In questi appunti viene presentato il poema epico "Le Metamorfosi" di Ovidio, che descrive circa 250 miti greci uniti tra loro dal tema della trasformazione.
Ci si sofferma sulla struttura generale della narrazione delle Metamorfosi e si approfondiscono sinteticamente i principali miti.
Le Metamorfosi di Ovidio
di Valentina Ducceschi
In questi appunti viene presentato il poema epico "Le Metamorfosi" di Ovidio,
che descrive circa 250 miti greci uniti tra loro dal tema della trasformazione.
Ci si sofferma sulla struttura generale della narrazione delle Metamorfosi e si
approfondiscono sinteticamente i principali miti.
Università: Università degli Studi di Pisa
Facoltà: Filosofia1. La struttura delle Metamorfosi di Ovidio
Le "Metamorfosi", il "poema delle trasformazioni", sono in 15 libri di esametri, contenenti circa 250 miti
uniti tra loro dal tema della trasformazione: uomini o creature del mito si mutano in parti della natura,
animata e inanimata.
L'opera inizia dalla più antica trasformazione, quella del Chaos primitivo nel cosmo, sino a pervenire alla
trasformazione in astro di Cesare divinizzato e alla celebrazione di Augusto, ripercorrendo in tal modo tutte
le fasi della storia universale, attraverso il motivo conduttore della mutazione continua.
Le "Metamorfosi", nonostante apparenti disuguaglianze strutturali (per cui, mentre alcuni miti sono
largamente esplicitati, altri sono di sfuggita accennati in pochi versi), restano tuttavia un poema unitario e di
superiore armonia. II poeta salda un episodio all'altro con legami talora sottili, ma efficaci: ora un mito è
richiamato per analogia, ora per identità di contenuto, ora per incastro in altro mito che fa da cornice, ora è
esposto da un personaggio di altra vicenda. Un racconto scaturisce dall'altro in una dimensione che pare
dilatarsi all'infinito.
Valentina Ducceschi Sezione Appunti
Le Metamorfosi di Ovidio 2. Le Metamorfosi di Ovidio: una narrazione plastica
Un'arte plastica che indugia nel ritrarre la spettacolare storia delle mutazioni che il poeta stesso contempla
stupefatto, incantato o addolorato per la sofferenza di creature che cambiano, coscienti, il loro aspetto.
Dell'essere umano, che si trasforma in essere arboreo o inanimato, il poeta avverte l'intimo dolore, la
coscienza di divenire altro in una trasmutazione che sembra investire le radici stesse dell'universo. Accanto
al mito, l'amore è 1'altro grande tema del poema, ma non l'amore, fatto di corteggiamenti e galanterie, bensì
l'amore del mito, un amore che conosce un'ampia gamma di modulazioni, dalla passione malata,
all'incantamento, alla dedizione generosa, alla fedeltà coniugale. Strani, questi amori delle "Metamorfosi",
spesso impossibili o abnormi: di Eco, innamorata di Narciso, non resterà che una voce, ma anche Narciso,
invaghito di se stesso sino a lasciarsi morire, si ridurrà a un fiore. Sono, in prevalenza, amori fatti sopra tutto
di sensazioni: cosi è di Pigmalione, incantato da una statua d'avorio che egli stesso ha scolpito, una statua
che sotto le sue mani diviene a poco a poco realtà palpitante di donna viva; così è dell'amore innocente di
Piramo e Tisbe, due giovani babilonesi che intensamente si amano, nonostante l'opposizione dei genitori:
muoiono entrambi a causa di un tragico equivoco e, per il sangue uscito dai loro corpi, le bacche del gelso
(l'albero del loro fatale incontro) da bianche divengono scure.
Valentina Ducceschi Sezione Appunti
Le Metamorfosi di Ovidio 3. Mito nelle Metamorfosi di Ovidio: La Via Lattea
La Via Lattea è la strada percorsa dagli dei per raggiungere il palazzo dove risiede Giove. Essa fu originata
dal latte fuoriuscito dal seno di Giunone mentre allattava Ercole.
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Le Metamorfosi di Ovidio 4. Mito nelle Metamorfosi di Ovidio: Deucalione e Pirra
A seguito del terribile diluvio voluto da Giove per eliminare la stirpe umana ormai degenerata, gli unici due
superstiti furono Deucalione e sua moglie Pirra, ancora non corrotti e pii. Il padre di Deucalione, Prometeo,
gli consigliò di costruirsi un’arca in cui rifugiarsi e in cui navigarono per ben nove giorni. Una volta
placatasi la tempesta e ritiratesi le acque, i due si accorsero di essere gli unici supersititi. Consultarono allora
un oracolo, che suggerì loro di gettarsi dietro le spalle le “ossa della grande madre”, dopo essersi velati il
capo; Deucalione capì che l’oracolo si riferiva alle pietre della terra. I due fecero come gli era stato detto:
dalle pietre gettate da Deucalione nacquero gli uomini, da quelle lanciate da Pirra le donne: fu così creata
una nuova razza umana.
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Le Metamorfosi di Ovidio 5. Mito nelle Metamorfosi di Ovidio: Apollo e Dafne
Dopo aver ucciso il serpente Pitone, Apollo si sentì particolarmente fiero di sé, perciò si vantò della sua
impresa con Cupido, dio dell’Amore, sorridendo del fatto che anche lui portasse arco e frecce, ed
affermando che quelle non sembravano armi adatte a lui. Cupido indignato, decise allora di vendicarsi: colpì
il dio con la freccia d’oro che faceva innamorare, e la ninfa, di cui sapeva che Apollo si sarebbe invaghito,
con la freccia di piombo che faceva rifuggire l’amore, per dimostrare al dio di cosa fosse capace il suo arco.
Apollo, non appena vide la ninfa chiamata Dafne, figlia del dio-fiume Peneo, se ne innamorò. Tuttavia, se
già prima la fanciulla aveva rifiutato l’amore, dedicandosi piuttosto alla caccia come seguace di Diana,
essendo stata colpita dalla freccia di piombo di Cupido, quando vide il dio, cominciò a fuggire. Apollo iniziò
allora ad inseguirla, elencandole i suoi poteri per convincerla a fermarsi, ma la ninfa continuò a correre,
finché, ormai quasi sfinita, non giunse presso il fiume Peneo, e chiese al padre di aiutarla facendo dissolvere
la sua forma. Dafne si trasformò così in albero d’alloro prima che il dio riuscisse ad averla. Egli, tuttavia,
decise di rendere questa pianta sempreverde e di considerarla a lui sacra: con questa avrebbe ornato la sua
chioma, la cetra e la faretra; ed inoltre, d’alloro sarebbero stati incoronati in seguito i vincitori e i
condottieri.
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Le Metamorfosi di Ovidio 6. Mito nelle Metamorfosi di Ovidio: Mercurio ed Argo
Per nascondere a Giunone la vera indentità di Io, Giove tramutò la fanciulla in giovenca, ma la dea, gelosa
della rivale, volle comunque ottenere l'animale in dono. Giove, per fugare ogni sospetto di tradimento,
acconsentì alla richiesta, e Giunone pose la fanciulla sotto la sorveglianza di Argo. Il pastore aveva cento
occhi, sparsi per tutta la testa, e grazie a questi riusciva a non dormire mai, poichè per riposare ne chiudeva
solo due per volta, mentre gli altri rimanevano aperti. Dispiaciuto per la triste sorte che aveva causato alla
fanciulla, Giove incaricò suo figlio Mercurio di liberarla. Per riuscire ad avvicinarsi ad Argo, il dio si
camuffò da pastore: dopo essersi tolto l'elmo e le ali, e aver tenuto con sè solo la verga e la siringa,
s'incamminò verso il custode suonando una melodia. Argo, affascinato dal suono, invitò il dio a sedersi con
sé e Mercurio prese a suonare a lungo, raccontando al pastore la storia di Pan e Siringa, fino a che non riuscì
a far chiudere per il sonno tutti i cento occhi. Allora il dio prese la spada e gli tagliò la testa, riuscendo così a
liberare Io. Giunone, dispiaciuta per la triste sorte capitata ad Argo, prese gli occhi dalla testa e li pose sulle
piume del pavone, suo animale sacro.
Valentina Ducceschi Sezione Appunti
Le Metamorfosi di Ovidio