Ungaretti e il viaggio verso il basso
Ungaretti e il viaggio verso il basso
Ecco, l'approdo della ricerca si sposta sempre di più verso il basso. Si potrebbe dire che essa tende verso un “porto sepolto”, che è insieme punto di partenza e di arrivo di tutto il lungo viaggiare ungarettiano. In questo senso il viaggiatore – poeta può certo definirsi, come tutti gli uomini, un profugo.
Tale per nostra sorte
il viaggio che proseguo
in un battibaleno
esumando, inventando
da capo a fondo il tempo
profugo come gli altri
che furono, che sono, che saranno.
(Ultimi cori per la terra promessa, 1, nel Taccuino del vecchio)
L'antropologia e l'archeologia ben conoscono le case e le città rupestri, abitate in alcuni siti anche ai giorni nostri. In Turchia, ad esempio, ci sono ancora case scavate nella roccia che formano vere città sotterranee. La visione di città sotterranee, costruite per sfuggire al nemico, è una delle immagini più fantastiche e più amaramente belle di un articolo del 1929 di Ungaretti intitolato Pace e guerra. Era stato in guerra Ungaretti e sapeva bene cosa significasse la vita in una buca di trincea, organizzata solo per sfuggire alla morte. Per difendersi dalla morte, l'uomo scenderebbe nella tomba prima dell'ora. Poi nella tomba avrebbe i figli. Si nascerebbe e si morirebbe nelle tombe. Nell'itinerario pugliese, il momento rivelatore centrale del senso del viaggio si può cogliere nella discesa all'interno del misterioso monumento chiamato Tomba di Rotari, che non si sa bene cosa sia effettivamente. Ungaretti semplifica la questione e lo ritiene tomba e battistero insieme. Nel brano non c'è quel senso di eternità della tomba che segnava i monumenti funebri egiziani, e nemmeno si avverte quel sentimento di tomba infinita ben noto all'Ungaretti di Sentimento del Tempo (cfr. Canto, v. 10). Qui predomina la grazia, capace di trasformare il viaggio verso la morte in una scommessa per l'eternità, la discesa verso il basso in una risalita verso la luce, un tema questo frequentissimo. Il miracolo della grazia è intricato al grande tema pascaliano della scommessa, ed è il miracolo a segnare la contiguità delle prose di viaggio con la grande poesia del pascaliano Ungaretti, il naufrago che alla fine dell'Allegria prega per ritornare all'abisso: Il naufragio concedimi Signore/ di quel giovane giorno al primo grido. La scommessa di Pascal era per l'infinito contro il nulla. L'Ungaretti viaggiatore sa, come già Leopardi e come Pascal, che nel mistero delle proprie onde / ogni terrena voce fa naufragio (cfr. Il tempo è muto, nel Dolore). Ma forse spera anche che nell'inevitabile naufragio l'uomo possa incontrare la propria salvezza.
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letteratura italiana moderna e contemporanea
- Docente: Giuseppe Savoca
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