L'appartenenza pubblica o privata dei beni culturali
L'appartenenza pubblica o privata dei beni culturali
Una prima distinzione che viene fatta per quanto riguarda i beni culturali è l’appartenenza, che può essere pubblica e privata. Sono beni culturali di appartenenza pubblica tutte le cose mobili e immobili di interesse storico, artistico, archeologico, etnoantropologico appartenenti allo Stato o agli altri enti territoriali (vi fanno parte raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, dunque anche istituzioni aventi finalità di lucro). Apprezzabile è stato lo sforzo della Commissione Trotta nel designare un statuto unitario dove la novità è costituita dai beni culturali di appartenenza pubblica, finora considerati tali solo all’appartenenza, ora invece sono definiti in prima istanza e in via provvisoria beni culturali, dunque soggetti a tutela, fino a che non sono sottoposti a verifica dell’interesse culturale prevista dall’art.12; se l’esito è negativo non sono più beni culturali e se immobili non fanno più parte del demanio e possono essere alienati. Sono beni culturali privati, previa dichiarazione dell’interesse culturale prevista dall’art.13 tutte le cose mobili e immobili di sommo pregio o rilevante interesse storico artistico, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati. L’art.11 individua tutti quei beni soggetti a specifiche condizioni di tutela data dalla loro specificità, definiti beni a rilevanza culturale minore o parziale, oltre a quelli già indicati nel T.U., affreschi, stemmi, graffiti, tabernacoli, incisioni e altri elementi decorativi di edifici che non possono essere rimossi previa autorizzazione, il codice ne individua altri, vale a dire tutti gli oggetti di arte contemporanea di autore vivente o al cui esecuzione non risalga ad altre 50 anni; per essi scatta la limitata forma di tutela prevista dal’art.64 (Capo IV sez. III, commercio), che impone al mercante di rilasciare attestati di autenticità e provenienza e la misura della libera circolazione e impone all’interessato di verificare la sussistenza delle due condizioni. L’art.12 disciplina la verifica dell’interesse culturale per i beni di appartenenza pubblica, benimobili e immobili di autore non più vivente o la cui esecuzione risalga ad oltre 50 anni. L’interesse culturale non è più oggetto di presunzione per effetto di legge ma deve essere verificato caso per caso attraverso una procedura che prevede l’invio di dati identificativi e descrittivi dell’oggetto in questione ai fini della valutazione di merito da parte dei competenti uffici del ministero. È fissato a 120 giorni il termine ultimo per la conclusione della verifica. Art.13 dichiarazione dell’interesse culturale per i beni di appartenenza privata, dichiarazione che accerta la sussistenza dell’interesse richiesto all’art.10 sull’oggetto in questione. Art.14 procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale, procedimento che rende assoggettabili i beni di appartenenza privata alla disciplina che regola la circolazione in ambito nazionale e internazionale, il restauro, i controlli, la conservazione. Il procedimento ha avvio su iniziativa del soprintendente, che ne da comunicazione al proprietario, comunicazione che deve contenere i caratteri descrittivi risultanti dalle prime indagini, gli effetti che si producono con l’avvio del procedimento e il termine ultimo, non inferiore a 30 giorni per la presentazione di eventuali osservazioni da parte del proprietario, possessore o detentore del bene. Chiude il capo I l’art.17 che assicura che il ministero, con il concorso delle regioni e degli altri enti territoriali, assicurano la catalogazione dei beni culturali; i dati raccolti (con definizioni, identificazioni e metodologie di raccolta comuni a livello nazionale) vengono inseriti in un catalogo nazionale di beni culturali la cui consultazione dovrà essere disciplinata al fine di garantire la tutela della riservatezza e sicurezza stessa dei beni. Si viene così finalmente ad attuare quel catalogo previsto già a Venezia nel 1773, ribadito dall’Editto Pacca del 1820 e sui cui era basata la prima legge organica in materia di tutela del patrimonio artistico, cioè la legge Nasi del 1902. La catalogazione è un’attività fondamentale della tutela, in quanto tutelare un bene significa prima di tutto conoscerlo, quindi catalogarlo e infine esercitare la potestà legislativa di vincolo.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alessia Muliere
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Scienze Umanistiche
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