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La causa nel diritto privato europeo


Sempre più spesso si parla di declino della causa.
Nei Principi elaborati dalla Commissione Lando e nei Principi Unidroit non compare la causa.
Il perché lo si enuncia chiaramente: la difficoltà e a volte l’oscurità di questo requisito.
Certo l’eliminazione della causa non comporta l’abbandono della sua funzione: la valutazione che la causa esercitava come requisito intrinseco della struttura negoziale, è stato affidato ad altri istituti fra i quale la buona fede.
La causa reca “dietro di sé un lascito di problemi”.
Per fare un minimo di chiarezza si deve muovere dall’effettività dei problemi e porsi una serie ragionata di domande e risposte:
sulla sufficienza dell’accordo e del nudo patto.
La percezione e la disciplina della causa negli ordinamenti europei è molto diversa.
Il diritto anglosassone fa riferimento alla nozione di consideration, che è simile alla causa, ma disciplina i soli contratti onerosi.
Il diritto tedesco consente l’astrazione della causa anche se tale carenza dà luogo ad un’azione di ripetizione: esiste un negozio obbligatorio, dove le parti si impegnano a vendere o comprare, e poi un negozio traslativo, che è negozio astratto, non causale, anche se poi le parti possono chiedere la restituzione del bene se difetta la giustificazione del negozio obbligatorio.
Si è voluto agevolare al massimo la circolazione dei beni.
Nel diritto italiano e francese è sufficiente il consenso legittimamente manifestato.
Si comprende così come in questi due ambienti si dia particolare rilievo alla causa che giustifichi l’effetto traslativo.
Nel diritto europeo in formazione, si è detto, il mero accordo è sufficiente a concludere il contratto.
Esiste una consapevolezza, che è alla base dei testi dei Principi Lando e Unidroit: che la causa può essere sostituita da altri strumenti di controllo, quali in particolare i rimedi restitutori e la valutazione del contegno delle parti;
sulla disparità di potere.
In presenza di uno scambio il controllo dell’operazione può essere effettuato in base a un elemento di struttura, la causa, o in base a una norma che valuti il comportamento delle parti.
Se una di esse si trova in una situazione di grave difficoltà economica, o se una parte aveva una forza contrattuale assolutamente prevalente, se c’era una grande disparità tra le parti nel momento di conclusione dell’accordo, quella situazione può essere valutata e disciplinata con una norma sui comportamenti che consenta alla parte svantaggiata dalla disparità di impugnare il contratto.
Nei singoli ordinamenti non si ipotizza una norma generale ma piuttosto singole discipline specifiche a tutela dei consumatori, delle imprese in stato di dipendenza economica, ecc…;
sulla razionalità dello scambio e sullo scambio “assurdo, incongruo, simbolico”.
Il diritto europeo in formazione, nel caso vi sia prevaricazione di un contraente, è attento alla previsione “quasi sempre presunta dei vizi del consenso” e di una nullità relativa o di una annullabilità;
sull’accordo che ha una “base negoziale presupposta ma inespressa e sia accertato il difetto totale originario”.
Sia nel diritto uniforme che nei diritti nazionali “i rimedi sono delegati alla prassi giudiziale e oscillano dalla nullità assoluta alla nullità relativa”;
sulle garanzie autonome o escussioni a prima richiesta.
Nel caso si accerti che “la causa dello spostamento patrimoniale sia illecita o manchi del tutto” si ammette l’eccezione generale di dolo e la ripetizione dell’indebito.

Tratto da DISCIPLINA GIURIDICA DEI CONTRATTI di Stefano Civitelli
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