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"Life of an american fireman" di Edwin Porter



Edwin S. Porter è il maggiore esponente del cinema americano dei primi anni del Novecento. Nel cinema di Porter le componenti del MRP si integrano con le soluzioni narrative del MRI in una ricerca di superamento di un modo di rappresentazione ancora primitivo. "Life of an American Fireman" (1902) riprende lo spunto narrativo di "Fire!" di Williamson, ma si pone un obiettivo di costruzione psicologica, trasformando il pompiere protagonista da semplice figura a personaggio a tutto tondo, o quasi, disposto di una propria interiorità. Life of an American Fireman presenta alcune sostanziali novità: l'alternanza di realtà e finzione, di riprese autentiche (le carrozze dei pompieri in azione) e di scene interpretate da attori, di riprese in esterno e in studio; un primo passo verso il superamento dell'unicità del punto di vista, tipica del teatro; l'uso di piani ravvicinati,  come il dettaglio della mano che aziona l’allarme, che mirano a coinvolgere lo spettatore nella finzione; l' inquadratura come unità da combinare nella costruzione del film: l'azione si snoda attraverso una successione di inquadrature collegate. Invece di operare semplici giustapposizioni o stacchi bruschi tra le sequenze, Porter adottò la tecnica della dissolvenza, cioè la transizione graduale da un'immagine all'altra: lo spettatore aveva così la sensazione che la narrazione fosse un flusso continuo.  Pur anticipando la tecnica del montaggio delle inquadrature, proprio del cinema successivo, Porter non conosce ancora la soluzione più evoluta del montaggio alternato: nella sequenza finale del salvataggio la scena è ripetuta due volte integralmente, da due punti di vista, prima interno, poi esterno.

Tratto da LA NASCITA DEL CINEMA di Marco Vincenzo Valerio
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