalvo compie un viaggio in Europa e va anche a Roma, accorgendosi che fuori dalla Sicilia il suo cognome è uno fra tanti. Tornato nella sua città, decide di primeggiare usando la politica e riesce a farsi eleggere sindaco. Il padre però lo disereda. Una volta morto quest’ultimo, la matrigna e la sorella gli restituiscono gran parte dell’eredità perché egli sia a tutti gli effetti principe di Francalanza. Nel 1882, riesce a farsi eleggere deputato.
La lettura risulta difficile perché la storia è composta da una ragnatela di episodi collegati tra loro. Il narratore è impersonale.

Tratto da CONTRORIFORMA E SECONDO 800 IN LETTERATURA di Gabriella Galbiati
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