La "chiarezza" del canzoniere di Saba
Questa profonda necessità di raggiungere uno stato di consapevolezza percorre tutta l'opera sabiana. Rientra nell'ambito di questo processo interminabile anche la dichiarazione tardiva sulla possibilità di intitolare il suo canzoniere Chiarezza, parola – sintomo del travaglio inconcluso di un poeta che si è proposto di portare il dolore dell'esistenza alla luce della parola purificatrice e consolante. La dicotomia che Saba prende da Nietzsche – siamo profondi, ridiventiamo chiari – non può esaurire la sua forza ambivalente, con una vittoria del chiaro sul profondo, e l'ironia non può annullare il peso enorme del dolore. Come per Svevo, anche per Saba confessarsi equivale però a mentire, o meglio, è difendersi. Capita che egli nel libro proponga tesi e argomenti difensivi da questo o quel giudizio critico sulla sua poesia, ma sostanzialmente queste difese sono variazioni ed epifenomeni di un ininterrotto tentativo di autogiustificazione esistenziale che lo accomuna a quelle grandi figure della letteratura mitteleuropea che fa della colpa connessa all'esistenza in sé un tema dominante. In Saba tale dinamica, come in Svevo e Kafka, si concentra sul rapporto col padre e le figure parentali in genere.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letteratura italiana moderna e contemporanea
- Docente: Giuseppe Savoca
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