Appunti in cui si schematizzano le principali tappe e i principali autori che si sono occupati della filosofia del linguaggio.
Dopo un'introduzione sul valore e la fallacia dell'argomentazione, si presentano i punti di svolta delle teorie sul linguaggio attraverso il pensiero di Frege, Russell, Wittgenstein, Carnap, Austin e Fodor.
Introduzione alla filosofia del linguaggio
di Domenico Valenza
Ottimo riassunto dell' 'Introduzione alla filosofia del linguaggio', un testo in cui si
schematizzano le principali tappe e i principali autori che si sono occupati della
filosofia del linguaggio.
Dopo un'introduzione sul valore e la fallacia dell'argomentazione, si presentano
i punti di svolta delle teorie sul linguaggio attraverso il pensiero di Frege,
Russell, Wittgenstein, Carnap, Austin e Fodor.
Università: Università degli Studi di Catania
Esame: Filosofia del Linguaggio, a. a. 2008/09
Titolo del libro: Introduzione alla filosofia del linguaggio
Autore del libro: Carlo Penco
Editore: Laterza, Roma-Bari
Anno pubblicazione: 20061. Il lavoro del filosofo del linguaggio
Per Aristotele l’essere umano è un animale razionale, cioè capace di ragionamento. Ragionare significa dare
ragioni, in una parola argomentare. Compito della filosofia è tenere viva la luce della ragione contro gli
inganni che derivano dall’accettazione acritica di qualsiasi discorso. Nei suoi appunti degli anni ’30
Wittgenstein scriveva: “Filosofare è respingere argomentazioni erronee”.
Ludwig Wittgenstein (1889-1951) era un ingegnere che si dedicò alla filosofia. Di per sé non vi è molto in
comune tra filosofia e ingegneria. Agli ingegneri civili si chiede uno studio attento dei calcoli perché gli
edifici non crollino. Calcoli sbagliati e materiali scadenti non sempre sono visibili a occhio nudo, ma si
rivelano con il tempo nella fragilità dell’edificio. Qualcosa di analogo vale per i discorsi: anch’essi possono
essere costruiti con materiali scadenti (bugie) o su calcoli sbagliati (argomentazioni errate). Occorre uno
studio per riconoscere discorsi che non stanno in piedi.
Il filosofo del linguaggio non si limita a chiedersi qual è il significato di una parola o di un enunciato, ma si
domanda qual è il significato della parola significato. La filosofia del linguaggio si trova al confine tra
logica e linguistica, e cerca soprattutto di analizzare le argomentazioni a favore e contro le diverse visioni
del significato che di volta in volta vengono proposte.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio 2. Definizione di argomentazione in filosofia
Un’argomentazione è un ragionamento che tende a dimostrare una tesi in modo persuasivo sulla base di
ragioni (premesse o assunzioni), usando regole o schemi riconosciuti. Sulla base di ragioni vuol dire che una
vera conclusione non può darsi per caso, ma deve seguire ragioni presentate in un certo ordine. Le ragioni si
connettono secondo regole accettate e tali da garantire la verità.
Gli assiomi, o assunzioni, costituiscono il punto di partenza del ragionamento, ciò che è assunto come vero.
Le regole di inferenza sono le regole che permettono di passare dalle assunzioni (premesse) alle conclusioni.
Si usa il termine inferenza, infine, per parlare dell’azione del passare dalle premesse alle conseguenze
secondo regole, o della struttura di questo passaggio.
In questo secondo senso si parla di schemi di inferenza. Di solito seguiamo regole di inferenza
implicitamente, senza renderci conto di quali regole stiamo seguendo. Parte del lavoro dei logici consiste nel
renderle esplicite. Un esempio di regola di inferenza è la regola del Modus Ponens: se p allora q, p, dunque
q. Le prime due righe costituiscono le premesse; la terza, la conclusione.
Si suole distinguere tra argomentazioni deduttive e induttive, a seconda se le premesse possono portare a una
conclusione certa o probabile. Anche se molti nostri ragionamenti sono incerti, e quindi seguono
l’argomentazione induttiva, per semplicità parleremo di argomentazioni deduttive.
L’argomentazione valida (valid) è un argomentazione in cui è non è possibile che la conclusione sia falsa e
le premesse vere (la conclusione è conseguenza logica delle premesse: segue neces-sariamente).
L’argomentazione corretta (sound) è valida e fondata, con premesse vere. Un argomentazione buona (good)
è corretta, ma anche psicologicamente plausibile e convincente.
Per contro, si usa il termine generico “cattiva argomentazione” per parlare di un argomentazione scorretta o
invalida. Un argomentazione invalida è un argomentazione la cui conclusione non segue necessariamente
delle premesse. Un argomentazione scorretta è un argomentazione invalida o con premesse false. Un
argomentazione fallace è infine un argomentazione che sembra corretta ma non lo; scorretta ma anche
psicologicamente plausibile e convincente.
E’ importante distinguere validità e verità. Se le premesse sono false un’argomentazione può avere una
conclusione falsa eppure essere valida. Ad es. gli italiani sono mafiosi, i milanesi sono italiani, i milanesi
sono mafiosi. Allo stesso tempo, un’argomentazione non valida può avere conclusioni vere: gli italiani sono
mafiosi, i milanesi sono mafiosi, i milanesi sono italiani.
Nel primo caso, anche se la conclusione è fattualmente falsa (basta un solo milanese non mafioso per
renderla falsa, l’argomentazione è valida perché segue delle premesse. Se queste fossero vere, la conclusione
sarebbe vera. Nel secondo caso, la conclusione è vera, ma il ragionamento non sta in piedi. Dobbiamo essere
interessati non solo alla soluzione, ma a come ci si arriva.
La dimostrazione ci dà la garanzia di mantenere la verità attraverso il ragionamento. Dobbiamo di-stinguere:
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio la ricerca della verità delle singole proposizioni; la ricerca della validità degli argomenti.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio 3. Forma degli argomenti e fallacie in filosofia
Fin da Aristotele si è cercato di distinguere argomentazioni valide e invalide individuando la loro forma. Per
questo la logica, fin dai suoi tempi, viene chiamata logica formale.
Per respingere le argomentazioni scorrette, una strategia è fornire un controesempio. Costruire un
controesempio vuol dire applicare lo stesso schema di argomentazione usato nell’esempio che pare
convincente; produrre con questa forma, a partire da premesse vere, una conclusione palesemente falsa. Ad
es. gli italiani sono europei, i francesi sono europei, gli italiani sono francesi.
Consideriamo: o Pippo ha la patente oppure gli è proibito guidare in autostrada; Pippo non ha la patente; gli
è proibito guidare la macchina. Esso è corretto, poiché la prima premessa è vera dato che le due proposizioni
sono mutuamente esclusive: se una è vera, l’altra è falsa e viceversa.
Consideriamo ora: o si taglia lo stato sociale oppure l’economia crolla, non si taglia lo stato sociale,
l’economia crolla. Anche questo esempio è valido (se la prima premessa fosse vera, la conclusio-ne sarebbe
vera) ma è infondato. E’ quello che si usa definire un falso dilemma. Infatti non è detto che la prima
premessa sia vera, dato che le due proposizioni non sono mutuamente esclusive.
Molti discorsi di politici o venditori usano tale schema di ragionamento, che sembra fondato perché
nasconde le alternative. Il tipico slogan è: “o compri il prodotto SUPER-X o ti accontenti di prodotti
scadenti; ti accontenti di prodotti scadenti? No! Quindi compera il SUPER-X!”. Le cose si fanno difficili
quando un ragionamento che non sta in piedi sembra starvi. La falsità può così smasche-rarsi con dati
empirici; la scorrettezza dell’argomentazione può smascherarsi con controesempi.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio 4. Logica, argomentazione e analisi nella filosofia del linguaggio
Il punto di partenza di una nuova attenzione agli inganni del linguaggio comune si trova in Gottlob Frege,
che come Aristotele vede nella logica uno strumento utile a chiarire confusioni concettuali. Il progetto di
Frege si è in parte realizzato poichè alcune idee sono fallite, come quella di fondare la matematica sulla
logica in base al suo linguaggio ideografico.
In compenso, Frege ha scoperto un intero continente intellettuale: la nuova logica e i problemi della filosofia
del linguaggio. I filosofi dopo di lui, Russell, Wittgenstein e Carnap hanno usato la logica come strumento
di lavoro. Diverse ambiguità del linguaggio hanno trovato chiarificazione.
Tradizionalmente si distinguono due correnti di pensiero nella filosofia del linguaggio:
I filosofi dei linguaggi formali che cercano, attraverso la formalizzazione, di ricostruire i linguaggi
scientifici o cercano una formalizzazione dello stesso linguaggio comune (Russell, il Wittgenstein del
Tractatus, Carnap, Reichenbach, Montagne);
I filosofi del linguaggio ordinario che cercano, attraverso le analisi degli usi correnti, di mo-strare la
ricchezza e varietà del linguaggio, ma anche come alcuni problemi della filosofia pos-sano derivare da
fraintendimenti linguistici (il secondo Wittgenstein, Austin, Ryle, Strawson).
La contrapposizione era molto viva nella prima metà del ‘900 e si è andata attenuando. Ma qualcosa della
vecchia contrapposizione rimane vivo in quella che negli anni ’50 Strawson chiamava battaglia omerica, uno
scontro tra due opposte fazioni:
chi privilegia lo studio del significato oggettivo degli enunciati determinato dalla loro struttura logica:
questo atteggiamento è il paradigma dominante della filosofia del linguaggio;
chi privilegia lo studio delle intenzioni del parlante come punto di partenza per definire il significato delle
espressioni linguistiche, privilegiando la pragmatica sulla semantica.
La fallacia è un argomento che sembra valido e corretto ma non lo è. Ne distinguiamo vari esem-pi. Nella
petitio principi, la fallacia consiste nel dare per dimostrata o assumere tra le premesse la conclusione che si
vuole dimostrare. Dà luogo ad argomenti circolari. Ad es. Dio esiste perché lo dice la Bibbia. Come fai a
sapere che quanto dice la Bibbia è vero? La Bibbia è la parola di Dio.
Nella ignoratio elenchi si usano premesse che non hanno a che fare con la conclusione: ad es. questo delitto
di cui Pio è accusato è orribile, quindi Pio è da condannare. Nell’ambiguità di composizione si prende la
parte per il tutto, o i membri per la classe; ad es. i cani sono comuni, gli husky sono cani; quindi gli husky
sono comuni. Nell’ambiguità di divisione, qualcosa vero del tutto si ritiene vero della parte: gli uomini sono
numerosi, Socrate è un uomo, Socrate è numeroso.
L’affermazione del conseguente (se p allora q, ma q quindi p) è una fallacia formale perché viola una regola
formale di deduzione, il Modus Ponens. Il quarto incomodo è detto di un sillogismo che sembra funzionare
ma che in realtà usa uno stesso termine con due significati, quindi usa di fatto quattro termini: le cose
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio ricercate sono care, i criminali sono ricercati, i criminali sono cari.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio 5. Leibniz e Frege: lingua e calcolo
Dagli inizi della riflessione aristotelica i filosofi hanno usato la logica come strumento contro le
argomentazioni scorrette. Nel 1500-600 si realizza una rottura con la tradizione della logica scola-stica da
parte dei filosofi in contatto con la scienza, Descartes e Locke. Essi sono fautori di un nuo-vo metodo della
conoscenza, basato non su sterili sillogismi, ma su una visione meccanicistica del mondo. L’epistemologia
(teoria della conoscenza) sostituisce la logica come centro della filosofia.
Questa diffidenza verso la logica tradizionale non vale però per una figura centrale nella situazione politica e
scientifica dell’Europa continentale: Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716). Leibniz da una parte continua
a lavorare ai fondamenti della logica aristotelica, dall’altra si occupa, tra le altre cose, della ricerca di una
lingua e di una grammatica universali. In tempi recenti, il linguistica Chomsky parlerà di questa corrente con
il nome di linguistica cartesiana.
Ma Leibniz precorreva i suoi tempi e le sue idee vennero sviluppate più di duecento anni dopo da George
Boole (1815-1864) e da Gottlob Frege (1848-1925). A proposito dell’algebra di Boole, Frege osservava che
lo stesso simbolo, x, poteva essere interpretato come simbolo della moltiplicazione tra numeri,
dell’intersezione tra classi, della congiunzione tra proposizioni.
Frege poneva la domanda di come trovare un linguaggio in cui parlare della matematica se gli stessi simboli
erano usati con significati diversi. Frege voleva riproporre il progetto leibniziano originario, ossia un
insieme costituito da una lingua e da un calcolo.
Nel sistema di Frege, e nell’ambito del linguaggio, l’alfabeto (o vocabolario) dà gli elementi base per
formare gli enunciati. Le regole di formazione sono le regole che costruiscono, a partire dal vocabolario,
infiniti enunciati costruiti con i connettivi. Nell’ambito del calcolo, gli assiomi sono gli enunciati scelti come
punti di partenza del sistema. Vi sono poi le regole di trasformazione o derivazione, regole che permettono
di passare dagli assiomi ad altri enunciati detti teoremi.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio 6. Il concetto come funzione nella filosofia del linguaggio
La svolta logica del ‘900 è la sintesi delle tradizioni stoica e aristotelica. La chiave è l’invenzione dei
quantificatori, una notazione matematica per la generalità (tutti, qualche, ecc.). Una funzione matematica
y=(f)x è tipicamente una corrispondenza (f) tra due insiemi di numeri, gli argomenti (x) e i valori (y). Se ad
esempio f sta per +1, per ogni numero x avremo come valore il successivo di x.
Frege generalizza il concetto di funzione, accettando oggetti qualsiasi e non solo numeri. Possiamo scrivere
uomo (x) come modo di rappresentare il concetto Uomo o come abbreviazione di x è un uomo. Ogni volta
che sostituiamo la x con un nome di uomo, l’espressione assume come valore il vero. Il concetto, per Frege,
è dunque una funzione che ha per valori valori di verità.
Frege abbandona la centralità dell’analisi fatta in termini di soggetto/predicato della logica aristotelica, al
suo posto introduce la distinzione tra argomento e funzione, tra oggetto e concetto. Un termine singolare
(nome proprio) denota un oggetto; un termine concettuale (predicato) un concetto.
Domenico Valenza Sezione Appunti
Introduzione alla filosofia del linguaggio