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L'autunno caldo


Il 12 dicembre ’69 in pieno “autunno caldo” una bomba esplose a Milano in piazza Fontana nella sede della banca nazionale dell’agricoltura provocando 17 morti, l’incapacità di risolvere il caso fu messa sotto accusa dall’opinione pubblica e dalla stampa di sinistra, che individuò nell’estrema destra fascista la matrice politica dell’attentato. Si parlò allora di una strategia della tensione messa in atto dalle forze di destra. L’impotenza dimostrata dai poteri pubblici rifletteva le profonde divisioni all’interno dello schieramento di governo. Ne il governo centrista guidato da Andreotti (’72-’73) ne i successivi governi di centro-sinistra presieduti da Mariano Rumor (’73-’74) furono in grado di compiere scelte politiche di ampio respiro. Alla fine del ’73 l’aumento del prezzo del petrolio provocò un calo della produzione industriale e l’avvio di un  processo inflazionistico. Quando nel ’74 la legge sul divorzio fu sottoposta a referendum abrogativo dalla DC il netto successo dei divorzisti mostro chiaramente che la società italiana era cambiata ed il peso della Chiesa era fortemente ridimensionato. Nel giugno ’78 il parlamento approvò la legge che legalizzava e disciplinava l’aborto. Il segretario del Pci Enrico Berlinguer sostenne la necessità di raggiungere un compromesso storico, ossia un accordo di lungo periodo fra le forze comuniste, socialiste e cattoliche, come unica via per scongiurare i rischi di soluzioni autoritarie. Lo spostamento a sinistra dell’elettorato accentuò i dissensi tra Dc e Psi, si giunse così nel ’75 al disimpegno socialista dal governo che segnò la fine dell’esperienza del centro-sinistra. Si ricorse ancora una volta alle elezioni anticipate che si tenero nel ’76 e segnò l’ascesa alla segreteria del Psi di Bettino Craxi, leader della corrente autonomista.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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