La giurisprudenza di merito sui trust interni
La legge di ratifica della Convenzione internazionali, secondo taluni, avrebbe introdotto nel nostro ordinamento un nuovo modello proprietario, dando piena rilevanza alla destinazione di patrimoni senza limiti temporali, e ciò in contrasto con i principi caratterizzanti il nostro sistema.
In stretta connessione si osserva che la stessa finalità del trust comporta la segregazione dei beni dal patrimonio del trustee anche se sono ancora diversi gli orientamenti in dottrina e nella giurisprudenza di merito.
Numerose sono le pronunce della giurisprudenza relative al trust, a partire dal problema di fondo, ovvero l’ammissibilità del cosiddetto trust interno: con tale espressione si indicano quei trust “che hanno un solo elemento di estraneità rispetto al nostro ordinamento: la legge dalla quale sono regolati”.
Cuore del problema è, dunque, valutare se sia compatibile con i principi generali del nostro ordinamento, l’atto istitutivo di un trust che presenti elementi oggettivi e soggettivi interamente domestici e, come unico elemento di estraneità, la scelta dell’applicazione di una legge di altro ordinamento che consente e disciplina l’istituto del trust.
Decisamente favorevoli al riconoscimento del trust interno sono le seguenti tesi:
l’art. 11 della Convenzione dell’Aja “si inserisce in una convenzione di diritto internazionale privato come norma di diritto materiale uniforme”; è regola di diritto sostanziale che non si limita a dettare le condizioni per il riconoscimento di un trust “straniero”, ma disciplina, direttamente ed immediatamente, gli effetti minimi che il riconoscimento deve produrre in ogni ordinamento degli Stati contraenti;
la previsione della Convenzione introdurrebbe una proprietà “qualificata” o “finalizzata” in aggiunta a quella conosciuta dal codice civile: i beni conferiti in trust non entrerebbero nel patrimonio del trustee, in quanto finalizzati alla realizzazione di un determinato scopo.
A tale posizione si contrappone un diverso orientamento che, contrario al riconoscimento del trust interno, ritiene necessaria la sussistenza del collegamento degli elementi di diritto e di fatto della fattispecie concreta con un ordinamento straniero che riconosce il trust.
Ammettere una completa libertà di scelta della lex fori condurrebbe a forme di abuso e di frode alla disciplina interna, in particolare con riferimento all’art. 2740 c.c.
Il trust è riconosciuto nel nostro ordinamento nei limiti dettati dall’art. 13 della Convenzione dell’Aja, e cioè solo quando si tratta di un trust costituito in uno Stato che riconosca e disciplini il tipo di trust in questione; ne consegue che il cosiddetto trust interno non trova riconoscimento in Italia.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Civile, a.a. 2007/2008
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