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L'oratore per Quintiliano


Quintiliano era un oratore legato al regime e come tale nei suoi scritti attribuisce le cause della decadenza dell’oratoria alla decadenza dei costumi e alla inettitudine degli insegnanti. Per ovviare a ciò, da uomo colto e di larga esperienza scolastica, concepisce la sua opera come un manuale che raddrizzasse prima di tutto la morale dell’oratore e poi la sua maniera di esporre.egli ha una solida fiducia nell’educazione scolastica, che se concepita con intelligenza e utilizzata da insegnanti capaci, può accompagnare egregiamente il ragazzo dall’infanzia fino al suo ingresso nella vita pubblica.  Il modello di oratore che intendeva formare era quello ciceroniano, un uomo di vasta cultura e di solida morale: in un epoca come quella vespasiana si tendeva a reintrodurre codici di comportamento che si rifacessero alla tradizione quiritaria dopo la stravaganze neroniane.  Ma la filosofia, che in Cicerone era imperante, cede il posto alla letteratura e alla retorica, giudicate più importanti. La lettura degli oratori greci e latini è fondamentale. Quintiliano era un classicista e criticava duramente lo stile corrotto e degenerato di un Seneca, segno della corruzione dell’età neroniana. In effetti la critica affondava più in profondità: essa toccava la diversa visione del discorso. Per Seneca il discorso deve movere deve cioè caricare sul destinatario il senso del discorso e fare di lui il primo vero attore del testo. Per Quintiliano il discorso deve docere cioè fondare il discorso sull’oggettività delle cose dette e considerare l’autore come unico attore del discorso.
Ma Quintiliano pur criticando Seneca ne eredita lo stile in parte non raggiungendo mai le punte di equilibrio di Cicerone.  Nell’ultimo libro si affronta, come detto prima, la questione dei rapporti fra oratore e principe. Anche se può sembrare che Quintiliano sia una sorta di burocrate della parola, un funzionario che trasmette all’uditorio le direttive dell’imperatore egli è piuttosto un intellettuale che, come Tacito, accetta il principato come una necessità e si sforza di ottenere per l’oratore il massimo della professionalità e il massimo delle dignità. L’oratore non mette in discussione il principato ma le doti morali che deve possedere. Quintiliano si illude di poter rifondare un ideale di oratore guida del senato e del popolo a differenza di Tacito che comprende il ruolo ormai decaduto ed esautorato dell’intellettuale e dell’oratore nello specifico.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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