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Lo stile satirico di Persio


Per un personaggio come  Persio, animato da sincera tensione morale, la scelta della satira come era obbligata. Il suo spirito polemico e la sua insopprimibile aspirazione alla verità trovano nella satira lo strumento più tagliente ed efficace. Persio aborrisce le mode culturali del tempo e la mollezza dei nuovi Romani, indegni moralmente di essere definiti tali. Egli rivendica con forza la qualifica di rusticitas (egli stesso di definisce semipaganus) e si prefigge il compito di restaurare moralmente una società caduta nell’effeminatezza e nel lusso più sfrenato. La sua somiglia ad una operazione chirurgica: radere, defiggere, revellere (raschiare, fissare, distruggere) che mira a demistificare la realtà dalle apparenze ingannevoli, unica strada per rigenerare le coscienze.  Le rappresentazioni che fa Persio delle sue “vittime” hanno molto dello sguardo allucinato del moralista: deformazioni macabre, parole pesanti, volgarità e apostrofi. La figura ossessionante, con la quale il poeta identifica la massima ma miserevole aspirazione dell’uomo è il ventre (sessualmente inteso).
La sua satira ha molto della diatriba ma è molto più aggressiva e pesante, deformata verso un barocchismo macabro che culminerà poi in Giovenale. È la fenomenologia del vizio che lo ossessiona e di cui rappresenta le forme più basse e misere, ma senza mai fornire norme positive di contrasto. La sua è critica pura. Persio ricorda molto i predicatori medievali, aspri e solenni. Si pone come poeta perennemente inascoltato, destinato a non incontrare né soddisfazione né obbedienza dai suoi ascoltatori. Non tradisce certo la simpatia bonaria di Orazio e la sua satira non è leggera e dissacrante: rassomiglia più al sermone cristiano, severo e pesante. La sua da un certo punto di vista è una satira inascoltata, utile forse al solo poeta, che atteggiandosi a maestro scorge in se stesso i tratti di un giovane immaturo, che nel riprendere i vari alunni recalcitranti, vede il proprio male da sanare. La satira diventa allora esame di coscienza.

Lo stile di Persio.

Il suo stile è forse un po’ contraddittorio: pur criticando la cultura “corrotta” del tempo utilizza il suo stesso linguaggio. Di stile aspro e oscuro, Persio sceglie un linguaggio ordinario, scevro da incrostature retoriche, e pieno di nessi urtanti (iunctura acris) che colpiscono l’attenzione del lettore.
In conclusione: ad un linguaggio quotidiano e piano si contrappone uno stile aspro, innovativo e complesso, fatto di audacissime metafore e di parti oscure. L’oscurità è il prezzo da pagare per l’illuminazione: come chi è stato per molto tempo al buio di una caverna uscendo viene accecato, così chi ha vissuto nell’oscurità e ha battuto la testa per molto tempo nel difficile stile di Persio, una volta trovata la chiave interpretativa rimarrà abbagliato dalla magnificenze dei suoi insegnamenti.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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