Un rapporto complesso : Saba e Petrarca
Un qualcosa di simile succede nel rapporto di Saba con Petrarca, con la differenza che il triestino passa, come Leopardi, attraverso gli stadi dell'ammirazione totale e della successiva presa di distanza, ma non giunge alla riconciliazione finale con l'autore del primo grande canzoniere della letteratura europea. Al di là della consonanza oggettiva su temi generali di poetica quali quelli che potremmo dire della memoria e dell'ape, e dell'originalità come conquista e acqusizione, va qui annotato in termini secchi che la poesia di Saba nasce all'insegna di Petrarca. Di questo il poeta mostra di avere perfetta consapevolezza almeno fino al 1921, quando esce per la prima volta il suo Canzoniere , nella cui prefazione intitolata Ai miei lettori, dopo avere ammesso di avere alterato la forma primitiva di versi confluiti prima in Poesie, ammetta che il suo lavoro sulle poesie giovanili era stato quello di ritrovare nella memoria i versi originali, riportandoli ad uno stadio che rendesse evidente la loro inoppugnabile derivazione petrarchesca e leopardiana. Che questo restauro sia vero o non sia mai avvenuto, non è una questione da affrontare in questa sede; va invece documentato rapidamente l'evolversi dell'atteggiamento contraddittorio del poeta nei confronti del Petrarca e di sé stesso, oltre che di Leopardi. Qualche anno prima della prefazione del 1919 – 1921 Saba aveva già riconosciuto, in una lettera a Francesco Meriano, i suoi maestri in Petrarca e Leopardi. Andando più indietro però rimane solo Petrarca, che dà il marchio al primo sonetto sabiano pervenutoci, Solo e pensoso da campagne aulenti.
Due padri scomodi.
Dunque Petrarca e Leopardi sono fortemente presenti nella vita di Saba. Petrarca in particolare ha una nomea speciale a Trieste, la cui biblioteca civica vantava un numero spropositato di opere sue e a lui dedicate. Storicamente Petrarca sta alle origini della poesia di Saba. In mezzo, diciamo pure negli anni 30 – 40, assistiamo ad un rinnegamento della presenza e lezione petrarchesche che ha del sorprendente e sulle cui ragioni i critici non si sono interrogati abbastanza. Riteniamo di poter considerare Petrarca, per Saba, un padre scomodo e per dimostrarlo è sufficiente condurre un ragionamento sulla parola – titolo di Canzoniere e sull'idea soggiacente alla forma – canzoniere come storia psicologica di una vita. Non si può trascurare il fatto che Petrarca è investito da tutta l'ambivalenza che in Saba caratterizza la sua ricerca di un padre.
Uccidere il padre.
Questo padre razionalisticamente viene visto in Dante, tardivamente scoperto e mai assimilato fino in fondo. Il tardo rifiuto di Saba nei confronti di Petrarca è sostanzialmente la razionalizzazione di una forma di difesa dalla possibile accusa di troppo o di insufficiente petrarchismo da parte di critici e poeti (ermetici soprattutto) su cui si innesta anche una presa di distanza da un Petrarca definito addirittura potenziale alleato della dittatura (fascista). Più in profondo, Saba uccide Petrarca nel corso della sua esperienza analitica con Weiss (dal 1929 al 1931) e continua la sua opera fino all'uscita di Storia e cronistoria del Canzoniere. Come hanno notato gli psicanalisti, Saba si accostava all'analisi preoccupato più delle sorti della sua poesia che del suo stesso benessere psichico. L'insuccesso dell'analisi era dovuto sostanzialmente all'uso onnipotente e narcisistico che Saba voleva fare di quell'incontro con un sostituto paterno. Il Saba che, in seguito all'analisi con Weiss, si sente rinascere, è il figlio che nel triangolo edipico può pensare, in maniera megalomane, di uccidere il padre e restare solo con la madre – poesia, autogenerandosi in modo onnipotente. Di Petrarca egli aveva detto che Laura era sua madre ma che nessuno aveva capito che per i poeti la poesia è la madre.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letteratura italiana moderna e contemporanea
- Docente: Giuseppe Savoca
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