Il principio della partecipazione democratica
Il principio della partecipazione democratica all'esercizio del potere amm. si affermerà, non tanto nell'iniziativa ma soprattutto nelle fasi successive del procedimento, nelle quali gli interessi secondari potranno essere rappresentati con facilità, sino a confluire in soluzioni pattizie con un regolamento non autoritativo ma convenzionale di tutti gli interessi in gioco.
I procedimenti autorizzatori e concessori possono, ad es., venire saltati dal privato che in passato doveva attivare il relativo procedimento con istanza. Questo avviene con formule alternative, es. l'autodenuncia dell'inizio di attività autorizzabile o assentibile (con il silenzio assenso), maturandosi sulla richiesta di autorizzazione volutamente inevasa da parte dell'amm. che dovrebbe provvedere.
Si tratta di istituti che attendono una completa attuazione e che sono espressione di effettiva partecipazione democratica: nati per semplificare l'azione amm. anche se non proprio procedimenti (sono infatti soluzioni alternative).
Un atto formale si avrà sempre nella fase dell'iniziativa provocata da un'amm. diversa da quella che risulterà poi procedente: la richiesta si concretizza in atti, talvolta di natura provvedimentale (proposte, designazioni...), con i quali si domanda all'autorità decidente, l'adozione di un provvedimento finale quale definitivo regolamento dell'interesse pubblico primario, cogestito dalle 2 amministrazioni. L'amm. domina deve procedere, sicché l'atto di iniziativa ha un'efficacia rafforzata, analoga a quella che si è riscontrata nel procedimento, il cui avvio consegua obbligatoriamente ad una istanza pretensiva di un privato.
I procedimenti iniziati d'ufficio dall'amm. procedente sono avviati in modo meno chiaro: da un lato l'alternanza tra discrezionalità e obbligatorietà nell'apertura del procedimento, e dall'altro la varietà di soluzioni circa l'adozione o meno di un atto formale che dia avvio al procedimento.
Sembra errato ritenere che esista per l'amm. domina un obbligo generale di iniziare il procedimento: in alcuni casi questo obbligo scaturirà direttamente dalla norma in presenza di determinati presupposti. Accertata l'esistenza del presupposto, ritenuto necessario dalla norma, l'autorità attributaria del potere deve esercitarlo, avviare cioè il procedimento. Ma non sempre questo avviene: è difficile rilevare perché l'amm. decida di avviare il procedimento. Si tratta di una tipica scelta discrezionale, che non deve travisarsi in una doverosa esigenza della cura di un interesse pubblico. L'esercizio discrezionale del potere amm. non può che esprimersi nella fase di iniziativa: d'ufficio l'autorità deciderà, tranne nelle ipotesi di obbligatorietà tipiche, se iniziare o meno il procedimento. Ma con quale atto?
Nella maggioranza dei casi con un atto interno: assegnazione della pratica, affidamento dell'incarico all'unità organizzativa responsabile da parte dell'autorità di vertice competente a smistare tra i vari organi ed uffici i molteplici compiti operativi. Sempre con atto interno l'amm. può candidarsi a diventare domina del procedimento, riconoscendosi responsabile del medesimo.
L'obbligatorietà dell'avvio non sempre si traduce con un atto formale d'iniziativa, ma è una scelta discrezionale. Inoltre non esiste un obbligo x cui il procedimento debba essere iniziato d'ufficio: ma può essere iniziato discrezionalm. dall'amm. che sceglierà poi se diventare domina del medesimo.
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Autore:
Beatrice Cruccolini
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- Università: Università degli Studi di Perugia
- Facoltà: Giurisprudenza
- Esame: Diritto amministrativo
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