La causa in concreto
La giurisprudenza inizia anzitutto a considerare che la giustificazione dei negozi non dare rimanere nel limbo dell’astrattezza:
- si arriva a fondare un concetto più esteso di causa, intesa come funzione concreta del singolo negozio, indispensabile per il raggiungimento di quello scopo concreto voluto dalle parti;
- il giudice, quindi, nel valutare un dato contratto, al fine di stabilire la liceità, deve esaminarlo nel suo complesso, secondo la funzione concreta ad esso attribuita dalle parti;
- si estende dunque la funzione di controllo al confronto fra risultato vietato e risultato programmato dalle parti.
Ciò significa passare da una nozione astratta e unitaria di causa a una nozione di causa in concreto.
La causa della vendita è lo scambio, ma c’è una causa di scambio in ogni contratto di compravendita; se ci limitassimo a ciò dovremo riconoscere che qualsiasi negozio di compravendita è lecito.
Si arriva a fondare un concetto più esteso di causa, intesa come concreta funzione del singolo negozio: non ogni vendita è uguale a se stessa, anzi ogni vendita è diversa dall’altra.
È rispetto a quell’interesse concreto delle parti speso nel negozio, che si deve indirizzare il giudizio di controllo sulla giustificazione dell’affare.
Solo in questo modo, passando da un’idea astratta di causa ad un controllo sulla giustificazione concreta del negozio, si riesce a realizzare la finalità ultima della valutazione causale.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Stefano Civitelli
[Visita la sua tesi: "Danni da mobbing e tutela della persona"]
- Università: Università degli Studi di Firenze
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto Civile, a.a. 2007/2008
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