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Immanuel Kant


Per capire Kant, bisogna innanzitutto capire David Hume (che è colui che risveglia Kant dal ‘sonno dogmatico’), e prima ancora Locke e Berkeley.

Locke mette in discussione l’idea di sostanza, infatti dice che a livello conoscitivo noi conosciamo solo aggregazioni di idee, ma non percepiamo mai la sostanza.

Berkeley dice che non solo la sostanza non è conoscibile, ma che la sostanza estesa non esiste, ed esiste solo una collezione di idee --> esse est percipi (l’essere consiste nell’essere percepito) --> cioè non esiste il mondo esterno, ma solo la nostra percezione del mondo esterno (non è molto lontano da ciò che diceva Cartesio con il genio maligno --> se lui diceva che la realtà è sogno, è chiaro che dice che ciò che esiste non è la realtà degli oggetti esterni, ma esclusivamente la percezione dei nostri sensi). Berkeley porta il pensiero di Cartesio alle estreme conseguenze --> non esiste differenza tra le qualità primarie (Locke: le qualità oggettive, che esistono fuori di noi e indipendentemente dai nostri sensi) e qualità secondarie (Locke: le qualità soggettive, che esistono solo in relazione ai nostri sensi), ma tutte esistono solo nei nostri sensi. Ma dunque che cosa garantisce per Berkeley l’esistenza oggettiva di qualcosa? Per Berkeley è Dio --> Dio garantisce l’esistenza di un mondo uguale per tutti (cosa che altrimenti non sarebbe garantita senza di lui, dato che, se dico esse est percipi, vuol dire che ogni percezione del mondo è soggettiva, e che ognuno dunque percepisce il mondo a modo suo) --> offre questa garanzia perché vede il mondo da un punto di vista panoramico, cioè guarda simultaneamente tutto. In una poesia del tempo si diceva: chi mi garantisce che quell’albero nella foresta esiste se non lo guarda nessuno? Nella poesia la risposta che viene data è Dio.

Hume è ancora più radicale perché mette in dubbio anche il principio di causalità. Prima di tutto nega, come Locke, che si possa avere l’idea innata di Dio [critica all’innatismo di Locke: le idee per esistere devono essere pensate. Un’idea, per essere innata, dovrebbero esistere in tutti gli uomini, quindi anche nei bambini, negli idioti e nei selvaggi, ma poiché da queste persone non sono pensate, in loro non esistono, dunque non sono innate. Dunque anche l’idea di Dio non è innata  --> importante: Locke non mette in discussione l’esistenza di Dio, ma il fatto che la sua idea sia innata.], e poi nega anche l’idea di causa. In realtà l’idea di Dio e di causa sono correlate. Infatti Dio è necessario per fondare le leggi universali della scienza --> la scienza si basa su leggi, ma affinché esse siano valide, devono essere universali e necessarie, perché solo così mettono in evidenza regolarità dell’ambiente (un esperimento ci interessa se è ripetibile, perché ciò ci permette poi di agire sulla realtà) --> come si fa a sapere che sono universali e necessarie? È Dio che lo garantisce, e ovviamente non l’esperienza, perché con essa possiamo dire solo che abbiamo un certo numero di casi osservati crescenti, ma non permetterà mai di giungere all’universalità. Dunque le leggi diventano dei decreti divini e poiché Dio non è volubile (essendo un essere perfettissimo), la sua volontà è immutabile, dunque anche le sue leggi. Tuttavia se si mette in discussione l’idea innata di Dio (che per Cartesio è necessaria per creare il ponte fra esterno e interno), allora si apre il problema della legge naturale, che non è più universale e necessaria, e dunque non può più fondare la scienza. Esempio di Hume: come facciamo a sapere che dal movimento della prima palla nel biliardo segue il movimento della seconda palla (quando é colpita dalla prima)? Lo sappiamo grazie all’esperienza, perché non c’è nulla nel movimento della prima palla che implichi logicamente il movimento della seconda palla. Tuttavia con l’esperienza si conosce solo un numero limitati di casi, dunque non si può arrivare a leggi universali, dunque non si può più fondare una scienza.

Kant, da queste obiezioni, realizzerà la sua rivoluzione copernicana --> per lui si tratta di salvare la scienza (che era stata messa in discussione dalle obiezioni di Hume sull’idea di Dio e di causa). Se si mette in discussione la causalità si mette in discussione il fondamento stesso della scienza, in quanto la causalità implica le regolarità necessarie per fondare un sistema scientifico (senza di essa non si possono più fondare leggi universali, come ad esempio la legge di gravitazione universale). Dunque come si fa a salvare la scienza, accettando allo stesso tempo le critiche di Hume?

Con Cartesio si crea lo spazio di interiorità --> nell’ego si trova l’idea di Dio e grazie a questa idea noi possiamo costruire un ponte tra interno ed esterno. Locke però nega che l’idea di Dio è innata. Se non è innata si rimane chiusi nello spazio di interiorità e non si crea nessun ponte. Il primo effetto della chiusura dello spazio di interiorità è che ciò che si trova fuori e che ci era noto grazie al ponte costruito dall’idea di Dio, ora diventa noumeno, cioè cosa in sé. Per Kant la cosa in sé è inconoscibile. Ma se è inconoscibile, che cosa conosciamo noi? Conosciamo l’effetto della cosa in sé sul nostro ego (come per Aristotele, anche per Kant noi siamo passivi rispetto alla cosa in sé), cioè il fenomeno. Questo fenomeno prende forma grazie alle 2 forme a priori della percezione, che sono spazio e tempo, che si trovano dentro lo spazio di interiorità --> questa è la rivoluzione copernicana di Kant --> spazio, tempo e poi anche la causalità (che è una categoria) non sono più fuori (come diceva Cartesio), ma dentro lo spazio di interiorità. Il termine fondamentale in Kant è trascendentale. Nella tradizione i trascendentali sono i termini che riguardano tutti gli esseri. Kant invece lo utilizza in modo diverso --> per lui è ciò che non deriva dall’esperienza, ma che può essere conosciuto solo tramite l’esperienza --> tutte le cose che percepisco sono nello spazio, ma lo spazio stesso non fa parte dell’esperienza, poiché è ciò che filtra ogni esperienza, ma non deriva dall’esperienza (infatti non si può mai percepire uno spazio vuoto puro, la stessa geometria, che è un discorso sulla spazialità pura, necessita di materia, ad es. un triangolo). Lo stesso discorso vale per l’altra forma a priori, cioè il tempo.

[Metafora dello schiacciapatate: si deve immaginare di non aver mai visto una patata prima di averla messa nello schiacciapatate --> la patata è il noumeno, il fenomeno è come la patata esce dallo schiacciapatate, cioè a filetti. Il trascendentale è lo schiacciapatate, cioè ciò che trasforma la cosa in sé, che è la patata, in ciò che vediamo, cioè il fenomeno (che è la patata a filetti).]

La sensibilità è dunque determinata dalle forme a priori dello spazio e del tempo, l’intelletto è invece determinato dalle categorie, tra cui le più importanti sono la causa-effetto e la sostanza --> si tratta di connessioni tra i fenomeni. Alla successione nel tempo si applica la categoria di causa  --> Es: do un calcio al tavolo e il tavolo si muove --> prima vedo il movimento della gamba, poi del tavolo --> questa successione nel tempo di fenomeni contigui mi fa applicare la categoria di causalità (dunque dico che la causa del movimento del tavolo è il movimento della mia gamba). Però ovviamente ciò avviene a livello fenomenico e non noumenico, perché io non so quale sia la struttura della realtà fuori dal mio io, so solo che tutti gli uomini a livello soggettivo (ciò dell’ego) sono dotati delle 2 forme a priori della sensibilità e delle categorie dell’intelletto e le applicano necessariamente ai fenomeni.

La categoria di sostanza si applica al permanere dei fenomeni , invece la categoria di accidente al mutare dei fenomeni (anche in questo caso non vengono mai applicati al noumeno, ma servono a organizzare i fenomeni secondo permanenza e mutabilità, applicando la sostanza a ciò che permane e l’accidente a ciò che muta).

Dunque Kant reinstaura tutta la metafisica precedente (cioè ciò che secondo Aristotele e Cartesio esisteva fuori dall’Io) all’interno dell’Io. Ma qual è infine la funzione fondamentale dell’Io? Non più cercare evidenze (come diceva Cartesio), ma diventa un ego legislatore, cioè che organizza il dato che entra nel nostro spazio di interiorità secondo spazialità, temporalità e categorie (in particolare causa e sostanza). Dunque ribalta tutto il pensiero precedente, dal momento che non andiamo più alla ricerca di leggi universali e ad esse ci adeguiamo, ma siamo noi a organizzare il mondo secondo leggi universali (universali sempre nel senso di ‘per noi’ e non ‘di per se stesse’ --> con ‘per noi’ si intende tutta l’umanità, dunque si intende che tutti gli uomini sono uguali) --> ed è proprio in questo che consiste la rivoluzione copernicana di Kant, cioè nel mettere al centro il soggetto --> non è il soggetto che si adatta all’oggetto, ma è l’oggetto che si adatta al  soggetto (tramite forme a priori e categorie).

Nell’introduzione della critica della ragion pura Kant si chiede:
1) Come è possibile la scienza?
2) La metafisica è fondabile come scienza?  

Alla prima domanda Kant risponde che è possibile per il fatto che siamo dotati del trascendentale, grazie al quale si formano i giudizi fondamentali nella scienza, che sono i giudizi sintetici a priori. I tipi di giudizio possono essere tre:
Giudizi analitici a priori, che sono quelli tautologici --> sono necessari, ma dato che il predicato è contenuto nel soggetto, non aggiungono nuova conoscenza
Giudizi sintetici a posteriori --> sono i giudizi in cui il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto, i quali però basandosi sull’esperienza sono sempre particolari e contingenti (non universali e necessari) perché si basano su casi singoli (possono anche essere tantissimi i casi, ma non abbracceranno mai l’universalità). Dunque non sono questi i giudizi che fondano la scienza.
I giudizi che fondano la scienza sono i giudizi sintetici a priori --> ad esempio 5+7=12 --> è sintetico e non analitico perché nel 5 e nel 7 (soggetti) non è già contenuto il 12 (predicato), ed è a priori perché non deriva dall’esperienza (a prescindere dalla mia esperienza, tutte le volte che avrò 5 pere e 7 mele, in totale avrò 12 frutti) --> dunque aggiungono nuova conoscenza al soggetto e sono universali e necessari. Ovviamente questo universale è un universale per noi, che è posto tramite il trascendentale.

Per quanto riguarda la seconda domanda, la Metafisica, da Cartesio in poi, diventa il problema di fondare 3 oggetti: Dio, anima e mondo. Dio: ente sommo che riguarda tutti i fenomeni interni ed esterni / Mondo: ente che raccoglie tutti i fenomeni esterni (dunque inteso non come l’ambiente in cui viviamo, ma come la totalità dei fenomeni esterni) / Anima: ente che raccoglie tutti i fenomeni interni.
La metafisica, secondo Kant, non è fondabile come scienza per una ragione comune a tutti e tre questi oggetti. Essi stanno al di là della nostra esperienza (essendo delle totalità non si possono conoscere tramite l’esperienza). Però il trascendentale si utilizza in modo corretto solo quando lo si applica al fenomeno, mentre un uso scorretto pretende di applicare spazio tempo e categorie al noumeno --> in questo modo si cade nel campo della ragione, che genera solo illusioni, le quali sono appunto mondo, Dio, anima.
È particolarmente importante ciò che dice Knt a proposito dell'anima  --> per la prima volta, in modo definitivo, dice che la dimostrazione dell’esistenza dell’anima e dell’immortalità dell’anima non rientra nella scienza. Che cosa è l’ego? È l’unità sintetica originaria della percezione. Unità sintetica: unità che sintetizza, cioè che unifica il mondo intorno a noi e ne fa un agglomerato di esperienza sensata. Originaria: nel momento stesso in cui i dati provengono dal noumeno.

Cartesio dice che lui è una sostanza pensante, dunque per dimostrare dal punto di vista scientifico l’esistenza dell’anima si deve dimostrare l’equazione Io+sostanza --> dunque dovrebbe dimostrare che l’Io (unità sintetica originaria) è una sostanza. Tuttavia ciò è indimostrabile e quindi è indimostrabile l’esistenza dell’anima --> l’ego è dotato di una serie di categorie, tra cui la sostanza e la causa --> la sostanza funzione così: l’ego riceve dall’esterno delle  sollecitazioni, che prima trasforma in fenomeni spazio-temporali (grazie alle forme a priori), e poi le organizza secondo le categorie, soprattutto di sostanza e accidente (applicando la sostanza a ciò che permane e l’accidente a ciò che muta). Tuttavia non posso applicare alla coscienza (Ego) di un’altra persona la categoria di sostanza perché non sono in grado di raggiungere la sua coscienza, ma solo il corpo, e solo a esso posso applicare le categorie (Husserl: se la coscienza è un flusso, solo il mio Ego può bagnarsi nel flusso, e nessun altro a Ego può). Però io non devo applicare la categoria di sostanza al corpo (che è comunque una cosa che faccio continuamente), ma all’anima di un’altra persona, a cui però non ho accesso, dunque non posso applicare la categoria di sostanza. L’unica coscienza (ego) a cui ho accesso è la mia, dunque per dire che l’ego è sostanza (e dimostrare l’esistenza dell’anima, che è ego+sostanza), dovrei applicare al mio ego la categoria di sostanza, e dunque dovrei aver bisogno di un altro ego (esterno) che percepisce il mio ego e applica al mio ego la categoria di sostanza. Dunque ci dovrebbe essere fuori dal mio ego un ego più grosso che applica al mio ego la categoria di sostanza --> nella tradizione questo ego è Dio, e infatti Kant dice che se ci fosse un intelletto archetipico, allora sì che potrei dire che il mio ego è sostanza. Tuttavia Kant ha dimostrato anche l’indimostrabilità dell’esistenza di Dio.

In Aristotele vi era la seguente metafora --> anima : corpo = vista : occhio --> tuttavia per dare la sostanzialità della vista io dovrei vedermi vedere, che è impossibile, infatti l’ego Kantiano vede il mondo (fenomenico) e lo organizza, ma non può vedersi mentre lo fa.

Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA di Mariasole Genovesi
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