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Trust e separazione patrimoniale: il compito del giurista


L’incertezza che risulta dalle considerazioni effettuate deve indurre gli operatori alla cautela e ciò in adempimento di un dovere giuridico.
In una recente sentenza della Cassazione si legge, al riguardo, che nell’ambito del dovere di diligenza che caratterizza l’attività professionale sono compresi i “doveri di sollecitazione, di dissuasione e in particolare di informazione, al cui adempimento il professionista è tenuto sia all’atto dell’assunzione dell’incarico che nel corso del suo svolgimento”.
Devono dunque essere prospettate al cliente le qualificazioni e “le questioni di fatto e/o di diritto rilevabili ab origine o insorte successivamente, ritenute ostative al raggiungimento del risultato o, comunque, produttive di un rischio di effetti dannosi”.
Si sollecita un’attenzione forte al negozio di destinazione dei beni allo scopo come atto che può consentire l’utilizzo interno del trust e questa linea è percorribile sulla base di diverse sollecitazioni.
Anzitutto l’effetto indiretto della Convenzione che ha escluso la estraneità del trust all’ordine pubblico nazionale.
All’interno dell’UE si tutela la libertà e l’iniziativa economica a livello sovranazionale.
Ciascuno può convenire in giudizio il proprio Stato nazionale, qualora questo limiti l’esercizio di prerogative offerte dalla legislazione di un altro Paese membro.
Se è così, di fronte all’atto costitutivo di un trust si deve valutare se nell’ordinamento esistono dati normativi che consentono di attribuire all’atto di autonomia un grado di rilevanza tale da realizzare la sua prevalenza su altri interessi incompatibili (si pensi al regime della trascrizione).
Nell’ambito della problematica relativa alla separazione patrimoniale ed alla insensibilità dei patrimoni imputabili al medesimo centro di interesse, resta da stabilire se tali effetti siano ammissibili con un atto di autonomia.
Appare quanto meno dubbio che prevalga la sola volontà di conformazione sulla tutela dei terzi e creditori.
In questa prospettiva, lo studio e la riflessione devono concentrarsi sull’art. 2740 c.c., sulla rilevanza giuridica dell’atto di destinazione, e sulle sanzioni predisposte dall’ordinamento (nullità, ovvero, più correttamente, inefficacia della separazione).
L’esigenza dell’ordinamento di tutelare i creditori ed i terzi in genere abbandona la tecnica del divieto di un risultato (norma proibitiva) per intervenire invece sul procedimento, utilizzando la tecnica della ragionevolezza e del riequilibrio.
Vi è, insomma, un cammino che ci avvicina agli effetti tipici del trust senza rotture e senza pensare che un mutamento radicale del sistema possa prodursi di colpo, con il richiamo di una legge straniera e per effetto di una ambigua legge di ratifica.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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