Appunti sul testo "Storia d'Impresa" di P. Angelo Toninelli, utilizzato per l'esame di storia economica.
L'autore si sofferma sulle tappe fondamentali della storia d'impresa, riassumendo i profili teorici della disciplina e ripercorrendo in prospettiva storica i concetti di imprenditore e impresa.
Nei vari capitoli vengono trattati i temi del rapporto tra impresa, contesto socio-culturale e istituzioni, dell'evoluzione delle dimensioni e delle forme delle imprese, della gestione e del governo dell'impresa.
Storia d'Impresa
di Melissa Gattoni
Appunti sul testo "Storia d'Impresa" di P. Angelo Toninelli, utilizzato per l'esame
di storia economica.
L'autore si sofferma sulle tappe fondamentali della storia d'impresa,
riassumendo i profili teorici della disciplina e ripercorrendo in prospettiva storica
i concetti di imprenditore e impresa.
Nei vari capitoli vengono trattati i temi del rapporto tra impresa, contesto socio-
culturale e istituzioni, dell'evoluzione delle dimensioni e delle forme delle
imprese, della gestione e del governo dell'impresa.
Esame: Storia Economica
Titolo del libro: Storia d'impresa
Autore del libro: P. Angelo Toninelli
Editore: Il Mulino
Anno pubblicazione: 20061. La storia d'impresa e l'evoluzione dell'ambiente socio-culturale
I fattori culturali
Con il termine cultura indichiamo quella molteplicità di fattori esterni al network degli imprenditori e delle
imprese che hanno storicamente influito sul loro comportamento all'interno delle diverse società: ciò che fa
differenza nella storia dello sviluppo economico è la cultura. Esistono molte interpretazioni del termine
cultura come “valori e credenze condivise” oppure “ consuetudini e valori morali caratterizzanti una
popolazione”. Queste definizioni possono essere rielaborate in strumenti interpretativi per la teoria
dell'impresa se le sue componenti, cioè valori e credenze, vengono riproposte in termini di informazioni: i
valori veicolano le informazioni riguardo a ciò che è giusto o sbagliato, le credenze contengono
informazioni riguardo a ciò che è vero o falso. La cultura favorisce l'efficienza con cui le risorse scarse
vengono utilizzate da un gruppo sociale migliorando la quantità e la qualità delle informazioni a
disposizione degli individui. L'impresa trasforma i beni per metterli sul mercato e per soddisfare i bisogni ed
è costituita dagli imprenditori + capitale + lavoro + produzione. L'imprenditore è una componente di avvio e
di gestione, mentre il lavoro è parte della produzione. L'efficacia dell'impresa è data dall'imprenditore +
lavoro + tecnologia. Il contesto istituzionale in cui operano le imprese appare come il risultato di un
processo di elaborazione culturale. Esiste una concezione americana dell'impresa e una europea: la
prospettiva culturale europea tende a identificare l'impresa con una persona, o un insieme di persone
(famiglia) o una comunità (distretto), ovvero con un'attività che genererà lavoro e ricchezza per i suoi
referenti, membri: costoro sono fonte di flussi finanziari, di capitale umano e di conoscenza per l'impresa.
La concezione europea prevede una crescita economica e sociale, il tratto fondamentale dell'impresa è
generare lavoro. La cultura americana invece considera l'impresa essenzialmente una cosa, ovvero un bene
da mettere sul mercato (quindi da vendere o acquistare): l'assenza di personificazione dell'impresa ha reso
più semplice il processo di separazione fra proprietà e controllo, ovvero l'affermazione delle burocrazie
manageriali e quindi la crescita delle dimensioni dell'impresa. C'è una prevalenza di capitale, contano i
risultati in quanto c'è mobilità, tutto deve essere venduto o acquistato al miglior prezzo. Esistono diversi
antenati dell'impresa del '900: Umanesimo italiano e mercanti, individualismo europeo inteso come
utilitarismo e calvinismo, etica del lavoro in Giappone, il progresso americano. Nel '500-'600 i mercanti
italiani fecero sempre più attenzione alle attività del vendere o del commerciare e con il commercio si
instaurò la produzione di massa e con essa l'impresa. I mercanti introdussero il commercio e quindi il rischio
di capitale. In Giappone c'è un modello alternativo, gli imprenditori giapponesi, sebbene senza calvinismo,
adottarono un'etica del lavoro fondata sull'ideale del lavoro piuttosto che della ricchezza, la società
giapponese è basata sul senso del dovere e degli obblighi collettivi. In America l'impresa visse
sull'innovazione tecnologica, con Ford ci fu la prima catena di montaggio e produzione di massa.
L'individualismo prevede il perseguimento del proprio utile personale, non viene tenuta in conto la
collettività. Il calvinismo prevede che la ricchezza sia eticamente buona, una benedizione.
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Storia d'Impresa 2. Etica, ideologia e atteggiamenti della collettività
Aspetti etico-religiosi e sistemi di famiglia hanno avuto un impatto culturale importante sulla
differenziazione dei sistemi di imprese nei contesti nazionali del mondo occidentale. La riforma protestante
diffuse nelle regioni che conquistò una nuova etica cristiana, secondo la quale l'affermazione in campo
economico nella vita terrena può rappresentare un mezzo di avvicinamento alla salvezza eterna. L'onesto
perseguimento della ricchezza diviene simbolo della vita operosa delle creature toccate dalla grazia ed
esempio di virtù: la vita umana dedicata agli affari, che prima veniva considerata pericolosa per l'anima,
acquisisce una nuova santità in quanto battezzata nelle acque tonificanti della virtù calvinista. Il lavoro non è
più soltanto un mezzo economico, l'occupazione deve essere proficua: l'avidità è pericolosa ma non tanto
quanto la pigrizia. Il protestantesimo, e più nello specifico le componenti di derivazione calvinista,
promossero l'ascesa del capitalismo moderno. Esso diede dignità alle professioni economiche, creando
intorno ad esse uno scudo protettivo nei confronti dei pregiudizi e degli attacchi provenienti dall'aristocrazia.
La nascita delle imprese deve tener conto anche di un'altra importante componente culturale, quella
ideologica, ovvero l'affermazione di ideologie nazionali più o meno propense all'attività imprenditoriale. In
Italia, Francia e Gran Bretagna l'atteggiamento sociale verso la cultura industriale mostra parecchi risvolti
ambigui e contraddittori. Proprio la spiegazione del diverso destino di vecchi e nuovi protagonisti
dell'industrializzazione occidentale fornisce l'esempio più esauriente di quanto i fattori culturali possano
arricchire la discussione economica e tecnica: questa si è concentrata soprattutto sull'analisi dei costi e dei
benefici prodotti dalla partenza anticipata dell'economia britannica, che aveva condotto l'Inghilterra ad
impegnare appieno il proprio potenziale nei settori tradizionali della Prima rivoluzione industriale (cotone,
ferro, carbone, meccanica pesante), ormai vicini alla frontiera tecnologica. Nei tardi decenni dell'Ottocento
essa non fu in grado di riconvertirsi in tempi brevi ai settori nuovi e più dinamici della seconda onda
industriale: ciò contribuisce a spiegare il perdurare delle dimensioni limitate degli impianti ed il
mantenimento di strutture organizzative d'impresa ormai superate. Insieme a questi fattori occorre tener
presente anche gli aspetti culturali che sottolineano alcune peculiarità della società britannica. A differenza
degli US, dove il contesto socioculturale si era mostrato del tutto favorevole alla rapida affermazione
dell'ideologia dello sviluppo economico, in Inghilterra una vera cultura industriale ebbe sempre difficoltà ad
imporsi dovendo lottare contro pregiudizi e consuetudini secolari: questo portò, ad esempio, a prediligere
gusti e modelli di consumo che, traendo ispirazione dal comportamento delle classi aristocratiche,
stentavano ad adattarsi a un mercato di consumi di massa come andava facilmente imponendosi negli USA.
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Storia d'Impresa 3. Famiglia e genere
Sin dalle prime fasi dell'industrializzazione europea emerse la tendenza a preservare l'unità dell'impresa
famigliare, pur nel rispetto di leggi di successione che disponevano dell'equa ripartizione dell'asse ereditario
fra gli eredi. Il lignaggio che privilegiava il primo figlio maschio veniva temperato con l'attribuzione di
consistenti doti alle femmine in grado di assicurare loro adeguati matrimoni; i figli cadetti venivano
gratificati con posizioni di responsabilità all'interno dell'impresa oppure generosamente liquidati per avviarli
a professioni indipendenti accendendo debiti a lungo termine che sarebbero gravati sui bilanci dell'impresa.
Nelle dinastie industriali ottocentesche e nelle reti imprenditoriali formati da minoranze etnico-religiose i
matrimoni endogamici rappresentarono una modalità molto comune per preservare l'unità dell'azienda e per
rafforzarla. Ma il prolungato mantenimento della proprietà e del controllo all'interno di una stessa famiglia,
bloccandone gli sviluppi nella direzione dell'impresa manageriale, poteva diventare foriero più di costi che
di benefici dando origine alla “sindrome di Buddenbrook”, cioè al disagio a cui va incontro la terza
generazione nel gestire l'impresa che ha ereditato. Secondo Landes il nonno aveva dato avvio all'impresa
costruendola con parsimonia ma ormai era morto da un pezzo lasciando subentrare il figlio, che aveva
rilevato un'impresa solida e l'aveva innalzata ad altezze insperate, a questo punto era in turno della terza
generazione, dei figli dell'opulenza, afflitti dal tedio dell'industria e animati dalle aspirazioni bucoliche del
gentiluomo di campagna. Per Landes il fatto che fossero giunti alle leve di comando questi gentiluomini di
campagna che non avevano ormai alcun tratto in comune con l'imprenditore/innovatore raffigurato da
Schumpeter va annoverato tra le cause del rallentamento dell'economia britannica e la sua progressiva
perdita di leadership nel mondo, a vantaggio di Germania e Stati Uniti: in questi paesi dinamici homines
novi al vertice dell'imprenditoria erano disposti a innovare, ad abbandonare il tradizionale individualismo e
a sperimentare le nuove forme di organizzazione d'impresa richieste dall'industrializzazione di massa. Un
altro caso di differenziazione da porre in relazione ai sistemi di parentela riguarda l'organizzazione
imprenditoriale all'interno di due economie asiatiche di recente rapida industrializzazione: Corea del Sud e
Taiwan. Come nella maggior parte dei paesi asiatici la forma prevalente di organizzazione economica non è
l'impresa singola ma il gruppo di imprese: il chaebol nel primo caso e il business group nel secondo. I due
gruppi di imprese sono basati su principi di parentela simili, ma operano in modo diverso: come reti
integrate e controllate verticalmente in Corea, come reti organizzate orizzontalmente a Taiwan. Tali
differenze gerarchiche derivano da differenze nelle strutture sociali, frutto di un processo culturale di lungo
periodo, che ha dato vita a diverse modalità di trasmissione e di controllo della proprietà famigliare. In
Corea è presente un sistema di parentela e una pratica ereditaria che privilegiano il figlio maggiore della
famiglia dominante: si è formata così un'élite di grandi famiglie al vertice delle strutture gerarchiche
verticali. Il sistema della “famiglia confuciana” di Taiwan riflette la storia della Cina: una struttura
economica basata sulla piccola proprietà rurale con legami orizzontali con persone dello stesso rango,
fondamentali per acquisire il controllo delle risorse, incluse quelle economiche, per scopi personali e
famigliari.
La presenza femminile negli affari è stata molto importante: le modalità di successione e lo status delle
proprietà femminili si sono rivelati delle variabili cruciali per spiegare differenze e similitudini nelle
strategie di paesi diversi come Inghilterra, Spagna e Italia. In tutti e tre i paesi le donne furono “fonti vitali di
finanziamenti e di contatti”, così come il matrimonio rappresentò un elemento cruciale per ridurre i costi di
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Storia d'Impresa transazione, estendendo la rete famigliare. Tuttavia le strategie delle imprese famigliari risentirono dello
status culturale delle donne. Altri studi hanno mostrato come sia possibile costruire un ponte fra imprese,
famiglie e mercati, intendendo le donne non solo manager o imprenditrici ma anche come mogli, figlie,
consumatrici.
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Storia d'Impresa 4. Il ruolo dell'istruzione
L'istruzione e le modalità di formazione del capitale umano possono avere una duplice influenza sul mondo
degli affari: a livello macroeconomico, sulla crescita dei singoli paesi, perchè stimolano la capacità di
generare tecnologia; a livello microeconomico, perchè agiscono come fattori modernizzanti della mentalità e
del comportamento degli operatori economici. In una prospettiva di lungo periodo gli effetti risultano
evidenti soltanto a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, quando emergono sempre più netti i feedback
tra sviluppo industriale e progresso tecnico e tra progresso tecnico e ricerca scientifica. In Gran Bretagna i
ritardi e le difficoltà di adattamento al sistema d'istruzione trovarono radice nella Prima rivoluzione
industriale, che si sviluppò da tecnologie semplici, prodotte soprattutto dal lavoro di artigiani e operai,
attraverso pratiche di apprendimento sul campo e un processo di continue migliorie, secondo la logica della
botta e risposta. La maggior parte degli imprenditori d'Inghilterra a cavallo dell'Ottocento non aveva seguito
studi regolari e aveva affinato le proprie capacità attraverso la pratica. I protagonisti della nuova Inghilterra
industriale erano accomunati dalla provenienza da professioni ben lontane da quella di imprenditore: ad
esempio Arkwright, inventore del filatoio idraulico, era un barbiere e James Watt, famoso per aver
perfezionato la macchina a vapore, era un piccolo fabbricante. L'Inghilterra era un paese in cui a metà
Ottocento, all'apice del fulgore, il tasso di analfabetismo era superiore al 30%, ben maggiore di quello di
aree meno progredite come la Scandinavia o la Scozia. Il sistema scolastico si basava sulle grammar schools
e le public schools, dove si studiavano materie classiche lasciando in disparte le materie tecnico-
scientifiche. Gli inglesi entrarono nel XX secolo e nell'era della scienza moderna in uno stato di ignoranza
spettacolare. Ben diversa era la situazione di Germania e Stati Uniti. David Landes identifica l'istruzione
classificando quattro tipi di conoscenza:
-la capacità di leggere, scrivere e far di conto;
-le cognizioni professionali dell'artigiano e del meccanico;
-le combinazioni di principi scientifici e di addestramento pratico che è propria dell'ingegnere e del tecnico;
-la conoscenza scientifica ad alto livello, teorica e pratica.
In tutti e quattro i settori la Germania rappresentava quanto di meglio potesse fornire l'Europa, i vari stati
tedeschi svilupparono fin dagli anni Venti dell'ottocento una rete di scuole commerciali e di scuole tecniche
superiori che formano l'ossatura di un sistema di formazione superiore, in cui un'accorta preparazione
formale si combinava con una solida preparazione pratica. Le imprese tedesche si mostrarono sempre ben
felici di assumere i diplomati di questi istituti, innalzandoli sovente ai gradi di massima responsabilità
aziendale.
Il caso degli Stati Uniti è peculiare: con la progressiva estensione del suffragio elettorale l'educazione
dell'uomo comune venne sempre più riconosciuta come essenziale per un'adeguata partecipazione alla vita
politica. L'educazione era gratuita ed obbligatoria per la popolazione bianca. Sia negli USA che in Germania
(contrariamente a quanto avvenne in Inghilterra) le istituzioni pubbliche parteciparono attivamente alla
costruzione del sistema scolastico: negli anni 40 (1840) l'accademia militare di West Point cominciò a
produrre ingegneri con una preparazione in matematica, fisica e chimica, avendo inserito le scienze
applicate nel proprio curriculum; nel 1860 venne promulgato il Morril Act che concedeva terreni gratuiti e
sussidi agli istituti di istruzione tecnica. I diversi stati destinarono notevoli risorse all'istruzione e nel 1870
raggiunsero il 30% della spesa totale. Inoltre negli USA fu fondamentale il contributo dei privati: dai
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Storia d'Impresa finanziamenti sorsero il primo istituto superiore di ingegneria, il Politecnico, o la Cornell University. Col
passare del tempo si aggiunse anche il rapporto industria-università: le grandi imprese, che per prime
avevano realizzato i propri laboratori di ricerca, furono all'avanguardia anche nel creare propri corsi di
formazione per preparare il proprio personale nelle attività di marketing e nel lavoro di ufficio.
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Storia d'Impresa 5. L'impresa e le istituzioni
Le istituzioni pubbliche e lo stato
L'azione dello stato rappresenta un importante terreno di confronto per l'impresa: in quanto entità
storicamente determinata, esso è preesistente all'impresa capitalistica , si è evoluto con essa; nei regimi
autoritari si è imposto ad essa, subordinandone il destino alle proprie finalità mentre nei regimi socialisti si è
completamente sostituito ad essa. L'azione dello stato ha svolto nella maggior parte dei paesi occidentali un
ruolo di preparazione, di stimolo e di sostegno all'affermazione di un moderno sistema economico. Con il
termine istituzione si intenda l'insieme di attività necessarie alla formazione di un efficiente mercato dei
fattori della produzione e dei beni e dei servizi: il presupposto della sua efficienza è l'affermarsi di un assetto
istituzionale che sia di incentivo alla crescita economica e allo sviluppo delle imprese. Questo può essere
raggiunto solamente tramite azioni svolte da un'autorità superiore: si tratta di decisioni implicanti
l'intervento di un soggetto distinto e superiore alle parti, specializzato nell'uso della forza e della giustizia,
dotato di poteri impositivi e di autorità a legiferare, cioè a stabilire le regole del gioco. Queste azioni sono di
due tipi: la progressiva riduzione dei costi di transazione, ovvero quei costi necessari a far funzionare il
mercato, e la creazione di istituzioni, ovvero gli interventi atti a garantire la titolarità di beni e servizi
oggetto della transazione, cioè i diritti di transazione. L'impatto della politica istituzionale e legislativa sulla
crescita delle economie e sull'attività delle imprese è meno evidente di altre forme di intervento dello stato,
quali la politica economica, ma sicuramente più duraturo. Anche in un paese considerato il prototipo del
laissez faire quale il Regno Unito, il ruolo del potere pubblico nella creazione di un efficiente mercato
nazionale è stato ritenuto fondamentale per spiegare il primato britannico. Nel frattempo, una delle
motivazioni per spiegare il declino inglese del tardo Ottocento è stata proprio la sopraggiunta incapacità
dello stato nel leggere le necessità del mercato e del mondo imprenditoriale. Gli interventi statali più
significativi si verificarono nel secolo e mezzo precedente la rivoluzione industriale così l'Inghilterra poté
beneficiare in anticipo di un sistema fiscale, commerciale (atti di navigazione) e monetario unificato:
vennero prese misure per proteggere le innovazioni, con l'introduzione dello Statuto dei Monopoli (1624,
rimasto in vigore fino alla legge sui brevetti nel 1852), vennero favorite le enclosures, ovvero la recintazione
delle terre aperte, per stimolare l'applicazione delle moderne tecniche di coltivazione intensiva. Questi
vantaggi dell'Inghilterra risultano più evidenti se si tiene conto che nell'Europa continentale fu necessario
attendere la rivoluzione francese perchè si smantellassero quelle istituzioni che impedivano lo sviluppo della
società industriale. Uno dei più importanti effetti fu l'abolizione delle strutture feudali e l'emancipazione
della classe contadina. Con la soppressione delle corporazioni fu possibile, per ciascun individuo, la libertà
di esercitare qualsiasi attività commerciale e professione. Dal punto di vista sociale questi cambiamenti
crearono la borghesia ma dal punto di vista economico rimossero gli ostacoli allo sviluppo dello spirito
imprenditoriale. Napoleone favorì l'accentramento dei poteri, la costruzione di nuove strade, la protezione
dei diritti di proprietà e l'elaborazione di un codice di leggi tra cui le Code de commerce del 1807:
quest'ultimo introduceva la distinzione tra tre principali forme di società (società semplice, anonima, in
accomandita) che rappresenterà la base giuridica dell'attività imprenditoriale in tante parti dell'Europa
continentale. L'impatto della rivoluzione francese fu notevole e questo cambiamento aprì la strada alla
creazione, prima in Francia, poi nei paesi conquistati (Belgio, Italia, Olanda) di un mercato territorialmente
unificato, dove beni, persone e idee potevano circolare senza restrizioni, favorendo il sorgere di un
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