La crisi della prima Repubblica
La crisi della prima Repubblica
I risultati elettorali del giugno ’79 e quelli del giugno ’83 registrarono una secca perdita di consensi del Pci, il Psi nonostante il dinamismo di Craxi raccolse risultati deludenti ma la novità più importante fu il fatto che la Dc nell’83 cedette la guida del governo al leader socialista Bettino Craxi. Nell’autunno ’80 si assiste ad un ridimensionamento dei sindacati e lo scontro tra questi e gli industriali si radicalizzò all’inizio dell’84 quando il governo Craxi varò un decreto legge che tagliava alcuni punti della scala mobile (all’aumento dei prezzi aumenta il salario), queste difficoltà vennero in parte compensate da una certa ripresa economica che caratterizzò soprattutto il terziario e la piccola industria. Questa ripresa fu però accompagnata dal manifestarsi di gravi fattori degenerativi: il fenomeno della corruzione politica si rivelò in modo inquietante all’inizio degli anni ’80 con lo scandalo della Loggia P2 una specie di branca segreta della massoneria ben inserita nel modo politico e militare e sospettata di volere una ristrutturazione autoritaria dello Stato.
Lo scioglimento della Loggia decretato nell’81 dal governo Spadolini non cancellò l’immagine di una connessione fra alcuni settori della classe politica e la malavita comune. L’episodio più drammatico in questo senso fu nel settembre ’82 l’assassinio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
L’esaurirsi delle ideologie contribuiva a perpetuare il distacco fra classe politica e società civile, salì la polemica contro le disfunzioni del sistema: la lentezza delle procedure parlamentari, l’instabilità di una maggioranza troppo composita e logorata da continue polemiche interne, una mancanza di alternative alla coalizione di governo. Nel luglio ’85 l’elezione alla presidenza della Repubblica del democristiano Francesco Cossiga ripropose contrasti in seno al “penta partito”, c’era poi la rivalità di fondo tra i due maggiori partner della coalizione: socialisti e democristiani (questi ultimi decisi a rivendicare la guida del governo). Si giunse così nella primavera dell’87 alla crisi di Craxi e al quinto scioglimento anticipato delle camere. La maggiore novità delle elezioni fu l’apparizione di nuovi gruppi (Verdi e le Leghe regionali). Dopo le elezioni si formarono due successivi governi a guida democristiana: il primo di Giovanni Goria, il secondo guidato dal segretario della Dc Ciriaco De Mita. Questi governi non raggiunsero però i risultati sperati ne sul piano del risanamento finanziario ne su quello delle riforme istituzionali. La lunga crisi apertasi con le dimissioni di de Mita si risolse solo nel luglio dell’89 con la formazione di un nuovo governo democristiano affidato a Giulio Andreotti. Nemmeno questo governo riusciva a riportare la compattezza nella maggioranza, che anzi doveva affrontare una nuova crisi nella primavera del ’91 perdendo uno dei suoi partner: il partito repubblicano. Questa coalizione di governo indebolita appariva ormai inadeguata ad affrontare la crisi della prima Repubblica. L’opinione pubblica metteva sotto accusa il sistema politico nel suo insieme.
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Autore:
Marco Cappuccini
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- Facoltà: Scienze della Comunicazione
- Esame: Storia contemporanea
- Docente: Adriana Roccucci
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